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Autore: GReina    16/11/2021    2 recensioni
Kiyoomi è un gatto. Non molto più di questo, in realtà. Solo Atsumu che lo ama e Osamu non capisce come sia possibile.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Osamu Miya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il mio gatto (non) è un demone

«Il tuo gatto è un demone.»
«Non lo è.»
«Lo è!»
«No!»
Quella era una tipica conversazione con Osamu. Avevano finito la scuola e conseguentemente iniziato a convivere in un piccolo appartamento per seguire le lezioni all’università ormai da due anni. Invece, risaliva solo a tre mesi prima la decisione di Atsumu di adottare il felino meno voluto del gattile di città.
«Avresti potuto prendere qualsiasi tenero cucciolo. Invece hai scelto Satana!»
«Si chiama Kiyoomi.» lo corresse come sempre «E non è un demone.»
«Tsumu! Hai letteralmente la faccia piena di graffi! Non fare questo alla nostra bella faccia.» il biondo rabbrividì come ogni volta in cui si rendeva conto di quanto lui e suo fratello fossero simili (leggi: uguali).
«È stata colpa mia! Non dovevo iniziare ad accarezzarlo mentre dormiva.» guardò verso il gatto nero che amava tanto, lo prese con cautela in braccio e cambiando il tono di voce come solo per lui faceva aggiunse:
«Omi non mi farebbe mai del male, vero Omi? Vero che non lo faresti?» avvicinò il volto al micio che prese a fare le fusa. Atsumu sorrise e lo strinse di più (sempre con cautela) vicino a sé.
«Guardalo. Fa le fusa ma sembra incazzato. Come fa a piacerti!?» a Kiyoomi non piaceva quando gli si urlava troppo vicino, così Atsumu lo poggiò di nuovo sul divano e verso Osamu esclamò:
«A te come fa a non piacere!» avevano avuto quella conversazione mille volte, sin da prima che il biondo andasse al gattile. Osamu non era mai stato un amante degli animali ed aveva predetto bene quando aveva affermato che Atsumu avrebbe iniziato a passare sottobanco il loro cibo a qualsiasi palla di pelo avesse deciso di portare a casa.
“Non potrò più lasciare cibo in giro, né cucinare senza stare attento agli ingredienti sul tavolo!” aveva detto, ma senza riuscire a far desistere Atsumu.
Alla fine, il più grande (giusto di sei minuti, ma valevano tanto per Atsumu) era riuscito a convincerlo mostrandogli mille foto di teneri cuccioli in cerca di casa.
Era andato al gattile quel giorno stesso, prima che Osamu potesse cambiare idea, e lì aveva avuto il colpo di fulmine. Manto nero, corto e leggermente ondulato, occhi scuri e due tenerissime macchioline sopra l’occhio destro; era già adulto e rispetto a tutti gli altri se ne stava più per le sue. Persino il personale del posto l’aveva avvertito di quanto fosse schivo e dal carattere difficile, ma ormai Atsumu aveva deciso.
Da allora, le discussioni con Osamu furono all’ordine del giorno (non che prima non lo fossero, ma dal giorno dell’adozione il soggetto prese a non cambiare più).
«Il divano è diventato un macello!»
«Dagli il tempo di capire a cosa serve il paragraffi che gli ho comprato!»
«Ha rovinato le tende!!»
«Non siamo mica quarantenni che si curano delle apparenze della casa!»
«E non fa altro che buttare oggetti per terra!»
«Non lo farebbe se giocassi un po’ di più con lui!» quella era una bugia e Atsumu lo sapeva bene. Poteva fingere quanto voleva che Kiyoomi non facesse altro che rompere tutti i loro beni solo per noia o come tentativo di gioco, ma la verità era che era bastardo dentro e fiero di esserlo. Sembrava quasi una scintilla di sfida quella che ardeva nei suoi piccoli occhietti ogni volta che fissando Atsumu con la zamba inizia a spingere verso l’orlo i loro oggetti più fragili. A volte, Atsumu poteva giurare di vederlo ghignare.
Le aveva provate tutte: bloccargli l’accesso alle mensole più alte con oggetti ingombranti alle estremità, distrarlo con dei fili o con il laser, nascondere tutte le loro cose più pregiate.
Niente.
Quello di Kiyoomi era un dono: il dono di trovare tutti gli oggetti nascosti, il dono di riuscire a rompere di tutto, il dono di rendere vani tutti gli sforzi del suo padrone, il dono di metterlo nei guai con Osamu, il dono di essere il gatto più bastardo dell’universo.
Però Atsumu lo amava, e tanto bastava.
«Ti giuro, Tsumu: un altro vaso rotto e finisce nel forno!» il biondo sbuffò tentando di fingere una risata.
«Pff, non lo fa da settimane!»
«E allora dov’è finito quello che stava all’ingresso?? Solo perché nascondi i cocci non vuol dire che non me ne accorga!!» quel particolare vaso era quello che aveva dato avvio a quella discussione, in primo luogo. Osamu girò sui tacchi e lasciò l’appartamento. Atsumu era praticamente certo che stesse andando due porte più in là, da Suna, per lamentarsi del loro compagno a quattro zampe e forse maledire lui.
