Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: LadyKant    03/11/2021    5 recensioni
A volte quando stai cadendo nel buio hai bisogno di una voce che ti indichi la strada. A volte però la voce è quella sbagliata.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Drago, Gaius, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Nessuno sapeva cosa aveva provato, nessuno lo avrebbe mai saputo.
 
Nemmeno Artù.
 
Soprattutto Artù.
 
Come puoi spiegare le tue paure più grandi? Come puoi descriverle senza sentirti un fallimento? Come puoi ammettere ad alta voce quello che ti terrorizza quando non riesci a dirlo nemmeno a te stesso.
Le sue paure se le era trovato davanti tutte, nel modo peggiore, senza eccezioni, senza difese, continuamente.
E si era arreso. Si era perso. Aveva voluto farlo. L’aveva desiderato con ogni fibra del suo essere.
 
Come poteva dirlo ad Artù?
 
Lo desiderava anche in quel momento.
 
Come poteva dirlo ad Artù?
 
Non voleva essere salvato, non c’era più niente da salvare, lui non c’era più.
 
Come poteva dirlo ad Artù?
 
Sapeva che quello che aveva vissuto non era reale, che quello che aveva visto non era successo ma per lui era accaduto davvero, ci aveva creduto; nella sua parte più profonda si era rotto qualcosa che non sapeva ricostruire, ne poteva sentire i frammenti dentro di sé, taglienti come vetro rotto.
Non avrebbe più potuto mettersi in faccia un sorriso e fingere di stare bene, non lo voleva fare, non voleva mentire. La verità era che in quel momento non voleva niente se non il niente stesso.
 
Come poteva dirlo ad Artù?
 
Come poteva guardarlo negli occhi e non rivedere mentre sguainava la spada e senza pietà lo uccideva, mentre lo denigrava, mentre soffriva, mentre rinnegava ogni cosa tra loro, mentre lo guardava con delusione.
 
Come poteva.
 
La sua magia aveva provato a raggiungerlo, tentando di avvolgere la sua anima, cercando di lenire il suo dolore, provando a confortarlo. Gli aveva fatto percepire la realtà che lo circondava, aveva sentito la stretta di braccia forti intorno a sé, le stesse che avrebbe riconosciuto ovunque, quelle di Artù. Che pace che aveva provato, per un secondo non aveva avuto pensieri.
Era stata la sua magia ad accorgersi del pericolo che stava arrivando, lui non aveva reagito, non ne era in grado, ma l’aveva pregata di proteggere l’uomo che lo stringeva, a qualunque costo, l’aveva implorata di fare quello che lui non poteva.
 
E lei aveva risposto subito, agendo libera, potente, rabbiosa.  
Era esplosa intorno a loro, proteggendoli, creando qualcosa di unico, di privato, di confortante.
Un momento che avrebbe voluto durasse per sempre ma che si era interrotto quando aveva sentito Artù chiamarlo, solo il suono della sua voce era stato in grado di paralizzarlo, l’idea di affrontarlo gli aveva fatto mancare l’aria. Ed era scappato. Ancora. Si era rintanato in quell’angolo della sua mente che lo aveva salvato dall’impazzire, quel posto lontano da tutto, anche da sé stesso.
 
Nessuno avrebbe capito. Non era più lui, non sapeva neanche chi fosse, cosa fosse, se fosse ancora qualcosa. Sarebbe mai stato in grado di sorridere di nuovo? Di affrontare il mondo? Di accettarsi?
Era sicuro di no, era stato troppo.
Troppo quello che aveva provato, troppo quello che aveva visto, troppo quello che non voleva provare, troppo quello che temeva.
 
Era un codardo e lo sapeva.
 
Forse tutto quello che gli era successo lo aveva segnato per sempre. E se non fosse più tornato quello di prima? E se anche potendo non era quello che voleva fare?
Non vedeva più la differenza tra quello che voleva e quello che poteva, tutto sembrava mischiarsi, non avere senso, corroderlo da dentro come un veleno.
Sentiva un mostro dentro di sé, un uragano di rabbia pronto ad esplodere al minimo tocco, avrebbe pianto e urlato fino a stramazzare al suolo se ne fosse stato in grado.
 
Ma non poteva farlo, forse non voleva.
 
I pensieri gli affollavano la mente, sentiva troppe voci, troppe versioni di sé stesso che gli dicevano cosa fare e ne era sopraffatto.
Avrebbe mai sentito di nuovo la sua voce? L’avrebbe riconosciuta? Poteva anche non esserci più, annientata da tutto quello che aveva visto, a cui aveva creduto, a cui aveva ceduto.
 
