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Autore: Paul Kramer    08/01/2022    0 recensioni
Grande Tempio dopo Hades.
Due fratelli si ritrovano in mezzo ai Cavalieri d'Oro in apparenza senza un motivo. Col passare del tempo tentano di adattarsi e la loro innocenza risveglia vecchi sogni di molti Cavalieri d'Oro, sogni di una vita normale, una famiglia...
Ma la guerra eterna ha realmente avuto termine?
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Atena, Gold Saints, Personaggi Lost Canvas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 La ragazza sospirò e distese le braccia dietro la nuca, rilassandosi sull’erba verde del prato che contrastava vivacemente con i suoi corti e sbarazzini capelli rossi. Accanto a lei c’era una maschera grigia che descriveva un volto forse femminile ma comunque inespressivo, vuoto. Ad un tratto però la sua calma venne infranta da un urlo piuttosto spaventato che la fece scattare in piedi e correre fino ad un posto vicino al prato in cui era dove poteva vedere e non venir vista cosa stava succedendo. “Che accidenti è quello!?” Gridò un ragazzino dai corti capelli rossi, nascondendosi in fretta dietro quella che, presumibilmente, era la sorella. Sorella che sbuffò e incrociò le braccia tentando di assumere un tono più serio del fratello. “Allora, caro Greg, dove ci troviamo? In un enorme altopiano che confina col mare, un cielo azzurro come gli occhi di un angelo e un sole caldo come l’inferno.. e dei templi greci in salita, che culminano con un enorme tempio sempre greco e una statua... dodici e il tredicesimo.. calma, Marta, calma.. “Purtroppo la sua calma apparente venne totalmente distrutta dall’apparire di un uomo, alto e con mossi capelli castani, il quale alzò le sopracciglia e cominciò a parlare in una lingua che lei non capiva. Respirando affannosamente, Marta trasse a raccolta tutto il coraggio di cui attualmente disponesse e gli chiese con il tono più controllato che potesse avere: “Excuse me, do you speak English? Sprechen Sie Deutsch? Habla español, señor? Italiano?” L’uomo la guardò e sospirò, chissà cosa pensava.. “I speak English-“ “Good, so I am Italian and I am Marta, he is my brother Gregorio. Excuse me, but where are we? In Italy? “ l’uomo scosse la testa, il suo inglese era molto chiaro a differenza del suo, non per nulla Gregorio la chiamava ‘la texana dagli occhi di fuoco.’ “In Greece, at the Sanctuary of the goddess Athena.” Marta strabuzzò gli occhi, ormai certa che avesse letto troppe fanfiction, ma l’arrivo di altre due persone le impedì di rispondere. Due persone vestite d’oro e quella sembrava proprio l’armatura del Cancro. Senza contare l’elmo con le corna che indossava l’altra persona, sospettosamente simile al tale Capricorn che aveva spesso pensato di studiare psicologicamente, idem con il Cancro. A questo pensiero, nonostante avesse addirittura il poster di tutti i cavalieri d’oro in camera (così poteva studiarli meglio), un brivido le attraversò sinistramente la schiena. Brivido che le fece prendere un vigoroso respiro e stringere i pugni, aveva un fratello e come sorella maggiore aveva il dovere di non farlo massacrare.
