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Autore: ChrisAndreini    06/01/2022    0 recensioni
L'unico obiettivo di Phoenix Wright, semplice garzone di paese, era raccogliere un sasso caduto dal cielo per avere l'occasione di sposare la donna che ama, e magari incontrare il padre che non aveva mai conosciuto nel frattempo. Non aveva mai messo in conto che tale roccia si sarebbe rivelata un brontolone irritante e irritato e che il suo regalo di compleanno e proposta di matrimonio sarebbe stato ricercato da tre principesse, una strega spalleggiata dal bicentenario padre, e un'aspirante regina con manie di grandezza. Se poi ci mettiamo in mezzo anche una pericolosa ciurma di pirati dei cieli, mercanti senza scrupoli e stregoni mezzi ciechi e molto abili negli inganni, si può dire con assoluta certezza che Phoenix avrebbe preferito restare a casa. Anche se l'avventura può pericolosa della sua vita può rivelarsi anche la più straordinaria e importante che affronterà mai. E chissà, magari si renderà conto che l'amore della sua vita potrebbe essere diverso da quello che pensava.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Franziska von Karma, Maya Fey, Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La locanda 

 

Quando Phoenix tornò nel luogo dove aveva lasciato Miles, qualche ora dopo, per un attimo temette di aver sbagliato strada.

Ma il posto era quello, e la stella non era più lì.

E Phoenix, sebbene deluso, non era del tutto sorpreso.

-Ugh…- si lasciò cadere in ginocchio accanto ad un albero, e sbuffò sonoramente. Se lo sentiva che dare tutti i suoi possedimenti al suo compagno di viaggio che conosceva da poche ore non era una grandiosa idea, ma aveva sperato, con tutto il cuore, che l’accordo che avevano fosse il meglio che Miles potesse ottenere, e che li legasse abbastanza da potersi fidare l’uno dell’altro. Dopotutto, una stella appena caduta, dove altro poteva andare? Con chi? Non conosceva nessuno all’infuori di Phoenix, che pensava di essersi venduto piuttosto bene come compagno di viaggio.

Fortuna che aveva avuto l’accortezza di tenere la candela di Babilonia in tasca, come assicurazione.

La prese e se la rigirò tra le mani, valutando se utilizzarla per andare da suo padre e dimenticarsi la missione della stella.

No, doveva recuperarlo, per Dahlia!

…ma non poteva obbligarlo ad andare con lui se non voleva.

Però, caspiterina, avevano un accordo!

Phoenix sospirò, abbattuto, rimise la candela in tasca, e prese un pezzo del pane che aveva acquistato nel villaggio dove aveva chiesto indicazioni.

Non aveva la minima idea della direzione che poteva aver preso Miles, aveva una vaga idea di dove fosse il muro, e nessun indizio su dove fosse suo padre e come fosse fatto.

Di tornare a casa a mani vuote non se ne parlava proprio, ma non poteva neanche usare la candela, dato che era meglio preservarla per le vere emergenze.

Era completamente perso!

Distrattamente portò una mano alla spilletta che gli era stata data da suo padre, come se gli potesse indicare la via.

-Se solo potessi comunicare con qualcuno!- sentì una voce lontana, e sobbalzò vistosamente, guardandosi intorno confuso.

-Chi c’è?- chiese, cercando l’origine della voce e lasciando andare la spilletta per guardarsi meglio intorno.

La voce non replicò, ma il vento che tirava si fece vagamente più forte.

Lentamente, Phoenix provò a toccare nuovamente la spilletta.

-…nix, riesci a sentirmi? Se mi senti ti prego ri…- Phoenix tolse di scatto la mano, e la voce si interruppe.

Sì, non era nella sua testa, c’era davvero una voce proveniente da una persona invisibile che riusciva a sentire solo toccando la sua spilletta!

…forse era davvero nella sua testa. Stava impazzendo.

Ma in quel mondo c’erano stregoni, aveva detto sua madre, quindi voci incorporee non erano così difficili da concepire.

Oppure in tutti i cibi di quel mondo c’era della droga allucinogena quindi streghe, stelle e voci incorporee erano il frutto di tali droghe in azione.

Aveva senso.

Ma Phoenix non era una persona logica, si faceva sempre guidare prima dal cuore.

Si riportò la mano alla spilletta.

-Probabilmente ha solo ascoltato il vento. Dovrei provare a comunicare con le ragazze Fey, ma sono troppo concentrate con la loro missione per ascoltarmi- la voce si era fatta più distante. Phoenix si alzò in piedi.

-Salve! Ti sento… credo… chi sei?- provò ad indagare, sentendosi un po’ stupido, ma deciso a provarle tutte.

Poteva essere il suo angelo custode, oppure…

-Sei mio padre?!- chiese, per sicurezza.

-Mi dispiace, ragazzo, ma no. Sono uno spirito- si presentò la voce.

Phoenix rabbrividì.

-Tipo… un fantasma? Oh cielo! Mi dispiace. Come è successo?- chiese, empatico, anche se un po’ spaventato. Il suo paesello era piuttosto superstizioso su queste cose, anche se il ragazzo le aveva sempre trovate affascinanti.

-Non è importante. Ho bisogno del tuo aiuto. Miles è in pericolo!- la voce assunse un tono urgente, e più forte. Sembrava davvero preoccupato.

Phoenix scattò sull’attenti.

-È stato rapito?! Quindi non mi ha lasciato volontariamente. Uh, che sollievo… no, aspetta, non è un sollievo se è stato rapito. Dove sta? Puoi aiutarmi?!- iniziò a correre in cerchio perché non aveva la minima idea di dove andare.