Perché la verità era solo quella, lui era crollato, così tante volte che la sua debolezza era stata l’unica costante, fino a diventare l’unica cosa reale, l’unica certezza, l’unica verità. E non aveva il coraggio di guardare oltre, perché sapeva che quello che avrebbe visto lo avrebbe disgustato al punto che neanche il suo angolino buio lo avrebbe salvato.
Per questo si era ritrovato a preferire quel nulla rassicurante, quella solitudine, quell’apatia, quell’assenza di pensieri. Affrontare sia il codardo che era diventato, sia il mostro che bramava cose terribili, era troppo. Meglio il nulla.
 
Cosa avrebbe detto Artù?
 
Non avrebbe mai capito, non poteva sapere, non doveva sapere.
 
Sentiva in lontananza la voce di Artù che lo chiamava, quella bella voce che l’aveva raggiunto quando sembrava impossibile, cercava di nuovo di farsi strada nel buio. Ma ora non voleva essere salvato, sapeva quanto non ne valesse la pena. Voleva solo il buio e la pace.
Ma quella voce scavava in lui, testarda come il suo proprietario.
La rabbia divampò improvvisa.
Perché non lo lasciava stare? Perché era entrato di nuovo nella sua anima? Sapeva che era lì per salvarlo, ma perché? Perché non lo lasciava stare nel suo gelo, nella sua indifferenza, perché non lo uccideva? Perché non poneva fine al dolore di entrambi?
Ricordava la sua stretta disperata e la sua voce rotta dalle lacrime.
Di sicuro non poteva sapere cosa gli fosse successo, non poteva aver visto, non avrebbe mai provato a salvarlo, nessuno lo avrebbe fatto.
 
Così com’era nata, la rabbia scomparve, soffocata da un sentimento più forte, la paura.
 
Il confronto con Artù lo spaventava più di quello con sé stesso, perché si rendeva conto che aveva rischiato la vita, aveva sacrificato tempo, messo a rischio il suo futuro che, a differenza del proprio, era brillante, grandioso, felice. Perché lo aveva fatto? Lui non ne valeva la pena.
 
Si trovò a pensare che se Artù fosse morto, lui avrebbe potuto rifarsi una vita fingendo di essere la persona che avrebbe voluto, oppure poteva tornare ad essere quella che ci si aspettava che fosse. Magari invece sarebbe stato sé stesso. Ma chi era lui? La persona orribile che aveva avuto quel pensiero terribile su Artù, la stessa che lo aveva desiderato, la stessa che non se ne vergognava anche se avrebbe dovuto.
 
Come poteva valere la pena salvarlo?
 
Forse lui era davvero quella persona, forse lo era diventato, forse lo era sempre stato.
Forse invece era la paura a parlare.
Forse.
 
Come poteva dirlo ad Artù?
 
Come poteva guardarlo ancora negli occhi dopo quello che aveva pensato?
Come poteva ancora guardare sé stesso?
 
Forse quello che avrebbe dovuto morire era lui, sarebbe stato tutto più facile.
 
Era un codardo, come poteva dirlo ad Artù?
 
Cosa avrebbe dovuto fare?
Affrontarlo? Mentirgli? Rimanere lontano fino a quando non lo avesse dimenticato?
 
Lo sentiva, il suo corpo avvertiva di non essere solo, sentiva il calore, il profumo, i tocchi delicati. Sentiva la sua presenza costante e non voleva perderla, ne sarebbe morto, ma se si fosse svegliato e gli avesse parlato sinceramente sarebbe morto lo stesso, ma col dolore di vedere il disgusto e l’orrore negli occhi di Artù.
 
Sarebbe stato meglio se fosse morto.
 
Forse era l’unica cosa da fare.
Non poteva chiederlo ad Artù, doveva farlo lui. Liberarlo. Liberarsi.
 
Sapeva che nonostante tutto la sua anima non si era lasciata andare del tutto, inconsciamente un filo di speranza di essere salvato c’era ancora, ma sapeva che quel filo era la causa di tutto il dolore, di tutti i problemi, di tutta la paura.
Bastava tagliarlo e lasciare libera la sua anima di cadere nel buio più profondo, diventare parte del nulla dal quale sarebbe stato impossibile dividerlo, far perdere la sua mente, non avere più paura, più pensieri, niente.
 
Si ritrovò allucinato da questa idea e la desiderò con ogni fibra di sé, sempre di più.
 
Mentre mormorava un addio, un ringraziamento e delle scuse, immaginò il viso di Artù, l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere prima di perdersi.
 
