5.
Il
sonno di Vi era spesso disturbato.
Questa
scoperta non soprese per nulla Caitlyn. Poteva solo immaginare come la
zaunita
avesse dormito negli ultimi anni della sua vita, sempre con un occhio
aperto e
in guardia, come un animale in perenne pericolo.
Alcune
volte, quando tornava tardi dal lavoro e la trovava già
ronfante nel letto o
sul divano, il suo sonno sembrava normale. Lo capiva dal suo viso
rilassato e
pugni distesi, le labbra schiuse in un respiro lento e regolare.
Altre
volte si agitava. Caitlyn avrebbe dato qualsiasi cosa per assistere ai
suoi
sogni e incubi: girava su sé stessa in continuazione,
scalciava, stringeva tra
le dita le coperte fino allo sfinimento. In quelle occasioni erano due
gli
scenari comuni: o Vi si alzava, per poi non tornare a letto e passare
il resto
della notte insonne; oppure si svegliava, bofonchiava qualche insulto,
per poi
girarsi verso Caitlyn. Talora l’accarezzava soltanto la
spalla o il fianco, non
spingendosi oltre; l’ultima volta invece Vi l’aveva
stretta in un abbraccio
delicato, poggiando la guancia tra le sue spalle.
Questo
la piltoviana lo sapeva perché si svegliava ogni volta.
Aveva sempre avuto un
sonno leggero, dunque assisteva con costanza a questi episodi,
però faceva
sempre finta di dormire per evitare che Vi si trattenesse. Caitlyn
aveva il
timore che se avesse reagito in qualche modo, l’altra si
sarebbe solo chiusa di
più.
Anche
se le doleva il cuore rimanere immobile; avrebbe voluto girarsi
immediatamente
ad ogni richiesta di consolazione, per ricambiare ogni carezza e
baciarle la
fronte. Per compensare però, ogni mattina dopo si premurava
di lasciarle una
colazione abbondante sul tavolo, prima di uscire per il suo turno. Era
il
minimo che potesse fare.
Sentì
un lamento provenire dal lato accanto del letto. A quel punto Caitlyn
si mise
l’anima in pace e capì che avrebbe passato la
notte in bianco; fortunatamente
il giorno dopo era di riposo.
Mantené
comunque il suo solito atteggiamento, evitando di girarsi.
Sentì un altro
fruscio, e un altro ancora, finché alle sue orecchie non
giunse il rumore di un
pianto soffocato.
Vi
era rannicchiata al bordo del letto; aveva il viso nascosto tra le
ginocchia, le
mani dietro sulla testa che stringevano con forza i capelli rosa. Da
quella
posizione Caitlyn vedeva la sua schiena curva e tesa, e notò
che tremava come una
foglia.
Si
mise a sedere, “Violet?” cerco di mantenere un tono
calmo, probabilmente
fallendo perché all’udire del suo nome
l’altra trasalì, tremando ancora di più
e affondando le unghie nella cute.
Vi
annuì. Lentamente il suo respiro rallentò, le
lacrime si asciugarono lasciando
solo delle tracce salate sulle sue guance e la presa sulla camicia si
allentò. Caitlyn
se la strinse al petto, premendo dei baci leggeri tra i suoi capelli,
accarezzandole
i capelli e l’incavo del collo. Anche se la zaunita
ricambiò quell’abbraccio, se
ne divincolò in fretta, lasciando l’altra sorpresa
e intimorita da
quell’abbraccio dischiuso troppo presto.
“Va
meglio?” chiese timidamente.
“No”,
sospirò appena, dirigendosi con passi veloci verso la porta
della camera. Dal
letto, senza parole, Caitlyn sentì le cinghie dei suoi
stivali allacciarsi e il
rumore della sua giacca. Si alzò di scatto e raggiunse il
salotto, dove trovò
Vi con una mano già sul pomello del loro ingresso.
“Non
ce la faccio, Cait” lo disse con tono serrato, fissando la
sua mano. Non aveva
ancora deciso cosa fare e rimase immobile davanti alla porta, esitando
sull’ultimo
passo che la separava dall’essere fuori quella casa.