“Buongiorno, Marta-“ “Mi chiamo Marinelli, Marta e Gregorio Marinelli. Veniamo dall’Italia e per quanto possa sembrare assurdo, non abbiamo nessuna idea sul come e perché siamo qui in Grecia. “ Il Cancro sorrise, un sorriso quasi di sufficienza che le diede un altro brivido. Rasserenata dalla lingua natìa, riprese a parlare cercando di non commettere errori. “”E lei sarebbe il signor.. “ Il Cancro risucchiò sinistramente una guancia e la guardò, ignorando l’occhiata inorridita del Capricorno. Con nonchalance disgustosa, almeno secondo Marta, riprese: “Cancerri, Carmelo Cancerri.” Marta accennò un saluto con la testa e tese la mano, cercando di risultare educata: “Piacere di conoscerla, signor Cancerri. “ L’altro, quello che sembrava proprio Capricorn, lo guardò infastidito e impulsivamente si avvicinò, sfiorandole appena la mano. “Buongiorno, sono Michele Perezia.” Disse con un forte accento spagnolo che fece sudare freddo Marta: anche Capricorn era spagnolo, anche Cancro era italiano.. ah sì, e Ioria di Leo parlava inglese, giapponese e greco. Meno male che faceva il linguistico, si disse mentre cercava di non pensare alla mano dell’altro sulla sua, era veramente troppo imbarazzante. “Buenos dias, senor Perezia, yo soy Marta y soy italiana. Por favor, pueda ayudarme? Querrìa saber el porque estoy aquì.” Il (forse) Michele Perezia spalancò appena gli occhi e annuì, del tutto incurante della smorfia del Cancro e dello stupore dell’altro. Con un sorriso che voleva dire tutto e niente, allungò la mano maestoso verso i templi che Marta e Gregorio, ora timidamente affiancatole, avevano già notato. “Bienvenidos en el Grande Templo de Atene.” L’esclamazione incredula di Gregorio fece capire a tutti che i due estranei non sarebbero stati facili da convincere della realtà.
 
Pochi minuti dopo, lievemente più vicini alla Prima Casa.
 
 Marta voleva da molto tempo entrare nel mondo de I Cavalieri dello Zodiaco, ma come guerriera formidabile, come dea alleata di Atena, come.. insomma, come qualcuno di così importante da meritare inchini e rispetto, tanto rispetto. L’ideale sarebbe stato una guerriera sconosciuta che combatteva un po’ come Phoenix: arrivo, vi salvo tutti e me ne vado. In poche parole, bella-e-maledetta. Anzi no, carina-e-un-po’-bambina. Ma dopotutto era tutto solo un sogno, un gioco che faceva prima di dormire, un po’ come quando s’era infatuata di Mime nella saga di Asgard e faceva finta di essere appunto quella magnifica Guerriera e salvarlo. Invece ora era in quel mondo, vero e dannatamente vero, non come magnifica guerriera arrivo-nel-silenzio-vi-salvo-e-me-vado, ma come normalissima ragazzina di sedici anni che arrivava lì dal nulla e lasciava i suoi gatti, la sua casa, la sua famiglia.. altro che la Guerriera, le aveva pure dato un nome: Alyane, una ragazza che non voleva combattere e senza famiglia perché una febbre improvvisa le aveva portato via i genitori e i tre fratelli. Altro che la Guerriera, si disse mentre camminava accanto al Cancro, altro che la magnifica, dolce e spietata Alyane.
A voler proprio cercare un lato positivo, c’era eccome: lei nel mondo di I Cavalieri dello Zodiaco c’era, che poi invece della suddetta Alyane ci fosse una ragazzina ancora molto bambina era un’altra storia. Per di più con il fratello da proteggere!
