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Autore: Nikita Danaan    17/11/2021    0 recensioni
Todoroki Shoto è un noto supereroe di Tokyo conosciuto con lo pseudonimo di Tosho. Ma anche un ragazzo dedito al dovere e alla giustizia come lui, dal passato travagliato, ogni tanto ha bisogno di fermarsi e respirare, specialmente grazie a un suo giovane fan molto speciale.
[Accenni alla coppia Jiro x Denki, però la coppia centrale è la TodoDeku]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota iniziale: questa storia sarà divisa in due parti, perché è venuta veramente lunga. È già stata scritta, quindi la seconda parte arriverà a breve.

Buona lettura!
 

"La ringrazio di cuore, Tosho*" gli disse la signora, a cui aveva appena restituito la borsa, inchinandosi. Egli ne fece uno a sua volta.

"Dovere, signora. Buona giornata".

L'eroe Tosho allungò le braccia in avanti e con i palmi delle mani iniziò a creare uno scivolo di ghiaccio e dai suoi piedi si alzò un pilastro sempre ghiacciato con il quale poter raggiungere la sommità dello scivolo.

Rivolse un cenno del capo ai poliziotti, che stavano facendo entrare nell'autovettura il ladro, il quale aveva cercato di rubare la borsa alla signora.

Poi si girò e si lanciò lungo lo scivolo di ghiaccio, allontanandosi da lì e osservando il cielo tinto delle tonalità arancioni, tipiche del tramonto. Si beò degli ultimi caldi raggi del sole che gli riscaldavano il volto segnato da una bruciatura sulla parte sinistra del volto. Il vento si scompigliava invece i capelli divisi in due parti di due colori distinti, una bianca e una rossa.

Dopo un po' terminò la sua scivolata e sciolse il suo scivolo improvvisato, andando a nascondersi in un vicolo, dove schioccando le dita la sua uniforme da eroe – una semplice tuta blu e degli stivali bianchi – mutò nei suoi abiti da civile, i suoi capelli bicolore e gli occhi spaiati tornarono rispettivamente di un rosso acceso e di un azzurro brillante*.

Todoroki Shoto si sgranchì la schiena e si portò una mano a massaggiarsi il collo. Era parecchio stanco quel giorno: aveva sventato una rapina in un supermercato, tre tentati omicidi, uno stupro e due scippi, compreso quell'ultimo effettuato alla signora.

La vita da eroe non era facile. Ma nonostante ciò, aiutare gli altri era sempre stato il suo desiderio fin da piccolo. Ciò era dovuto al fatto che fu costretto ad osservare per molto tempo impotente sua madre, Rei, che veniva picchiata dal marito, Enki Todoroki, purtroppo suo padre biologico.

Presto, crescendo, si rese conto di tutti i soprusi, le violenze e le ingiustizie che anche altre persone subivano e così Shoto, animato dall'ingenuità e allo stesso tempo dal cuore puro di un bambino, decise di diventare un supereroe per poterle aiutare, ma soprattutto per far fuggire la madre dall'incubo che viveva ogni giorno.

La sua bruciatura gliel'aveva procurata proprio quel bastardo versandogli addosso una secchiata di acqua bollente, la quale era diretta alla madre, ma lui si mise tra lei e quel cane per proteggerla.

Fortunatamente un giorno scoprì di avere dei superpoteri.

Mentre si stava toccando la sua bruciatura intanto che la medicava, si rese conto che le sue dita si erano fatte più fresche e ciò gli procurò sollievo, però, concentrandosi maggiormente, per poco stava per congelarsi metà faccia. Così come, un'altra volta, stava aiutando la madre ad apparecchiare, ma subito dopo arrivò lui a tirarle uno schiaffo e allora per poco non rischiò di bruciare tutto, accecato da un'ira feroce.

Realizzò quindi di avere poteri legati al ghiaccio e al fuoco. Tale scoperta lo galvanizzò. Non scoprì mai il perché il avesse ma non aveva importanza. Ciò che contava era che aveva dei poteri come i supereroi e in quel modo avrebbe potuto salvare la sua mamma!

Perciò quando divenne abbastanza grande e riuscì a controllare i suoi poteri, a diciassette anni lui e la madre scapparono via da quella casa infernale e si trasferirono a Tokyo* in un appartamento modesto. Lui non si scomodò neanche di seguirli. 

