#Kinkybutnotreally challenge del gruppo H/C
Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction – GRUPPO NUOVO
Prompt di Gi Weasley:
UNGHIE
AFFILATO
AFFETTO
Situazioni dubbie e imbarazzanti in contesto H/C
La
tempesta della notte precedente fu l’ultimo inevitabile colpo ricevuto dopo
piogge scroscianti, vento impetuoso e temperature più basse della media. Si era
abbattuta feroce in tutta la città, non risparmiandosi affatto: i danni ingenti
alle cantine e ai parcheggi sotterranei, senza contare gli innumerevoli
allagamenti stradali avevano portato a un dispendio generoso di forze
dell’ordine nel riorganizzare il traffico, scongiurare eventuali crolli e ristabilire
dove possibile il riequilibrio del quotidiano.
Il palazzo in cui stanziavano i dormitori del gruppo non fu esente da tale
violenza, anzi, il seminterrato era stato prontamente sistemato alla bene e
meglio dai membri dello staff che si erano organizzati sobbarcandosi l’onere di
evitare danni ulteriori, perdendo ore delle proprie vite ad asciugare, pulire,
spostare e scaricare quante più cose possibili sul camion per la discarica. Si
erano arrangiati come potevano, a nulla erano valse le chiamate alle autorità,
le emergenze erano state divise per gravità e solo in ultimo in ordine di
arrivo.
Felix e Wooyoung s’erano uniti al gruppo di gestione del trasporto di quella
che ormai poteva essere definita immondizia, tanto che passarono ore ad
accatastare e poi spostare di tutto verso l’esterno nel piazzale, lavorando
come tanti altri con le schiene chine e i muscoli che urlavano dalla
spossatezza e l’utilizzo pressante. Il furgone completamente carico lasciò lo
spiazzo gremito in direzione della periferia, e con esso se ne andarono gli
ultimi sforzi per liberare gli scantinati da inutili zavorre. Le strette di
mano e i sorrisi forzati non si sprecarono, ognuno sapeva d’aver dato ciò che
poteva e aver contribuito con grande senso del dovere al bene comune.
Felix si trascinò stancamente verso l’ascensore, ancora avvilito per
l’accaduto, i chiari capelli spettinati e umidi, la sensazione di non credere
ancora a ciò che aveva visto e a ciò che aveva dovuto eliminare: alcuni degli
scatoloni presenti erano suoi, così come quelli degli altri membri del suo
gruppo. Cose di scuola principalmente, ma anche vecchi effetti personali,
qualche documento – ben pochi a dir la verità… tutto marcio. Wooyoung corse,
trotterellando più che mantenendo un ritmo costante di velocità, bloccando
all’ultimo l’ascensore: vi si infilò rapido sorridendo a colui che stava
occupando il vano. Dondolava immerso nell’impermeabile catarifrangente che lui
e il collega avevano recuperato dalla reception dello stabile, perdendo gocce liquide
sul pavimento. Tentò pure di sdrammatizzare con un paio di battute con cui era
solito intrattenere gli amici, ma il volto cereo di Felix mostrava soltanto un
semplice concetto.
Non adesso, lasciami stare...
Il silenzio li accompagnò fino agli spogliatoi dove si sarebbero finalmente
levati di dosso vestiti, nervosismo e delusione.
Wooyoung sapeva che la ferita all’avambraccio avrebbe bruciato, l’aveva tenuta
nascosta come poteva ruotando leggermente l’arto verso l’interno così da non
mostrare a nessuno il danno subìto. Il lieve gemito uscito dalle labbra al
contatto con l’acqua calda era inevitabile, la pelle lesionata ardeva in modo
infernale; il ragazzo strinse le dita a pugno conficcandosi le unghie nei
palmi, tentando di trattenere il dolore e l’inevitabile fastidio. Le piccole
fitte lo stavano aiutando a distrarsi nello sciacquar via il poco sangue
raggrumato rimasto, contando su una provvidenziale disattenzione da parte di
Felix che si stava lavando a un paio di metri di distanza. Ci sperava, ma
sapeva sarebbe stato uno sforzo vano: memore dell’apprensiva emotività del
collega dimostrata l’ultima volta in camera di San, non si stupì
dell’intervento successivo. Due dita aggrappate al plexiglass opaco a dividere
le docce attirarono la sua attenzione.
«Tutto bene?» La voce tesa del ragazzo si avvertì appena sullo scrosciare dell’acqua
calda, ma Felix sapeva d’esser stato udito.
«Certo, sono solo stanco.»
Un breve assenso, e Wooyoung pensò con sollievo sarebbe finita così.
Invece no, come dimostrava l’altro nell’essere presente poco dopo in sala
comune con lui, mentre tutti gli altri erano impegnati con le lezioni
pomeridiane.
«Non molli, eh?» Sorrise comunque, rassegnato.
Felix si sedette sullo sgabello adiacente la penisola di legno levigato a
dividere la sala dalla cucina, avvicinandosi con un paio di colpi di reni e
rischiando di cadere: detestava quelle sedute così alte. «No, ti ho sentito
lamentarti prima,» abbassò gli occhi scuri ad osservare la pavimentazione
particolarmente intrigante in quel preciso istante, «volevo solo sapere se
stessi bene, niente di più.»
Niente di più.
«Tutto a posto, grazie. Sei adorabile, sai?» Wooyoung bloccò un attimo il
braccio a metà strada, pronto ad afferrare la sua mano tra le dita e stringerle
in segno di gentilezza. Pensò solo in un secondo momento al significato di ciò
che aveva detto, e ritirò l’arto ricostruendo un’espressione quanto meno
equilibrata. «Cioè, grazie per esserti preoccupato, ecco.»