E poi si lasciò andare.
 
Finalmente non avrebbe sentito più nulla.
Finalmente avrebbe zittito il suo cuore.
Finalmente avrebbe allontanato da tutti il mostro che era diventato.
 
Non era successo.
Una mano lo aveva afferrato.
 
Aveva aperto gli occhi e aveva visto solo luce, tanta, troppa.  
Li aveva richiusi subito, quel bagliore faceva male, dopo tutta quell’oscurità era doloroso.
 
C’era uno squarcio nel buio e lì era comparsa quella mano che lo aveva afferrato e tirato verso di sé. Si era ritrovato immerso in un calore rassicurante, trascinato fino a schiantarsi contro un petto forte, stretto tra braccia che sapevano di casa.
 
“Quante volte devo venire dentro la tua testa da idiota prima che tu decida che sia sufficiente?”
 
Nonostante il tono burbero la stretta intorno alle sue spalle non diminuiva.
 
“Arthur”


Lo sentì appoggiargli la testa sulla spalla e annuire leggermente.
 
“Arthur”
 
Non riusciva a muoversi. Artù era lì. Ancora. Perché?
 
“NO NO NO lasciami!”
 
Merlin si divincolava come un ossesso, non doveva essere lì, non doveva vederlo, non doveva salvarlo. Con una spinta si staccò da lui e senza guardarlo si voltò dandogli le spalle
 
C’era troppa luce, troppo calore, troppe emozioni, doveva andarsene! Dov’era finito il suo rifugio nel buio? Dov’era finita la sua via di scampo?
 
Sentì Arthur scattare verso di lui e non fu abbastanza veloce da allontanarsi.
 
Si coprì il volto con le mani mentre Artù lo girava verso di sé, cercò di divincolarsi ancora ma senza successo.
 
“Non guardarmi!”
 
“Perché?”
 
“Non guardarmi, lasciami!”
 
“Merlin…perché? Cosa pensi che potrei vedere?”

“ Me ”
 
Arthur smise per un secondo di respirare, quella risposta fu come un pugno in pieno petto. Come poteva Merlin essere arrivato al punto di pensare certe cose? Quanto male gli avevano fatto?
 
La sua rabbia era pari solo al suo dolore.
 
Gentilmente le sue mani salirono ad incorniciargli il volto.
 
“Guardami”
 
Merlin scosse la testa, negandosi.
 
Arthur rimase nella stessa posizione, non lo avrebbe forzato, doveva essere lui a fare il primo passo, a volerlo, a lasciarlo entrare.
 
“Sono qui Merlin, ti vedo e niente mi impedirà mai di volerlo farlo”
 
Vide Merlin irrigidirsi talmente tanto che le dita che lo nascondevano gli si conficcarono nella pelle del viso. Dovette farsi violenza per non prendere quelle mani tra le sue.
 
“Qualsiasi cosa sia successa, siamo ancora qui, insieme. Tu sei qui. Io sono qui. E non ce la faccio più senza di te. Ti prego Merlin, torna da me. E perdonami. Perdonami per non essere venuto prima, perdonami per non aver capito, perdonami per averti lasciato solo, ora e in tutti questi anni. Perdonami e torna da me, ti prego!”
 
Merlin tremava, la sua testa continuava a negare, le sue dita premevano sempre più forte sul volto. Aveva sentito Arthur lasciare la presa dal suo viso e abbracciarlo talmente stretto che quasi gli mancava il fiato. E lo aveva sentito piangere. Piangeva, si scusava e gli chiedeva di tornare da lui.
 
Ma come poteva? Come poteva essere lui a scusarsi? Come poteva meritarsi tanto amore? Come poteva far tornare da lui la persona che era diventato?  
 
“Vattene Arthur, non c’è nulla da salvare, non sai cosa sono diventato”
 
Cosa sei disposto a fare per salvare chi ami?
Quanto ti puoi spingere per riparare qualcosa di rotto?
Fino a che la cura non diventi peggiore del male.
 
Arthur prese una decisione e gli sussurrò una domanda all’orecchio.
 
“Vuoi che ti uccida Merlin?”
 
Merlin smise di tremare di colpo e si irrigidì. Arthur avrebbe giurato che i suoi occhi fossero sgranati anche se non poteva vederli.
 
La risposta avvenne in un sussurro identico.
 
“Sì”
 
Arthur si staccò da lui e Merlin sentì subito la mancanza di quel calore.
 
Davvero l’avrebbe ucciso?
Davvero avrebbe posto fine al suo dolore?
Davvero?
 
