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Autore: Egle    05/01/2022    4 recensioni
“Che cosa cazzo ci fai tu qui?”
Merlin si svegliò all’improvviso, i sensi intorpiditi, la testa ridotta ad un unico ammasso di dolore. Si coprì la faccia con un cuscino, tentando di morire. “Spegni il sole” bofonchiò in risposta.
Emise un lamento non appena le coperte gli vennero strappate di dosso. Si mise a sedere di scatto, accorgendosi contemporaneamente di tre cose: quello non era il suo letto, lui non indossava i vestiti e di fronte a sé aveva Arthur dannato Pendragon. Nudo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Freya, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Note della Beta.
Salve! Quanto tempo che non giravo questo fandom... Riemergo perchè abbiamo trovato tra i meandri del computer di Egle una fic che non avevo ancora pubblicato e, per essere del tutto onesti, una fic che avevo del tutto rimosso. Questo conferma il mio ruolo di beta peggiore del mondo. Titolo che mi permetterà così di pubblicare tutta la storia in una one-shot, nonostante la lunghezza perchè non penso di riuscire a reggere un'altra pubblicazione a scadenza settimanale. Quindi eccola qui per intero!
Si tratta di un'AU perchè io adoro le AU di Arthur e Merlin e obbligo sempre Egle a scrivere questa tipologia. Spero/speriamo che vi piaccia!





WHAT HAPPENS IN CAMELOT

 

“Che cosa cazzo ci fai tu qui?”

Merlin si svegliò all’improvviso, i sensi intorpiditi, la testa ridotta ad un unico ammasso di dolore. Si coprì la faccia con un cuscino, tentando di morire. “Spegni il sole” bofonchiò in risposta.

Emise un lamento non appena le coperte gli vennero strappate di dosso. Si mise a sedere di scatto, accorgendosi contemporaneamente di tre cose: quello non era il suo letto, lui non indossava i vestiti e di fronte a sé aveva Arthur dannato Pendragon. Nudo. Completamente nudo. Merlin si morse il labbro inferiore, cercando disperatamente qualcosa di intelligente da dire.

“Freddo questa mattina, vero?” mormorò, osservando un punto ben preciso nel corpo di Arthur.

Arthur aprì la bocca in un’espressione esterrefatta e per un secondo Merlin fu sicuro che lo avrebbe preso a ceffoni, ma l’idiota si limitò ad afferrare i boxer e a indossarli velocemente. Merlin si alzò in piedi, guardandosi intorno. Una camera spaziosa, alte finestre che davano sui tetti di Londra, un letto ampio… le lenzuola stazzonate, un paio di cuscini caduti per terra… La bustina vuota di un preservativo.
Merlin deglutì a vuoto, imponendosi di ignorare quest’ultima informazione.

Cazzo, abbiamo scopato.

“Sono sicuro che non sia successo niente” disse, infilando i jeans. Con la punta del piede spinse la bustina sotto al letto, mentre Arthur si lanciava in una serie di borbotti, misti a insulti rivolti a lui. Si chiese dove fosse finito il preservativo. Spero che lo abbia buttato via… o che non lo trovi prima di farmi uscire di qui vivo.

“Eravamo entrambi ubriachi, sai… dopo la festa… bella festa, vero? Dovremmo fare queste rimpatriate più spesso, non solo dopo dieci anni… avevamo tante cose da…”
Merlin si interruppe quando Arthur gli scoccò un’occhiata carica di rabbia. “Io ora andrei, in fondo non…”

Le parole gli morirono in gola non appena Arthur si chinò e raccolse una bustina vuota da terra. Il suo viso perse qualsiasi traccia di colore. Merlin si affrettò verso l’uscita, ma Arthur lo intercettò dopo qualche passo. L’impatto con il muro gli mozzò il respiro in gola. Un braccio di Arthur lo teneva fermo, premendo alla base della sua gola. Merlin aveva un vago senso di dejà-vu.

Ho di nuovo quattordici anni e Pendragon mi tende un agguato nel corridoio perché nel suo compito di storia ho scritto che gli Egizi erano un’antica civiltà fondata dagli alieni. Adesso mi trascina nel bagno e mi riempie di botte.

“Non devi dirlo a nessuno” lo minacciò, un dito puntato contro il suo naso. Merlin incrociò gli occhi per un istante per guardare la punta del dito, prima di fissare di nuovo Arthur negli occhi. “Che il freddo ti fa particolarmente effetto?” replicò. Arthur gli diede uno scrollone, facendogli rimbombare la testa.

“Merlin”

“Non è successo niente, Arthur. Eravamo ubriachi… sono sicuro che…”

Smetti di perdere tempo”

Merlin, finirò per farti male”

Non importa, voglio solo che mi scopi…”

 

Merlin si pietrificò all’improvviso, mentre i ricordi si riaffacciavano nella sua memoria. Lui sulle ginocchia, il viso affondato negli avambracci. La mano di Arthur tra i suoi capelli per tenergli giù la testa mentre se lo scopava da dietro…

“Non è successo niente” pigolò Merlin già meno sicuro rispetto a prima. Arthur chiuse la stretta sulla sua maglietta e Merlin realizzò che era la sua maglietta vintage dei Nirvana.

Se me la rovini…

Afferrò i polsi di Arthur e glieli fece allontanare con un gesto brusco. Sorpreso Arthur lo lasciò andare, senza, però, allontanarsi. “Non siamo più a scuola, non puoi picchiarmi nei corridoi o minacciarmi… o… “

Fare altre cose simpatiche.

“Abbiamo scopato, so che abbasso la tua media, ma fattene una ragione. E per la cronaca non sono uno che va a dire in giro gli affari propri, quindi…” disse facendo un vago cenno con il braccio. “Quindi puoi smettere di fare lo stronzo”

Merlin recuperò le converse e le infilò, saltellando su un piede e poi sull’altro per infilarle. Si passò una mano tra i capelli, scoccando un’occhiata in direzione di Arthur. Sembrava mortificato. La sua faccia era di un pallore mortale. Merlin sarebbe stato preoccupato se solo non fosse stato… beh, Arthur.

“Allora, ci vediamo” disse, stringendo le labbra in una linea sottile. “Anzi, spero di non vederti per altri dieci anni… vorrei dire per il resto della mia vita, ma so di non essere così fortunato” aggiunse, prima di raggiungere la porta di ingresso e uscire, senza voltarsi indietro.

 

*

 

Merlin appuntò un paio di note ai margini dell’agenda. Erano rimasti indietro con le consegne e Freya non si era ancora fatta vedere quella mattina. Avevano aperto insieme Avalon, una caffetteria con annessa libreria, che riscuoteva un discreto successo tra universitari e giovani professionisti. Cuscini enormi, tappeti, tavolini in legno colorato… piante esotiche… w-ifi e soprattutto il loro cappuccino al cioccolato. Avalon era una caffetteria dall’aspetto famigliare e confortevole, dopo tre anni, riuscivano ad arrivare alla fine del mese senza avere l’incubo delle bollette. Sollevò il viso solo quando sentì Freya avvicinarsi al bancone e versarsi una copiosa tazza di caffè. Rispose con un mugugno al suo buongiorno.