-Una cosa alla volta, ragazzo. A dire il vero… è andato via volontariamente, quindi al momento è ancora al sicuro, ma sta per cadere in trappola! Si sta dirigendo verso una locanda non troppo lontana da qui, e l’unico modo che hai di raggiungerla in tempo è salire sulla carrozza che sta per passare in quel sentiero!- spiegò la voce, in tono urgente. Molto utile dire “quel sentiero” senza avere la possibilità di indicarlo, non avendo un corpo, ma agitato dalla situazione, in un primo momento Phoenix neanche se ne accorse e iniziò a correre in una direzione a caso, in tutta fretta, e sempre stringendo forte la spilletta.

-No, non lì, a est!- lo corresse la voce.

Phoenix cominciò a correre in un’altra direzione a caso, sperando di aver indovinato.

-No, quello è sud… e quello è ovest…(Miles è spacciato)… dall’altra parte… sì, sì ecco! Quella direzione!- con piccoli commenti ben piazzati, alla fine riuscirono a coordinarsi sulla direzione da seguire, e Phoenix iniziò a correre in quella direzione.

-Che carrozza devo prendere? Perché Miles è in pericolo? Cosa lo aspetta alla locanda?- iniziò a chiedere il ragazzo, cercando di capire meglio la situazione.

-La carrozza è l’unica che viene da questa parte, la riconoscerai subito. Tu e la ragazza che la guida siete diretti nella stessa direzione. Per quanto riguarda Miles… posso solo dirti che nessuna stella è al sicuro, qui a Kurain. E una strega vuole ucciderlo, strappandogli il cuore dal petto- era chiaro che lo spirito fosse terribilmente addolorato alla prospettiva. Doveva tenere davvero immensamente a Miles. Cosa strana, considerando che la stella era appena caduta e non conosceva nessuno sulla terra.

Phoenix decise di concentrarsi sul pericolo imminente, e impallidendo aumentò il passo, ignorando la consapevolezza che correre nel mirino di una strega che non aveva esitazioni nello strappare il cuore dal petto della gente non era la mossa più sicura da fare. Ma aveva la candela di Babilonia che poteva utilizzare per una fuga di emergenza, non doveva temere.

In lontananza, Phoenix iniziò a sentire gli zoccoli dei cavalli, e il rumore di una carrozza che veniva trascinata nello sterrato.

-Non posso restare in comunicazione ancora per molto. Stai solo attento alla donna dai capelli blu. Puoi fidarti delle giovani sorelle Fey. E ti prego, ti supplico, proteggi Miles- la voce dell’uomo iniziò a farsi più lontana e disturbata, come se la comunicazione rischiasse di interrompersi.

Phoenix strinse più forte la spilletta, cercando di mantenere il contatto.

-Aspetta, come ti chiami? Chi sei?- provò a chiedere, curioso della sua storia.

-Mi chiamo Gregory. Manda un bacio da parte mia a Miles, d’accordo?- si presentò, facendo la sua ultima richiesta, prima che la comunicazione tra i due si interrompesse del tutto.

-Aspetta!- gridò Phoenix, proprio nel momento in cui raggiunse finalmente la carrozza.

Ci andò a sbattere contro, e finì a terra, dando una forte testata contro il suolo. Per fortuna, la botta fece fermare la carrozza, quindi poteva procurarsi il necessario passaggio.

Mentre si sedeva a terra massaggiandosi la testa, si preparò a mente un discorso per convincere chiunque ci fosse sopra ad aiutarlo.

Sfortunatamente, chiunque fosse sopra quella carrozza, sembrava molto meno amichevole di come Gregory l’avesse venduta.

Perché si rivelò essere una giovane donna dall’aria combattiva che gli puntò immediatamente una spada al collo.

-Mi sembri un po’ giovane per essere un mercenario. Mia zia mi sottovaluta a tal punto?- chiese, guardandolo storto.

-Zia? Mercenario? Cosa?! No! Io sono solo un umile garzone di paese! Non so niente di mercenari e zie! Non ho una zia! Almeno credo, perché non conosco mio padre e potrebbe avere fratelli, ma non lo so! Di certo non conosco la tua! Ti prego non farmi a fettine, cerco solo un passaggio! Devo salvare un mio amico da una trappola in una locanda e andiamo nella stessa direzione!- si affrettò a spiegare Phoenix, in un incontrollato vomito di parole.

-Come sai in che direzione sono diretta?- chiese la donna, insistendo nel puntargli la spada contro e guardandosi appena intorno come se temesse ci fossero complici appostati nelle frasche.

-Non lo so… cioè… è complicato. Ma sono disarmato! Non ho alcun intento negativo. Non so neanche chi tu sia, ho solo bisogno di un passaggio!- Phoenix cercò di apparire meno minaccioso possibile.

La donna abbassò la spada, ma alzò la mano, e per qualche motivo a Phoenix questo gesto sembrò ancora più minaccioso. Chiuse gli occhi, preparandosi ad essere incenerito.

-Magia spirituale? Strano. Gramarye?- chiese, piegando la testa confusa.

-Eh?- Phoenix fece altrettanto, supponendo stesse parlando in codice. Cos’era un Gramarye?

-Come ti chiami?- insistette la ragazza -Di che famiglia spirituale fai parte?-

Phoenix cadde dalle nuvole. Famiglie spirituali? Cosa erano? Che razza di lore aveva quel mondo?

-Nessuna! Cioè… non credo. Mi chiamo Phoenix Wright e… vengo dall’altra parte del muro. Sto cercando mio padre, ma non è lui la persona che sto raggiungendo adesso, anche se ha i capelli grigi… argentati. E sono anche tanto di fretta perché è in pericolo, ti prego! Una strega gli vuole strappare il cuore dal petto, anche se non so perché!- Phoenix supplicò la donna, che sospirò, e rinfoderò la spada.

-D’accordo, ma ti accompagno solo per un po’. Salta sù, anche io sono di fretta- alla fine la donna cedette, e Phoenix scattò in piedi e si sedette sulla carrozza il più in fretta possibile, temendo che cambiasse idea.

Partirono dopo pochi minuti.

-Quindi non hai mai conosciuto tuo padre- dopo un po’, la donna iniziò a fare conversazione.

