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Autore: Zikiki98    30/12/2021    0 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


15. SEATTLE


 [POV ISABELLA]


La mattinata seguente arrivò presto. Le luci del giorno penetrarono dalle finestre della mia stanza, svegliandomi dolcemente. Sbadigliai e mi stiracchiai avvolta nelle coperte, pensando al sogno che avevo fatto durante la notte. Il mio cuore palpitava ancora veloce, come se fosse accaduto veramente.  Avevo sognato Edward. E fin qui, poteva essere ritenuto normale. Solo il giorno precedente mi aveva salvato la vita. Probabilmente il mio inconscio stava semplicemente mostrando un minimo di riconoscenza nei suoi confronti, se non fosse che sognai di baciarlo. Cercai di non darci peso, anche se era davvero difficile, soprattutto considerando che, ostilità pregresse a parte, era davvero un ragazzo attraente.
Adesso basta, pensai.
Mi costrinsi ad alzarmi dal letto e mi diressi in bagno. Tutti i dolori del giorno precedente erano come svaniti, grazie alle rune di guarigione, per cui non ebbi alcuna difficoltà a muovermi. Cominciai con il districarmi i capelli dai nodi. Dopo averli sistemati, li legai in una coda alta e mi sciacquai il viso con acqua fredda. Dopodiché, tornai nella mia stanza e scelsi un paio di jeans scuri e un maglione bianco a collo alto da indossare. Mi infilai i miei soliti stivali, in modo tale da poterci nascondere all’interno lo stilo e un paio di pugnali, e scesi di sotto per mangiare qualcosa.
Stephan era già lì a fare colazione, appoggiato al bancone della cucina.
Si voltò verso di me e mi sorrise – Buongiorno! -.
- Buongiorno a te! – gli risposi, accomodandomi accanto a lui.
- Hai dormito bene? – chiese, portandosi alla bocca un cucchiaio di cereali.
Annuii, versandomi un po’ di succo d’arancia nel bicchiere – E tu? -.
- Sì, direi di sì – sogghignò, passandomi un paio di biscotti con le gocce di cioccolato, i miei preferiti da quando vivevamo qui – Sei pronta ad affrontare tutti gli sguardi adolescenziali della Forks High School? -.  
Sbuffai, addentando un biscotto – No, direi proprio di no. Ma probabilmente, se saltassi la scuola, inventerebbero congetture sulla mia assenza e non mi sembra il caso -.
Rise – Temo che tu abbia ragione! -.
Una volta che entrambi finimmo di fare colazione, mi recai nuovamente in bagno per lavarmi i denti. Dopodiché, raggiunsi Ste al piano di sotto, ci mettemmo la giacca, raccogliemmo i nostri zaini e ci dirigemmo in garage per ind0ssare i caschi. Salimmo in sella alla moto e partimmo per andare a scuola. Sperai con tutta me stessa, almeno per una volta, di non ricevere tutte le attenzioni che in realtà mio fratello aveva previsto.  
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Ovviamente, tutte le mie speranze si vaporizzarono quando entrammo nel parcheggio della scuola in sella alla nostra moto. Ero stata davvero un’idiota a credere che questa situazione potesse andare diversamente da come previsto. Neanche il primo giorno di scuola avevamo attirato tutta questa attenzione su di noi. O per meglio dire, avevo
Ma non ero solo io la protagonista di quel giorno, anche Edward sembrava avere addosso gli sguardi di tutti. Cercava di ignorare la cosa, restando appoggiato con indifferenza alla carrozzeria argentata della sua macchina, ma appena sentì la Yamaha entrare nel parcheggio, si voltò pure lui a guardarci. A guardarmi.
Una volta che Stephan spense la Yamaha gli porsi il casco e, senza proferire parola, sotto il suo sguardo confuso, gli voltai le spalle e cominciai ad incamminarmi da sola verso la postazione dei Cullen. Sentii tutto lo studentato nel parcheggio andare in trepidazione. Effettivamente, quanto poteva essere emozionante vedere insieme i due studenti più discussi della Forks High School che, solo il giorno prima, avevano salvato una trentina di compagni di classe da un autobus fumante?
Nonostante tutto, cercai di continuare camminare a testa alta, come se le loro occhiate non potessero trafiggermi.  