Erano solo loro due e all'inizio non era così semplice andare avanti, ma poi, facendo l'eroe a tempo pieno, presto la città decise di ricompensarlo, pagandolo per le sue gesta e quindi ciò gli permetteva di guadagnare molto denaro. In più sua madre era riuscita a trovare lavoro come impiegata in un'azienda ed era riuscita, dopo un po' di tempo, ad ottenere una promozione sul lavoro, quindi a ricevere anche uno stipendio più elevato.

Da allora erano passati 8 anni e Shoto era l'hero di Tokyo. In quel lasso di tempo era anche riuscito a far mettere in galera quell'immondo essere che aveva procurato solo dolore e sofferenza a lui e alla madre ed era ciò di cui andava più fiero in assoluto.

Dopo aver camminato per una manciata di minuti, giunse davanti a casa sua. Tirò fuori dalla tasca le chiavi, le infilò nella serratura ed entrò.

"Ben tornato, Shoto". Lo accolsero il delizioso profumo della soba, il suo piatto preferito, che gli fece subito venire l'acquolina in bocca, e la voce armoniosa della madre.

Essendo albina, aveva la pelle candida come la neve e i capelli bianchi. Erano lunghi e lisci e in quel momento li teneva legati in una coda bassa. Si girò verso di lui e gli dedicò un sorriso affettuoso.

"Sono a casa" le rispose, avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia.

"Sei arrivato giusto in tempo! Lavati le mani e poi vieni a mangiare, che è pronto".

Il ragazzo annuì e fece come gli era stato detto. Poi tornò in cucina, si sedette a capotavola dove trovò una ciotola enorme piena di brodo e spaghetti. Rei si sedette dal capo opposto del tavolo, di fronte a lui.

"Buon appetito" dissero i due all'unisono. Presero le bacchette e iniziarono a mangiare.

"Com'è andata oggi?" chiese la donna.

Shoto alzò la testa e la osservò. Sua madre non sapeva della sua doppia vita. Gli aveva detto che lavorava fuori città, quindi si apprestò a raccontarle una giornata ipotetica e fittizia di lavoro.

Dopo aver finito, fu il turno di Rei raccontargli la sua giornata. Mentre la donna parlava, Shoto fu assalito dal ricordo di un momento specifico di quel giorno, anzi di una persona che l'aveva colpito particolarmente.

Poco prima di sventare l'ultimo scippo della giornata, aveva soccorso un ragazzino, il quale era stato derubato di un ingombrante zaino giallo. Tosho allora creò una lastra di ghiaccio, sulla quale fece scivolare il ladro e facendo cadere sia lui che lo zaino, che si aprì rivelando il suo contenuto principale: fumetti e riviste sui supereroi.

Mentre la polizia portava via il delinquente, il ragazzino, dopo aver rimesso apposto le sue cose, gli si avvicinò timidamente e a testa bassa.

"T-ti ringrazio infinitamente" disse, facendo un profondo inchino impacciato.

L'eroe si girò a osservarlo, rispondendogli "Dovere" come era sua abitudine.

Aveva dei bizzarri capelli verdi – forse se li tingeva, pensò Shoto – ricci e le guance arrossate. Non avrà avuto più di diciassette o diciotto anni*, dato che indossava un uniforme delle superiori. Nonostante ciò era parecchio basso e minuto, tanto da arrivargli poco sopra al gomito.

Alzò la testa e disse incerto "I-io mi chiamo...Midoriya Izuku. È u-un piacere i-incontrarti, Tosho. S-sono...un tuo g-grande fan".

Fu allora che notò la moltitudine di lentiggini che gli coprivano le gote arrossate in maniera innaturale. Ciò ebbe l'effetto di fargli sentire una strana sensazione all'altezza del petto mai provata prima. Una sensazione di calore, ma diversa rispetto a quando usava il suo quirk – nome con il quale la stampa aveva ribattezzato i suoi superpoteri – legato al fuoco.

Era stranamente piacevole. Vagamente gli ricordava quel calore che percepiva grazie a una carezza o a un abbraccio di sua madre, ma molto più intenso.

Il ragazzino poi guardò l'orologio che teneva al polso ed esclamò "Ah! Devo tornare subito a casa o mia mamma si preoccuperà!".

