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Autore: _Tallulah_    05/01/2022    0 recensioni
A breve inizierà il secondo al Karasuno. Una corona cadrà, una nuova monarchia sta per fare un colpo di stato nel regno che è la Palestra N2.
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«Per me sei la pallavolo al di fuori della pallavolo.»
Sgranò gli occhi a quelle parole, quella ammissione, con il cuore che pompava e il battito come un tamburo a riempirle le orecchie.
«Ti rendi conto di quello che hai detto?» chiese quasi senza fiato non osando girarsi «Tu..t-tu ami la pallavolo...»
«Già...»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karasuno Volleyball Club
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Settembre 2012 - Prefettura di Nagano.

 

Ikeda aveva sopravvalutato la sua resistenza al jet lag. Nel suo primo giorno a scuola si stava pentendo amaramente di non essere rimasta casa. 

Tornare a sentire parlare giapponese intorno a sé poi era stato stranissimo, in più si sentiva stanca, assonnata, confusa e frastornata. Ogni volta che i professori la richiamavano vedendole la testa ciondolare lei si scusava in inglese tra le risatine dei suoi compagni di classe. 

 Aveva, ingenuamente, pensato che quest’ultimi sarebbero stati gentili nei suoi confronti, mai previsione fu più errata.  

 

Era quasi paradossale, invece, come appena trasferita in Italia senza riuscire a spiccicare una parola e non capendo quello che le veniva detto, i bambini nella sua classe l’avessero accolta provando a comunicare con dei disegni, in modo da farle capire cosa intendessero e inserendo vicino la parola corrispondente. Questo l’aveva enormemente aiutata ad apprendere la lingua.  

Erano tutti estremamente carini verso di lei, ogni giorno qualcuno le portava qualcosa da provare…caramelle, cioccolata, snack salati, biscotti, succhi e quant’altro. Nonostante la sua diffidenza iniziale per quei modi che trovava un pò invadenti alla fine aveva ceduto.  

Semplicemente aveva provato ad adattarsi a quella quotidianità fatta di saluti con baci e abbracci, nell’andare in cortile durante la pausa per fare qualcosa tutti insieme, alcune volte giocavano a calcio, altre invece era riuscita a convincere la sua compagna di banco a fare dei passaggi a pallavolo.  

In breve quella compagna era diventata la sua migliore amica, Helmi la prendeva sempre per mano e la coinvolgeva in qualsiasi cosa le passasse per la mente. Kimiko le aveva invidiato i lunghi capelli, biondi anzi biondissimi da nord europea, una cosa che facevano spesso le ragazze durante la pausa in cortile era acconciarsi i capelli seguendo qualche video sul telefono, in Giappone lei doveva tenerli sempre ad una certa lunghezza ed erano ancora troppo corti, fu in quei momenti che prese la decisione di farli crescere lunghi come la sua amica.  

Si era anche abituata ad essere chiamata esclusivamente per nome dai suoi compagni, era buffo come “Kimiko” suonasse in modo diverso in base alle loro diverse nazionalità. 

 

Persa in quei pensieri si era estraniata dalla lezione chiudendo gli occhi, i ricordi vividi di quelle pause in cortile nelle belle giornate, tanto che le sembrava di percepire il calore del sole romano, cullata dalla voce monotona che stava spiegando.  

Fu un attimo la testa le scivolò dal pugno che la sorreggeva, il peso del corpo che era già sbilanciato, cadde rovinosamente a terra seguita dalla sedia con un tonfo non indifferente.  

Si era rialzata subito scusandosi nuovamente, almeno questa volta in giapponese, il sottofondo delle sue scuse fu accompagnato, oltre che dalle risatine come in precedenza, dai mormorii dei suoi compagni. 

 

Ikeda aveva provato ad attaccare bottone con le compagne a inizio pranzo, queste però si erano gentilmente defilate con delle scuse.  

Si era quindi rassegnata a consumare quello che aveva comprato al combini prima delle lezioni in solitudine al suo banco.  

L’orologio posizionato sul muro segnava le 12, Ikeda aveva fatto un rapido calcolo per il fuso orario, in Italia dovevano essere le 5 del mattino. 

Aveva comunque preso il cellulare dallo zaino per posarlo sul banco e tra un boccone e l’altro aveva registrato una nota vocale da inviare a Helmi, non l’avrebbe sentita prima di un paio d’ore ma voleva sfogarsi, raccontandole di come quel primo giorno fosse un disastro, dei professori sempre infastiditi anche sapendola che fosse atterrata il giorno prima dopo un volo di 12 ore, dei compagni di classe che della famosa gentilezza giapponese, che si sentiva decantare nel resto del mondo, non avessero nulla e della caduta dalla sedia. 