Quando finalmente attraversai l’intero parcheggio e mi trovai davanti ai Cullen, mi blocca per un secondo a guardarli, mentre loro studiavano ogni mia singola azione. C’era Alice che mi sorrideva dolcemente, accanto a Jasper che aveva la solita aria di essere trattenuto nel suo mondo. Emmett, invece, era teso come una corda di violino e Rosalie, dall’alto della sua glaciale bellezza, si strinse al suo compagno e mi incenerì con lo sguardo. Infine, spostai i miei occhi su Edward che, bello come sempre, si scostò dalla sua Volvo e, raddrizzando meglio la postura, mi sorrise.
Cercando di ignorare gli altri fratelli, mi avvicinai a lui fino ad arrivare ad un palmo di distanza.
- Ehi! – esclamai, abbastanza imbarazzata. 
- Buongiorno – rispose Edward sua volta, allargando il suo magico sorriso – Ti sei ripresa da ieri? -.
Annuii timidamente – Sì, direi di sì grazie. E tu? -.
Strabuzzò gli occhi, sorpreso dalla mia improvvisa cordialità e di certo non lo potevo biasimare. 
- Sì, ti ringrazio – disse, allargando il suo sorriso talmente tanto che potei intravederne i denti bianchi e luccicanti. 
Sarei potuta a restare a guardarlo per ore e ore, però forse era il caso che io cominciassi a parlare.
- Ci tengo a ringraziarti per avermi protetta ieri...- mormorai, estremamente grata, guardandolo direttamente nei suoi occhi caldi e dorati – Ti sono davvero riconoscente perché, considerate le divergenze che ci sono... che ci sono state, non eri tenuto a salvarmi e sai cosa intendo...- riferendomi al fatto che, non facendo parte della stessa specie, poteva tranquillamente lasciarmi in pasto a quel demone.
Il suo sguardo cominciò a brillare nel mio – L’unica cosa a cui pensavo era tenerti al sicuro -.
- Grazie, di nuovo – feci per salutarlo, ma poi mi ricordai che mi stavo dimenticando una cosa – Ah, mi dispiace per quello che ha detto ieri mia madre, non lo pensava davvero... Era solo un po’ “fuori di testa” per quello che è successo -.
- Non ti preoccupare – mi rassicurò dolcemente – Ha solamente reagito come qualsiasi altra
madre -.
Annuii – Okay, allora ci vediamo a lezione -. 
- Certamente -.
Abbassai lo sguardo e me ne andai. Tentai con tutta me stessa di non mostrarmi troppo imbarazzata mentre mi voltavo, ma ad Idris non mi avevano mai insegnato a dialogare civilmente con i Nascosti. Speravo solamente che sia Edward sia la sua famiglia avessero apprezzato il gesto che avevo fatto. Non era nelle mie corde, fu molto difficile, perché dovetti accantonare tutto quello che mi era stato insegnato fino a qualche mese prima, eppure lo feci. Di sicuro, Stephan era orgoglioso di me, ma non so quanti altri consensi avrei trovato se avessi parlato di questa mia decisione con il resto della famiglia.
Ad ogni modo, mi incamminai abbastanza velocemente verso l’edificio a mattoni rossi dove si trovava la biblioteca, sicura di trovarci Angela tra uno scaffale e l’altro. Infatti, quando entrai, la trovai appollaiata su una delle poltroncine viola vicine all’ingresso, intenta a leggere un libro. Appena sentì la porta della biblioteca sbattere, alzò lo sguardo su di me e mi corse incontro, lasciando cadere il libro per terra. Mi abbracciò stretta a sé e, anche se, non ero abituata a scambi d’affetto simili, ricambiai la stretta con decisione.
- Ero così preoccupata – singhiozzò – Mi dispiace di aver infastidito tua madre ieri, non era mia intenzione. Volevo solamente sapere come stessi -.
Sciolsi l’abbraccio e la presi per le spalle per guardarla dritta negli occhi – Non hai fatto niente di male, la mia famiglia è abbastanza… particolare. Cerca di non darci troppo peso, anzi, grazie per esserti preoccupata per me, raramente qualcuno lo fa -.
Noi Cacciatori eravamo una specie potente, che sapeva gestire emozioni, forza, poteri, capacità… Non c’era spazio per i deboli, non c’era spazio per preoccuparsi di qualcun altro se non della propria sopravvivenza. Ovviamente, bisognava assolutamente fare gioco di squadra per prevalere, spalleggiarsi e lavorare insieme, per l’obiettivo comune. Ma non sempre era così, come avrebbe dovuto essere.
_
 
