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Autore: Bored94    28/11/2021    0 recensioni
Post-canon
Dopo la scongitta del Tendōshū e di Utsuro, Takasugi rispunta bimbizzato in una grotta. Sakamoto lo recupera dal Kiheitai e lui, Gintoki e Katsura si occupano di crescere il miniterrorista. Tre ex-jōi alle prese con un miniterrorista a crescita rapida.
Genere: Demenziale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke
Note: De-Aging, Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Quando i quattro rientrarono alla Yorozuya era ormai l’alba. Kagura andò ad avvertire Otose che avevano ritrovato Gintoki e Takasugi, mentre Shinpachi si diresse direttamente al piano di sopra per telefonare ad Otae, per aggiornarla, ed a Kondo, per far sapere alla Shinsengumi che avevano ritrovato i due amici scomparsi e comunicare la posizione degli amanto contro cui avevano combattuto, così che la base venisse smantellata. Sakamoto nel frattempo, che aveva trasportato Gintoki privo di sensi sulla schiena, lo sistemò sul futon e iniziò a spogliarlo, mentre Katsura si dirigeva verso il bagno con Takasugi.
Shinpachi aiutò il mercante, mentre Kagura lasciava dei vestiti puliti per Shinsuke fuori dalla porta del bagno e portava una bacinella con delle salviette e delle bende nella camera del samurai. Quando Katsura riemerse dal bagno con Takasugi, il bambino era pulito e sembrava aver smesso di tremare. A loro volta, Shinpachi e Sakamoto avevano finito di pulire e fasciare le ferite di Gintoki e stavano cercando di infilarlo in un pigiama pulito. Kagura sistemò una bacinella e alcune pezze di stoffa accanto al futon di Gintoki e lasciò che gli altri due gli sistemassero le coperte, mentre lei sistemava due futon puliti nella propria camera per i due ospiti e spostava il proprio nella camera del samurai.
Tutto venne fatto nel più completo silenzio, fino a quando Takasugi non iniziò a piangere appoggiato alla gamba di Katsura. Il ronin gli passò una mano tra i capelli e lo fece sedere su uno dei divani. Sakamoto sospirò e li raggiunse. I due ragazzi potevano sentirli parlare con il bambino, ma i loro toni erano troppo sommessi per riuscire a capire qualcosa. Kagura si girò nuovamente verso l’interno della stanza dell’uomo dai capelli d’argento. «Io resto con Gin-chan» disse rivolta a Shinpachi, come se questo non fosse stato ovvio dal trasloco del suo futon. Il ragazzo con gli occhiali annuì e si massaggiò la base del naso. «Tra un minuto ti raggiungo» le rispose e si diresse verso la cucina. Svuotò un sacchetto di biscotti dentro a una ciotola e mise a bollire un pentolino d’acqua. Qualche momento dopo si diresse in salotto e appoggio sul tavolo la ciotola di biscotti e tre tazze di tisana. Katsura ringraziò con un cenno della testa e i due uomini tornarono a concentrarsi sul bambino ancora singhiozzante. Si sentiva in colpa. La paura del sogno aveva lasciato il posto allo spavento causato dagli amanto e dal senso di colpa di aver fatto peggiorare le condizioni di Gintoki. Shinpachi tornò in cucina, riempì una brocca con dell’acqua, prese un bicchiere e appoggiò il tutto in camera di Gintoki, poi prese un futon pulito e si sdraiò a sua volta.