Non sono il solo ad aver esagerato ieri sera.

Si legò il grembiule in vita e poi iniziò a disporre i muffin ai mirtilli su un piatto. Merlin si appoggiò contro il bancone con un fianco, a quell’ora non c’era molta gente e riuscivano a prepararsi al delirio del pranzo. “Grazie per avermi lasciato solo ieri sera” le disse, incrociando le braccia sul petto.

Freya emise un altro brontolio, prima di tornare a dedicarsi ai muffin. “Sei tu che sei sparito. Eravamo d’accordo di entrare e di trattenerci solo una mezz’ora, ma non ti ho più visto… ti avrò mandato mille messaggi.”

Merlin si morse l’interno della guancia. Sì, effettivamente quello era vero. “Sono stato impegnato” disse, suscitando subito l’interesse dall’amica che si affrettò a disporre gli ultimi muffin prima di girarsi a guardarlo.
“Con chi? Ommioddio, dimmi che finalmente tu e Gwaine…”
“No, non era Gwaine” mormorò Merlin, sentendosi arrossire.

Per fortuna hai appena detto che non sei uno che va in giro a raccontare le sue cose…

“Lascia stare, ho fatto una cazzata, ma non ne voglio parlare” disse, accogliendo con un sorriso due ragazze. Sentiva ancora lo sguardo di Freya sulla schiena, ma finse di ignorarlo. Non toccarono più l’argomento rimpatriata delle superiori per tutta la mattina.
Merlin, però, non riusciva a smettere di pensare ad Arthur… alla sua espressione penosa quella mattina… al fatto che dopo due ore lui fosse stato sul punto di dire tutto a Freya dopo aver promesso di non farlo.

Ripulì il bancone da alcune briciole e poi fece scorrere lo sguardo sul locale: tutti sembravano immersi nelle proprie attività e nessuno sembrava aver bisogno di qualcosa. Estrasse il cellulare e aprì l’app di Facebook.

Sei un idiota, si disse cercando il profilo di Arthur. Ovviamente non erano amici. Prese un respiro profondo e lo trattenne in bocca, gonfiando le guance per qualche secondo.

Scusa per questa mattina, mi sono comportato da stronzo.

Per me non è mai successo nulla, dimentichiamo tutto.

Premette invio e poi si infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. Merlin avrebbe voluto davvero far finta che non fosse successo nulla, ma il pensiero continuava a tornare ad Arthur... al modo in cui lo aveva baciato, toccato… Chiuse gli occhi, ricordando ogni istante della serata precedente.
 

*

 

L’invito per i dieci anni dal diploma era arrivato qualche settimana prima e lui lo aveva gettato nell’immondizia senza nemmeno aprirlo. Il liceo era stato una specie di incubo: dato che era sempre stato uno studente brillante, aveva saltato due anni, ritrovandosi in una scuola con tutti ragazzi molto più grandi. Lui e Arthur frequentavano insieme alcune classi… non sapeva da dove fosse nata la profonda antipatia tra loro due. Forse centravano la sua boccaccia impertinente e l’inclinazione di Arthur a farsi adulare. Anche a sedici anni, Arthur pesava almeno quindici chili più di lui… era il capitano della squadra di calcio, alto bello e incline a essere circondato da persone che lo trattavano come un principe. Era facile capire come si fosse evoluto il loro rapporto.

Merlin non si aspettava davvero che uno come Arthur Pendragon partecipasse alla festa dei dieci anni del diploma in quel locale poco glamour che era il Camelot, ma non voleva correre rischi di incontrare di nuovo lui e il suo gruppo di amici, che lo avevano bullizzato in ogni modo possibile. Freya aveva insistito, sostenendo che sarebbe stato bello vedere alcuni dei loro ex compagni di scuola…

“E poi c’è da bere gratis!”

Quello lo aveva convinto e Merlin non avrebbe mai finito di darsi del deficiente per quello.

Lo aveva visto da lontano. Jeans scoloriti, maglietta aderente, i capelli un po’ lunghi. Rideva e distribuiva pacche sulle spalle, come un reale sceso tra la plebaglia. Anche dopo tanti anni, la sua popolarità era immutata. Il suo innegabile fascino ancora più evidente, accentuato dalla sicurezza che l’età adulta gli aveva portato. Merlin aveva cercato di diventare parte integrante del mobilio, una birra stretta in mano. Si era mimetizzato in mezzo alla folla, dolorosamente consapevole della presenza di Arthur.

Gli era impossibile ignorarlo, l’unica cosa che poteva fare era sperare che Arthur non lo notasse, troppo accecato dal suo smisurato ego e amore per sé stesso. Aveva perso Freya, impegnata a salutare il vecchio gruppo di atletica, sperava solo che non appena avesse finito se ne sarebbero potuti andare. Magari erano ancora in tempo per l’ultimo spettacolo al cinema. Merlin si era avvicinato all’open bar. La birra scadente quasi finita. Lo aveva percepito prima ancora di vederlo.

“Merlin” lo aveva salutato, arrotolando la lingua sulla r per far risuonare il suo nome come un qualcosa di sgradevole.

“Arthur” aveva, mormorato stringendo le labbra. Sperava che quella breve interazione fosse sufficiente per dileguarsi senza dover aggiungere altro. Aveva posato la bottiglia ormai vuota sul tavolo e ne aveva recuperato subito un’altra per poi cercare di scomparire. Arthur gli aveva circondato le spalle con un braccio come se fossero vecchi amici e Merlin non era riuscito a non inalare il suo profumo… Un misto di cannella e qualcosa di fresco. Il suo braccio pesava una tonnellata. Arthur era grosso e molesto.

Gli aveva detto qualcosa di stupido e vagamente offensivo, stringendoselo addosso fino a fargli male. Merlin aveva risposto in modo sgarbato. Come sempre Arthur riusciva a tirar fuori il peggio di lui

“E’ la festa più noiosa a cui mi sia mai capitato di partecipare” aveva mormorato Arthur, prendendo altre due birre, mentre Merlin sgusciava via. Lo aveva agguantato per la collottola e lo aveva obbligato a seguirlo sulla scala antincendio, disposta sul lato esterno dell’edificio. Era identica ad uno dei luoghi preferiti di Merlin a scuola, dove passava gran parte della pausa pranzo a mangiare da solo, magari leggendo un libro o un fumetto. Ogni tanto Arthur lo raggiungeva per dargli il tormento. Una volta lo aveva fatto quasi cadere dall’ultima rampa.

“Oh, ti prego… non crederai che io abbia ancora dell’erba” aveva replicato Merlin, mentre Arthur gli perquisiva le tasche dei jeans. Uno spinello era apparso magicamente tra le sue dita.

Va bene, sì… mi sono portato uno spinello pensando che sarebbe stata una serata tremenda.

Si sedette sui gradini, Arthur di fianco a lui. Le loro spalle che si toccavano. Merlin si era impossessato di una delle due birre, abbandonandosi contro lo scalino dietro di lui. I gomiti appoggiati, i capelli un po’ lunghi che gli coprivano gli occhi. Si era fatto crescere un’ombra di barba per sembrare più vecchio e meno ragazzino.