 

Fondamentalmente, Ikeda, non si riteneva una ragazza lamentosa ma in quel momento era infastidita e si sentiva giustificata a lamentarsi. Quindi si lamentava. 

 

Le restanti ore scolastiche non erano state poi così diverse dalle precedenti, con orrore però, la ragazza, si era resa conto di quello che sarebbe stato un enorme problema. 

Riguardo storia, letteratura e giapponese era spaventosamente indietro rispetto alla classe.   

 

Sulla strada per tornare a casa Ikeda si chiedeva come, in quei cinque anni abbondanti in Europa, né a lei né al fratello fosse venuta in mente una cosa così semplice. Il filo dei suoi pensieri, rivolti a trovare una soluzione quanto più veloce possibile, fu però interrotto dal beep di un messaggio ricevuto. 

Estrasse velocemente il telefono dalla tasca, lo sbloccò per cliccare subito la notifica. Sullo schermo il contatto ‘Helmi 🌟’ e un audio in risposta al suo. Ikeda lo fece partire e quasi le prese un colpo. 

La risata sguaiata di Helmi, la risata di chi è prossima a buttarsi per terra con le lacrime, aveva spezzato la sua voce che, faticando a respirare per le risate, le diceva ‘Sorry....sorry....sorry it's sooooooo funny’ 

Ne seguì un piccolo botta e risposta tra le due in chat. 

                               
 

Le prime settimane passarono così, fondamentalmente in silenzio e solitudine. Durante la pausa, mentre mangiava, scorreva i messaggi sul cellulare recuperando così quello che i suoi amici avevano fatto di giorno che per lei corrispondeva alla notte. Mandava qualche breve audio di aggiornamento o foto del paesaggio, scattate dal cellulare mentre andava a scuola, oppure di qualcosa di particolarmente strano visto al supermercato, il Giappone in questo offriva materiale a non finire. Poi si immergeva nella lettura di qualche autore nipponico fino alla campanella successiva. 

 

Le cose migliorarono in maniera inaspettata, certo non prima che andare peggio. 

 

Ikeda era uscita quel sabato pomeriggio per andare a correre, stava costeggiando la riva del fiume Yomase. 

Un piede messo male sul bordo della strada appena fangosa ed era scivolata, l’unico pensiero mentre rotolava giù dalla piccola discesa che separava la strada dal fiume fu per il telefono, non voleva finisse in acqua con lei. Aveva portato svelta la mano al piccolo marsupio che teneva in vita e aveva lanciato il telefono verso un cumulo erboso sperando così di non romperlo. 

Rialzatasi completamente zuppa da capo a piedi, dopo essere finita come prevedibile in acqua. Iniziò a strizzarsi i capelli mentre con un sospiro rassegnato per la situazione, si dirigeva verso il punto in cui era arrivato il cellulare. Ringraziò mentalmente tutti gli astri celesti vedendolo integro e funzionante ma il sollievo non durò. Mettendo la mano nel marsupio sentì la mancanza di tutto il resto del contenuto, nulla di importate per lo più qualche spicciolo, il burro cacao....il problema però era la scomparsa delle chiavi di casa. 

Iniziò a guardare intorno disperata, nulla. 

Risalì sulla strada e ridiscese, gli occhi puntati a terra nella traiettoria in cui era caduta, nulla. 

Si mise in ginocchio iniziando a spostare l’erba, muovendosi da un lato all'altro con la disperazione che cresceva. 

 

«Ehi, tutto bene? Ti serve aiuto?» 

Una voce maschile aveva interrotto il borbottio e la ricerca di Ikeda che aveva alzato lo sguardo verso la strada. 

La domanda veniva da un ragazzo con due grosse buste della spesa fermo impalato che la fissava. 

«No, grazie.» fu la risposa lapidaria della ragazza mentre riprendeva la sua ricerca. 

Il ragazzo però non se ne andò, posò le buste e scese per raggiungerla «Se mi dici cosa stiamo cercando sarà più semplice, no?» disse chinandosi e iniziando a spostare l’erba un po' distante dalla ragazza in modo da coprire un’area di ricerca maggiore. 

Non ottenne nessuna risposta. 

Si fermò dopo qualche minuto per guardarla meglio e finalmente la riconobbe, notò anche che fosse completamente bagnata da capo a piedi «Ma tu sei la ragazza nuova dell'Europa! Io sono Ito Masaru. Siamo in classe insieme, ma cos’è successo? Ti hanno spinta nel fiume?» chiese sinceramente preoccupato. 