-No, siamo sempre stati solo io e mia madre. Non sapevo neanche di averlo, un padre, fino a stamattina… wow… era solo stamattina? Sembrano passati giorni- Era davvero assurdo quante cose fossero successe in meno di ventiquattrore: la scoperta di un padre, l’incontro con una stella, un viaggio con una candela magica. Tsk, Doug non aveva fatto neanche la metà di quelle cose, sicuramente. Phoenix era molto più qualificato di lui per il cuore della sua Dollie!

-E hai un nome? Una descrizione? Qualcosa che ti possa aiutare nella ricerca?- continuò ad indagare la donna.

…ora che ci pensava, no. Phoenix non sapeva neanche come si chiamasse, suo padre. 

-Suppongo mi somigli, almeno un po’. Devo aver preso i suoi capelli neri, anche se dicono tutti che sono uguale a mia madre, di aspetto. So che è prigioniero di uno stregone dai capelli viola, e… oh, mi ha lasciato questa spilletta! Beh, non a me, l’ha lasciata a mia madre, ma è un portafortuna- Phoenix indicò la spilla che gli aveva permesso di parlare con Gregory, ma cercò di non rivelare troppo della magia che sicuramente possedeva. Non voleva attirare maggiormente i sospetti di quella donna, anche se sembrava a posto.

-Posso vederla?- chiese la donna, lanciando un’occhiata alla spilletta.

Phoenix annuì, ma non se la tolse, limitandosi a sporgersi verso di lei in modo che potesse osservarla senza che lui rischiasse che gliela prendesse.

La donna accettò l’implicito compromesso.

-Non deve essere una persona normale, tuo padre. O l’ha rubata dallo stregone che lo tiene prigioniero, oppure è un possessore di potente magia spirituale, o membro di una famiglia con alta percentuale di magia spirituale. Quella spilla è un amplificatore di tale magia. Ed è molto potente- spiegò, interessata.

Phoenix annuì, poi scosse la testa, confuso.

-Cosa… che tipo di magia è la magia spirituale?- chiese, ignorante in materia. A sua discolpa aveva scoperto dell’esistenza della magia meno di ventiquattrore prima.

La donna lo guardò sorpresa per un attimo, poi accennò un sorrisino.

-Vieni davvero da oltre il muro- borbottò, divertita -Diciamo che ci sono due tipi di magia, qui a Kurain: magia degli stregoni, riconoscibili dal colore dei loro capelli, che è principalmente sul piano fisico. Agisce sul mondo reale. E poi c’è la magia spirituale, che agisce sul mondo mentale, ed extrasensoriale. Comunicazione con fantasmi, o lettura del pensiero, notiamo cose che ad altri sfuggono. Insomma, abbiamo un buon intuito- spiegò la donna, che iniziava a fidarsi sempre di più.

Probabilmente stava utilizzando tale intuito.

-Ma è fantastico! Aspetta… abbiamo?- Phoenix indicò la ragazza, a bocca aperta.

-Mi chiamo Mia Fey, la mia famiglia è una delle più… antiche, diciamo, con magia spirituale- spiegò la donna, pratica.

-Fey!- esclamò Phoenix, riconoscendo il cognome.

Mia si allertò.

-Sai chi sono?- chiese, sorpresa che una persona che veniva dall’altra parte del muro sapesse il nome della famiglia reale. 

-Beh… diciamo che una persona mi ha detto in che direzione andare, e mi ha detto che posso fidarmi delle Fey… sorelle, Fey, in particolare. È un po’ strana da spiegare- Phoenix giocherellò con la spilletta. Mia sembrò capire tutto, e annuì.

-Fammi indovinare… hai sentito una voce?- suppose, lanciando un’occhiata alla spilletta.

Phoenix annuì.

-Sì, un uomo, solo mentre toccavo la spilla, e poi è sparito nel nulla- la sfiorò con le dita, sperando che potesse aiutarlo. Ma non c’era più nessuno a parlare con lui.

-Gli spiriti hanno tempo limitato qui sulla terra. Deve aver impiegato molta energia per comunicare con te- spiegò la donna, dando ulteriori informazioni circa i poteri spirituali.

-Farò in modo di onorare il suo desiderio e seguire i suoi consigli. Sono felice che mi abbia portato da te- Phoenix assunse un’espressione determinata. Non gli importava che conoscesse Miles solo da qualche ora e che lo avesse derubato e abbandonato. Non avrebbe permesso che una strega fuori di testa gli strappasse il cuore dal petto. Nessuno meritava una cosa del genere, neanche la persona peggiore del mondo. E Miles non sembrava una cattiva persona. Solo un po’ scorbutica e sicuramente molto persa.

Sapeva fosse pericoloso, ma avrebbe dato del suo meglio per riuscire ad onorare la richiesta dello spirito che tanto sembrava tenere a quella stella.

Mia sembrò rendersi conto della sua preoccupazione, perché gli mise una mano sulla spalla.

-Una mano amica fa sempre comodo di fronte alle avversità- sorrise, decidendo di fidarsi di lui e accettare il suo aiuto.

Phoenix si sentì davvero rinfrancato nell’essere riuscito a trovare un’alleata, in quel territorio sconosciuto pieno di magia, stregoni pericolosi, e spiriti. 

Sperò davvero che tutto andasse per il meglio, e di riuscire a salvare Miles.

Purtroppo, come i nuvoloni neri nel cielo che iniziavano a far cadere le prime gocce di pioggia, anche la nottata stava per prendere una svolta piuttosto cupa.

 

Miles non aveva la minima intenzione di fermarsi e incontrare persone.

In realtà Miles non aveva alcun piano o idea di cosa fare della sua vita ora che era caduto sulla terra, ma di certo non avrebbe avuto alcun contatto con altri esseri umani, se poteva evitarlo.