Fortunatamente, la mattinata trascorse abbastanza velocemente. Tra una lezione e l’altra, io e Edward fummo chiamati in presidenza. Inizialmente ero confusa, poi capii che il preside voleva semplicemente complimentarsi con noi per il comportamento tenuto il giorno precedente dopo l’incidente, per aver aiutato i nostri compagni a liberarsi e per aver gestito a dovere quella situazione d’emergenza. Mentre io mi sentivo tremendamente in imbarazzo davanti a tutti quei ringraziamenti, Edward, al contrario, sembrava talmente sicuro di sé, come se gli fosse capitato di continuo. Effettivamente, chissà quante altre volte gli sarà capitato di salvare la vita a qualcuno.
Quando quell’agonia finì ed entrambi potemmo uscire dalla presidenza, ci salutammo abbastanza velocemente per poi ognuno tornare alle proprie lezioni. Non riuscivo a smettere di pensare a quanto fosse strano cercare di essere gentile con lui, ma forse in fondo non mi dispiaceva. Se non fosse stato per lui, adesso sarei sepolta nel cimitero di Alicante accanto ai miei genitori.
Dopo aver trascorso la pausa pranzo insieme ad Angela, frequentai le lezioni del pomeriggio e tornai a casa insieme a Stephan in sella alla nostra moto.
La giornata tutto sommato era andata bene e per la prima volta in vita mia mi sentii spensierata. Cercai di godermi quella sensazione sconosciuta per tutto il tragitto di ritorno, finché Stephan non parcheggiò la moto in garage.
Una volta sistemati caschi, giacche e guanti al loro posto nell’armadio, aprimmo la porta del garage e facemmo il nostro ingresso in salotto. Alla scena che ci si parò davanti, sia io sia Ste, ne restammo paralizzati.
Jonathan, Marie, Will, George e Sebastian si trovavano in piedi, proprio in centro al salotto. Indossavano la tenuta da combattimento ed erano armati fino ai denti. Avevano lo sguardo concentrato e serio, come qualsiasi soldato prima dell’inizio della guerra, ed erano scuri in volto.
Dato che Stephan non sembrava avere intenzione di parlare, intervenni io – Cosa succede? -.
- Dobbiamo andare a Seattle – disse Jonathan – Sono stati trovati, nel pieno centro della città, una trentina di corpi tra uomini, donne e bambini. La polizia sta cercando il serial killer, ma sappiamo bene che non si tratta di un essere umano. Il Conclave ci ha dato l’autorizzazione per intervenire, anche se il territorio è controllato dai Fayrglass – sospirò, per poi aggiungere – E verrete anche voi, quindi preparatevi velocemente, perché sarà una lunga notte -.
Mentre Stephan ci mise qualche secondo prima di reagire, io non gli feci nemmeno terminare la frase, che già mi trovavo in armeria a prepararmi. Indossai la tenuta da combattimento, presi tutte le armi che riuscii ad inserire nella giacca e nei pantaloni e nascosi lo stilo e tre pugnali nelle tasche laterali degli stivali. Mi rilegai i capelli, aspettai che anche Ste avesse finito, dopodiché salimmo entrambi al piano di sopra per raggiungere il resto della famiglia che ci stava aspettando.
Entrammo velocemente in garage e ci dividemmo su due macchine: io, Marie, Will e Sebastian su una e Jonathan, George e Stephan sull’altra.
In macchina inizialmente non volava una mosca e questo silenzio non fece altro che rendermi un po’ preoccupata, tant’è che cominciai a muovere le dita ritmicamente sulla mia gamba. Sebastian, che era seduto sui sedili posteriori insieme a me, mi prese saldamente la mano con la sua e la accarezzò. Lo guardai e mi fece un piccolo sorriso d’incoraggiamento, che ricambiai.
Sicuramente ci aspettava qualche ora di viaggio e, anche se Will non sembrava rispettare i limiti di velocità, ci avremmo messo un po' ad arrivare a destinazione. Così, mi avvicinai a Seb e appoggiai la mia testa sulla sua spalla, mentre guardavo il panorama fuori. Sentii le braccia del mio fratellone, avvolgermi in un abbraccio protettivo.
Forse era solamente un po’ di agitazione per essere la mia prima vera e propria missione, ma avevo una brutta sensazione.
- Credete che possa essere opera di un solo demone? – chiesi, dopo una decina di secondi.
Sentii Sebastian scuotere la testa in segno di diniego – Non può essere opera di un solo demone -.
- Sono d’accordo – intervenne Will – Devono essere almeno tra gli otto e i dieci demoni -.
Era davvero assurdo, Seattle era solo a poche ore da Forks... in men che non si dica, quel "branco di demoni" avrebbe potuto spostarsi...
La cosa di cui rimasi più sconvolta fu appunto il loro muoversi in gruppo. Per natura erano esseri solitari e, se proprio dovevano viaggiare in coppia, non erano mai più di due o tre. Non erano creature intelligenti e, questa caratteristica, li portava anche a scontrarsi tra di loro, quindi certamente non erano in grado di gestirsi in un vero e proprio branco.