“Hai sempre avuto la roba migliore” aveva commentato Arthur, prima di passargli uno spinello. Si era appoggiato sul gradino di fianco a lui e Merlin aveva realizzato con un’improvvisa stretta allo stomaco che Arthur era bello. Ancora più bello rispetto agli anni del liceo. Le spalle ampie, la mandibola forte… e quello stupido sorriso che era capace di fargli saltare i nervi e fargli attorcigliare lo stomaco allo stesso tempo.

“Ti ricordi quella volta in campeggio?”

“No,” aveva replicato, inalando pigramente una boccata di fumo.

“Quando abbiamo rischiato di dar fuoco al tuo sacco a pelo perchè ti era caduta una canna… e abbiamo dovuto dormire quasi tutta la notte con la tenda aperta per la puzza di bruciato”

“Era con qualcun altro, non con me” aveva risposto Merlin anche se sapeva che non era vero. Ricordava quella notte. La professoressa Nimueh aveva obbligato Arthur ad aiutarlo a montare la tenda e a dormire con lui… per proteggerlo… senza sapere che per metà della nottata Arthur aveva continuato a dargli il tormento.

Erano andati in giro, avevano fumato… Arthur sembrava non aver mai bisogno di riposo, trascinandoselo dietro e continuando a punzecchiarlo.

“Non era con qualcun altro” aveva risposto Arthur, dandogli un pugno sulla spalla.

“Ahi,” aveva esclamato Merlin, prima di rimanere pietrificato dal suo sguardo. Arthur era vicino in modo fastidioso. Si era chinato verso di lui e aveva appoggiato la fronte contro la sua spalla. “Ci eravamo divertiti.”

“Tu ti eri divertito, io ero costretto a sopportare la tua presenza.”

Arthur si era mosso contro di lui, il suo viso era risalito lungo la sua spalla fino a incassarsi contro il suo collo. Merlin poteva sentire il suo respiro, le sue labbra premute contro la sua pelle. Un piccolo brivido gli percorse la schiena.

È solo troppo tempo che non fai sesso… è quel deficiente di Arthur, non puoi…

“Avrei preferito essere in tenda con Gwaine e scommetto che tu avresti preferito…”

“Ho chiesto io alla professoressa di poter stare in tenda con te” lo aveva interrotto Arthur, sfiorandogli piano il collo con le labbra. Il naso immerso nei suoi capelli. La sua mano si era spostata sul suo fianco, al di sopra dei vestiti. Era grande, calda. Per un secondo Merlin si chiese se facesse ancora canottaggio.

Perché mi ricordo queste cose insignificanti di lui? Tutto è insignificante e fastidioso…

“E perché lo avresti fatto?” aveva replicato, guardando da un’altra parte. Aveva sentito Arthur muoversi, il suo corpo contro il suo fianco, mentre con le labbra risaliva fino al suo orecchio donandogli altri brividi di piacere.

“Perché mi stavo annoiando… sapevo che con te non mi sarei annoiato… Mi seguivi dappertutto, facevi qualsiasi cosa con me.”
Merlin aveva espirato bruscamente dal naso. “Altrimenti mi avresti riempito di botte.”

“Senza di me, il liceo sarebbe stato molto noioso.”

“Senza di te il liceo sarebbe stato molto più sopportabile.”

Le dita di Arthur si erano fermate sul bordo dei suoi jeans, due dita agganciate alla sua maglietta. Merlin aveva guardato la sua mano, trattenendo il respiro. Arthur aveva sempre avuto questa cosa di toccarlo in continuazione, di invadere sgradevolmente i suoi spazi personali. “Non lo pensi davvero” aveva sussurrato, mentre la sua mano scivolava al di sotto del tessuto della maglietta. Merlin era rabbrividito, i denti affondati nel labbro inferiore.

“Che stai facendo?” aveva mormorato, mentre la mano di Arthur risaliva lungo il suo petto. Aveva sollevato la testa per guardarlo, gli occhi offuscati dall’eccitazione e dall’alcol. “Mi sto annoiando” aveva risposto Arthur prima di sporgersi verso di lui e baciarlo appena.

Merlin gli aveva imprigionato il viso tra le mani e lo aveva baciato a fondo, facendo scivolare la lingua nella sua bocca. Arthur aveva emesso un gemito sorpreso, quasi non si aspettasse una reazione così entusiasta, mentre Merlin si sedeva sulle sue gambe. Le mani sul suo petto, la lingua nella sua bocca. Le mani di Arthur sulle sue natiche, che stringeva… reclamavano…

Nemmeno io mi aspettavo una reazione così entusiasta.

E così che siamo finiti a scopare nell’appartamento di Arthur… perché lui si annoiava…

Merlin scosse la testa, controllando di nuovo il cellulare. Nessun messaggio. Fece una smorfia, riponendo alcune tazze nel mobiletto. Abbassò la serranda fino a metà, disponendo poi le sedie rovesciate sui tavoli e riempiendo un secchio di acqua calda. Freya se n’era andata alcune ore prima, quel giorno toccava a lui chiudere. Iniziò a lavare il pavimento, alzando un po’ la musica quasi potesse fisicamente impedirgli di sentire i suoi stessi pensieri.

Trasalì quando qualcuno batté con il pugno sulla saracinesca. Merlin serrò le labbra in una linea sottile, guardando Arthur attraverso il vetro. I primi bottoni della camicia slacciati, la giacca assicurata a una spalla con due dita la cravatta sciolta. “Siamo chiusi” disse Merlin.

Arthur allargò le braccia in un gesto eloquente. Non se ne andrà mai…

Merlin aprì la porta e Arthur passò sotto la saracinesca. Si guardò intorno e Merlin si chiese come dovesse apparire il locale agli occhi di un estraneo. Avrebbe preferito che Arthur non si fosse presentato lì… anzi avrebbe preferito continuare a ignorare la sua esistenza.
“Bei… libri” disse Arthur, prima di voltarsi di lui.
“Grazie. Sono pieni di parole” replicò Merlin, abbassando poi lo sguardo sul plico di fogli che Arthur gli porgeva.
“Che cos’è?” chiese, sfogliandoli e imprimendosi nella mente alcuni termini legali.
“Un accordo di riservatezza su quello che è successo stanotte. Nella seconda pagina c’è uno spazio vuoto. Puoi inserire la cifra che vuoi. I miei legali te la faranno avere in un paio di giorni… procedura standard.”

Merlin arcuò un sopracciglio, osservandolo per una manciata di secondi. “Vuoi pagarmi?” chiese solo per essere sicuro di non aver frainteso le sue parole.

“Sì… per non divulgare quello che è successo tra di noi stanotte. Foto… o altro materiale video. Non hai dell’alcol qui dentro?” chiese Arthur, passando poi dietro al bancone.
“E’ una caffetteria, non ho dell’alcol. E non voglio i tuoi soldi. Ora te ne puoi andare?” replicò in fretta Merlin, togliendogli dalla mano una bottiglia.

Arthur arricciò un po’ le labbra. “Puoi chiedere la cifra che vuoi”

“Sì, Arthur, lo avevo capito già la prima volta. Te ne puoi andare ora?”