Purtroppo dal cielo aveva iniziato a cadere acqua, e sebbene all’inizio Miles non ci avesse neanche fatto troppo caso, non riusciva più praticamente a muoversi perché il suo inutile corpo umano era scosso da convulsioni derivanti dal freddo, e non riusciva a vedere praticamente dove stesse andando.

Quindi quando notò una luce poco distante, si vide costretto a fermarcisi davanti, e cercare un modo di entrare nell’edificio dalla quale proveniva per sfuggire a quell’acqua gelida e sicuramente mortale.

Non trovando entrate comode, bussò su quella che sembrava essere la porta, che si aprì pochi secondi dopo, mostrando il volto di una ragazza vestita da locandiera con i capelli coperti da una bandana che non ne mostravano il colore.

Miles era troppo infreddolito, dolorante e anche affamato per riflettere sulla cosa.

Aprì la bocca per chiedere asilo, ma le parole non gli uscirono.

Per sua fortuna, fu salvato dalla figuraccia dalla ragazza, che parlò prima di lui.

-Oh cielo! È bagnato fradicio! Prego, venga dentro- lo accolse con tutti i riguardi, facendolo entrare.

La locanda era completamente vuota, ma comunque ben illuminata, e piuttosto calda.

Miles non era affatto abituato al freddo, quindi accettò questo calore esterno piuttosto piacevole.

Ma comunque guardò la ragazza con estremo sospetto.

-Pochi ospiti- commentò, guardandosi intorno e cercando possibili segni che quello fosse un luogo pericoloso.

-Sì… eh… ad essere onesta, non avrei dovuto far entrare nessuno. I miei genitori sono in paese, e sono l’unica in casa. Sono troppo giovane per prendermi cura della locanda, ma non posso certo lasciare una persona fuori con questo tempaccio. Prego, si sieda. Le porto subito un asciugamano, e se vuole le preparo un bagno caldo. Mi sembra che ne abbia proprio bisogno- spiegò la ragazza, con un sorriso che non le raggiungeva gli occhi, ma sembrava sincero. Non che Miles fosse esperto di sorrisi sinceri, in realtà, dato che lei era la seconda persona che incontrava in quel mondo, e dall’alto del cielo non aveva mai avuto un primo piano della faccia di una persona.

Ma considerando che il sorriso che aveva visto in Phoenix era chiaramente troppo brillante e caloroso per essere autentico, probabilmente quel sorriso posato era più realistico.

Ma comunque…

-No, sto bene, non ho bisogno di nulla, posso ritornare… mi basta stare qualche minuto al caldo, e poi posso tornare nella strada- Miles guardò fuori dalla finestra, e bastò la visione della pioggia che continuava a cadere per provocargli un brivido gelido lungo la spina dorsale.

Aveva deciso che la pioggia non gli piaceva, soprattutto di notte, e al freddo.

-Ma non puoi andare in giro a quest’ora. Ci sono creature terrificanti nella foresta. La prego, faccia almeno un bagno caldo e mangi qualcosa. Prometto che le farò un prezzo d’occasione, e se non ha soldi, posso comunque venirle incontro. Non lo dirò ai miei genitori- provò a convincerlo la locandiera, affabile e molto gentile.

Miles valutò le proprie opzioni, e controllò la bisaccia che aveva rubat… ehm… preso in prestito senza assicurazione di restituzione da Phoenix. Una parte di lui si stava davvero pentendo di averlo lasciato, l’altra parte era felicissima di non aver più sentito parlare da Dahlia. Trovò all’interno qualche moneta.

-Posso pagare- affermò, decidendo di fidarsi, per il momento, e restare attento.

Dopotutto quali erano le probabilità che la seconda persona che incontrasse in quel mondo, in mezzo al nulla, fosse una strega venuta apposta per ucciderlo? Era a terra da poco meno di ventiquattrore, non potevano esserci già stregoni alle sue calcagna. 

E se anche c’erano, Miles dubitava fossero così competenti da trovarlo subito.

Non aveva fatto i conti con Franziska von Karma, a cui stava venendo dolore alle guance a furia di sorridere e fingere di essere un’innocente locandiera, ma credeva di stare facendo un lavoro impeccabile, soprattutto considerando che aveva la fastidiosa voce di suo padre all’orecchio che le sussurrava a tutto spiano piani per strappare immediatamente il cuore della stella.

Franziska l’avrebbe fatto senza esitazioni, ma non brillava affatto, in quel momento. Era brontolone e dolorante. Non sembrava neanche una stella. Persino i suoi capelli argentati e tratto distintivo avevano un colore più simile al nero.

Doveva conquistarlo lentamente, e farlo tornare a brillare almeno un po’, prima di prendere il suo cuore e tornare a casa per consegnarlo al padre.

-Aspetta qui un secondo. Vado a preparare l’acqua per il bagno- lo lasciò, con un sorriso accomodante, e una volta girato l’angolo, si massaggiò le guance, e iniziò ad armeggiare con le sue pozioni portate da casa.

Avrebbe potuto addormentarlo per agire indisturbata, ma il cuore sarebbe stato al massimo con una stella sveglia e brillante. Forse poteva mettere una pozione curativa nella vasca. Aveva notato che zoppicava, sicuramente una volta aggiustata la gamba, avrebbe brillato almeno un po’.

Sì, si poteva fare.

Preparò il bagno, e mise una pozione all’interno. Poi sistemò i capelli nella bandana, stando attenta che non si notasse il colore inusuale.

“Non devi esitare, né coccolarlo. Strappagli il cuore e basta. Anche così è sufficiente per me, e le rune dicono che non hai molto tempo” la sgridò suo padre all’orecchio. Franziska alzò gli occhi al cielo.

-Ma una stella brillante è più utile di una completamente spenta. Ti può durare più tempo- gli suggerì, sottovoce, prima di tornare dove aveva lasciato la stella, che fissava il fuoco nel camino con una certa curiosità.

Tornò a sorridere, anche se sembrava più un tic nervoso, e indicò la via alla stella.