Fece un altro inchino e dopo averlo ringraziato nuovamente corse via, prima che lui potesse dire o fare qualunque cosa.

Da quel giorno Shoto, in ogni sua missione, cercava sempre di scorgere la chioma scarmigliata e verde di Izuku, ma se da un lato fortunatamente non lo dovette più soccorrere, dall'altro sentiva la necessità di rivederlo, di risentire quel tepore all'altezza del petto. Un calore umano che non aveva mai provato se non grazie all'amore di sua madre.

Tuttavia una sera, mentre scivolava sulla sua rampa di ghiaccio, di ritorno dalla sua giornata lavorativa, passò davanti ad una finestra e intravide con la coda dell'occhio quei ricci color prato. Si fermò bruscamente rischiando di scivolare giù involontariamente, ma ebbe la prontezza di afferrarsi al cornicione della finestra.

Il ragazzino era girato dando le spalle alla finestra e si stava cambiando. Shoto deglutì. Il suo sguardo si trovò ad indugiare sulla sinuosa curva della sua schiena, come le guance anch'essa spolverata di lentiggini, ad accarezzare la forma del bacino non eccessivamente marcata e i suoi fianchi stretti.

Si trovò a pensare che Izuku sembrasse un cielo stellato. Uno spettacolo da ammirare.

Improvvisamente, il ragazzo si girò e appena lo vide alla finestra arrossì di colpo. Il supereroe si diede dell'idiota, mentre l'altro correva avanti indietro per la stanza cercando disperatamente un paio di pantaloni e infilandosi una maglietta.

Dopo essersi vestito, si avvicinò alla finestra. Le guance erano di una colorazione simile a quella di due mele mature.

Shoto fece per defilarsi, credendo ormai che l'altro lo considerasse un guardone e lo cacciasse giustamente via. Già si vedeva a passare il resto della serata a rimuginare sulla figuraccia colossale che aveva appena fatto, ma il ragazzo aprì la finestra e lo sorprese sorridendogli.

Nonostante fosse palesemente in imbarazzo, quello che gli stava rivolgendo era un sorriso sincero.

"Vuoi entrare? Dopo aver salvato un sacco di persone anche oggi, sarai senza dubbio stanco".

Shoto si ritrovò senza neanche rendersene conto in casa di Izuku. Il ragazzo era da solo – gli disse che la madre era uscita con delle sue amiche a cena – e ciò contribuì ad amplificare quella sensazione di imbarazzo che entrambi stavano provando.

Da un lato, Izuku si ritrovava in casa propria un supereroe, un supereroe in carne ed ossa! E non uno qualunque, ma Tosho! Credeva che non l'avrebbe più visto così da vicino dopo il loro primo incontro. Se ci pensava gli scappava quasi da ridere e si dava dell'idiota da solo, vista la reazione esagitata e tipicamente da fanboy quando aveva raccontato alla madre del salvataggio da parte del suo eroe preferito.

Davanti a lui aveva cercato di non mostrarlo, ma in realtà era al settimo cielo nel trovarselo di fronte. La scusa della madre era stata usata un po' perché effettivamente la donna si sarebbe davvero preoccupata per lui, un po' perché si era sentito troppo in imbarazzo, tanto da non pensare nemmeno di chiedergli un autografo. Anche solo avergli rivolto la parola era stata un'esperienza indescrivibile per lui.

Dall'altro, Shoto non sapeva come comportarsi. Nonostante fosse sempre a contatto con le persone, non era bravo ad interagire con loro. Ma per fortuna Izuku era un ragazzo dalla parlantina vivace e seppur timidamente gli iniziò a fare domande sul suo lavoro, a chiedergli informazioni sui suoi poteri e su come si era procurato il suo costume.

Senza neanche rendersene conto passarono la serata, seduti sul divano, a ridere e a scherzare. Shoto si sentì per la prima volta come un ragazzo normale, ovvero come mai si era sentito prima. Gli fu offerto da mangiare, da bere e anche un plaid celeste. Per quanto inizialmente avesse tentato di rifiutare con cortesia, il ragazzo aveva comunque posato sul tavolino basso del salotto di fronte al divano una tisana calda, un piattino con biscotti fatti in casa e con delicatezza la copertina sulle sue ginocchia. Quelle premure l'avevano colto alla sprovvista, ma allo stesso tempo gli avevano scaldato il cuore; lo stesso calore che aveva provato il giorno che si erano incontrati.

