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Autore: Nao Yoshikawa    22/12/2021    11 recensioni
Wanda non ama i temporali, né dormire da sola.
«Ahi, vacci piano. Brucia» si lamentò.
«Ben ti sta. Idiota, cretino, mago da festa di compleanno» iniziò a insultarlo, tamponando più forte. Lui le afferrò il polso.
«Passi per l’idiota e il cretino, ma mago da festa di compleanno non lo accetto. Suvvia, è solo un taglio, come se fosse la prima volta.»
«Ah, certo. Allora buttiamoci nella mischia, rischiamo la vita! Guarda che poi sono io quella che si preoccupa. E tra l’altro sono così arrabbiata, lo sai che non riesco a dormire da sola…!»
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine notturna
 
A svegliare Wanda era stato un tuono. Aveva avuto l’impressione che l’elettricità fosse saltata per qualche attimo.
La pioggia cadeva sul davanzale della finestra, doveva essere stato quel suono ritmico a farla addormentare, lì su quel divano troppo grande per lei. Ma poi si era destata dal suo sonno inquieto abbastanza facilmente. Perché Wanda non era abituata a dormire da sola e nemmeno le piaceva. C’era sempre Stephen a cui si aggrappava mentre dormiva, Stephen che si lamentava nel sonno ma che non l’allontanava mai, che anzi affondava il viso tra i suoi capelli.
Stephen che ancora non tornava. Lanciò un’occhiata al cellulare, dopo averlo recuperato: era quasi l’una di notte. Se fossero stati una coppia normale, Wanda avrebbe pensato alle classiche situazioni: una rissa, un incidente, è rimasto fuori fino a tardi. Con gli amici, magari ha bevuto troppo.
Oh, mio Dio, forse mi ha tradito, forse c’è un’altra.
Ma loro non erano una coppia normale e questo non le risparmiava le paure. Non avrebbe potuto riaddormentarsi adesso che era sveglia. Non era il fuoco del camino a scaldarla, né la coperta in pile. Aiutava, certo, ma c’era un calore particolare che era solo suo.
Due colpi alla porta, come se qualcuno ci avesse sbattuto contro. Wanda si alzò, quasi inciampò nella coperta. Non aveva paura, non aveva paura di niente perché non avrebbe avuto motivo. E quindi aprì.
«Ma cosa...?! Stephen!»
Vederselo arrivare sotto la pioggia battente e con una ferita alla tempia l’aveva impressionata in senso molto negativo. Non è che non fosse abituata, quelli come loro si ferivano e rischiavano la vita ogni giorno. Ma quando in pericolo c’era la persona che si amava, la preoccupazione annichiliva ogni forma di razionalità.
«W-Wanda» gemette Stephen, che provò a fare un passo in avanti e quasi crollò su di lei. Wanda lo strinse e cercò di non perdere l’equilibrio.
«Dico, ma sei pazzo o cosa? Non potevi semplicemente entrare?»
«È tardi, non volevo spaventarti o svegliarti.»
Certo, come se di solito ti preoccupassi di queste sciocchezze.
Lo trascinò. Lui era aggrappato a lei, che era più piccola e più bassa, ma Wanda non demordeva.
«Secondo te come avrei potuto dormire sapendoti fuori a freddo e al gelo? E poi, cos’hai fatto? Sei ferito.»
«Normale amministrazione, dovresti saperlo oramai.»
E nonostante la situazione aveva sempre il coraggio di uscirsene con qualche battuta di spirito, o semplicemente arroganza.
«Fa poco lo spiritoso. Guardati! Rischi di prendere una polmonite, come minimo!» Wanda lo aiutò a sedersi.
Forse, in fondo, le sue preoccupazioni non dovevano essere poi così diverse da quella di una ragazza normale, con una relazione normale.
Tutti si ammalavano, supereroi e non. Stephen rise.
«Lo trovi divertente? Ti darei un pugno, ma lo farò domani» disse Wanda andando a prendere un asciugamano, che poi gli lanciò addosso.
Wanda non sapeva come curare delle ferite. Stephen gliel’aveva insegnato, solo un po’, solo quelle nozioni base. A ricucire un taglio, a disinfettare.
«Sta fermo» sussurrò Wanda, mentre tamponava il taglio sulla sua tempia con del cotone idrofilo.
«Ahi, vacci piano. Brucia» si lamentò.
«Ben ti sta. Idiota, cretino, mago da festa di compleanno» iniziò a insultarlo, tamponando più forte. Lui le afferrò il polso.
«Passi per l’idiota e il cretino, ma mago da festa di compleanno non lo accetto. Suvvia, è solo un taglio, come se fosse la prima volta.»
«Ah, certo. Allora buttiamoci nella mischia, rischiamo la vita! Guarda che poi sono io quella che si preoccupa. E tra l’altro sono così arrabbiata, lo sai che non riesco a dormire da sola…!»
Wanda si morse il labbro inferiore. Non aveva mai detto apertamente a Stephen del suo terrore di dormire da sola. Anzi, non era terrore, era più disagio, solitudine e mancanza di calore. Posò il cotone idrofilo e poi lo guardò.
«Dovresti spogliarti.»
Stephen inarcò le sopracciglia.
«Come siamo passati dalla rabbia al sesso?»
Oh, quanto lo odiava quando aveva quell’espressione così sexy!
«Stephen, sei fradicio d’acqua, cambiati!» borbottò. «E poi devo ricucirti.»
 