Beh, si disse mentre tirava lentamente il fiato, almeno Gregorio era con lei e se Alyane combatteva per coloro che le erano cari (amici, innamorato e animaletti vari) lei avrebbe combattuto per sé e per il fratello. Metaforicamente, al massimo contro i calzini ribelli o i terribili Bottoni Staccati, però avrebbe combattuto. Se lo giurò in silenzio, il fiato non ce l’aveva ed era in compagnia, ma se lo giurò. Al suo fianco il Cancro la guardò per un istante e si chiese quanto tempo sarebbero rimasti al Grande Tempio, lui i bambini non li sopportava. A differenza del Capricorno che sembrava trasfigurato da quando lei gli aveva parlato in spagnolo e probabilmente stava già pensando a cosa parlare, chissà se conosceva Sepulveda.. “We are arrived at the First House. Its Knight is Mur. “ Ioria sembrava una guida turistica da come pronunciava la frasi, pensò divertito il Cancro. Marta annuì e tirò il fiato, ringraziandolo in inglese. Sul porticato c’era un citofono con tanto di ariete dipinto sopra e Gregorio sorrise. “Ehi Marta-“ “Ja, das Schaf. Ich habe es gesehen. Es ist schön, gut gemacht.” Gregorio alzò le sopracciglia, perplesso. “Ehh?” Marta alzò gli occhi al cielo e si chiese perché il fratello non avesse imparato almeno le frasi più comuni del tedesco, visto che aveva giurato di impararlo. “Visto. Participio passato di vedere, sehen in tedesco, ver in spagnolo, to see in inglese. In spagnolo invece è identico in italiano, sempre visto. “ “Capito.” Fu il laconico commento del fratello, tutto fuorché desideroso di assistere ad una lezione di lingua spagnola, inglese, tedesca e italiana. Al suo fianco Capricorn si tolse l’elmo e salutò Mur, nel frattempo comparso insieme ad un pestifero bambino dai rossi capelli e due nei azzurri sopra gli occhi. Marta sospirò, se era in ballo tanto valeva ballare, dopotutto parlava (forse A1 forse A2, sinceramente sperava la seconda) tre lingue oltre alla materna peraltro tale anche di una altra persona. E poi, non era detto che il tedesco non le risultasse utile.. sì, per chiedere a Pandora se stava bene forse poteva andare bene.
“..Marta Marinelli. Mistress Marinelli?” Marta arrossì come un pomodoro a quel mistress e s’inchinò lievemente all’indirizzo di Mur che le si avvicinò e accennò un sorriso. “Mistress Marinelli, Mur of Jamir. Mur, mistress Marta Marinelli.” Marta accennò pure un sorriso, constantando sorpresa che la voce di Mur era davvero profonda. Beh, si disse nascondendo un sorriso, era l’Ariete Dorato, la voce profonda era un po’ d’obbligo. Perciò si costrinse ad allargare il sorriso e allungare la mano per stringere quella che Mur le aveva posto davanti. Dietro sentì Gregorio tentare di parlare con quel bambino e sorrise, non ricordava che il fratello avesse un livello di inglese così basso. E l’accento, poi! Accennò un inchino e si ritirò di alcuni passi indietro mentre l’altro, oramai era certa si trattasse di Ioria, ricominciava a parlare con Mur in una lingua che era quasi certa fosse greco, probabilmente antico. Proprio quella bestia malefica di cui appena aveva intravisto l’alfabeto era scappata nel linguistico, meglio sudare per il tedesco e lo spagnolo piuttosto che imparare addirittura un altro alfabeto.. poco lontano il Capricorno era appoggiato indolentemente ad una delle colonne, intento a guardare ora la serie di scale che portava al Tredicesimo Tempio ora la collina ai loro piedi. il Cancro invece si osservava con aria interessata le mani, ponendo particolare attenzione a quelle unghie lunghe che Marta gli stava invidiando dla profondo del cuore. Le sue erano infatti corte e visibilmente mangiate, di dimensioni ridotte a voler essere magnanimi. E ciò nonostante per una settimana avesse sopportato addirittura lo smalto!
Sospirò e si voltò, riprendendo a guardare con aria fintamente serena i due che parlavano.
Forse avrebbero dovuto salire le Dodici Case fino a Atena con tanto di scorta dorata o più probabilmente Mur li avrebbe salutati, sarebbe tornato con calma nei recessi della prima casa e così avrebbero fatto tutti gli altri otto cavalieri d’oro. Anche se sperava di poter dire a Scorpio, magari in greco così lo capiva, che era anche lei dello scorpione e che era nata proprio l’otto novembre, dopotutto era pur sempre il suo segno zodiacale. E per fortuna che non era del cancro, o durante la serie si sarebbe vergognata mortalmente - no, questo magari non lo poteva dire, c’era il diretto interessato vicino a lei. Ed era pure italiano!