"Sai, io leggo fumetti sui supereroi da quando ne ho memoria praticamente. Mamma sostiene che la seconda parola che ho detto fu proprio hero" raccontò il ragazzo coi capelli verdi, sempre sorridendo. Era avvolto in una copertina gialla, nel quale sembrava affogare dentro. Shoto non poteva fare a meno di trovarlo adorabile.

"Come mai hai deciso di diventare un eroe, Tosho?".

Gli rispose con serenità. "Ho sempre voluto salvare le persone, essere loro d'aiuto, vederle felici, soprattutto mia madre. Lei è stata la prima persona che ho voluto salvare e sono fiero di esserci riuscito".

Parlare con Izuku lo faceva sentire tranquillo, anche se un leggerissimo imbarazzo lo attanagliava comunque all'altezza dello stomaco, però si giustificò con sé stesso ripensando alla gaffe di poco prima quando era fuori dalla finestra di camera sua.

Izuku spalancò la bocca, sorpreso "Cosa le era successo?" poi però si rese conto di aver fatto una domanda troppo personale e quindi si affrettò a scusarsi "Perdonami, sono stato troppo invadente".

"No, tranquillo. Diciamo che ho avuto un'infanzia complicata. Per quanto io sia felice quando aiuto gli altri, ogni tanto rimpiango di non aver mai avuto un'adolescenza come quella di tutti gli altri, di non aver mai avuto degli amici".

Nonostante il suo tono di voce e il suo volto fossero rimasti neutri, Izuku capì lo stesso ciò che doveva aver provato. Posò dolcemente una mano sul suo braccio, quasi temesse di dargli fastidio. Lo guardò con i suoi enormi occhioni di smeraldo "Devi aver sofferto molto".

Shoto non rifiutò il suo tocco, né lo infastidì, anzi fu quasi tentato di afferrargli la mano e stringerla, ma si trattenne.

Rivolse lo sguardo al ragazzo, finora rivolto verso il muro di fronte a lui "Ormai è acqua passata. Stai tranquillo" gli disse distendendo le labbra in un piccolo sorriso, il quale fu prontamente ricambiato dall'altro.

 

Si era fatto tardi e Izuku iniziava a sbadigliare e a stropicciare gli occhi con i pugni delle mani come un bambino. Travolto ancora una volta dalla dolcezza che quel ragazzino emanava, Shoto avvolse un braccio intorno alle sue spalle e lo accompagnò in camera sua.

Entrato nella stanza rimase notò che era tappezzata di poster con immagini di supereroi tratti da fumetti e film e tra questi ve n'era uno che lo lasciò con la mascella spalancata: un poster lo ritraeva intento a scivolare sulla sua lastra di ghiaccio con sullo sfondo la città di Tokyo al tramonto.

Cercò di non fissarlo troppo, ma l'idea che Izuku dormisse con una sua immagine in camera lo sorprese e lo emozionò al tempo stesso.

Mentre gli rimboccava le coperte, intravide sulla sua scrivania anche un funko pop sempre raffigurante lui stesso.

Izuku aveva aperto leggermente gli occhi e si accorse che l'eroe stava osservando il pupazzetto.

"Io...cioè, ecco...insomma, l'ho visto su Amazon e dato che...in omaggio davano anche il poster...".

Realizzò troppo tardi che con quella frase si era ancora esposto ulteriormente "No, scusami, i-intendevo che...".

Tosho sorrise, trovandolo adorabile. Fece per chinarsi sulle sue labbra, ma poi realizzò cosa stesse per fare.

Prima lo fissava mentre si stava cambiando, poi desiderava baciarlo. Cosa gli stava succedendo quella sera?

Per quanto le labbra di Izuku apparissero desiderabili ai suoi occhi, cambiò traiettoria all'ultimo minuto e lo baciò sulla fronte.

Durante tutto quell'istante, percepito come infinito, Izuku aveva trattenuto il respiro non capendo cosa l'altro avesse in mente di fare. Aveva una mezza ipotesi, ma non osava illudersi.

"Buonanotte, Izuku" sussurrò.

