GRAZIE
PER CHI ABBIA DECISO
DI VALUTARE ANCHE QUESTO CAPITOLO DI UNA NUOVA E STRANA STORIA CHE MI
è VENUTA
IN MENTE…SPERO VI PIACCIA…LASCIO A VOI LA SCELTA,
QUINDI DITEMI VOI SE LA
STORIA VI PIACE E QUINDI VALE LA PENA CHE LA CONTINUI, O SE
è MEGLIO CHE LA
LASCI PERDERE…
LA TROVATELLA
POV
ROSALIE
Da
tre anni ci eravamo trasferiti a Phoenix,
non era una delle solite città che sceglievamo, il sole
splendeva in cielo
quasi tutto l’anno e noi eravamo costretti ad uscire solo
dopo il tramonto, ma
volevamo fare una pausa dalle solite città piovose che
sceglievamo ad ogni
trasferimento. Come scusa all’intera cittadinanza che non ci
vedeva mai alla
luce del giorno, noi eravamo i figli addottivi del dottor Cullen e sua
moglie
che come loro soffrivamo di una rara allergia alla luce solare.
Come
tutte le sere mentre il resto della città
dormiva noi ci intrattenevamo ognuno con attività diverse.
Carlise
studiava nuovi tomi sulla medicina,
Esme progettava una delle nostre prossime case, Jasper ed Alice erano
impegnati
in una partita a scacchi che ormai durava da tre ore e mezzo, Edward
come al
solito era nella sua stanza nell’apatia più
totale, mentre io e il mio
scimmione Emmett, beh diciamo che eravamo nella nostra stanza a goderci
il
nostro amore.
<<
Alice cos’hai? >> sentimmo
Jasper dal piano di sotto smuovere con forza il corpo di Alice e subito
scendemmo a controllare, se nostra sorella rimaneva imbambolata
più del solito
per una visione, significa che qualcosa di grosso stava per succedere,
qualcosa
che avrebbe cambiato la nostra vita.
Arrivammo
di sotto pochi istanti prima di
Edward, come al solito lui già sapeva cosa Alice avesse
visto, per colpa del
suo odioso potere di leggere nel pensiero.
<<
Sai che se potessi resterei fuori
dalla testa di chiunque, specialmente la tua >> mi disse
Edward con aria
sprezzante, ecco come sempre non si poteva pensare liberamente.
<<
Alice, ero distratto, non ho capito la
tua visione >> chiese Edward preoccupato.
<<
E cosa stavi facendo?? Sfogliavi
qualche giornale vietato ai minori? Lo sai che non puoi, non sei ancora
maggiorenne, hai solo 17 anni >> disse Emmett assestando
un debole pugno
alla spalla di mio fratello Edward.
<<
Simpatico… Emmett, si dal caso che sono
più vecchio di te >> rispose allo scherzo
Edward.
<<
Ma io sono il più grosso >> indicando
quel suo bel fisico muscoloso.
<<
Si, si ok…sai come si dice, tutto
muscoli e niente cervello >> Edward continuava a
prenderlo in giro.
<<
Ehi non è vero, se tu sai più cose di
me, è perché le leggi nella mente delle persone
>> rispose Emmett con
aria imbronciata.
Non
ce la facevo più del loro battibecco,
avevamo interrotto le nostre attività per ben altro e no per
ascoltare
quell’asociale di mio fratello che prendeva in giro il mio
Emmett.
<<
Finitela >> dissi quasi
ringhiando, aggiudicandomi uno sguardo glaciale da parte di Edward,
come se
potesse fregarmene.
<<
Alice ci puoi dire cosa hai visto? >>
chiese bonario Carlisle.
<<
Cara cosa succede? >> questa
volta fu Esme a parlare con la sua voce amorevole non le si poteva
negare
nulla, anche se quando si arrabbiava era meglio fuggire dal suo raggio
d’azione, diventava una mamma veramente severa.
Finalmente
Alice si decise a parlare << Niente
era una sciocchezza >>.
<<
Se era una sciocchezza perché ora mi
tieni fuori dalla tua mente pensando a tutta la nuova collezione di
Chanel? >>
Edward cercava di scoprire qualcosa leggendole la mente, ma Alice era
l’unica
in grado a saper raggirare il potere di mio fratello nascondendogli
ciò che non
voleva che lui sapesse; come la invidiavo.