-Prego, il bagno è pronto. Bello caldo. E ci ho messo anche dei sali rigeneranti. Omaggio della casa- spiegò, il più affabile e amichevole possibile, anche se stava morendo dentro a comportarsi in modo così gentile.

Soprattutto perché la stella non sembrava minimamente credere alla sua generosità, e la fissava con sospetto.

-Perché?- indagò, squadrandola dall’altro in basso.

Franziska avrebbe voluto frustrarlo e urlargli contro un consono “Accetta la mia generosità, prima della tua morte!” ma doveva restare nel personaggio.

-Beh, perché… non lo so… mi sembri così sperduto e infreddolito. Mi fa piacere aiutare gli altri. Tranquillo, non sarò presente mentre ti fai il bagno. La tua privacy è completamente rispettata- lo rassicurò, con un risolino nervoso.

La stella continuò ad avere un’espressione cupa, ma annuì, e seguì Franziska verso il bagno.

Più lo allontanava dall’uscita, meno occasioni avrebbe avuto la stella per provare a scappare. Non che avrebbe mai voluto scappare, ovviamente. Franziska l’avrebbe portato a letto, fatto rilassare, rimboccato le coperte e poi gli avrebbe preso il cuore senza troppi fronzoli. 

Oh, doveva sistemare il coltello, però. E nascondere il resto della sua magia per evitare che la stella la notasse. Approfittò del periodo di tempo che Miles passò nella vasca.

Che fu molto poco, bisogna dirlo.

Miles si sentiva piuttosto rinfrancato da quel calore, doveva ammetterlo. Non era mai stato così bene da quando era caduto, e anche la gamba gli faceva meno male.

Ma si sentiva anche estremamente vulnerabile, tutto solo in quella posizione comoda ma dalla quale era difficile scappare.

E poi, ora che i problemi del corpo erano svaniti, la sua mente iniziava a farsi mille paranoie.

Ma doveva ammettere di essere piuttosto stanco… e in pace.

Il suo corpo iniziò ad emettere una leggera luce, quasi impercettibile, che denotava il suo stato di calma conquistata con difficoltà.

Sospirò godendosi quella pace per qualche istante, e brillando più forte.

E poi si alzò immediatamente dalla vasca, mise l’accappatoio che la locandiera gli aveva lasciato, e dei suoi vecchi vestiti decise di tenere solo la collana che lo aveva strappato dal cielo. Non sapeva che valore avesse, e avrebbe solo voluto distruggerla, ma preferiva tenerla il più possibile per vendicarsi in qualche modo con lei o con chiunque l’avesse lanciata. Prese anche la bisaccia di Phoenix.

Poi aprì la porta lentamente, con l’intenzione di trovare una stanza vuota e nascondersi lì per il resto della notte, per stare sicuro, ma si trovò davanti il volto sorridente della locandiera, che iniziava a somigliare ad una maschera da film horror.

Non che i film horror fossero già stati inventati, ma voi capite il riferimento.

La luce di Miles si affievolì appena, e la stella si guardò intorno cercando una veloce uscita perché forse era meglio il freddo gelido della pioggia rispetto a quella presenza inquietante. Dopotutto, dopo il bagno, la gamba sembrava stare molto meglio. Abbastanza da permettergli uno sprint di salvezza verso l’esterno.

Ma non sembrava fattibile.

-Ha fatto presto. Com’è stato? Si sente meglio? Ho preparato una camera solo per lei. È la più lussuosa e confortevole della locanda- la donna lo prese per un braccio, con delicatezza, e iniziò a trascinarlo sempre più all’interno, sempre più lontano dall’uscita.

Questa gentilezza iniziava a puzzare non poco a Miles, che si scansò con uno strattone.

-Perché mai dovresti riservare la camera più confortevole e lussuosa ad un cliente con pochi soldi per pagare? Mi sembra una pessima scelta economica!- obiettò, guardandola con estremo sospetto.

Questo era troppo per i nervi di Franziska.

-Senti, amico, sono cose che si dicono! È ovvio che non è la più confortevole e lussuosa, sto solo cercando di vendere bene i miei servizi!- esclamò, perdendo la calma.

“Franziska! Non farlo sospettare!” gli arrivò il severo monito di suo padre.

-Cioè… se preferisce le riservo una suite molto peggiore. È nella stessa direzione!- cercò di tornare affabile, ma si rese presto conto che il suo sclero aveva fatto brillare più forte la stella, che aveva lo sguardo molto meno sospettoso.

-D’accordo, illustri la strada- decise di fidarsi

Perché il linguaggio poco gentile era molto più nelle suo corde rispetto la finta affabilità. Se una persona mostra il suo vero io in forma di irritazione, per Miles era più facile credere che non volesse ucciderlo, perché se avesse voluto ucciderlo sarebbe stata molto più brava a mantenere il sorriso e la gentilezza.

…non aveva fatto i conti con Franziska von Karma.

Ma, francamente, Franziska non aveva avuto intenzione di perdere le staffe, quindi il successo venne per puro caso.

Comunque portò Miles nella sua stanza, e lo fece accomodare sul letto.

-Come è stato il bagno, rinfrancante?- chiese, mentre fingeva di sistemare meglio la camera -Perdoni se sistemo ma non aspettavo ospiti e non ho avuto il tempo di preparare tutto- cercò di giustificarsi, cercando l’occasione migliore per usare il coltello e strappargli il cuore.

La stella era sdraiata sul letto, e fissava con attenzione ogni movimento della ragazza.

Si fidava un po’ di più, ma ancora non abbastanza per abbassare la guardia.

-Il bagno è stato accettabile. Non c’è bisogno di sistemare la camera, va bene così. E non credo di andare a dormire subito. Hai un libro che io possa leggere?- chiese, stando attento alla sua reazione.