"B-buonanotte, Tosho".

Il sentirlo pronunciare il suo nome – seppur fosse solo il suo nome da hero – gli fece aumentare la frequenza del battito cardiaco.

Ancora una volta avvertì quel fuoco nel petto, che ardeva abbastanza per far sì che si domandasse se non avesse dei problemi a gestire bene il suo quirk ultimamente. Eppure gli capitava solo quando era con Izuku. Proprio non riusciva a capire.

Tuttavia si disse, mentre osservava il suo volto sereno mentre dormiva, che era una sensazione talmente piacevole che non si sentiva di etichettarla come qualcosa di negativo.

Accarezzò con delicatezza una sua guancia con il dorso della mano, che rese tiepida per non ustionarlo ma nemmeno per fargli avvertire del freddo.

Si sentiva così bene quando era con Izuku. In quel momento desiderò di poter stare in quella stanza con lui per sempre.

 

La sera successiva Izuku uscì per andare in un locale insieme ai suoi migliori amici di sempre, Iida Tenya e Uraraka Ochaco.

Contro ogni aspettativa, Izuku non rispecchiava per niente lo stereotipo del nerd che stava sempre a casa rinchiuso nella propria cameretta a guardare serie tv, anime e/o a leggere fumetti. Certo, gli piaceva stare per conto suo a leggere comics e non disdegnava le serate passate con poche persone ma fidati in casa, tuttavia quella sera la band* composta da alcuni loro amici e compagni di classe suonava, quindi loro erano sia curiosi di andarli a vedere sia volevano fare il tifo per loro.

Izuku ne aveva parlato con Tosho la sera prima, infatti gli aveva spiegato che, quando l'aveva visto dalla finestra, era intento a provarsi dei vestiti in modo da poter scegliere cosa mettersi per quella sera. Al ricordo dello sguardo dell'eroe su di sé arrossì di botto.

Nonostante si era sentito in soggezione nel realizzare che lo avesse visto praticamente in mutande, allo stesso tempo non gli era dispiaciuto.

Lo sguardo di Tosho sapeva essere così caldo, anche se la sua mano che possedeva il quirk del ghiaccio, la stessa che gli aveva preso dopo che si era confidato con lui, era gelida.

"Ehi Deku, tutto bene?" lo richiamò l'amica. Il ragazzo si riscosse e si voltò verso Ochaco "Sì sì, perché me lo chiedi?".

"È che ti vedevo assente, tutto qua" poi la sua bocca si distese in un ampio e contagioso sorriso "Non vedo l'ora di sentire i ragazzi. Sono così carica! Tu, Iida?".

Un ragazzo ben piazzato, dai capelli neri tendenti al blu e gli occhiali, annuì quasi meccanicamente "Sì, naturalmente"  disse anche se non pareva del tutto convinto nemmeno lui delle sue stesse parole.

Izuku ricambiò invece il sorriso della ragazza castana, dalle guance perennemente rosse "Anch'io non vedo l'ora!".

Ormai Deku era diventato il suo soprannome. In verità quel nomignolo era nato dal suo amico d'infanzia Bakugo Katsuki, batterista della band. Però inizialmente esso veniva usato da quest'ultimo come un insulto nei suoi confronti. Stava quasi a sostituire la parola sfidato. Successivamente i due riuscirono a trovare una convivenza pacifica, soprattutto grazie alla buona volontà e alla pazienza di Izuku e Deku acquisì un'accezione positiva, anche per merito della sua migliore amica, Uraraka.

Era stata infatti lei a sostenere che fosse un soprannome dal suono così dolce e che fosse un peccato che Bakugo lo usasse per ferirlo.

Di base, bene o male tutti nella loro classe sapevano che Bakugo non fosse una cattiva persona. Aveva solo un pessimo carattere: era irascibile, facilmente irritabile e sboccato, ma era così per celare le sue profonde fragilità.

Di contro Izuku lo chiamava sempre "Kacchan", soprannome che diceva – o meglio urlava – di detestare, ma alla fine se lo faceva andare giù, consapevole di averlo appellato in maniere ben peggiori.

Il tacito accorto che avevano stretto prevedeva che il suo nuovo soprannome by Bakugo Katsuki fosse "Nerd di merda", il quale però non aveva più la stessa connotazione dispregiativa che aveva prima Deku.

