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Autore: Darlene_    04/12/2021    0 recensioni
Sam ha bisogno di aiuto e contatta un vecchio amico del padre per non dover chiedere aiuto al fratello, ma non sa che Dean farebbe qualsiasi cosa per lui, nonostante tutto.
Dal testo: “Perché sei qui?” Sussurra quasi temendo la risposta. Non vuole litigare, non ora che si sono ritrovati, ma non può fare a meno di chiedersi se Dean non sia venuto per riportarlo a casa.
Storia scritta per una challenge sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la wish upon a time challenge del gruppo fb Hurt/comfort Italia 



Abesentia 
 



Nel loro ambiente tutti hanno sentito parlare, almeno una volta, di John Winchester e della folle crociata per vendicare la moglie morta in un incendio. Si dice sia sulle tracce di un demone dagli occhi gialli e che tra una ricerca e l’altra per trovare il maledetto compia azioni leggendarie. Nei pub, tra una birra e l’altra, i cacciatori si divertono a raccontare storie più o meno veritiere sul suo conto. Se lo si chiede ad alcuni lo reputano un eroe capace di imprese leggendarie, altri (come Ellen Harvelle) lo considerano alla stregua del mostro a cui sta dando la caccia. Richard è tra i pochi che possono dire di averlo conosciuto di persona e di lui ricorda soprattutto i figli (la prima volta in cui li ha visti non erano altro che marmocchi) e della loro complicità fatti di sguardi, piccoli gesti, occhiate preoccupate rivolte all’altro nelle situazioni di difficoltà, perciò restai assai stupito quando uno dei due lo contatta domandandogli aiuto. Il suo primo impulso è quello di mandarlo al diavolo, ma nel loro lavoro c’è un codice non scritto in cui non puoi abbandonare un collega in difficoltà ed inoltre John gli ha salvato quella pellaccia dura impregnata di Gin, quindi gli deve il favore, così si arma di buona volontà e guida tutta la notte per raggiungere Palo Alto.
Durante il viaggio immagina vari scenari, tutti altrettanto orribili, sulle condizioni del ragazzo, però quando entra nella stanzetta del dormitorio dell’università di Stanford sente lo stomaco contorcersi e deve trattenere un conato di vomito.
Sam è riverso sul letto, i vestiti laceri e la pelle sottostante ricoperta di sangue. Il viso è talmente deformato dalle bruciature che, se non lo sapesse, non riuscirebbe mai ad associarlo ai lineamenti gentili del giovane. Mette due dita sulla carotide e per un attimo teme di essere arrivato troppo tardi, di dover aggiornare il numero di colleghi periti tentando di salvare il mondo poi, per fortuna, percepisce il battito, seppur lieve e trae un sospiro di sollievo. Ovviamente dovrebbe portarlo in ospedale, ma non sa come giustificare le ferite e per fortuna il suo passato di Marine a gestire anche le situazioni più disperate.
Rovista nei cassetti alla ricerca di un lenzuolo pulito e con non poche difficoltà riesce ad infilarlo sotto al corpo martoriato. Sam si riprende momentaneamente dal suo stato di incoscienza e borbotta qualcosa su falene di fuoco che Richard non comprende. Impiega come minimo un’ora per liberarlo dai vestiti e per non udire i gemiti disperati si mette a canticchiare una filastrocca sconcia che ha imparato in un bordello.
“Dean.” Il ragazzo si agita, il viso impregnato da una spessa patina di sudore. Ogni tanto scruta la stanza alla ricerca del fratello e a nulla servono le parole rassicuranti di Richard. Umetta la pelle piena di vesciche per pulire il sangue e maledice se stesso per aver accettato quel compito ingrato. Nel frattempo Sam continua ad agitarsi, stringendo tra le dita il lenzuolo ed implorandolo di chiamare suo fratello. Vorrebbe avere ancora la morfina che per anni si è iniettato nelle vene, ma dopo la disintossicazione non ha mai nemmeno usato dell’anestetico per alleviare il dolore perciò e costretto a stringere i denti e proseguire cercando di estraniarsi. Una sola goccia di disinfettante tocca la carne lacera e le grida sono così forti da mettere in allerta l’intero dormitorio perciò si sfila la cinta e la infila tra i denti del cacciatore perché non può permettersi di dare spiegazioni ad una schiera di studenti ed insegnanti preoccupati. Quando avvolge l’ultima garza all’esterno il cielo sta imbrunendo e i vestiti sono fradici di sudore, ma trae un sospiro di sollievo nel constatare che il suo paziente è finalmente svenuto. Si lava le mani e arraffa tutti gli appunti sulla creatura su cui Sam stava lavorando perché qualcuno doveva impedirle di fare nuovamente del male. Si avvicina un’ultima volta al letto con la siringa di antibiotico in mano. Premendo lo stantuffo si accorge di un paio di occhi verdi che lo scrutano.
“Starai bene, non ti preoccupare.” Sussurra carezzandogli i capelli. Potrebbe essere suo figlio se solo non fosse stato ucciso vent’anni prima da una Baba Yaga. A terra, seminascosto dal comodino c’è il cellulare. Sullo schermo il numero dell’ultima chiamata, il suo. Si domanda il motivo per cui, tra tutti, sia stato contattato lui e non un famigliare oppure quello scorbutico di Bobby Singer che sa essere un amico dei Winchester (per quanto amichevole possa essere quel montanaro brontolone).
 
 
Un lieve pizzicore alla base del collo lo trasporta lontano dal sogno. Sbatte le palpebre e si rende conto di essere nel suo letto. La pelle tira e brucia come se fosse arsa dalle fiamme, ma il sorriso di Dean è così piacevole da riuscire ad ignorare il dolore. Prova a sorridere a sua volta cercando di rammentare il motivo per cui quella scena sembra sbagliata. Per qualche motivo suo fratello non dovrebbe trovarsi lì, ma non ricorda il perché. Si sente così stanco da non riuscire a tenere gli occhi aperti e sprofonda nuovamente in un sonno senza sogni.
Quando si sveglia per la terza o quarta volta Dean è ancora accanto a lui, la stessa camicia, sempre più stropicciata e la barba di un paio di giorni. Sembra felice di vederlo e Sam ricorda della caccia, delle falene infuocate che lo hanno avvolto e il dolore immenso che ha dovuto combattere per guidare fino all’Università.
“Bentornato Sammy.” Suo fratello non è arrabbiato. Gli porge un bicchiere d’acqua e una pastiglia di antidolorifico che lui fatica a mandare giù. Rammenta le cure di Richard e del desiderio di avere Dean al suo fianco. Si vergogna per quella debolezza e sa di non meritarsi quelle attenzioni, non dopo essere scappato per avere una vita una vita normale.
“Perché sei qui?” Sussurra quasi temendo la risposta. Non vuole litigare, non ora che si sono ritrovati, ma non può fare a meno di chiedersi se Dean non sia venuto per riportarlo a casa.
“Credevi che Richard non avrebbe telefonato a papà? Per fortuna ho risposto io…” Immaginano per un momento se fosse stato John a raggiungere Palo Alto e ricacciano entrambi il pensiero.
“Volevo chiamarti, ma non sapevo se saresti arrivato.” Osserva con intensità il lenzuolo perché non ha la forza di leggere la delusione negli occhi del fratello.
“Io ci sarò sempre per te, qualunque strada percorrerai. Ora dormi, ne hai bisogno.” Gli aggiusta il cuscino dietro la testa e pare leggere la domanda che assilla Sam. “Quando ti sveglierai sarò ancora qui, te lo prometto.”
  
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