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Autore: Gaia Bessie    10/12/2021    1 recensioni
Ukai lo guarda, quando mormora una sequela di numeri, inciampando sempre inevitabilmente sul cinque e sul tre, e non comprende. Qualche volta conta anche lui ma, per la maggior parte di quelle volte, lo guarda e tace.
Finché Takeda non glielo spiega che, i conti alla rovescia, non esistono solamente a Capodanno – e che loro lo sono (un conto alla rovescia, due primi gemelli, matematica sbagliata e conti che non tornano), quello spazio che si dipana come una matassa tra di loro. Ukai dice d’aver compreso ma, quando allunga la mano per sfiorarlo, si sorprende della distanza infinita che s’è scavata tra di loro.
[Takeda/Ukai | Partecipa alle iniziative "Calendario dell'avvento" (indetto da Cora Line sul forum "Ferisce più la penna") e "Regali di inchiostro" (organizzata sul gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"]
Per Benni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ittetsu Takeda, Keishin Ukai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per Leila (ciao Bennina),
Vorrei avere qualche parola in più da dirti ma, alla fine di tutto, penso che questo regalo dica tanto: ti ho regalato qualcosa di ispirato a parte della mia crescita e non lo farei per altre persone.
Spero ti piaccia.


La solitudine dei numeri primi
 
Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.
(Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi)
 
[Conto alla rovescia]
 
 
Takeda fa un sacco di conti.
Esiste, al mondo, qualcuno che riesce a trovare la matematica rassicurante – Takeda ha sempre pensato che, alla fine di ogni gioco, fosse perché la matematica permette di constatare una regolarità, nel mondo, che la storia, la letteratura e la filosofia non sanno fare altro che negare.
E, se il mondo è regolare, allora, ogni cosa è sicura: come il fatto che vi sono infiniti numeri tra il tre e il cinque e, tra questi infiniti numeri, quelli cerchino comunque di toccarsi e specchiarsi tra di loro. Il tre e il cinque sono la prima coppia di primi gemelli: quei numeri identici, divisibili solamente per uno e per sé stessi, che si guardano a distanza di un numero (o infiniti) e non comprendono il perché di quella distanza.
Chissà se, tendendo un braccio o una gamba, non siano in grado di sfiorarsi per davvero.
Pensa che, alla fine dei conti (e lui continua sempre a farne un sacco), lui e Ukai sono esattamente quello: due primi gemelli in un conto alla rovescia che va da cinque a zero e che, inevitabilmente, inciampa sempre sul tre e lì si ferma – a guardare il cinque, da cui è partito tutto: ritto, fiero, con l’espressione di chi sarà sempre il primo della conta, anche partendo da dieci o da venti o così via.
E, in quel conto alla rovescia che è la sua esistenza, Takeda continua a inciamparci sopra – dice sei, pensa cinque, dice cinque e pensa inevitabilmente a quella distanza che si è scavata con il tre. E, quando arriva allo zero, tentenna come se non ci credesse.
 
Takeda fa un sacco di conti – e, quando arriva al cinque, deve domandarsi se non si senta solo (e perduto) nel constatare la propria inevitabile distanza dal suo primo gemello: lui si sente un po’ così, quando si siede di fianco al coach Ukai e, fra di loro, si scava una voragine di silenzi che non si sanno spiegare (nemmeno un po’).
Ukai non è uno che parla molto ma, quando gli rivolge uno sguardo in tralice, ci sono quelle parole che nessuno dei due oserebbe ripetere – e un sacco di conteggi.
È buffo, pensa il professore quando si trova a spalare ricordi dalla via dei propri pensieri (neve sciolta), il fatto che non conti mai dallo zero al cinque: il numero primo è inizio, ma mai una meta o una risoluzione. Il numero primo è inizio, ma anche lo spazio che lo separa dal successivo: quello spazio inarrivabile che, Takeda lo sente, si sta inevitabilmente scavando tra lui e Ukai.
Un conto alla rovescia rovesciato male, come il bicchiere con il caffè alla mattina quando il coach gli dà una pacca sulla spalla augurandogli il buongiorno in una pioggia di liquido bollente.
Buongiorno? – quella di Takeda è quasi una domanda e non una risposta, Ukai ride sonoramente (non gli farà mai male la gola, a lui?).
Buongiorno.
Non sanno che altro dirsi: fossilizzati, in un eterno salutarsi che non ha né meta né inizio, fossilizzati in una doccia di caffè caldo che non sveglia nessuno dei due.
 
Takeda fa un sacco di conti – avrebbe voluto insegnare matematica, un giorno, ma non è mistero che, di tutti quei conti che costellano la sua mente, nessuno si risolva mai correttamente: e ogni formula, ogni teorema, si sfuma in quell’eterno conto alla rovescia che segna il tempo dei suoi sogni (infranti).
Ukai lo guarda, quando mormora una sequela di numeri, inciampando sempre inevitabilmente sul cinque e sul tre, e non comprende. Qualche volta conta anche lui ma, per la maggior parte di quelle volte, lo guarda e tace.
Finché Takeda non glielo spiega che, i conti alla rovescia, non esistono solamente a Capodanno – e che loro lo sono (un conto alla rovescia, due primi gemelli, matematica sbagliata e conti che non tornano), quello spazio che si dipana come una matassa tra di loro. Ukai dice d’aver compreso ma, quando allunga la mano per sfiorarlo, si sorprende della distanza infinita che s’è scavata tra di loro.
 
Takeda fa un sacco di conti – finché, un giorno, Ukai non gli dice che deve smetterla: che forse s’è scavata distanza, tra di loro, ma è meno incolmabile di quel che pensa lui.
Non ha niente della rassicurante regolarità della matematica, il coach, né è la negazione d’ogni principio che c’è nella filosofia, nella storia, nella letteratura: Ukai è un conteggio che torna, un conto che da zero prosegue fino all’infinito e una somma che, per quanto sia portata avanti solamente per esasperazione, ha risultato inevitabilmente corretto.
E, forse, il cinque e il tre avranno sempre il quattro e infiniti numeri a separarli ma, il giorno in cui finalmente, Ukai allunga ancora la mano per sfiorarlo e Takeda la prende, senza indecisioni.
Smette di contare quel giorno: forse lo saranno per sempre, primi gemelli, ma quando riescono finalmente a sfiorarsi la magia si rompe e, il quattro e gli infiniti numeri, non contano più niente.


 
Dopo sei secoli, torno a scrivere di questa coppia, sperando di non averla stravolta troppo.
Grazie per avermi letta,
Gaia
   
 
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