Atsumu sospirò, si mise le mani sui fianchi e poi osservò Kiyoomi che tranquillo come non mai si stava leccando la pelliccia.
«Ci metti entrambi nei guai, qui.» il micio lo guardò facendo quasi credere ad Atsumu che stesse capendo la gravità della situazione, salvo poi riprendere la propria routine di pulizia. L’umano sospirò ancora, prese a guardarsi intorno e si soffermò su tutti i difetti della casa comparsi negli ultimi mesi.
Il divano sfregiato, gli oggetti mancanti, le tende bucate, i peli intrappolati sulla moquette.
«Meglio portarti di là per un po’, eh?» chiese al gatto guardandolo quasi con timore. Gli si avvicinò e fece per afferrarlo da sotto le ascelle. Kiyoomi seguì con attenzione tutto il tragitto delle sue mani, ma infine si lasciò prendere. Atsumu lo sollevò allungando il suo corpo e poi raccogliendolo tra le braccia. Lo portò in camera sua e dietro di lui chiuse la porta. Osamu aveva bisogno di sbollire e Kiyoomi di regolarsi, così per un paio di giorni l’avrebbe tenuto lì. La lettiera era, comunque, – sotto ordine di suo fratello – tra quelle quattro mura, in più la sua camera era grande ed il letto molto amato da Kiyoomi. Non sarebbe stato male. Atsumu lo lasciò lì e tornò in salotto per sistemare gli ultimi disastri del giorno. Si rabboccò le maniche e decise persino di smontare le tende, prendere forbici e macchina da cucito ed accorciarle, eliminando i buchi e lasciandole ad un’altezza tale che sarebbero state al sicuro dagli artigli di un certo bastardo a quattro zampe.
Quando Osamu rientrò, la prima cosa che notò furono proprio quelle. Guardò Atsumu con un cipiglio, quasi volesse dirgli che aveva fatto bene ma non volesse comunque complimentarsi.
«Satana dov’è.» gli chiese invece.
«Kiyoomi è in camera mia.» Osamu si sedette dal lato opposto al suo del bancone della cucina, afferrò uno dei toast che Atsumu aveva sul suo piatto ed iniziò a mangiarlo.
«Ti odio. E odio il tuo gatto.»
«Peccato, perché restiamo entrambi.» era la frase peggiore da dire ad una persona nervosa, ed Atsumu lo sapeva bene, ma gli premeva che a suo fratello fosse chiaro. L’altro mugugnò ancora, stavolta a bocca piena. Il cibo lo rendeva sempre un po’ più morbido, comunque, così invece di continuare disse semplicemente:
«Non voglio vederlo per qualche giorno.»
«Okay.» finirono di mangiare in silenzio, dopodiché – non libero dal nervosismo lui stesso – tornò verso camera propria con l’intento di fare una nuova ramanzina a Kiyoomi (non che le capisse o gli importasse).
Aprì la porta piano, ed usando una gamba come eventuale barriera nel caso il gatto avesse provato ad uscire, entrò e si richiuse in fretta la porta alle spalle. Ebbe giusto il tempo di accendere la luce e chiedersi dove fosse Kiyoomi quando questi si palesò ai suoi piedi strusciandoglisi addosso emettendo forti fusa. Atsumu si accasciò per raggiungere la sua altezza, gli diede una lunga carezza dalla testa alla coda e poi si concentrò sul lato del collo facendo triplicare le fusa.
«Bastardo.» lo insultò Atsumu «Non puoi scamparla così ogni volta!» Kiyoomi era bellissimo, ed era dolcissimo. Ma lo era solo con lui, e solo quando decideva di esserlo. Se solo Osamu l’avesse visto come lo vedeva lui! Se solo il carattere di Kiyoomi non fosse stato così difficile!
«È colpa tua se la gente dice che sono meglio i cani.»
Atsumu decise di rimandare all’indomani la ramanzina che sapeva di dover fare al suo gatto. Si lavò i denti, si mise il pigiama e raggiunse il letto. Kiyoomi attese che Atsumu si mettesse sotto le coperte, poi saltò sul materasso lui stesso e – come ogni notte – si sistemò sul suo petto.
La ramanzina fu rimandata ancora (a mai). Perché come poteva prendersela con un micio tanto adorabile e coccolone?
Era il bello dei gatti, giusto? Bastardi all’esterno ma teneri all’interno. Schivi con tutti e segretamente un tesoro con il padrone.
«Rimani comunque un bastardo.» sussurrò il biondo spegnendo le luci prima di addormentarsi al suono forte delle fusa dell’animale.
Non c’era niente di meglio. Addormentarsi con quel piacevole peso sul petto e svegliarsi con il culo di Kiyoomi sulla sua faccia era ciò che Atsumu avrebbe voluto fare per il resto della sua vita.
   
 
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