I tre entrarono nel locale e furono subito accolti calorosamente da Kaminari Denki, il primo chitarrista della band. Il ragazzo dai capelli giallo limone, con una striscia nera a forma di fulmine sul ciuffo, reggeva in mano un bicchiere di plastica pieno fino a metà di birra. Indossavauna maglia con il disegno di una saetta e dei jeans strappati. Andò loro incontro letteralmente a braccia aperte, sorridendo a trentadue denti.

"Hola hola hola, amici! Che bello vedervi!".

"Ciao, Denki!" lo salutarono calorosamente Deku e Ochako. Iida invece si limitò a fargli un cenno con la testa. Allora il biondo gli diede una poderosa pacca sulla spalla "Dai, non essere sempre così rigido, capoclasse! Non siamo in aula, non c'è il prof. Aizawa, puoi anche rilassarti per stasera". Poi gli porse un bicchiere "Bevi un po' che ti fa bene".

L'altro si irrigidì e si sistemò nervosamente gli occhiali sul naso "Ti ringrazio Kaminari, ma sono astemio".

"Uffa, che piaga che sei!".

"Sai vero che se non lo accontenti non ti lascerà mai stare?".

I quattro si girarono verso la voce femminile che aveva appena parlato. Kyoka Jiro, la cantante e bassista della band, era una ragazza minuta dal taglio asimmetrico a caschetto. I capelli parevano quasi neri alla tenue luce del locale, ma in realtà erano tinti di viola. Vestiva con una canotta viola, una minigonna fucsia con sotto delle calze a rete e degli anfibi neri. Accanto a lei vi era un'altra ragazza, Momo, la tastierista, alta e dalle forme generose, vestita con un abito aderente rosso e stivali del medesimo colore. I lunghi capelli corvini erano legati in una coda alta, leggermente inclinata verso destra, invece un lungo ciuffo era lasciato cadere sul lato destro del volto.

"Per favore, Denki, lascia stare Iida e andiamo sul palco. Bakugo e Tokoyami ci aspettano" disse Momo.

Come a ribadire il concetto sentirono una voce gridare "Muovetevi, merde secche! Tra cinque fottuti minuti dobbiamo spaccare questo cazzo di posto!".

Momo e Iida sospirarono esasperati, Jiro si batté una mano sulla fronte, Uraraka e Izuku ridacchiarono nervosi, mentre il solo che osò rispondere a Bakugo fu Denki "Ehi, porcospino, prendi un antiacido la prossima volta. Adesso la tua preziosa band arriva. Dacci il tempo di salutare i nostri amici!".

"Pikachu, appena finisce 'sto concerto del cazzo ti faccio saltare i denti!".

Izuku decise che era tempo di salvare la situazione e invitò i compagni di classe a salire sul palco, prima che Bakugo esplodesse definitivamente. Quelli infatti erano solo assaggio delle celebri urla e insulti firmati Bakugo Katsuki. Quindi il ragazzo disse agli amici "Ragazzi, meglio che vi lasciamo andare così potete prepararvi".

Uraraka alzò un pollice e gli fece un occhiolino "In bocca al lupo!".

Iida replicò "Dateci dentro. Si dice così, vero, Uraraka?". "Giusto!".

Denki alzò il bicchiere verso di loro a mo' di brindisi "Dai dai dai, che siamo grandissimi!". Prima di portarsi un sorso di birra alla bocca, incrociò lo sguardo con Jiro.

I due si guardarono intensamente, ma non si dissero nulla. Sembravano sempre essere in grado di comunicare con il pensiero.

Subito dopo si posizionarono sul palco e dopo che i clienti si sistemarono sotto di esso, allestito al centro della grande sala che era il locale, Tokoyami, il secondo chitarrista, fece un cenno a Jiro. In qualità di leader della band – anche se Bakugo si illudeva di essere lui e gli altri glielo facevano solo credere – fu lei a fare un breve discorso al pubblico per ringraziarli di essere così numerosi.

"Speriamo che la nostra canzone vi piaccia!" e dopo aver puntato nuovamente lo sguardo su Denki, il quale si era posizionato proprio di fianco a lei, si girò verso Bakugo che diede il tempo con le bacchette.