Ma a differenza dei suoi sogni, la scorta dorata apparve eccome. Anzi, a dirla tutta cominciò ad essere un circo ambulante tra i vari cavalieri che parlavano di lei e del fratello, Gregorio che parlava con Kiki grazie a Mur e Ioria che traducevano e lei che camminava in silenzio, la testa chinata per osservare il suolo ai suoi piedi e le braccia sui fianchi. Un papavero in mezzo alle rose, pensò divertita, non era male rimanere in silenzio, almeno così poteva tentare di capire cosa l’avesse trasportata lì e soprattutto quando sarebbe ritornata a casa. Sospirò e rialzò per un istante la testa, mancavano ancora pochi gradini. Pochi gradini.. la frase di Crystal negli ultimi episodi le tornò in mente facendola sorridere. Pochi gradini e avrebbe saputo come tornare a casa, che vedere i propri sogni realizzati è bello ma dipende in che modo. Anche se forse, forse eh, era meglio essere Marta Marinelli, comune ragazzina di terza liceo piuttosto che Alyane, guerriera dall’animo indomabile perché forgiato dal dolore.
 
“Athena…Marta Marinelli… Gregorio Marinelli.. “ Parlavano in greco antico, ormai era assodato come concetto e lo dimostravano le uniche parole che aveva capito. Atena, nella persona di Lady Isabel vestita come sempre (una Striffenmaedchen-ragazza da marciapiede sarebbe stata più elegante pensò nervosamente Marta), fece un maestoso cenno e Ioria, o forse Micene non aveva visto bene, le porse la mano e le mimò l’inginocchiamento. Marta annuì e s’inginocchiò, rialzandosi subito chiese: “Excuse me, when am I allowed to go to my family? It’s important for my brother and I.” Atena strinse appena la stretta sullo scetto di Thule e guardò Micene, che annuì e le si avvicinò. Marta strinse le labbra e cominciò a pregare in silenzio che la risposta fosse quella che desiderava.. ti prego, ti prego..”You will stay here. “ No, non era quella che desiderava. “How long will I stay here?” Micene strinse la bocca, improvvisamente come una riga incolore. “For much time. “
Decisamente non era ciò che desiderava.
 Annuì e con la bocca secca stava per chiedere dove avrebbe alloggiato (in una casetta piccola con nessuno o al massimo un’ancella che le insegnasse la cucina, un paio di libri e sarebbero stati benissimo) quando la voce del Cancro la prevenne. E vista la faccia di Atena non poteva essere qualcosa di buono. Il Cancro le si avvicinò e le tese la mano sorridendo. “Signorina Marinelli, ha dei bagagli?” Marta lo fissò come se fosse improvvisamente divenuto un alieno. “No.” Il sorriso del Cancro divenne, se possibile, ancora più sfavillante. “Bene, di portarle le valigie fino alla quarta casa non sono il tipo.” Ovvio: lui era italiano, loro erano italiani, era ovvio che lui se li prendesse. Un po’ meno ovvia la richiesta del Capricorno di essere lui ad ospitarli e a ciò Marta si sentì come una pallina che rimbalzava tra due avversari. Alla fine però la spuntò il Cancro con la frase ‘insomma, sono italiani, ho il diritto e il sacrosanto dovere di aiutare i miei compatrioti.‘ frase che stupì i presenti, nessuno escluso. Marta alzò gli occhi al cielo e strinse la bocca: non si ricordava che Cancer fosse così altruista.
Quando arrivarono a quella casa, Marta spalancò gli occhi e rimase immobile sulla porta di casa. davanti a lei si stendeva ciò che s’indovinava essere un’ampia stanza, forse addirittura il doppio di una stanza normale e ammobiliata con mobili massicci e forse centenari. Bene, si disse osservando con sguardo desolato la cucina piena di piatti non lavati, il tappeto davanti alla TV e le poltrone messe a soqquadro, qualcosa mi dice che Alyane qua non esiste e al suo posto c’è solo Marta Marinelli, la quale per fortuna sa lavare i piatti.