Arthur lo osservò per una manciata di secondi. “Sei arrabbiato.”

Merlin sospirò a fondo. “Per avermi offerto dei soldi per non raccontare quello che è successo stanotte? No, perché credi che dovrei essere offeso?” replicò, iniziando a rimettere a posto le sedie dove il pavimento era già asciutto. Arthur gli si affiancò.

“Non è per te… è normale routine.”

“Va bene” sospirò Merlin, prendendo i fogli e una penna. Firmò velocemente su ogni linea tratteggiata, restituendogli poi i documenti. Arthur li controllò.

“Manca la cifra”

“Una sterlina e ottanta” replicò Merlin con sicurezza, prima di aprire la vetrinetta dei dolci e prendere un muffin al cioccolato. Lo mise in un sacchettino, porgendolo poi ad Arthur. “Ho già spento la macchina del caffè, quindi dovrai accontentarti di questo… ora te ne puoi andare?”

Arthur prese il sacchetto di carta colorata dalla sua mano. Un dito gli sfiorò appena il suo e Merlin si morse forte l’interno della guancia, senza riuscire a sostenere il suo sguardo.
“Potevi chiedere la cifra che volevi…”

“Non voglio i tuoi soldi” mormorò Merlin, sentendo con orrore gli occhi inumidirsi di lacrime di umiliazione. Sbattè più volte le palpebre cercando di ricacciarle indietro.

“Riesco sempre… a ferirti, vero?”

“Non mi hai ferito. Ora te ne puoi andare?”

Merlin aspettò che Arthur raggiungesse la porta della caffetteria prima di passarsi le mani sulle guance. Espirò ed inspirò a fondo, riprendendo lo scopettone per lavare il pavimento, quando la porta si aprì di nuovo.
“Non è per te…”

Merlin roteò gli occhi, mentre Arthur si sistemava su un divanetto. La giacca abbandonata su una sedia. “Non si può avere del caffè?” chiese, allungando un braccio sullo schienale. Merlin era sul punto di ripetergli che aveva già spento la macchina del caffè, ma alla fine si limitò a scuotere la testa e a riaccenderla. Con Arthur era impossibile discutere, avrebbe fatto prima a dargli ciò che voleva e poi sperare che perdesse interesse e se ne andasse.

“E’ che sono stato ricattato, un paio di anni fa” aggiunse aprendo il sacchetto e sbocconcellando il muffin.

“Che intendi dire?” replicò Merlin, prendendo due tazze. Rossa per Arthur, azzurra per sé.

“Uno con cui sono stato a letto. Ha minacciato di vendere certe mie foto alla stampa… brutta storia, mi è costata un sacco di soldi e mio padre…”

La voce di Arthur si spense, il suo sguardo si fece distante. “Latte? Zucchero?” chiese Merlin per spezzare la tensione.

“Nero va bene” rispose Arthur. Merlin portò entrambi i caffè al tavolo, sedendosi poi di fronte a lui. Le mani chiuse attorno alla tazza calda.

“Se avessi voluto, ti avrei ricattato anni fa” sospirò Merlin, bevendo un piccolo sorso di caffè “So così tante cose di te da poter vendere materiale per ai quotidiani per un anno.”

Arthur dischiuse le labbra in un’espressione oltraggiata, “Non è vero” disse, la voce leggermente acuta.

“So che hai perso la verginità a un concerto dei Linkin Park quando avevi quindici anni. E lei ne aveva ventinove.”

“Non è…”
“So che hai copiato all’esame finale di storia. Che hai falsificato la firma di tuo padre per avere la patente prima… che hai…”
“Va bene, va bene… ho capito…” tagliò corto Arthur sventolando le mani per zittirlo, prima di bere un sorso di caffè. Merlin guardò fuori dalla vetrina, c’era ancora il sole in quel principio di estate. Rimase in silenzio, ma non era un silenzio scomodo, anche se Arthur aveva sempre saputo come interromperlo nella maniera meno appropriata.

“Allora…” disse lui dopo qualche istante “Che cosa ci fai qui? Devi mantenerti negli studi o…”
“No,” replicò in fretta Merlin, muovendosi a disagio sulla sedia. “Io e Freya abbiamo aperto questo posto qualche anno fa… non… non sto facendo il dottorato.”

Arthur lo fissò per qualche istante. “Eri lo studente più brillante di tutta la scuola, ti eri iscritto a… legge…”

“Astrofisica” lo corresse Merlin, tamburellando con i polpastrelli sulla tazza.

“E…”
“E non è andata…” mormorò, stringendosi nelle spalle. Abbassò lo sguardo, senza riuscire a guardare Arthur negli occhi. Non si vergognava di quello che faceva, lavorare in caffetteria gli piaceva. Tutti, compreso lui, però avevano immaginato un futuro ben diverso.

“Morgana si è unita a una comune” disse Arthur all’improvviso per spezzare la tensione. Merlin arcuò un sopracciglio.

“Morgana… tua sorella… stiamo parlando della stessa Morgana?”
“Yep. È diventata vegana… coltiva un orto… va in giro a piedi nudi. Di lavorare non se ne parla, vive con quello che Uther le continua a passare… e ti assicuro che non è poco. E ha un’iguana che si chiama Mojito.”

Merlin si mise a ridere. “Ti odia ancora?”

“Assolutamente sì” confermò Arthur, arricciando il naso “Ti ho detto che è andata da una maga a farmi fare una maledizione?”
“Sono sicuro che si dica fattura. Che cosa ti avrebbe augurato? E soprattutto come te ne sei accorto?”

“Ha pubblicato tutto nella sua storia di Instagram” replicò Arthur, scuotendo la testa “Mi ha augurato… non lo so…morte, inondazioni, catastrofi… mia sorella è sempre stata fuori di testa.”
Merlin tamburellò con le dita sul ripiano di legno. “Non è vero. Tua sorella è sempre stata alternativa, non le piace conformarsi e fare quello che ci si aspetta da lei.”

“Facile farlo con i soldi di Uther” mugugnò Arthur “Perché non prova a fare l’alternativa lavorando sessanta ore a settimana?” disse lui, bevendo un ultimo sorso di caffè. Prese la giacca dallo schienale della sedia. “Sarà meglio che vada, tu devi chiudere e io…” disse, lasciando la frase in sospeso.

Merlin osservò rapito il suo profilo, il modo in cui la mandibola era diventata ancora più accentuata rispetto agli anni di scuola. Lo accompagnò alla porta, senza alzare del tutto la saracinesca.

Fu sul punto di fare qualcosa di stupido e assolutamente fuori luogo come porgergli la mano, ma alla fine preferì infilarle nelle tasche posteriori dei jeans.

“E per la cronaca…” mormorò Arthur, sfiorandogli il bordo della maglietta con un dito. Lo guardò negli occhi e Merlin seppe che stava per succedere… di nuovo… che Arthur stava per baciarlo. “Non abbassi la mia media” sussurrò, stringendo il tessuto della maglietta tra le dita e tirandolo verso di lui. Emise un basso gemito, le labbra sulle sue, il suo braccio a circondargli la vita.