 

Nei giorni seguenti, Katsura, Sakamoto, Kagura e Shinpachi si alternarono in modo che ognuno di loro avesse un ruolo e non fossero sempre gli stessi a occuparsi di Gintoki e Takasugi. Il bambino in quei giorni fu stranamente tranquillo e silenzioso, le rassicurazioni da parte di Katsura e Sakamoto sul fatto che non sarebbe stato punito e che quanto successo non fosse colpa sua non avevano sortito grande effetto. Takasugi sembrava essersi trasformato in un perfetto soldatino: ordinato, silenzioso e obbediente. Dal canto suo Gintoki, nonostante le ferite stessero guarendo senza troppi problemi, continuava ad avere la febbre alta, a respirare in modo affannato e tossire. Alla fine, per provare a dargli un po’ di sollievo, avevano fatto in modo di metterlo parzialmente seduto, con la schiena appoggiata ad alcuni cuscini. In quei giorni, Gintoki era rimasto incosciente per la maggior parte del tempo e gli altri si erano dovuti assicurare che bevesse a sufficienza. Fu soltanto dopo tre giorni che il respiro del samurai si fece meno travagliato e la febbre iniziò a scendere. Kagura aveva appena cambiato una delle pezze sulla sua fronte e stava per alzarsi quando sentì una mano afferrargli un polso. La stretta voleva chiaramente fermarla, ma era troppo debole per riuscire effettivamente a trattenerla. La ragazza si girò verso il proprietario della mano che la stava fissando, gli occhi appena aperti e la bocca dischiusa come se volesse dirle qualcosa. Kagura sorrise e si avvicinò un po’. «Gin-chan, ti sei svegliato!»
L’uomo deglutì e si guardò attorno.
«Shinpachi si sta facendo una doccia e Katsura e Sakamoto sono usciti a fare la spesa con il miniterrorista» spiegò la giovane yato, indovinando la domanda inespressa del samurai. «Stiamo tutti bene. Tu hai una ferita su un fianco e una sulla schiena, ma sono state entrambe pulite e fasciate. Non dovrebbero darti problemi» disse Kagura facendo una pausa. Gintoki annuì, per confermare che non facevano male. «Però visto che sei un idiota che è corso fuori di notte in pigiama sotto un diluvio, l’influenza è peggiorata. Sai quanto ci siamo preoccupati quando non riuscivamo a trovarvi? Hai avuto una febbre da cavallo per tre giorni! Questa è la prima volta che sei cosciente in tre giorni» lo rimproverò la ragazza e rimase per un po’ a fissarlo contrariata. Finalmente Gintoki distolse lo sguardo e bofonchiò qualcosa che Kagura decise di ignorare, probabilmente quello stupido stava cercando di minimizzare anche in quel momento. La yato sbuffò. «Lascia perdere. Nessuno di noi si è fatto nulla, comunque. Anche il teppista non era ferito, solo molto spaventato...» Gintoki sembrò tranquillizzarsi sentendo quelle parole e Kagura sorrise. «Hai sete?» chiese porgendogli un bicchiere, l’uomo annuì e bevve avidamente, per poi tornare ad appoggiarsi ai cuscini con un sospiro. Kagura cercò di nuovo di alzarsi per cambiare l’acqua nella bacinella, ma la mano di Gintoki rimase salda attorno al suo polso. La yato lanciò un’occhiata a Gintoki, che aveva chiuso di nuovo gli occhi e per la prima volta da giorni sembrava finalmente rilassato, e scosse la testa sbuffando divertita. Lasciò perdere la bacinella e si sdraiò accanto al samurai, sistemando le coperte e appoggiandosi a sua volta con la schiena contro i cuscini. Per qualche secondo non accadde nulla, ma alla fine la ragazza sentì la testa di Gintoki appoggiarsi alla sua spalla e l’uomo sospirare leggermente, qualche minuto dopo si era riaddormentato.