 
 Sono passati alcune settimane, non tante ma sufficienti affinché Marta e Gregorio si ambientassero. Ora vivevano alla casa del Cancro, a proposito il diavolo non è come lo si dipinge: Cancer aveva lasciato che gli consigliassero alcuni film e un paio di musica nuova (nuova come i Jefferson Airlplane e i Doors..) e non gli aveva tagliato la testa per farne una nuova carta da parati. Almeno per adesso, pensò Marta mentre tagliava indaffarata le patate e gettava intanto uno sguardo al forno in cui Gregorio aveva sistemato tre cosce di pollo e a Cancer che leggeva indolente un giornale abbandonato mollemente sulla poltrona di fronte alla cucina. Che poi tale cucina risultasse essere solo un angolo del salotto invece di una stanza a parte, è un dettaglio secondario; un po’ meno secondario è il fatto che Gregorio stesse leggendo uno dei suoi soliti fumetti: Topolino (e pensare che Capricorn le aveva prestato l’edizione spagnola di Anna Karenina, recuperata grazie a chissà quale bancarella di libri usati, Calderon de la Barca in lingua originale e perfino alcuni romanzetti minori di Salgari che pareva avesse ottenuto negli anni ’80 un successo straordinario in Spagna! Basta, la prossima volta gli bruciava i Topolini piuttosto che farglieli leggere, era ora che si facesse una cultura!) tanto dopo doveva ancora lavare il bagno e meno male che c’era solo un bagno o sarebbe impazzita. Sospirò e si lavò le mani dopo aver infornato la teglia di patate con abbondanti spezie; doveva ringraziare Castalia per alcuni preziosi consigli, ovviamente tradotti da Tisifone peraltro conterranea di suo padre, tipo quello di cospargere le patate al forno di sale, olio e un pizzico di pepe o di origano: l’alloro era ovvio.
 Buttò l’ultimo pezzo di carta e afferrò la scopa per finire di pulire mentre rifletteva. Dopo che Cancer li aveva presi in casa, Capricorn aveva inspiegabilmente iniziato a frequentarlo e a parlarle in spagnolo e a prestarle libri dicendole con un sorriso gentile (secondo lei vagamente galante leggi seducente, ma farle la corte era tempo perso dato che cascava regolarmente dalle nuvole su questo argomento). Poi avevano conosciuto il resto dei cavalieri d’oro: Mur, il cui fratello Kiki s’era affezionato a Gregorio e veniva spesso alla Quarta Casa per giocare, Taurus, che cucinava in maniera impeccabile e soprattutto godeva nel vedere il loro sano appetito (tutte quelle scale avevano il puro scopo di far dimagrire secondo Marta o almeno di farti affezionare alla tecnologia che ti permette di parlare con qualcuno che magari abita sei case sopra), Gemini, al cui riguardo Marta aveva alzato perplessa un sopracciglio chiedendosi intimorita se non fosse ancora posseduto da Arles, Cancer stesso, (.. va bene, alla fine si era rivelato una persona decente, anzi perfino gentile certe volte) Ioria, gentile e quasi paterno nonché pazzamente innamorato di Castalia, (chissà, forse faceva le prove per i futuri bambini quando stava con loro) Virgo (.. no, qui non poteva dire, l’unica volta in cui avevano parlato era per chiedersi chi fossero), Dhoko di Libra, un vecchietto a forma di prugna avvolto in un impossibile chang-shan color ‘verde palude al tramonto ma non troppo’, Scorpio, peccato che fosse greco o altrimenti ci avrebbe parlato tutto il giorno, Micene, per fortuna ritornato in vita; persona educata e rispettosa, geniale col tiro coll’arco (dire che era prevedibile era un po’ un eufemismo), Capricorn, Marta