Merlin affondò le dita tra i suoi capelli, lasciandogli libero accesso alla sua bocca. Gli accarezzò la lingua con la propria, baciandolo profondamente. Singhiozzò senza fiato non appena le mani di Arthur gli accarezzarono la schiena al di sotto della maglietta. “Non… ieri sera… non… vetrina, da fuori… ora… pavimento… chiudere…” bofonchiò tra un bacio e l’altro, mentre Arthur iniziava a spogliarlo. Barcollò all’indietro, le mani di Arthur erano dappertutto e la sua bocca…

Dio, la sua bocca è così intossicante…

“Arthur, non possiamo… noi…” sussurrò, mentre la sua maglietta finiva a terra e Arthur lo spingeva nella stanza sul retro che usavano come spogliatoio e saletta privata.

“Merlin” replicò Arthur, levandosi la camicia e gettandola poi da qualche parte.

“Mh?” squittì, guardando le spalle tornite, il suo petto ampio, i suoi addominali ben definiti… Ora mi viene un infarto.

“Sta’ zitto”

Okay, sto zitto, pensò mentre Arthur tornava a baciarlo. Affondò le dita nella sua schiena, coricandosi sul divanetto che cigolò sotto il loro peso. Le gambe intrecciate. Arthur era pesante e ingombrante su di lui. Merlin arcuò la schiena all’indietro, quando la sua mano si intrufolò tra i loro corpi e scese sui bottoni dei suoi jeans. La sua erezione, dura e imponente, premuta contro di lui.

“Oddio, Arthur… non ti fermare… non…”

Merlin si immobilizzò all’improvviso sentendo la campanella del negozio. “Non hai chiuso a chiave” ringhiò Arthur.

“Non me ne hai dato il tempo!” replicò Merlin, piegando la testa all’indietro per guardare Freya entrare nella stanza. Lo sguardo fisso sul cellulare. I capelli tenuti fermi da un lapis. “Merlin non hai ancora chiuso? Ti avrò mandato mille messaggi, perchè non guardi mai il…” disse tutto d’un fiato prima di risollevare lo sguardo e interrompersi bruscamente. Passò lentamente lo sguardo da Arthur a Merlin e poi di nuovo ad Arthur.

Merlin si morse forte la guancia, la mano di Arthur immobilizzata sui suoi jeans. Il suo peso che lo schiacciava sul divano.

“Arthur Pendragon” strillò Freya, la voce due ottave più acuta del normale.

“Amica di Merlin” replicò Arthur, puntellandosi su un gomito e su un ginocchio per cercare di non gravare del tutto su Merlin. Ci fu un momento di totale silenzio, prima che Freya si coprisse gli occhi con le mani lasciando cadere la borsa a terra.

“Oddio, scusate” disse acuta, indietreggiando e andando a sbattere contro la porta. Emise un guaito di dolore, prima di cercare la borsa a tentoni, senza guardare verso il divano.

“Siamo ancora vestiti” puntualizzò Merlin, mentre lei usciva precipitosamente dalla caffetteria. Tornò a guardare Arthur dopo una manciata di secondi, la sua mano ancora sui bottoni dei suoi jeans.

Merlin arcuò un sopracciglio e Arthur si affrettò a toglierla, alzandosi poi in piedi. “Sarà meglio che vada…” mormorò, rimettendosi la camicia e passandosi poi una mano tra i capelli.

Sì, anche secondo me è meglio che tu te ne vada.

Lo seguì fino all’uscita, osservando la sua schiena ampia. Una volta lo aveva portato sulla schiena per chilometri dopo che si era slogato una caviglia. Merlin si obbligò a guardare altrove, aprendo la porta e aspettando che Arthur uscisse.

“Che cosa c’è?” chiese, quando Arthur si fermò sulla soglia.

“Non ero ubriaco ieri sera.”

Due birre e mezza canna. Nemmeno io ero ubriaco o fatto.

Merlin si morse il labbro inferiore, scuotendo appena la testa. Come ti aspetti che ti risponda?
Ma Arthur non aspettò nessuna risposta e si limitò a uscire dalla caffetteria e dileguarsi per le strade di Londra.

 

*

 

Merlin aprì un occhio, sollevando appena la testa dal cuscino. Allungò un braccio recuperando il cellulare dal comodino. La luce del display gli ferì gli occhi, facendoli lacrimare. Chi diavolo mi scrive alle 5.04 del mattino?

Pranziamo insieme?

Merlin fece una smorfia, guardando l’immagine del profilo whatsapp. Arthur, la testa gettata all’indietro mentre scoppiava in una risata. Una pinta di birra di fronte a lui. Sembrava che la foto fosse stata scattata in un pub.

Grazie per avermi svegliato digitò velocemente, riaffondando la testa nel cuscino.

Tre beep beep gli trapassarono il cranio.

Prego.

Oppure andiamo a bere qualcosa stasera.

No, stasera non posso. Pranzo?

Merlin fece una smorfia. Non posso. Lavoro. Come hai fatto ad avere il mio numero? scrisse, velocemente, togliendo poi i toni al cellulare. Lo posò di nuovo sul comodino aspettando di riaddormentarsi. Lo riprese in mano dopo una manciata di secondi per controllare se Arthur gli avesse risposto.

Sei patetico, si disse, aprendo l’anteprima del messaggio.

Non hai cambiato numero dal liceo. Domani sera?

Merlin chiuse gli occhi sospirando. Ci stai davvero pensando? Digli di no e basta. Arthur ha reso la tua vita miserabile per anni. Ora, probabilmente non ha nessun altro da tormentare e quindi ha pensato di scrivere a te… anche il sesso non voleva dir niente… un impulso del momento in una serata particolarmente noiosa.

Fece scorrere il dito sullo schermo, sbloccando il display.
Smetti di pensare a un modo per dirmi di no.

Merlin fece una smorfia. A volte Arthur era incredibilmente fastidioso.

Non voglio uscire con te, Arthur. Tentennò solo un istante prima di inviarlo. Nascose il cellulare sotto il cuscino. Resistette solo un paio di minuti, prima di riprenderlo in mano.

Sfigato, si disse. Emise un piccolo gemito quando vide che Arthur gli aveva mandato un messaggio vocale.

“Andiamo a bere qualcosa, domani sera gioca il Liverpool… possiamo guardare la partita e intanto… beh possiamo bere una birra. Ci vediamo nel pub vicino alla caffetteria dove lavori. Alle 8.” disse Arthur con voce affannata. Stava correndo. Tipico di lui.

Merlin osservò il soffitto. Si portò il cellulare alle labbra e iniziò a parlare a raffica, dicendo che aveva una vita piena di impegni, che non aveva tempo per altre amicizie e che assolutamente non aveva mai pensato, neppure per un secondo che Arthur volesse chiedergli di uscire in quel senso… nel senso di un appuntamento. Rilasciò il messaggio, maledicendosi per aver parlato a vanvera per quasi tre minuti.

La risposta di Arthur arrivò dopo pochi secondi.

Sei a letto?

Sì, ovvio che sono a letto. Sono le 5 del mattino e tu mi hai svegliato.