Quando si svegliò, Gintoki rimase un attimo ad occhi chiusi. Non sentiva rumori provenire dal resto della casa e dalla strada. Aprì cautamente gli occhi e vide la luce del sole infiltrarsi dalla finestra. Era mattina quindi. L’insolita quiete doveva significare che era ancora presto. Ricordò di aver parlato con Kagura poco prima… o forse era qualche giorno prima? Gli aveva detto che era rimasto ferito durante lo scontro contro gli amanto e che aveva avuto la febbre alta per tre giorni… passò mentalmente in rassegna il proprio corpo. Poteva sentire qualcosa stringergli il busto, ma non era fastidioso. Probabilmente erano le bende. Non sentiva dolore però, quindi le sue ferite doveva star guarendo bene. Fece un respiro profondo e si rese conto che respirare finalmente non era più così complicato. Anche la sua testa sembrava aver smesso di cercare di esplodere. Tutto sommato si sentiva abbastanza bene. Si guardò attorno e si accorse del bambino che dormiva accanto a lui nel futon.
Giusto.
La sera prima Shinpachi, Kagura, Sakamoto, Katsura e Takasugi si erano radunati in camera sua. Shinpachi aveva detto che finalmente la febbre sembrava stare scendendo e che probabilmente sarebbe stato bene in un paio di giorni. Shinsuke a quel punto si era avvicinato con cautela, senza scollare gli occhi dal pavimento, e aveva iniziato a scusarsi con voce tremolante, finché Gintoki non lo aveva afferrato e fatto sedere accanto a sé nel futon. A quel punto il bambino gli si era abbarbicato addosso stile koala e aveva rifiutato di staccarsi, quindi alla fine si erano addormentati così.
In quel momento Shinpachi entrò nella stanza e vedendo Gintoki sveglio sorrise. «Buongiorno, Gin-san. Come ti senti?»
Il samurai sorrise a sua volta. «Bene direi, almeno non mi fa male niente e non sembra più che qualcuno stia usando un martello pneumatico nel mio cervello.»
Shinpachi annuì e gli posò una mano sulla fronte. «Anche la febbre sembra essere passata… vuoi provare ad alzarti? Ho fatto la colazione.»
Gintoki annuì, si alzò dal futon e si diresse in cucina con Takasugi ancora addormentato in braccio. Sia lui che Shinpachi furono palesemente sollevati dal fatto che nessuna di quelle azioni gli fosse costata particolare fatica. Shinpachi gli appoggiò un piatto davanti. «Ho fatto il solito… è meno abbondante del normale, ma non sapevo quanta fame avresti avuto. Se non è abbastanza, posso sempre fare qualcos’altro e lasciare a digiuno Kagura» si giustificò Shinpachi con un ghigno divertito.
Gintoki rise. «Grazie, Pattsuan» rispose prima di cominciare a mangiare. Una volta terminato, il ragazzo con gli occhiali sparecchiò e mise i piatti nel lavello. «Quanto ho dormito?» chiese improvvisamente Gintoki.
Shinpachi si girò e sembrò meditare per un momento. «Cinque giorni. I primi tre avevi la febbre molto alta e non eri cosciente, dopo ha iniziato a diminuire e hai avuto qualche momento di lucidità. Ti ricordi qualcosa?»
Gintoki annuì. «Ieri sera. E Kagura due giorni fa… mi ha sgridato, penso.»
Shinpachi rise. «Sì, me lo ha detto. E ha ragione, Gin-san. Non saresti dovuto uscire per conto tuo» lo rimproverò a sua volta il ragazzo con gli occhiali. Gintoki fece una smorfia e agitò una mano. «Ci vuole ben altro per uccidermi.»
«Allora la prossima volta che ti verrà l’influenza potremo lasciarti da solo» lo prese in giro Shinpachi, guadagnandosi uno sguardo tradito da parte del samurai, che fintamente offeso si alzò e se ne andò sul divano con Takasugi ancora in braccio.

 