Edward
mi guardò con un mezzo sorriso che
sembrava più un ghigno, per poi tornare a concentrarsi su
Alice.
<<
Perché sto scegliendo i miei prossimi
acquisti, ecco perché!! >> la solita Alice; la
sua mania dello shopping
superava di gran lunga anche la mia.
<<
E allora perché nel frammento di
visione che ho visto ero presente anche io in un luogo che non era casa
nostra
o questa città e con vestiti che non conosco? E poi
c’era qualcosa di sfocato
in quella visione e non ho capito >> insisteva Edward.
<<
Stavo progettando di rifarti il
guardaroba ed era ovvio che tu fossi con me in un’altra
città per fare acquisti
>>.
<<
Perché Phoenix non ha abbastanza
negozi? >>
<<
Edward ma ormai qui li abbiamo visti
tutti >> Alice si stava parando dietro la sua mania , per
non svelare ciò
che aveva visto, me ne ero accorta anche io, ma se lei non voleva
dircelo, era
inutile insistere mai avrebbe svelato ciò che sapeva.
<<
Ogni tanto pensi qualcosa di sensato >>
anche questa volta il commento di Edward era rivolto a me.
<<
Io me ne vado a caccia >> quando
Edward stava per girare e i tacchi e andarsene, Alice lo
fermò.
<<
NO!! >> tutti la guardammo con
sorpresa, perché mai aveva gridato così e non
voleva che Edward andasse a
caccia?? Quando si accorse dei nostri sguardi, si giustificò
subito.
<<
Edward, Esme sono mesi che vorrebbe
sentirti suonare il piano, perché non ci allieti con la tua
musica? >>
come lei nessuno sapeva inventare scuse.
Ma
era vero Edward aveva smesso di suonare da
parecchio tempo, troppo e devo ammettere che lui è molto
più bravo di me con i
tasti bianchi e neri.
<<
Non mi va >> il solito zoticone,
teneva la nostra famiglia sempre in tensione con i suoi molo modi, la
sua
solitudine se la meritava.
Un
ringhio basso e cupo provenne da Edward,
ovviamente rivolto a me.
<<
La volete smettere voi due? Mi fate
venire il mal di testa con i vostri umori cattivi >> e
un’armonia invase
tutta la stanza investendoci in pieno, era
Jasper con la sua empatia che non sopportava i nostri
litigi fatti solo
di sentimenti d’odio e disprezzo.
<<
Edward ti prego, suona per me >>
quando nostra madre Esme usava quel suo tono dolce e quasi
supplichevole, non
c’era scampo, avresti fatto di tutto per lei.
<<
Ok >> e così dicendo Edward
prese posto sullo sgabello del suo magnifico pianoforte a coda.
<<
Zuccherino noi torniamo di sopra? >>
mi disse Emmett mentre mi solleticava il collo con le sue labbra;
<<
Andiamo scimmione >>
Stavamo
per salire le scale quando Alice ci
fermò.
<<
Potreste farci godere la melodia di
Edward senza i vostri versi amorosi
di sottofondo? >> mia sorella era adorabile, ma a volte
avrei voluto
staccarle la testa a morsi per ciò che diceva.
Poi
continuò avvicinandosi di più a noi
<< Ho visto che avreste distrutto la vostra camera e
fatto qualche danno
alle colonne della casa ed Esme si sarebbe arrabbiata molto, quindi vi
conviene
andare nella foresta >>.
<<
Esme che si arrabbia?? No, no, non ci
tengo affatto, l’ultima volta che si è arrabbiata
con me è stata più pericolosa
di una mamma orso a cui hanno sottratto un cucciolo >>
Emmett sembrava
essere seriamente terrorizzato.
<<
Così la prossima volta impari a far
dei murales sulla facciata della nostra casa >> disse
Esme seria ma
sempre con la sua voce melodiosa.
<<
Ma era per dare un tocco di colore…
sono un’artista incompreso >> disse Emmett
piegando la sua testa e
facendola dondolare a destra e sinistra.
<<
Si, si, ok artista, perché ora non vai
a scolpire nel legno o nella pietra una statua che raffiguri la tua
musa?? C’è
uno spiazzo con grandi rocce proprio a dodici chilometri a nord da qui
>>
ci disse Alice aprendoci la porta.