Aveva un altro taglio, lì vicino alla mano. Per fortuna, aveva pensato Stephen, un punto lontano dai miei occhi.
Wanda non era ancora bravissima, a volte le tremavano un po’ troppo le dita. Stephen si morse la lingua per non lamentarsi, anzi, non stava parlando affatto. Wanda era molto suscettibile (assolutamente tutto il suo contrario)  e farla arrabbiare era così facile e talvolta anche così divertente, ma non intendeva farlo, adesso.
«Perché non riesci a dormire da sola?» domandò cauto. Wanda serrò le labbra. La colpa era sua, avrebbe voluto dirgli. Prima di incontrare lui, prima di iniziare con lui una relazione, non aveva mai avuto questo tipo di problemi, di solitudine notturna. Come se trovando Stephen, si fosse resa conto che prima di allora le fosse mancato qualcosa.
«Perché oramai sono abituata alla compagnia» non era una bugia, ma nemmeno tutta la verità. È che non voleva essere patetica e tirare fuori discorsi che l’avrebbero fatta apparire come una bambina. «E poi c’è il temporale.»
«Hai paura del temporale? Ahi!»
Wanda finì di ricucirgli la ferita.
«Non mi piacciono i rumori improvvisi, tutto qui. Ma non mi aspetto che tu capisca, a volte hai l’empatia di un termosifone» disse, offesa. Quella reazione aveva fatto venire da ridere a Stephen, che però si era trattenuto. Già, a volte aveva proprio l’empatia di un termosifone.
E a volte Wanda era come una bambina, ma lo intendeva nel senso più positivo possibile. Lei che cercava e richiedeva attenzioni, anche se mai in modo diretto. Che gli si aggrappava durante la notte, poggiava il viso sul suo petto, a volte contava i battiti del suo cuore fino ad addormentarsi. Questo non gliel’aveva detto, ma Stephen lo aveva immaginato perché era esattamente quello che faceva anche lui. Imparare ogni notte il suono del suo respiro, sentire le sue labbra su una guancia quando durante la notte si svegliava. E poi bella quanto la notte c’era la mattina, quando Wanda lo svegliava e gli saltava addosso o quando lui si svegliava prima, incantandosi a guardarla.
Stephen a volte infieriva, ma non con lei. E non perché le facesse pena.
Wanda guardò il cellulare.
«Sono quasi le due…»
E il temporale non accennava a smettere.
Stephen stava per dirle che adesso poteva anche rilassarsi, ma all’improvviso Wanda gli saltò addosso: un tuono aveva fatto tremare la casa e il vento aveva preso a fischiare.
«Accidenti!» esclamò. Poi saltò la corrente e le venne da urlare.
«Wanda, è soltanto un black-out. E poi c’è il camino acceso, non è del tutto buio. Non può succederti niente di male.»
Solo dopo aver sentito la sua voce si era resa conto di trovarsi stretta a lui, che cercava di nascondere il viso sul suo petto come una bambina. E nonostante la vergogna, non riuscì a staccarsi.
«Ovviamente lo so, ho detto che non mi piacciono i rumori improvvisi… Sono troppo forti! E la combo tempesta più blackout non mi piace.»
Lo sentì ridere.
«Non pensavo che Scarlet Witch, così potente, avesse paura di una tempesta.»
«Strange, se mi stai prendendo in giro, giuro che…»
«Vuoi che me ne vada?»
«NON OSARE!»
Rimase aggrappata a lui, mentre ascoltava il vento ululare e le goccia di pioggia cadere. Stephen non si era spostato. Anzi, le aveva cinto i fianchi e l’aveva tenuta stretta a sé come se fosse una bambina, anche se sapeva bene che Wanda era una donna. Ma tutti avevano bisogno di rassicurazione, anche la persona più potente al mondo. Quando si sentì un po’ più al sicuro, Wanda si staccò, ma solo per guardarlo negli occhi.
Stare insieme a qualcuno voleva dire mostrare anche i lati del proprio carattere più difficili, esporsi, a volte essere fragili.
«Io non sono una bambina» chiarì, sollevando un dito.
«Non l’ho mai pensato.»
«Davvero?» domandò facendosi ad un tratto più dolce. Alla fine dei conti, tutti e due non erano che delle persone con un brutto, pessimo carattere, che si erano trovati.
«No. Sei solo molto dolce» disse Stephen, che in genere non dispensava complimenti di quel tipo, ma con lei avrebbe potuto permetterselo.
«Questo mi imbarazza e mi lusinga.»
«Immaginavo. Un’altra mi avrebbe infastidito, ma non tu. E inoltre» tossì e si schiarì la voce. «Nemmeno io riesco a dormire senza di te. Come se mi mancasse qualcosa.»
Wanda non riuscì a non sorridere. Forse la parziale oscurità la rendeva meno imbarazzata. Si sporse in avanti e lo baciò.
«Però adesso sono qui e tu anche. E avrei un po’ sonno. Quindi, per favore, quando vai a fare l’eroe, le tue magie o quello che vuoi, potresti tornare massimo a mezzanotte?»
Ora si metteva anche a dargli un coprifuoco? L’amore lo aveva reso un idiota totale, questa era la dura realtà. Non poi così male.
«Vedrò cosa posso fare» si limitò a dire. Wanda si fece più languida e allargò le braccia, oramai la sua dignità era lesa per sempre e l’imbarazzo era superato.
«Sono ferito e vuoi farmi sforzare?» la stuzzicò.
«Sì perché sei in debito. Su» borbottò. Stephen la prese tra le braccia e, anche se avrebbe trovato solo più avanti un modo per dirlo a parole, si sentì fortunato. Alcune cose si tendevano a dare per scontato, come avere qualcuno che ti curava le ferite o che ti aveva come riferimento. La portò a letto e poi si stese accanto e lei. Wanda, già con gli occhi chiusi, lo stava già abbracciando così forte da fargli mancare l’aria, ma Stephen non si mosse, non fece nemmeno finta di lamentarsi.
Così era perfetto.
   
 
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