Franziska ormai non ci provava neanche più a mantenere il sorriso. Aveva una smorfia sul viso e occhi vuoti. Non sapeva più che inventarsi per avvicinarsi abbastanza da ucciderlo senza turbarlo troppo.

Almeno stava brillando, un po’. Anche se i suoi capelli erano ancora piuttosto scuri.

Un momento… poteva approfittare di dargli il libro per accoltellarlo. Sì, era un’ottima idea. Bastava afferrare il coltello sotto al letto mentre glielo porgeva e… sì, l’avrebbe colto di sorpresa!

-Certamente- un po’ rinvigorita, Franziska iniziò a cercare un qualche libro da leggere, ma non ne trovava in giro.

Non aiutava che non fosse la vera proprietaria del posto.

Per fortuna riuscì a trovare un vecchio libro piuttosto malconcio che più che un libro sembrava il diario segreto del figlio dei proprietari. Ma vabbè, tanto la stella non avrebbe avuto il tempo di leggere neanche una riga prima di essere privato del cuore.

-Ecco qui…- si avvicinò piegandosi in modo da porgere il libro e prendere il coltello.

E a pochi secondi dall’ottenere il suo risultato…

La porta dell’ingresso iniziò a battere, furiosamente, seguita da alcune grida.

-C’è nessuno?! Cerchiamo riparo per la notte!- si sentì chiaramente una voce femminile e autoritaria.

Franziska si distrasse abbastanza da permettere alla stella di strapparle il libro di mano e rotolare via dalla sua portata, dall’altro lato del letto matrimoniale.

Forse però faceva ancora in tempo. Avrebbe tolto un po’ di brillantezza, ma poteva ancora…

-Non va ad aprire?- chiese la stella, diminuendo il suo brillio e indurendo lo sguardo.

-Beh… saremmo chiusi- provò ad obiettare Franziska.

La luce si affievolì ulteriormente.

-Per me hai fatto un’eccezione. E lì fuori c’è una donna- le fece notare Miles.

-Giusto… vado subito- ormai prossima ad una crisi di nervi, Franziska decise che non sarebbe stata affatto gentile. Avrebbe fatto accomodare la scocciatrice, l’avrebbe addormentata con un po’ di polvere di papavero, poi sarebbe tornata dritta filata dalla stella e l’avrebbe ammazzata senza se e senza ma, magari approfittando che fosse distratta a leggere gli scleri adolescenziali di un ragazzino irritante.

Aprì la porta della locanda prima che la donna la sfondasse, e si trovò davanti un volto stranamente familiare, che le provocò un nodo allo stomaco.

-Finalmente! Ci serve un posto dove stare la notte. Siamo in due, e ho dei cavalli che…- iniziò a spiegare, entrando senza fare complimenti.

-Cavalli sistemati! Sono molto amichevoli!- si fece strada il suo compagno di viaggio, un uomo più giovane dall’aria allegra e molto simile a lei. Un fratello, forse? Entrambi sembravano usciti da un incubo di Franziska, che non provò neanche a sorridere.

-Prego, entrate pure- disse distrattamente, cercando la polvere di papavero, che però aveva lasciato nella borsa vicino ai Kitaki che aveva addormentato e chiuso in cantina!

Maledizione! Pensava sarebbe stato molto più semplice!

“Ammazzali! Ammazzali subito e concludi il lavoro con la stella!” gli urlò il padre all’orecchio. Franziska strinse i denti. L’idea di uccidere quelle due persone non era tanto male, ma lei non era un’assassina. La stella non era altro che un oggetto, loro erano persone vere.

-Vado a prepararvi un bagno caldo… aspettate qui- mentì, dirigendosi in cantina per realizzare il piano originale di farli addormentare, e sistemandosi la bandana tra i capelli, dal quale uscì un ciuffo azzurro.

Mia lo notò, e si mise sull’attenti, ma non disse nulla, e aspettò che la palese strega fosse lontana.

Poi si rivolse al suo compagno di viaggio.

-Phoenix, hai detto che il tuo amico era in pericolo per colpa di una strega?- chiese, sottovoce, iniziando a guardarsi intorno e notando che il posto sembrava completamente vuoto.

-Sì… oh! La locandiera era una stre…?!- iniziò ad esclamare lui, preoccupato. Mia gli tappò la bocca con la mano per evitare che continuasse.

-È senz’altro una strega, ha i capelli colorati. Non so se il tuo amico è ancora vivo, ma ci conviene sbrigarci a cercarlo. Secondo le rune l’oggetto che cerco è qui- Mia osservò le rune tra le mani. Era nella tana del lupo, ma era ormai troppo vicina per tirarsi indietro e basta.

-Dividiamoci, sarà più veloce- disse poi la donna, asciugandosi al meglio i capelli e sistemandosi per la ricerca.

Phoenix sembrava piuttosto spaventato, ma annuì, dando prova di forte determinazione. 

-Che oggetto cerchi? Se lo trovo posso dartelo- si offrì. Mia scosse la testa. Non avrebbe neanche saputo come spiegargli come fosse un magatama, ed era chiaro che non lo avrebbe saputo riconoscere. Non avevano tempo da perdere in spiegazioni. E poi doveva dimostrare di meritare la corona. Non poteva affidare il proprio compito ad altri.

-Non preoccuparti, tu pensa a cercare il tuo amico- gli sorrise, incoraggiandolo a procedere per primo.

-Okay… buona fortuna, ci rivediamo qui- la salutò Phoenix, accennando un sorrisino un po’ intimorito, prima di salire le scale in tutta fretta.

Mia rimase nel piano terra, e iniziò a guardarsi intorno, Pensò a quale potesse essere l’ubicazione più ovvia per il magatama.

Le rune l’avevano informata che si era mosso fino a quel momento, quindi doveva averlo qualcuno, o essere finito in qualche scatola di merci. Considerando che si era fermato da poco, e non sembravano essere trasportate merci in quel posto da parecchio, sicuramente era indosso a qualcuno, magari qualcuno che non conosceva il suo potere.