Che cosa indossi?

Merlin digitò velocemente il pigiama. Fu sul punto di inviarlo, ma alla fine cancellò il messaggio. Provò un paio di risposte ma alla fine scritte solo Niente.

Affondò il viso nel cuscino, nascondendosi. Il display non si spense neppure prima che arrivasse la risposta di Arthur.

Mandami una foto.

Sei un idiota.

Aspettò diversi minuti, ma Arthur non rispose. Controllò se avesse visualizzato il messaggio e vide le due spunte blu. Posò il cellulare sul materasso, ormai conscio che non sarebbe mai riuscito a tornare a dormire. Verificò un altro paio di volte se Arthur avesse risposto, ma la chat risultava dolorosamente immutata. Espirò a fondo, togliendosi la maglietta e lanciandola da qualche parte. Piegò il braccio dietro la testa, abbassando un po’ il bordo dei boxer.

Sono veramente un imbecille, pensò. Controllò che il selfie fosse a malapena decente e anche solo vagamente sexy prima di inviarlo. Il suo cuore non voleva accennare a voler smettere di battere più velocemente del normale.

Non sei nudo fu la replica immediata di Arthur.

Ho mentito.

Togliti I boxer.

Toglimeli tu.

Dopo parecchi secondi, arrivò un secondo messaggio vocale di Arthur. La voce bassa e roca. “Sono in un parco pubblico, Merlin. Smettila di farmelo venire duro. Ci vediamo domani sera.”

Merlin si accasciò dentro il cuscino, il cellulare ancora nella mano.

 

*

 

Era stata una giornata lunga e faticosa, un fornitore che aveva sbagliato una consegna, un cliente si era lamentato per il cappuccino troppo caldo e Freya si era dimenticata di chiudere la porta sul retro prima di andare via. Merlin spense la macchina del caffè, desiderando solo andare a dormire. I muscoli della schiena e del collo contratti.

Sollevò la testa quando sentì la porta aprirsi, stava per dire che stavano chiudendo quando si accorse che la persona che era entrata era Morgana. I capelli lunghi, intrecciati in piccole trecce e adornati da perline, un anellino al naso. I vestiti colorati fatti di qualche tessuto ecosostenibile.

“Che bel locale” disse lei, facendo una smorfia mentre osservava i sandwich al tonno che erano rimasti. “Uccidete gli animali sul retro?”

Merlin strinse le labbra. Non cogliere le sue provocazioni.

“No, preferiamo farlo nel seminterrato” replicò, senza riuscire a trattenersi. Morgana sorrise freddamente, sfiorando il bancone con la punta sul dito.

“Quindi… sei tornato a essere il cagnolino di mio fratello” disse lei dopo una manciata di secondi. Non era una domanda.

Merlin prese alcuni muffin e li mise in una busta di carta. “Non so di cosa tu stia parlando.”

“Vi ho visti su Instagram” rispose Morgana, mostrandogli una foto sul cellulare. In primo piano c’erano Bernadette e Freya, che reggevano un cartello con l’anno del diploma e la scritta squadra di atletica, ma sullo sfondo erano ben visibili lui e Arthur. Vicini… come non sarebbero stati due amici… il braccio di Arthur intorno alle sue spalle, i loro nasi che si sfioravano… Merlin abbassò lo sguardo. Odiava il modo in cui in quella foto stava guardando Arthur. Con adorazione… Era palese a tutti tranne che a lui.

“Che cosa vuoi?” le chiese “Se hai qualcosa da dire, dilla così poi posso chiudere e andarmene a casa.”
Morgana si arricciò una ciocca di capelli sul dito, inclinando un po’ la testa di lato e studiandolo con attenzione. “Arthur schiocca le dita e tu corri da lui… è divertente… sono venuta a vedere se eri sempre lo stesso schiavetto fedele e mi sembra che in dieci anni non sia cambiato niente”

“Tu sei cambiata, una volta indossavi pitoni assassinati ai piedi e borse fabbricate da bambini cinesi” replicò Merlin. Morgana si rabbuiò, indurendo i tratti del viso.

“Arthur ti calpesterà come ha fatto con tutti gli altri… come ha sempre fatto con tutti quelli che gli stavano intorno.”

“Come con te?” rispose prontamente Merlin “Se fossi stato in lui, ci sarei andato più pesante con una stronza come te. Adesso fuori. Non ho intenzione di perdere altro tempo con una squilibrata invidiosa.”

Morgana si leccò le labbra, ridacchiando piano. Poi prese una bottiglietta dalla borsetta e spruzzò un po’ del liquido sul pavimento. “Ci vediamo, cagnolino” disse prima di uscire.
Merlin fece una smorfia, cercando di capire se il liquido avesse un odore particolare. Sembrava solo un po’ appiccicoso.

Ripulì tutto e poi uscì.

 

*

 

“Ti stava maledicendo” gli disse Sophia “Dobbiamo versare a terra del sale e…”

“Credo che l’amuchina sia sufficiente” tagliò corto Merlin, prendendo una patatina. La sgranocchiò pigramente abbandonandosi contro lo schienale del divanetto. Avrebbe preferito tornare a casa e concedersi una serata Netflix + Pizza, ma Freya e Sophia lo avevano convinto a uscire per una birra.

Controllò il cellulare e vide un messaggio di Arthur. Era il terzo della giornata. Era un selfie, Arthur sorrideva scemo a un panino enorme. Riesco a mangiarlo tutto? Sembrava fosse ancora in ufficio. Merlin scosse la testa, posando di nuovo il cellulare senza rispondere. Riuscì a resistere solo pochi minuti prima di digitare in fretta una risposta: dimmi che non è il tuo solito abbinamento mortale con la senape e i peperoni.

Dopo un istante gli arrivò un’altra foto, questa volta un primo piano del panino, dove era stato dato un morso. Merlin fece una smorfia. Sì, è la sua combinazione letale.

Fece per posare di nuovo il cellulare, quando Arthur gli inviò un secondo messaggio.

Preferirei mangiare qualcos’altro.

Merlin gli mandò una foto delle patatine.

Non esattamente, rispose Arthur subito dopo.

Merlin si morse il labbro inferiore, sollevando lo sguardo solo quando si sentì osservato. Arrossì furiosamente, abbassando il cellulare. “Che cosa c’è?”
“Stavi chattando con Arthur”
“No… era Will… mi stava raccontando una cosa divertente che…”

“Oh mio Dio, hai intenzione di rivederlo?”

“No, assolutamente no…” disse quando il cellulare si illuminò di nuovo. Merlin fece per afferrarlo ma Sophia fu più veloce. Emise un gridolino, coprendosi la bocca con una mano. “Tu e Arthur state facendo sexting… fa così anni 2000!”

“Io e Arthur non stiamo facendo sexting” replicò Merlin, recuperando il suo cellulare. Lesse velocemente il messaggio in cui Arthur gli diceva che cosa volesse mangiare, prima di ficcarsi il cellulare in tasca. “Ci stiamo solo risentendo… come due vecchi amici.”

“Tu e Arthur non siete mai stati amici” sbottò Freya, affondandosi poi dietro la birra.