Iniziarono a suonare. La voce armoniosa e allo stesso tempo decisa di Jiro, unita alla grazia nel suonare di Momo, la maestria di Tokoyami, l'irruenza di Bakugo e l'energia di Denki li rendeva un gruppo davvero affiatato.

Presto venne richiesto un bis e anche un tris. Izuku e Ochako sapevano a memoria il loro repertorio, tanto da urlare sotto il palco a squarciagola e a un certo punto riuscirono a coinvolgere Iida a cantare almeno il ritornello del loro pezzo più celebre, Hero Too.

Izuku passò una splendida serata, urlando fino a sentire male alla gola e anche dopo l'esibizione si sedettero tutti ad un tavolo a bere, a ridere fino a che non gli fece male alla mascella e a scherzare.

Persino Bakugo sembrava di buon umore, limitandosi ad appellarlo con un "Nerd di merda" di routine, tuttavia sentiva come se gli mancasse qualcosa per essere davvero felice. In alcuni momenti, infatti, gli parve di percepire in mezzo alla folla uno sguardo su di sé. Sperò che fosse di due occhi spaiati molto familiari e per lui estremamente importanti.
 

Angolo dell'autrice

Alcune precisazioni:

La storia è completamente distaccata dall'anime e dal manga perché in primis non seguo da un po' l'anime e inoltre il manga non l'ho letto. Ho deciso così perché volevo provare a portare qualcosa di nuovo, perciò è saltato fuori un AU con i supereroi diverso dall'universo di MHA. Inoltre mi solleticava da un po' l'idea di portare una storia con coppia Todoroki x Midoriya. Non so perché ma li trovo estremamente carini insieme (anche se Izuku non lo vedo male con Ochaco, ma il mio animo fujoshi ha avuto la meglio anche oggi XD Ma neanche più di tanto visto che è PALESE il fatto che io shippi Jiro e Denki).

Spiegazione degli asterischi:

*Tosho: è l'inversione delle due sillabe del suo nome, Sho e To. So che nell'anime usava il suo vero nome però io sono della "vecchia scuola", per la quale nessuno deve arrivare a sospettare minimamente della tua vera identità. Non è 'sto gran nome a prova di sgamo, ma secondo me Todoroki non è noto per la sua originalità XD

*"Schioccando le dita [...] di un azzurro brillante": sempre per collegarmi al fatto che sono della "vecchia scuola", ho deciso che l'aspetto con cui lo vediamo nell'anime lo assume grazie ai suoi poteri, che gli permettono anche di mutare colore degli occhi e dei capelli.

*Tokyo: La storia è ambientata nel nostro mondo e i supereroi sono come lo sarebbero tipo dei film della Marvel e non come in MHA, ovvero salvano le persone, ma non c'è la Yuei che ti insegna a diventare un eroe. In più siamo nel nostro mondo e non in quello fittizio di MHA. È una storia basata più sul classico modello dei supereroi, diciamo così, che scoprono di avere dei poteri e decidono di usarli al servizio del bene.

*"Non avrà avuto più di diciassette o diciotto anni": Todoroki è più grande di Midoriya in questa storia di 7 anni. Infatti quando Midoriya gli parla della sua prima missione che vide in TV, Shoto all'epoca aveva 17 anni nella mia storia. Izuku invece ne aveva appunto 10.

*Composizione della band presa dalla puntata 86, che non ho ancora visto, quindi l'ho ricomposta basandomi sulle informazioni trovate su My Hero Academia Wiki. Infatti cito anche il nome della canzone che viene eseguita da loro ovvero Hero Too. Non sono riuscita a vedere se Kyoka suona davvero un basso, però, avendo un minimo di conoscenze musicali, so che una band senza basso "non s'ha da fare", quindi avendo letto che Tokoyami e Denki suonano la chitarra, ho deciso così. Poi riguardando e riascoltando il video dove si esibiscono, sono praticamente certa che lei tenga in mano uno strumento a quattro corde – ergo un basso – e che alla fine della canzone si senta il suo suono.

P.S. Denki che saluta dicendo "hola hola hola" sappiate che per me è canon!

Penso di avervi detto tutto.

Spero che questa prima parte vi sia piaciuta. Se voleste lasciarmi una recensione, ve ne sarei grata!

Alla prossima

Nikita

 

   
 
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