Doveva pensare fuori dagli schemi. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto voler tenere un ciondolo della famiglia reale? Phoenix, ignaro di cosa fosse? No, aveva già chiesto alle rune. Qualche ospite? Non sembrava esserci nessuno alla locanda.

Le soluzioni erano due: l’amico di Phoenix, che però non aveva motivo di avere un ciondolo del genere; o la strega.

Tirando un profondo respiro preparatorio, Mia si preparò ad affrontare la strega, e si diresse nella direzione nella quale era sparita.

Forse era tutto un enorme malinteso, forse poteva parlarle, e farsi consegnare il gioiello. Mia era favorevole a cambiare le leggi contro gli incantatori, sperava davvero di riuscire a trovare un punto d’incontro.

Si diresse verso la cantina.

E nessuno può dire cosa sia successo lì, almeno non per il momento.

Posso solo dirvi che solo una delle due donne uscirà viva da quella cantina.

 

Nel frattempo, Miles si era reso conto che qualcosa non andava nel momento in cui aveva letto, nel suo libro, una serie infinita di parolacce e una scrittura a dir poco barbara. Quello era palesemente un diario.

E chiunque considerasse una lettura del genere degna di un ospite, non era affatto una locandiera decente, né una persona affidabile.

Si alzò dal letto, posò il diario sul comodino, e iniziò a guardarsi intorno in cerca di una lettura più appropriata.

Quando sotto al letto trovò un coltello da macellaio fatto di vetro, essenziale per i riti di rimozione cuori, si rese conto che l’affidabilità della locandiera in quanto locandiera era l’ultimo dei suoi problemi.

Lo fissò qualche istante, poi prese la bisaccia, infilò in fretta le scarpe, e corse il più velocemente possibile fuori dalla stanza, preoccupato per la propria vita.

Ecco, lo sapeva che non poteva fidarsi di nessuno, in quel mondo! 

La prima persona che aveva incontrato lo voleva regalare alla propria fidanzata, e la seconda che incontrava gli voleva direttamente strappare il cuore dal petto.

La terza persona che avrebbe incontrato che avrebbe voluto fare, torturarlo per giorni fino alla sua morte?

Mentre Miles aveva quel pensiero, per poco non andò a sbattere con tale terza persona, che si rivelò essere la prima che aveva incontrato, e l’ultima che avrebbe voluto rivedere, forse addirittura dopo la strega che lo stava per uccidere.

-Oh stelle del cielo!- esclamò, ritirandosi immediatamente.

-Miles! Ti ho cercato dappertutto!- lo accolse invece Phoenix, stringendolo in un abbraccio che Miles, poco esperto di contatto fisico umano, prese per un tentativo di soffocarlo o di non farlo scappare via.

-Te la restituisco la bisaccia, ma è colpa tua che l’hai lasciata con me, non ti dovresti fidare degli sconosciuti!- Miles si liberò dalla sua presa, e gli lanciò contro la borsa che gli aveva ruba… preso in prestito come diversivo per riuscire a scappare.

Era meglio la strega rispetto a Phoenix Wright.

Almeno sarebbe morto rapidamente e non avrebbe dovuto sorbirsi altre ore di chiacchiere sulla perfetta, dolcissima, gentilissima e bellissima Dahlia.

Phoenix afferrò la bisaccia al volo, confuso.

-Cosa? Che centra? Non c’è tempo per parlare, una strega vuole rubarti il cuore!- mise la borsa a tracolla, e prese Miles per il polso, prima che lui riuscisse a scappare.

-E tu vuoi facilitarle il compito?!- lo accusò Miles, liberandosi con uno strattone dalla presa -Non toccarmi!- aggiunse poi, mettendo in chiaro il proprio spazio personale. 

-Scusa, hai ragione, ma… aspetta, come “facilitarle il compito”?! No! Siamo qui per salvarti!- spiegò Phoenix, saltellando sul posto e guardandosi intorno nella fretta di andare via, ma allo stesso tempo non osando riprendere Miles per il polso.

-Siete? Tu e chi?- chiese Miles, sorpreso e sempre più confuso.

Che ne sapeva, Phoenix Wright, della strega? Come lo aveva trovato? Chi aveva incontrato nel tragitto? Erano passate poche ore, e a Miles sembrava di essersi perso un pezzo gigantesco.

Un momento… non poteva avere incontrato Dahlia, vero? Se Phoenix era sdolcinato parlando di lei, Miles non voleva neanche immaginare quanto fastidiosa potesse essere parlando CON lei.

Meglio la morte, decisamente.

-Io e Mia Fey, è una donna in gamba!- spiegò Phoenix. Miles tirò un sospiro di sollievo. Conosceva Mia Fey, l’aveva osservata dal cielo ed era una delle poche persone sulla terra di cui pensava di potersi fidare, seconda solo al Samurai d’Acciaio. Non che fosse molto interessato alle famiglie reali di Kurain, ma persino lui sapeva che le Fey erano delle brave ragazze interessate solo al benessere del proprio popolo e non al potere. Anche se purtroppo non tutti i membri di quella famiglia erano allo stesso livello.

Anche se… considerando che Mia si era associata a Phoenix Wright, forse non era poi così degna di fiducia.

Miles si chiese se buttarsi dalla finestra fosse pericoloso quanto si vedesse dal cielo, ma Phoenix aveva altro da dire. 

-Gregory mi ha detto che possiamo fidarci di lei. Dobbiamo solo ritrovarla, salire in carrozza e andarcene in fretta da qui, prima che la strega torni!- Phoenix decise che non aveva più tempo di aspettare il suo compagno di viaggio se voleva salvargli la vita, e lo avvolse con il manico della bisaccia, iniziando a trascinarlo dolcemente verso l’ingresso. Fu gentile a non toccarlo direttamente. Non tanto a trascinarlo.

Ma Miles era troppo congelato per obiettare.