«Non mi hanno spinta, sono scivolata e sono caduta. Tutto qui. Sto cercando le chiavi di casa, non c’è bisogno che le cerchi anche tu. Ti ringrazio ma vai pure a casa.» disse Ikeda, dando finalmente delle risposte a quel ragazzo, che forse sì era nella sua classe ma non lo ricordava.  

Ito non si era ancora mosso «Mi ricordi come ti chiami? Non sono molto attento di mattina durante l’appello.» 

«Ikeda Kimiko.» rispose senza degnarlo di uno sguardo mentre si spostava in una nuova zona continuando la sua ricerca. 

«Ikeda, non è meglio se torni a casa e ti cambi? Ti prenderai un raffreddore. Io porto la spesa a casa mia, mi preparo per il club e ci rivediamo qui per cercare ancora. Che ne dici?» Ito pensava che quella fosse una buona soluzione, vedendo che la ragazza, nonostante cercasse di trattenersi, stava iniziando a tremare. 

«Non posso entrare a casa senza le chiavi.» ribatté Ikeda. 

«In che senso, scusa?»  

A quella domanda sciocca, perché le sembrava ovvio l’uso delle chiavi per rientrare in casa, lei sbuffò fermandosi per guardare Ito «Nel senso che nessuno mi può aprire. Mio fratello non tornerà a casa prima delle 21 e io ho chiuso con due giri di chiave la porta.» 

«Due giri di chiave?!» il ragazzo era sorpreso, nessuno in zona aveva l’abitudine di chiudere la propria abitazione a chiave «Perchè?» 

«Come “perché?”, per i ladri.» Ikeda iniziava a spazientirsi per quelle domande la cui risposta era ovvia, si chiedeva se quel ragazzo fosse stupido o cosa, frustrata perché le era capitato tra le mani il burro cacao ma non ancora le chiavi. 

«I ladri? Qui!? Non ci sono ladri qui. L’unico a cui devi stare attenta qui è quel gattone rossiccio che gira nel quartiere, quello senza coda e grassoccio. Lo vedi e pensi che con quel peso non possa essere così veloce e poi invece...» Ito si era alzato facendo uno scatto, cercando di mimare in fantomatico attacco di quel gatto grassoccio, con tanto di soffi e miagolii arrabbiati «fa così, poi così e si attacca alle gambe. Fa veramente male, parlo per esperienza.» 

Ikeda lo fissava senza proferire parola, il silenzio però durò solo un minuto «Pff» e iniziò a ridere leggermente «Deve essere stata una battaglia all’ultimo sangue, e da come ne parli il sangue era il tuo. Sicuro di voler far sapere di essere stato battuto da un gatto? Per giunta grasso.» disse divertita. 

«Beh se ti fa ridere sì, fino a poco fa avevi l’aria abbastanza disperata. Direi che è un miglioramento. Senti Ikeda, le chiavi al momento non le stiamo trovando, magari sono finite nel fiume che le ha portate via. Ti offro ospitalità. Vieni a casa mia, ho una sorella ti darà un cambio di vestiti mentre i tuoi si asciugano. Puoi venire al club con me, se ti va, dopo. Sarà sicuramente meno noioso che passare tutto il pomeriggio china qui a cercare delle chiavi disperse. Che ne dici?» fu la proposta di Ito mentre la guardava con la testa leggermente piegata. 

«Dico che non voglio incontrare questo gatto pericolosissimo.» disse lei alzandosi e scrollando la terra dalle ginocchia «Di sicuro voglio evitare il raffreddore. Sei sicuro però che non disturbo?» chiese Ikeda titubante. 

«Ti ho detto che ho una sorella, se fosse nella tua situazione vorrei che qualcuno le offrisse aiuto. Quindi no, non è un disturbo. Che disturbo è, poi, aiutare qualcuno se puoi farlo?» disse Ito mentre risaliva per raggiungere la strada seguito dalla ragazza. 

‘No, non è stupido. Un bravo ragazzo...è un bravo ragazzo’ constatò mentalmente, Ikeda, mentre lo guardava prendere le buste. Lui quasi si offese quando lei si propose di portarne una. 

«Ma davvero hai chiuso per i ladri?» la curiosità riaffiorò nel ragazzo. 

Ikeda alzò gli occhi al cielo prima di rispondere «Sì, sono abituata così ormai. In Europa, ci sono i ladri quindi chiudevamo sempre a chiave. Anzi avevamo anche più serrature per chiudere la porta. Alcune case hanno le porte blindate e le sbarre alle finestre.» 

«Ah....e per i gatti grassi in Europa c’è qualche soluzione?» 
Si guardarono entrambi e scoppiarono a ridere. 



 

*un grande ringraziamento va ad okami2717 che sta facendo la lettrice Beta alla mia storia*

 
   
 
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