“Possiamo
parlarne?” Caitlyn fece un passo verso di lei,
“fuori c’è un temporale, è
notte
fonda, non puoi andare via ora” ormai erano quasi faccia a
faccia, stava per
afferrare la mano di Vi con la sua quando lei gliela
schiaffeggiò via, facendola
sussultare.
“Non
capisci!” ruggì, “non potresti
mai capire.”
“Perché
dici così?”
“Perché
sono pericolosa, Cait” disse con una
rassegnazione disarmante, come se a
questa conclusione ci fosse arrivata da tempo.
“Ogni
notte li rivedo morire tutti davanti ai miei occhi.
Tutti quelli che ho
abbandonato” si girò a guardare Caitlyn,
“eppure, tu. Mi tieni e mi
stringi come se fossi fragile come un pezzo di vetro. Perché
non sai quello di
cui sono capace!” disse con tono accusatorio, come un
rimprovero, ma più verso
sé stessa che nei confronti di Caitlyn.
“Se
sapessi mi sbatteresti in mezzo alla strada come un cane. Come
biasimarti? Per
colpa mia, sono morte le persone a me più care. Per
colpa mia, ho
perso mia sorella. Per colpa mia, sei stata rapita
e hai rischiato la
vita” girò il pomello, aprendo la porta.
“Sono un mostro.”
“Pensi
io sia stupida?” chiese, ma era più una domanda
retorica. Al gesto di Caitlyn,
la zaunita rispose solo con il silenzio.
“Pensi
che io non abbia messo in conto tutto questo?”
gonfiò il petto, “a Stillwater, ho
oltrepassato la linea per avvicinarmi alla tua cella? Ho infranto la
legge per
farti uscire? Ti ho seguita per ogni vicolo di Zaun senza
fiatare?” e la lista
sarebbe stata ancora più lunga, ma il concetto era chiaro.
Vi non
rispose di nuovo e discostò lo sguardo, colpevole.
“Rispondimi.”
“Sì,
l’hai fatto.”
“E
sai perché?”
Vi
scosse la testa.
“Perché
ho visto tutto ciò che di buono può avere un
essere umano” prese una pausa,
“qualcuno avrebbe potuto dire che è stato un
giudizio affrettato. Un rischio.”
“Tutte
le persone che hanno visto del buono in me o sono morte o mi
odiano.”
“Un rischio
che vale la pena prendere ogni volta.”
“Spero
che un giorno riuscirò a vedermi come tu mi vedi”
la sua espressione addolorata
si sciolse appena in un sorriso accennato. Voleva provare a credere
nelle sue
stesse parole, aggrappandosi alla credenza che un giorno sarebbero
state realtà.
Caitlyn
accorciò la distanza che le separava, le mise le mani sul
viso, appoggiò la
fronte contro la sua e chiuse gli occhi.
“Sei
la donna più bella, coraggiosa e forte che io abbia mai
conosciuto” e non solo,
ma in quel momento non riusciva a trovare le parole giuste per
descriverla;
perché non bastavano. Nessun aggettivo avrebbe mai descritto
a pieno cosa Vi
fosse per lei, perché non avrebbero fatto altro che
sminuirla. Nulla avrebbe mai
reso l’idea.
“Non
sarà
facile crederci” rispose, avvolgendo le sue braccia attorno
alla vita di Caitlyn
e portandola più vicina a sé.
“Meglio
che cominci a farlo” sorrise, sollevando la testa,
“lascia che ti convinca.”
Si
guardarono negli occhi per un secondo e poi Caitlyn la
baciò. Un bacio dolce e
lieve, che durò a lungo e che fu ricambiato con altrettanta
dolcezza. La
piltoviana la sentì tremare sotto le sue dita, sotto le
labbra, per poi
calmarsi e sentire le sue mani che la stringevano più forte.
Poteva sentire il
battito del suo cuore rimbombare contro il suo petto.
“Forse”
sorrise, dandole un altro bacio.
Angolo dell'autrice: ho recuperato i file del vecchio pc DAJE