-G_Gregory?- chiese, in un sussurro. Era pallido, e la luce che si era estinta nel vedere Phoenix, aveva iniziato a sfarfallare, denotando la sua confusione e il suo shock.

-Poi ti spiego tutto, ma prima dobbiamo andarcene da qui. Sappi solo che hai un angelo custode- Phoenix smise di dare informazioni proprio quando Miles si era deciso ad ascoltarlo, e approfittò della improvvisa compiacenza di Miles per spingerlo giù per le scale. Raggiunsero senza intoppi la porta d’ingresso.

-Come… come sai di mio…?- iniziò a sussurrare Miles, ormai schiavo degli eventi che si susseguivano senza che lui avesse alcun controllo su di essi.

Venne interrotto prima che potesse finire la frase dalla seconda voce che non voleva sentire in quel momento (la prima sempre quella di Phoenix).

-Non penserai mica di andare via senza pagare, vero?- chiese la locandiera, in tono zuccheroso.

Ormai la bandana era completamente scomposta, lasciando intravedere i suoi capelli azzurri, e il sorriso che ancora provava a mantenere era una smorfia davvero sgradevole.

-Sta lontana da lui! Non gli strapperai il cuore!- esclamò Phoenix, mettendosi davanti a Miles e proteggendolo con il proprio corpo. La voce tremante tradiva le sue parole sicure, ma Miles si accese appena sentendosi protetto con una tale sicurezza… circa.

Il sorriso della strega si spense.

-Io ci ho provato a farti rilassare almeno un po’, far brillare il tuo piccolo fastidioso cuore, ma mi sono seriamente stancata. Meglio una roccia piuttosto che niente!- abbandonò ogni maschera, tolse del tutto la bandana, e sollevò la mano come se stesse evocando qualcosa.

-Perché vuoi strappargli il cuore? Che ci potrai mai fare con il cuore di una persona?!- provò a chiedere Phoenix, indietreggiando e dirigendosi verso il camino. Miles si fece trascinare, senza sapere cosa fare. Non vedeva vie d’uscita.

E se Phoenix non sapeva nulla del potere del cuore di una stella, era in procinto di scoprirlo, e sicuramente avrebbe smesso di aiutarlo.

Miles era sicuramente spacciato.

-Tsk, non è una persona. Non è nient’altro che un oggetto che devo recapitare a mio padre. Un oggetto piuttosto potente, e non ti compete conoscerne la potenza. Se non vuoi finire nel raggio d’azione, ti conviene farti da parte, idiota!- rispose la strega. Nella mano che aveva sollevato, arrivò il coltello che Miles aveva scoperto in camera.

Uffa, non era giusto che avesse poteri telecinetici!

Phoenix sobbalzò, ma non si mosse.

-Su, cerchiamo di calmarci. Sono certo che ci siano altri modi per ottenere oggetti magici che non siano uccidere qualcuno, persona o essere magico che sia!- continuò a provare a ragionare.

-Sono una von Karma! E una von Karma porta sempre a compimento la missione nella maniera ottimale!- la strega si avvicinò, sollevando il coltello con aria minacciosa -Quindi se non vuoi fare la fine della tua amica, spostati e lasciami fare il mio lavoro!- lo minacciò, con occhi che mandavano scintille.

Phoenix impallidì.

-Che hai fatto a Mia?- chiese, in un sussurro terrorizzato.

-Niente di buono! Spostati! È l’ultimo avvertimento!- ormai la strega era a meno di un metro.

-Miles…- Phoenix si voltò verso l’uomo che stava proteggendo. Avevano indietreggiato troppo, e se osavano un altro passo sarebbero finiti dentro al camino. Miles era convinto che l’idiota innamorato l’avrebbe lasciato al suo destino per avere salva la vita, ma rimase piuttosto sorpreso quando vide la determinazione nei suoi occhi bicromatici -…stringiti forte a me e pensa a papà- gli sussurrò.

-Papà?- chiese Miles, sorpreso e confuso, ma facendo come richiesto, e afferrando Phoenix per le spalle.

-Cosa stai…?- sentì la strega urlare, preoccupata, facendo uno sprint finale verso di loro con il coltello sollevato. Gli sembrò di vedere un oggetto nero nella mano di Phoenix, che portò verso il fuoco del camino.

Poi un lampo di luce illuminò la sua intera visione, e si sentì sbalzare via, come quando era caduto dal cielo.

Il cielo… suo padre… i suoi pensieri erano confusi.

Ma, almeno per il momento, fu certo di essere salvo.

 

A non essere salva era Franziska, che non aveva raggiunto i due in tempo e nella forza della candela di Babilonia attivata era stata sbalzata in un angolo e aveva battuto la testa, svenendo per l’impatto.

Ed era ancora svenuta, così come tutte le persone nella locanda, quando un giovane uomo dell’età di Phoenix giunse all’interno, senza neanche provare a bussare, e intascando le rune magiche che l’avevano portato fino a lì.

Aveva lunghi capelli biondi tenuti in una treccia e occhiali che gli davano l’aspetto di un anime villain, dato che a volte coprivano i suoi occhi e facevano comparire solo un inquietante riflesso.

Era vestito da pirata, con gioielli, cappello da capitano, e spada affilata, che però non tirò ancora fuori. Preferì guardarsi intorno incuriosito, e cercare in giro.

Passò oltre la strega addormentata, intascando il coltello che aveva in mano, e controllò ogni stanza, rubando qualche gioiello e segnando delle informazioni su una pergamena.

Poi giunse alla cantina, dove una donna era inerte nel terreno, e sorrise tra sé.

-Eccoti qui, principessina- commentò, anche se la donna era più grande di lui -Tua zia sarà molto contenta della notizia- annuì poi, segnando un’altra informazione su un foglio e facendo il lavoro per il quale la futura regina l’aveva pagato.

Non era male avere conoscenze dall’alto, anche per un pirata mercenario potente come Kristoph Gavin.

   
 
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