“Hai ragione, io ero il suo cane… o il suo schiavetto… Morgana ha descritto bene il nostro rapporto alle superiori.”

“Beh…” mormorò Sofia.

“Non eri affatto il suo schiavetto!” sbottò all’improvviso Freya. “Devi smetterla con questa storia che Arthur ti bullizzava alle superiori… perchè non è vero! E io ti ho assecondato per troppo tempo!”

Merlin e Sophia si guardarono esterrefatti, prima di tornare a guardare Freya. Aveva le guance rosse e si era messa in ginocchio sulla panca per sembrare più alta. Sembrava così poco Freya, che di solito era dolce e tranquilla. “Tu gli facevi i compiti e lo aiutavi con matematica, ma lui non era il carnefice e tu la vittima… davvero credi che gli avesti permesso di trattarti così male come continui a sostenere? TU?”

“Ero più piccolo… e Arthur mi dava il tormento…”
“E tu lo davi a lui! Quando gli hai riempito l’armadietto di rane? Quando hai smontato la ruota della sua moto? Quando hai consegnato quel compito terribile sugli Egizi…”
“Ma Arthur…”

“Arthur non ti ha mai toccato… non davvero… il vostro rapporto era…”
“Aspettavamo solo che vi decideste a scopare prima o poi” intervenne Sophia, rubandogli una patatina.

“Cosa?”

“Sì… era più tensione sessuale repressa che altro… non so come avete fatto a non saltarvi addosso per tutti quegli anni…”

“Arthur mi…”
“Arthur ti proteggeva”

“Cosa?” strillò Merlin acuto. “Non è vero!”
“Sì, invece. Nessuno si azzardava a toccarti perché si sapeva che Arthur ti avrebbe difeso. Anche quando hai fatto outing… Arthur lo ha fatto subito dopo, attirando tutta l’attenzione su di lui. Nessuno ti avrebbe mai preso in giro per essere gay, visto che anche il più figo della scuola lo era… tu hai continuato a pensare che le tue superiori sono state un incubo per colpa di Arthur e invece voi due… avreste dovuto solo ammettere di piacervi, invece di continuare a punzecchiarvi…”

“A me non piaceva Arthur” strillò Merlin offeso. Freya e Sofia inclinarono la testa di lato, entrambe avevano un’espressione scettica.

“E’ per questo che vi state continuando a scrivere messaggini sconci?”

Merlin richiuse la bocca con uno schiocco. Prese lo zaino, alzandosi in piedi. Borbottò che sarebbe tornato a casa e uscì in fretta dal pub, ignorando le voci delle due amiche. Incassò un po’ la testa tra le spalle, rimuginando su quello che gli avevano appena detto. Aveva sempre pensato che Arthur lo costringesse a passare del tempo con lui, che lo obbligasse a fargli i compiti… o cose del genere…

Perchè l’alternativa era sempre stata più spaventosa. Lui…preferiva essere lo schiavetto di Arthur piuttosto che essere quello rifiutato da Arthur…

Prese il cellulare e scrisse un messaggio velocemente.

Ti piacevo alle superiori?

Si fermò, osservando lo schermo. Se Arthur non avesse risposto…

Non essere ridicolo.

Eccola lì la risposta. Stava per tornare al pub a mostrare a Sophia e Freya che si sbagliavano di grosso, quando il suo cellulare si illuminò di nuovo.

Se me lo chiedi, sei ancora più stupido di quanto pensassi.

Merlin si morse forte il labbro.

Non puoi rispondere con un sì o con un no? digitò velocemente.

Ci sono domande a cui non si può rispondere con un sì o con un no.

Merlin serrò forte le labbra. Lo aveva fregato.

 

*

 

“Era palesemente fuori gioco”

Merlin scosse la testa, esalando a fondo. “Certo, se avete corrotto l’arbitro e i guardalinee” replicò, fermandosi davanti al portone del palazzo in cui abitava. Guardò Arthur infilarsi le mani nelle tasche posteriori dei jeans.

“Non hai mai capito niente di calcio.”

Merlin arcuò un sopracciglio. “Tu non hai mai capito niente della vita in generale.”

Arthur lo fissò a lungo con un’intensità che Merlin non si aspettava. Si morse il labbro inferiore, aspettando che lui dicesse qualcosa per spezzare il silenzio che si era venuto a creare, ma Arthur si avvicinò di un passo. Le dita a sfiorargli la maglietta. Merlin rabbrividì. Avrebbe voluto che Arthur non lo facesse… non che gli piacesse Arthur, come sempre lo trovava a malapena sopportabile.

“Vieni a fare rafting con me sabato.”

Non era una domanda. Merlin scosse la testa. “No” sussurrò, mentre la mano di Arthur scendeva lungo il suo petto per poi fermarsi sul bordo dei suoi jeans. Lo tirò appena verso di sé e Merlin mugugnò. “Perché no?”
“Perché non voglio frequentarti.”

Arthur annullò la distanza che li separava, spostando lentamente la sua mano sulla sua schiena. Merlin lo sentiva giocherellare con il bordo della sua maglietta. “Sei ancora arrabbiato con me? Per quello che è successo… sai…”
Merlin arcuò un sopracciglio. “No” rispose non del tutto sicuro di quello di cui stava parlando.

“Mi hai detto che non volevi più vedermi… mi hai detto che noi due non eravamo amici, che la fine del liceo era una benedizione perché finalmente non avresti più dovuto sopportare la mia presenza tutti i giorni… che avevo reso la tua vita miserabile… che non volevi vedermi mai più…”

Merlin si morse l’interno della guancia, muovendosi a disagio. Fece per indietreggiare ma Arthur non glielo permise premendo con il palmo sulla base della sua schiena.

“Dopo il diploma tu sei sparito… non hai più risposto ai miei messaggi. Ti ho cercato.” replicò Arthur.

“Avevi…”

“Cosa?”
“Avevi chiesto a Gwaine di venire con te al ballo…” mormorò Merlin, desiderando di morire. “Io…” bisbigliò, quando Arthur lo avvolse con le braccia, accostando le labbra al suo orecchio.

“Non me ne è mai fregato un cazzo di Gwaine.”

Merlin avrebbe voluto rispondere che Gwaine piaceva a lui e per quello si era incazzato così tanto, ma non ci riusciva. Sarebbe stata una bugia troppo grossa. Socchiuse gli occhi, inspirando a fondo il profumo di Arthur. Posò una mano sul suo fianco, avvertendo la sua mano accarezzargli la nuca.

“Volevo…” sussurrò mentre le labbra di Arthur gli accarezzavano il collo. La sua mano si era insinuata al di sotto della maglietta per sfiorargli la pelle nuda della schiena.

“Che cosa?”

“Va bene. Per sabato… passa a prendermi al mattino” disse Merlin in fretta, scostandosi abbastanza per guardarlo. E Arthur aveva di nuovo quello sguardo… quello che gli faceva capire che voleva baciarlo… Merlin abbassò lo sguardo sulle sue labbra, sentendo lo stomaco aggrovigliarsi piacevolmente. Socchiuse gli occhi mentre Arthur si chinava su di lui e lo baciava con calma.