Sentì il suono metallico di Excalibur che veniva estratta dal fodero.
 
Era davvero la sua fine? Avrebbe dovuto avere paura, ma non era questo che provava, c’era sollievo, rammarico, dolore, ma non paura.
 
“Merlin tu sei parte di me, l’ho sempre pensato e lo penso anche ora”
 
Merlin si trovò a pensare a quanto strano fosse il tono che Arthur stesse usando.
 
“Quindi se quello che vuoi è che ti uccida, conosco un solo modo per farlo”
 
Sembrava quasi che stesse…no non poteva essere…
 
“L’unico che possa funzionare…”
 
No!..no!...NO! Quello sembrava…
 
“…è quello…”
 
…un addio…
 
“…di uccidere me!”
 
Mentre la lama di Excalibur stava per colpire il collo di Artù, Merlin aveva lanciato un incantesimo per disarmarlo e gli si era lanciato addosso aggrappandosi alla sua maglia in una stretta disperata. Il pianto che ne seguì fu improvviso, violento, devastante.
Le braccia di Arthur si chiusero intorno a lui come una corazza, una difesa contro il male che lo stava divorando, contro il male che sentiva essere ancora in lui.
Quando le sue ginocchia cedettero sotto il peso di quella violenta ondata di emozioni, Arthur si inginocchiò con lui senza mai lasciarlo ed attese con pazienza che Merlin si sfogasse, che buttasse fuori tutto, che lasciasse andare quello che lo stava corrodendo.
Tra le lacrime lo sentì parlare.
 
“Non sai cosa sono diventato…”
 
Arthur lo strinse più forte.
 
“Non sai quello che ho fatto, non sai quello che ho pensato, non sai quello che ho desiderato…”
 
“No, non lo so. Ma so quello che ho pensato io quando ho scoperto la tua magia, la nostra magia. So quello che ho provato quando mi sono trovato davanti una copia di te che mi ha mentito, ferito e illuso. So cosa ho sentito quando ho visto alcuni tuoi ricordi, so cosa ha divorato il mio cuore e la mia anima. Ho avuto paura Merlin, alcuni pensieri mi hanno terrorizzato, di altri mi vergogno. Quindi no, non so cosa hai fatto, cosa hai pensato e cosa hai desiderato e non ti chiederò di parlarmene perché io stesso non so se ne sarei in grado. Ma sai qual è l’unica cosa che so? Che nonostante tutto siamo ancora insieme. Siamo stati feriti, distrutti quasi, ma io sono qui e non vorrei essere altrove. Ho fatto tutto quello che era in mio potere per arrivare da te e anche tu sei qui e mi hai salvato.”
 
Merlin non riusciva muovere un muscolo, la sua mente era invasa dalla confusione, la voglia di allontanarsi da lui, di perdersi nel buio che era stata la sua salvezza per così tanto si mischiava con il desiderio di lasciarsi salvare da Arthur, fargli cancellare il dolore e il vuoto che sentiva dentro.
 
Arthur si staccò leggermente da lui e gli circondò di nuovo il volto con le mani spingendolo delicatamente ad alzare il volto.
Gli occhi che si trovò davanti erano inondati di lacrime, ancora spenti, ancora lontani.
 
“Ti prego Merlin, torna da me”
 
Con delicatezza posò le labbra su quelle del ragazzo di fronte a lui, cercando di trasmettergli l’amore che provava, il desiderio di riaverlo con sé, di riempire quel vuoto che poteva quasi toccare.
 
Merlin a quel tocco sentì come se si fosse riversato in lui un fiume di emozioni, sentì le ombre che avevano riempito la sua mente allontanarsi, sentì il gelo lasciare la sua anima, sentì il suo cuore battere furiosamente, la sua magia scorrere nelle vene come impazzita.
 
Arthur era lì, nonostante tutto era lì, nonostante lui era lì.
 
Le sue braccia si mossero senza che le controllasse e si aggrapparono al collo di Arthur, stringendosi a lui ed iniziò a ricambiare il bacio.
Artù sgranò gli occhi, incredulo, lacrime iniziarono a scorrere anche sul suo viso mentre lo stringeva più forte, sorridendo nel bacio.
 
Una luce immensa li avvolse, calore, pace, amore.
 
Quando Merlin riaprì gli occhi si trovò sdraiato a fissare il familiare baldacchino del letto della stanza reale.
 
Come ci era arrivato lì? Cos’era successo?
 
Sentì un movimento accanto a sé e quando si volto trovò il sorriso di Arthur ad accoglierlo.
 
“Bentornato a casa Merlin”
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: LadyKant