Takasugi si svegliò con calma. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che si era svegliato così riposato. Sbadigliò pigramente e si mosse leggermente nel dormiveglia, stropicciando la stoffa sotto di lui. C’era qualcosa di strano. La superficie sotto di lui sembrava muoversi in modo lento e ritmico. Che diavolo stava facendo il suo equipaggio? Avevano disimparato a pilotare? Erano nello spazio, non in alto mare! Sbatté le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce dell’ambiente in cui si trovava e ciò che vide lo confuse ancora di più. Non era sulla sua nave. Era… la spalliera di un divano quella?
Takasugi si bloccò di colpo.
Ora ricordava.
Era tornato in vita.
Era tornato in vita sotto forma di bambino.
Un fiume di ricordi imbarazzanti gli colmarono la mente, tutto ciò che aveva fatto in quegli ultimi mesi gli passò davanti agli occhi come in un film.
E a quanto pareva in quei mesi erano stati quegli impiastri dei suoi fr- dei suoi ami- dei suoi ex-compagni ad occuparsi di lui. I suoi ex-compagni e i due mocciosi adottati da Gintoki.
Gintoki… oh no.
Con la realizzazione di ciò che era successo nell’ultimo periodo, arrivò anche la comprensione della posizione in cui si trovava in quel momento.
Non era su una barca che ondeggiava.
Il suo sé di otto anni stava dormendo sul divano sopra a Gintoki!
Takasugi scattò a sedere e il movimento brusco svegliò Gintoki che si sedette a sua volta, guardandolo senza capire cosa stesse succedendo, ma ancora troppo addormentato per fare domande.
«Gintoki!» urlò Takasugi vedendo l’altro svegliarsi di soprassalto senza che lui avesse avuto modo di scendere dal divano. Gintoki sgranò gli occhi, il famigliare tono di voce lo aveva riportato alla realtà e gli aveva fatto capire di colpo che quello davanti a lui era un Takasugi in pieno possesso dei suoi ricordi e della sua personalità. In automatico, il samurai afferrò il bambino e lo lanciò sull’altro divano con un urlo traumatizzato.
Shinpachi rispuntò dalla cucina, allarmato. «Che succede?»
«Chi diavolo è che fa tutto questo baccano?» brontolò Kagura uscendo dalla sua stanza ancora in pigiama, sfregandosi gli occhi con una mano.
Gintoki si ricompose e alzò le spalle, indicando Takasugi che stava cercando di mettersi seduto dopo essere stato lanciato in malo modo. «È tornato.»
Shinpachi e Kagura rimasero un attimo perplessi, poi si voltarono verso il bambino e vedendo il suo sguardo contrariato finalmente capirono.
«Oh, bentornato, Takasugi-san» salutò il ragazzo con gli occhiali.
«Sì sì» sbadigliò Kagura. «Ciao, monocolo piscopatico. Non far esplodere nulla mentre sono in bagno» disse prima di scomparire di nuovo.
Nello stesso momento in cui la ragazza riemerse dal bagno, vestita e vagamente presentabile, Katsura e Sakamoto fecero la loro comparsa in salotto. Sakamoto, che non aveva idea di quanto fosse successo poco prima, si sedette sul divano accanto a Takasugi e allungò una mano per spettinarlo, mentre Katsura si sedeva accanto a Gintoki.
«Ehi, Tatsuma! Leva quella mano, se ci tieni a non perderla» abbaiò il bambino. Sakamoto ritirò di scatto il braccio, sgranando gli occhi. In un attimo però capì che Takasugi doveva aver recuperato i ricordi ed essere tornato se stesso, così scoppiò a ridere divertito.
«Appena tornato e sei già di buon umore, eh Bakasugi?»
Katsura si avvicinò all’improvviso e tirò una guancia del bambino, che lo fulminò all’istante. «Sì, è proprio tornato!» si girò di scatto verso Sakamoto «Così però non potremo fargli indossare quel costume!»
La voce di Gintoki attirò di nuovo la loro attenzione. «Chi lo dice?» chiese in modo sardonico e con un sorriso che non prometteva nulla di buono. «Dopotutto siamo tre contro uno. E lui è ancora in versione tascabile.»
«...non ci provate» li avvertì l’amico cercando di scappare. Troppo tardi, gli altri tre gli furono addosso e così pochi minuti dopo Takasugi si ritrovò infilato in una tutina a forma di coniglio. La foto andò ad arricchire la collezione di foto imbarazzanti degli ultimi otto mesi.
«Giuro che vi ammazzo» ringhiò Takasugi mentre gli altri tre continuavano a prenderlo in giro. Shinpachi e Kagura però avrebbero potuto giurare di aver visto il comandante del Kiheitai sorridere.

 

  
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