Le mani sulle sue spalle forti. E il suo profumo che gli dava alla testa. Si strinse di più a lui ed era sul punto di salire di sopra, nel suo appartamento, quando Arthur si scostò. Lo baciò ancora una volta, prima di arretrare di qualche passo.

“Mi mandi una foto quando sei a letto?”
Merlin scoppiò a ridere. “Assolutamente no.”

Arthur arricciò un po’ le labbra. “Sì, che me la manderai…”

“Non ci contare” replicò Merlin, mentre Arthur attraversava la strada per recuperare la moto parcheggiata dall’altra parte. Lo guardò slacciare il casco.

“Mi proteggevi alle superiori?”

Arthur si fermò appena prima di infilarsi il casco. Sorrise appena, scuotendo poi la testa. “Io? Non hai mai avuto bisogno di protezione” replicò, salendo sulla moto e dando gas. Merlin lo seguì con lo sguardo finchè non lo vide svoltare al semaforo.

Salì in fretta i gradini e si fece una doccia. Si fermò un istante, guardando il cellulare posato sul lavandino, mentre si tamponava i capelli con un asciugamano. Scosse la testa, dandosi mentalmente del deficiente.

Dopo pochi minuti, mandò un selfie ad Arthur.

Lo sapevo che me lo avresti mandato.

 

*

 

Si accasciò sulla riva, la testa tra le ginocchia. Arthur si sedette al suo fianco, i capelli che grondavano acqua. Era bello, riposato, la pelle della nuca arrossata dal sole. “Hai capito che per fare rafting devi stare sulla barca e non nel fiume?”

Merlin fece una smorfia, togliendosi una scarpa e sfilandosi un calzino fradicio. Lo strizzò prima di indossarlo di nuovo. “Grazie per avermi ripescato” mugugnò. Arthur fece per lanciarsi nell’ennesima predica su quanto fosse stato pericoloso e stupido da parte sua sporgersi in quel modo e quanto fossero importanti tutte le stupide norme di sicurezza che gli aveva ripetuto almeno mille volte e che lui non aveva seguito, quando Merlin si sporse verso di lui e lo baciò piano.

“Questo per cosa era?”
“Per farti stare zitto.”

“Merlin”

Arthur sospirò sonoramente, sfilandosi gli occhiali da sole. Si guardò intorno prima di riportare lo sguardo su Merlin. “Odi tutto questo vero?”
Merlin strinse le labbra, strizzando anche l’altro calzino. “Yep”
“Sai cosa mi fa incazzare di te?”

Merlin arcuò appena un sopracciglio. “Che ti ostini a… dire che cose come il rafting, il campeggio… ti fanno schifo e che ti ho obbligato io a farle. Così se fai una brutta figura puoi sempre dire che la colpa è mia…”

Merlin spalancò le labbra, osservando Arthur alzarsi e allontanarsi per andare a recuperare l’attrezzatura. “Non è vero”

“Sì che lo è” replicò Arthur da sopra la spalla.

“Tu mi hai obbligato a venire con te in campeggio… o a…”

“E ti sei divertito” rispose Arthur, tornando verso di lui. “Se smettessi per un secondo di essere sempre il primo della classe e pensassi di più a divertirti…”

“A te cosa importa?”

Arthur si fermò, guardandolo dall’alto in basso. La mandibola contratta, le spalle e il collo irrigiditi. “Davvero?” mormorò “Me lo stai chiedendo davvero?”

Merlin abbassò lo sguardo, infilandosi di nuovo la scarpa. Si morse il labbro inferiore, sentendo Arthur allontanarsi. Dopo un secondo tornò indietro, più incazzato di prima. Era sempre stato così tra loro due… era sufficiente un commento detto al momento sbagliato per far scoppiare un litigio epocale.

“Ti sono sempre stato vicino quando…”

“Davvero, Arthur? Mi sei sempre stato vicino? Perché non mi sembra che tu ti sia fatto molto vedere negli ultimi anni…”

“Mi avevi detto che non volevi più vedermi! Non rispondevi più ai miei messaggi… sono perfino venuto a casa tua, ma era sprangata. Nessuno sapeva dove fossi finito… che cosa avrei dovuto fare?”

Merlin si guardò la punta dei piedi. Era stato ingiusto con Arthur. Era stato lui ad allontanarlo quando era diventato evidente che ad Arthur lui non piaceva… come poteva piacere a uno come Arthur?

“Hai ragione” mormorò. “Non ti ho più risposto perché ti avevo detto tutte quelle cose orribili e dopo…”
Merlin si interruppe sperando che Arthur dicesse qualcosa, ma aveva l’incredibile capacità di stare zitto e aspettare nei momenti meno opportuni. “Dopo mia mamma si è ammalata e io non volevo che tu…”

“Merlin, che stai dicendo?” sussurrò Arthur, avvicinandosi di un passo. Fece per toccarlo, ma Merlin scosse appena la testa. Sentiva le lacrime bruciargli negli occhi. “Ci siamo trasferiti da mio zio Gaius, che ci ha aiutato quando… cancro al seno… Se ne è andata in meno di tre anni” mormorò, tirando su con il naso. Ormai avrebbe dovuto parlarne senza piangere tutte le volte, ma…

“Merlin…”

Le braccia di Arthur lo avvolsero stretto. Merlin posò il mento sulla sua spalla, affondando le dita nel tessuto del giubbotto di salvataggio. “Volevo chiamarti… ma ti avevo detto tutte quelle cose orribili e non volevo che tu pensassi che lo facevo solo perchè mia mamma…”
“Sarei venuto, non ti avrei lasciato solo” sussurrò Arthur, accarezzandogli i capelli.

“Lo so” mormorò Merlin aggrappandosi alla sua schiena. Arthur era bello per quello… perché c’era così tanto lui a cui aggrapparsi… così tanto da cui farsi stringere…

So che saresti venuto, solo che non volevo. Non volevo che pensassi che ti avessi chiamato solo perchè mia mamma stava male… e dopo non volevo che tu vedessi che non avevo realizzato niente di quello che avevo sempre voluto… niente università, niente dottorato… un piccolo appartamento squallido… Le cose sono andate così, ma… non mi pento di niente, l’ho curata fino alla fine… sono stato con lei finchè…

Arthur si scostò quel tanto per posare la fronte contro la sua. Merlin lo baciò appena, le dita strette sul giubbotto di salvataggio. “Arthur?”
“Mh?”

“Quindi… io ti piacevo alle superiori…”

Arthur lo sciolse dal suo abbraccio, dandogli una spinta leggera all’indietro. “Sei un idiota, Merlin”

“Oh andiamo, non potresti ammetterlo?”

“Eri uno sfigato alle superiori, perché avresti dovuto piacermi?” replicò, dirigendosi verso il gommone per rimetterlo in acqua. Merlin gli corse dietro.
“E adesso? Ti piaccio adesso?”

“No, sei sempre lo stesso sfigato petulante” replicò Arthur, rallentando il passo affinché lo raggiungesse. Gli circondò il collo con un braccio e lo attirò verso di sé per baciarlo.

 

   
 
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