«Non sono scemo, comunque. Allunga il braccio.»
«Non serve, dai. Ehi, ehi Felix, ho detto che non… ahi!»
Le dita del ragazzo premettero all’altezza della ferita, dove la manica della
maglia si tinse di macchie scure su più punti, rosso su giallo, sangue su cotone:
impossibile da non notare. Felix parve sbiancare leggermente, non sopportava la
vista di quel colore addosso a qualcuno. Senza dire più nulla arrotolò
delicatamente il tessuto fino al gomito esponendo il risultato del lavoro delle
ultime ore: escoriazioni al di sopra del polso e una ferita di tutt’altra
natura poco più su.
«Come te la sei fatta?»
Wooyoung rispose con noncuranza: ci aveva fatto caso fino a un certo punto
vista la mole di lavoro che ancora doveva essere smaltita nello scantinato. Se
n’era accorto soltanto dopo aver visto una traccia scura sulla superficie di un
vetro spaccato su più punti.
«È stato quando abbiamo spostato i frammenti delle finestre? Potevi avvertirmi,
deve essere disinfettato.»
«No, guarda, lascia stare, fa niente. Sul serio, ehi… ehi?»
Felix era già sparito in bagno, seguendo il corridoio a ritroso dopo aver
recuperato il necessario per pulire la ferita ed evitare ulteriori danni; si
piazzò di fianco a Wooyoung, il tutto disposto ordinatamente sul tavolo pronto
per essere utilizzato.
«Non ci vorrà molto.»
L’operazione durò pochi minuti, nulla più della pulizia e disinfezione e garze
sterili disposte a strati sulla zona interessata; una nastrata a chiudere, e
aveva finito.
«Avrei preferito bendarti, ma non so fare più di così.» Felix sembrava
sinceramente avvilito per la scarsa capacità di medicazione che possedeva.
«Guarda che non mi casca mica il braccio, hai già fatto tanto. Grazie.» Sorrise
Wooyoung. Era sinceramente grato a quel ragazzo che non conosceva di persona
poi da molto, ma che aveva sempre rispettato nell’ambito della musica; Felix aveva
nuovamente scostato lo sguardo da lui, cercando di rimettere a posto tutto
distrattamente. «Hai la sindrome da crocerossina, per caso?» Rise divertito,
aveva posto la domanda con leggerezza, non pensava di vederlo avvampare
maggiormente; gli sfiorò la spalla richiamando la sua attenzione,
concentrandosi un secondo di più su quegli occhi di un indefinito colore
spruzzato da più sfumature scure e brillanti.
Staccati.
Wooyoung sembrò scottato dal suo stesso atteggiamento, ben più propenso a non
mostrare alcun cambiamento nella sua reazione. Lasciò andare Felix e rimase
seduto lì dov’era mentre lo vedeva allontanarsi barcollando per la spossatezza
e l’ingombro degli oggetti che stava stringendo contro il petto. Cos’era stata
quella sensazione di stranezza – imbarazzo – che lo aveva colto
completamente alla sprovvista? Si accarezzò la garza pensando a quelle dita esili
che si erano premurate di prendersi cura di lui, apprensive, forse troppo
delicate, calde.
«Ehi?»
Wooyoung non fece nemmeno caso a una nuova presenza nella saletta, impegnato a
cercare di focalizzarsi sui capelli chiari ancora umidi di Felix, capelli che
ricadevano disordinati sulle sopracciglia e a coprire le orecchie – non aveva
mai fatto caso ai due piercing che portava a quello destro, prima d’ora – e
alle iridi così strane, di una tonalità che era sicuro non avrebbe mai rivisto
da nessun’altra parte.
«Woo?»
E poi il rossore sugli zigomi ad accentuare le lentiggini che ricoprivano buona
parte della pelle del viso – era raro per lui incontrare qualcuno con una pelle
tanto chiara – lo aveva quasi messo a disagio. Perché arrossiva sempre così,
Felix? In sala prove non aveva mai notato questa particolarità, neppure sotto
sforzo.
«Ci sei?»
Una mano amica sventolò un paio di volte davanti a quello sguardo assorto.
«Woo?»
Wooyoung si risvegliò dalla disattenzione totale in cui si era rifugiato negli ultimi
due minuti, riconoscendo San soltanto all’ultimo.
«Ho visto il ragazzino uscire di qui pieno di roba, si può sapere cosa è
successo?»
«Niente di che, un incidente con una finestra.»
«Ti hanno insegnato che il vetro è affilato, vero?» San gli assestò un pugno
sulla spalla, come a deriderlo ma senza vera malizia. «Quindi Felix ti ha
curato ben bene, noto. Guarda che lavoro da maestro, io ti avrei schiaffato uno
di quei cerottoni orribili con i disegnini e ciao. Ci
tiene, si vede.»
Wooyoung cercò di assimilare le ultime parole dopo aver eliminato dalla testa
la vista di un avambraccio tempestato di nastrate raffiguranti animali scemi dai
colori improbabili.
«Dai, non ti ricordi l’altro giorno, quando ci ha beccati in camera e tu che
tenevi la mia faccia vicino al tu-»
«Ho capito, non serve specificare, e allora?»
«La sua reazione non è stata… eccessiva, secondo te?»
Il ragazzo si picchiettò la guancia destra sovrappensiero: «no, non credo.»
«Woo, ha lasciato cadere a terra una valigetta, fatto rovesciare tutto quello
che c’era dentro per coprirsi gli occhi. E ha camminato come un gambero per
tutto il corridoio. Era viola in faccia, viola, non so se hai capito.»
Ricordava tutto, ma continuava a non comprendere dove volesse arrivare l’amico.
«Credo provi una qualche forma assurda di affetto per te.»