<<
Che idea!! Andiamo Rose, ti farò una
scultura che neanche Michelangelo nei suoi tempi migliori è
stato in grado di fare
>> e mi prese per mano correndo eccitato in questa sua
nuova avventura,
se vogliamo chiamarla così, mi trascinò nella
foresta lasciandoci alle spalle
le risate dei nostri familiari, “ Questa
me la paghi Alice Cullen ”.
Ero
da un ora e mezza ferma immobile in questa
odiosa posizione, la stessa della Venere di Botticelli e Emmett
sembrava un
pazzo che picchiava un grande masso ad una velocità assurda.
<<
Emmett ne vuoi ancora per molto? Mi
sto annoiando >>
<<
Tesoro quando avrò finito vedrai che
capolavoro >> rispose Emmett sicuro.
Mi
toccava rimanere ancora così, è vero che non
mi stancava mantenere la stessa posizione per molto tempo,
però era
tremendamente noioso quando non avevi a cui pensare.
Ma
un momento cosa è stato??
<<
Emmett hai sentito? >>
<<
Di cosa stai parlando? >> mi
chiese smettendo di picchiare quella povera roccia.
Mi
concentrai sull’udito, passi leggeri
venivano nella nostra direzione, accompagnati da singhiozzi ripetuti,
contemporaneamente io ed Emmett prendemmo un bel respiro.
<<
È un umano >> dicemmo
all’unisono.
<<
Ma è tardi, che ci farà un umano da
solo nel bel mezzo della foresta? E poi i centri urbani sono
lontanissimi >>
Emmett cercava di darsi una spiegazione.
<<
Non lo so, ma è meglio andare a
vedere, sembra che stia piangendo e poi ha un odore buonissimo
>>
<<
Rose, non vorrai mica.. >>
<<
Non essere stupido Emmett, era solo
una considerazione >> detto questo ci avviammo verso
quell’incredibile
profumo.
Eravamo
distante dal quell’essere umano di
parecchi chilometri, ma già potevamo vedere che
l’essere da cui provenivano
quei singhiozzi non era altro che una bambina.
Cosa
ci faceva una bambina a
quest’ora della notte da sola nei boschi?
Ci
avvicinammo a lei con molta cautela.
<<
Piccola che ci fai da sola in mezzo al
bosco? >> le chiesi chinandomi per guardarla in viso.
<<
Cerco… la mia…
mamma…l’… avete vista??
>> mi rispose con la voce rotta dai singhiozzi.
Mi
guardava con uno sguardo perso, ma non aveva
paura di noi.
Le
porsi la mia mano << Vieni con noi la
cerchiamo insieme >>, la bambina mise la sua piccola mano
nella mia senza
indugi, era così tenera e innocente.
Al
contatto con la mia pelle gelida non la
ritrasse, sembrava quasi non accorgersene, e quando la toccai
capì il perché,
la sua pelle era fredda, infatti quella notte era più fredda
del solito.
<<
Facciamo una cosa piccola, ora andiamo
a casa nostra e domani cerchiamo la tua mamma tutti insieme, ok?
>> lei
mi guardò con aria spaventata.
<<
Non sarete cattivi con me come
quell’altro signore che ha portato via la mamma, vero?
>>
<<
Di chi parli? >> chiese Emmett
<<
Di quel signore con la pelle
bianchissima che ringhiava come un cane… ti assomigliava,
era grande e grosso e
i suoi occhi facevano paura >>
La
presi in braccio sembrava stanca, chissà da
quanto tempo cercava sua madre nei boschi, ormai avevamo capito che un
vampiro
l’aveva portata via e sicuramente l’aveva uccisa.
<<
Non ti preoccupare io non ti farò del
male e neanche lui >> dissi indicando Emmett.
<<
Lo so, lui assomiglia a quel signore,
ma la sua faccia è buffa >>
<<
Come buffa?! Così? >> ed Emmett
iniziò a fare divertentissime smorfie.
<<
Si, ah ah ah >> la sua risata
era cristallina.
Ci
incamminammo verso casa, volevo portarla il
prima possibile da Carlisle, doveva visitarla per assicurarsi che
stesse bene.
Tra
le mie braccia il suo respiro si fece più
profondo, si stava addormentando.
Povera
creatura così piccola si era ritrovata
sola.
Non
le avevo ancora chiesto come si chiamava.
<<
Piccola come ti chiami? >>
E
con voce debole e assonnata mi rispose.
<<
Isabella, ma la mamma mi chiama Bella >>
e poi cadde in un sonno profondo.
RECENSITE