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Autore: Angel TR    20/11/2021    1 recensioni
'Cause it doesn't feel right when it's late at night and it's just me in my dreams
Quando il sole cala per lasciare il posto alla notte, il vuoto fa più paura.
{Questa storia partecipa alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di Efp}
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Rochefort, Hwoarang, Jin Kazama, Lars Alexandersson
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ultraviolence'
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4- Things you said under the stars and in the grass


3. Down


'Cause it don't feel right when it's late at night
And it's just me in my dreams


Squarci di sangue striavano l'azzurro cupo del cielo dove si intravedevano le prime lontanissime stelle, gettando un'ombra rossastra sulle foglie che decoravano i rami degli alberi. Seduto a gambe conserte nel verde della lussureggiante foresta, Jin si costrinse a respirare profondamente, si costrinse a osservare la natura e gli esseri che la abitavano, come aveva fatto per anni quando il suo animo era in tumulto.
Ma qualcosa non andava più.
La solitudine – sua eterna compagna da quando l'orologio aveva dolorosamente scoccato la morte di sua madre e poi, qualche anno dopo, il tradimento di suo nonno – ora iniziava ad andargli stretta, simile a un macigno che si trascinava legato stretto stretto attorno alle sue caviglie e che gli impediva di percorrere liberamente i sentieri della vita.
Aveva scoperto, quasi deluso e terrorizzato dalla sua debolezza – così umana, così giovane, così dolce –, che anelava ogni giorno di più i suoni della frenetica vita nell'isola di Yakushima, le emozioni banali e quotidiane che rendevano degne di essere vissute le esistenze della sfrenata o pacata gioventù giapponese. Le desiderava, se ne voleva appropriare a piene mani. Aveva scoperto, a sue spese, che persino le piccole isole hanno bisogno di essere abitate per continuare a respirare.
«Mi offendi, piccolo. Non sei solo: hai me» giunse lieve e beffarda una voce profonda, seducente, il giapponese venato da un accento non appartenente a nessuna lingua umana.
Jin cercò di concentrare la propria attenzione sulle foglie degli alberi, ormai grondanti della notte calata su Yakushima. No, non era solo, era vero: l'ombra del demone che albergava dentro di lui si allargava sempre più minacciosa, guadagnando centimetri importanti nel tiro alla fune che, come premio, vede la sua salute mentale.
«Alcune persone nascono per morire sole» concluse in un filo di voce che soltanto la notte poteva udire. Chiuse gli occhi prima di dedicarsi alla meditazione per poter escludere il demone dalla sua testa.
Ah, ma il sapore che quelle parole lasciarono nella sua bocca era amaro, così amaro…

  
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