Anche il fatto che avessero lasciato dei corpi era alquanto sospetto, semplicemente perché non ne lasciavano, mai. Non poteva essere una dimenticanza, ma sembrava un’intenzione voluta per attirare l'attenzione.
Non essendo abbastanza astuti e brillanti per poter prendere una decisione del genere, dovevano essere controllati da qualcuno di molto potente. Qualche stregone, magari.
- Com'è possibile che ci siano così tanti demoni a piede libero? - chiese nostra madre, che era stata in silenzio fino a quel momento.
- Potrebbe esserci un portale anche a Seattle - disse William, pensando a varie spiegazioni.
Sebastian, apparentemente annoiato, sbuffò - Non penso proprio. Sulla cartina possiamo vedere la presenza dei portali demoniaci e a Seattle non ce ne sono mai stati. Due dei motivi principali sono la popolazione mondana e l’assenza di luoghi isolati. Per questo qui a Forks ce n'è uno, anche se non sappiamo esattamente dove. È una cittadina perfetta: non è molto abitata e, di conseguenza, ci sono molti posti sperduti. Un altro fattore che aiuta è il bosco, che è molto dispersivo. Tutto questo è voluto da qualcuno che sa giocare molto bene le sue carte! -.
Lo guardai sbalordita per la sua acuità. Quello che sosteneva aveva decisamente senso. Forks era la città più adatta per creare un esercito, ma non per sfruttarlo al meglio con la sua piccola quantità di abitanti. A Seattle invece, essendo più grande e più popolata, si poteva attirare l’attenzione senza dimezzare la popolazione e mandare tutti nel panico.
Ci fu qualche minuto di silenzio, noi tutti dovevamo pensare a come agire e ai pro e i contro di ogni azione. Non era per niente una situazione facile.
- Sicuramente c'è qualcuno che sta orchestrando la cosa - dissi, appoggiando l'ipotesi di Seb e esternando finalmente i miei pensieri - I demoni non stanno mai in gruppo, qualcosa deve averli legati fra di loro -.
Vidi Will sgranare gli occhi dallo specchietto retrovisore, annuendo - Giusta osservazione, potrebbe essere come dici tu! A questo punto, deve esserci dietro uno stregone... o più di uno! Soltanto loro possono creare portali e evocare demoni sulla terra! -.
Se era davvero così, a che scopo facevano tutto questo? Cosa volevano ottenere? Una guerra? Dominare il mondo? Oppure, erano venuti a conoscenza della nostra ricomparsa e volevano farci fuori? Perché proprio a Seattle e non un'altra città?
La cosa che forse mi preoccupava di più era la vicinanza con Forks. In fondo, distava solo quattro ore di macchina, non era molto lontana.
Sebastian mi risvegliò dai miei pensieri, aggiungendo – Bisogna capire come mai neanche le mappe del Conclave riescono a vedere l'orda di demoni che abita le vie di Seattle -.  
- Davvero? – chiesi sorpresa – Allora come hanno fatto ad avvertirci? -.
- Per essere più scrupolosi, si stanno tenendo aggiornati sulla criminalità mondana, in caso di eventuali falle nel sistema. Direi che è stata una buona mossa – mi rispose Will.
Concordai mentalmente. Dopodiché, guardai Marie, che aveva le mani incrociate nervosamente in grembo. Sembrava abbastanza scossa. Era una Shadowhunters, ma non aveva mai amato lottare.
Anche se dentro le nostre vene scorreva il sangue dell'Angelo, non significava che tutti noi fossimo portati per essere Cacciatori. C'era chi nasceva Shadowhunters e chi, invece, era stato costretto a diventarlo.
Marie mi aveva raccontato che le mie antenate erano sempre state delle ottime Cacciatrici, avevano la guerra nel sangue. Secondo lei, somigliavo molto alla mia madre biologica Renée. Io personalmente, non ricordavo molto di lei. Mi era rimasta solo una vecchia foto in bianco e nero, quasi sbiadita, sua e con mio padre Charlie abbracciati. La cosa che mi fermavo sempre a guardare di quella foto era la differenza dei loro sguardi: Charlie la guardava come se fosse la donna più preziosa della sua vita, mentre Renée aveva lo sguardo perso, quasi triste, dritto nell’obiettivo. Se si guardava attentamente, si riusciva a notare una lieve protuberanza a livello del ventre. Probabilmente, la fotografia risaliva al periodo in cui era incinta di Sebastian.
Uno dei tanti momenti, che mi erano rimasti impressi nella mente, era quando mi invitava a sedermi accanto a lei, sul seggiolino del pianoforte. Amava suonare, forse anche più di combattere. Ogni pomeriggio, dopo le solite lezioni e gli allenamenti, ci mettevamo lì e mi suonava sempre una sinfonia diversa. Le imparai tutte dopo la sua morte, solo per sentirla più vicina.
Ma sicuramente, il ricordo che non avrebbe mai abbandonato la mia mente, era quello della morte dei miei genitori. Era impossibile da dimenticare.

 

Zikiki98
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Besos :-*

 

  
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