sospettava che il suddetto la stesse non tanto velatamente corteggiando, Acquarius, un po’ freddo ma per il resto educato, Fish, essere simpatico ma solo quando non le chiedeva di essere magnificamente abbigliata e truccata, chè lei per ‘trucco e parrucco’ non vi era mai stata portata. Poi gli altri cavalieri che conoscevano erano Tisifone, simpatica e apparentemente normale non fosse per quei capelli verde elettrico, Castalia, simpatica ma giapponese e quindi impossibilitata a comunicare con lei, i cinque di Bronzo ovvero Pegasus, un po’ spaccone ma capace di ammettere i suoi limiti, Sirio, cinesino dagli occhi verdi come la sua armatura e dall’ampio tunicone violaceo, Andromeda, sensibile, fragile, incapace di essere un buon Cavaliere se non veniva prima mazzolato a dovere, Phoenix, un tantino infuocato e cupo ma lo conosceva solo di vista, Crystal, ghiacciato giusto un poco meno del maestro e il Gran Sacerdote Sion, un ragazzo (beh, per modo di dire, aveva duecento anni e passa ma grazie ad un dono di Atena non li dimostrava minimamente) dai lunghi capelli verdi e due curiosi occhi viola come una melanzana. E poi direttamente Atena, ragazzina sulle cui spalle pesavano come un macigno la responsabilità del mondo, della salvezza dell’umanità, il governo della sua mega azienda e la vita dei suoi paladini. Sì, aveva letto troppe fanfiction e ora si ritrovava in una di quelle. Anche se le avessero dato solo l’ambientazione senza nemico da sconfigere o sgradite sorprese tipo che lei era la reincarnazione di chissà quale dio o dea lei non si sarebbe offesa, eh.. ad un tratto Cancer alzò la testa perplesso e ripose il giornale sul tavolo basso davanti al mobile della TV e chiese: “Marta, non è che sta bruciando qualcosa?” Marta alzò le spalle e aprì cautamente il forno per guardare dentro vedendo che le cosce s’arrostivano lentamente e che le patate si andavano cuocendo senza problemi. Si raddrizzò e scosse negativamente la testa e Cancer riprese a leggere soddisfatto il giornale mentre Gregorio s’alzava e camminava distrattamente per la stanza cercando forse un altro libro.. poi una voce purtroppo ben conosciuta risuonò nella torrida atmosfera greca dell’autunno appena iniziato e Cancer alzò gli occhi al cielo imprecando in qualche sconosciuto idioma della Trinacria mentre Marta sorrideva radiosa e correva incontro al nuovo arrivato: Capricorn, probabilmente con un nuovo libro e con lo stomaco ovviamente vuoto; forse non era un caso che il suo arrivo coincidesse quasi sempre con l’orario del pranzo. Pensò infastidito Cancer mentre si rituffava nel giornale come un vecchio padre di famiglia e Gregorio alzava lo sguardo radioso per seguire la sorella. “Capricorn!” “Hola amigos, como estàis?” Marta sorrise e gli porse timida la mano. “Bueno, y tu?” Capricorn sorrise e avanzò con passo sicuro dentro la casa. “Idem. Y Cancer?” Marta indicò per tutta risposta una sagoma cupa seduta comodamente nella poltrona che non dava segno d’essersi accorto dell’ospite. “Està aqui. Quieres sentarse sobre el sofa?” Capricorn salutò allegramente Cancer che alzò appena gli occhi e dopo aver borbottato qualcosa di incomprensibile tornò a leggere. Frattanto Gregorio aveva aperto il forno e aveva annuito con evidente soddisfazione, segno che oramai mancava poco al pranzo; nel frattempo Capricorn e Marta s’erano seduti comodamente sul sofa e s’erano messi a parlare animatamente in spagnolo di libri e film.
“Uhm.. no, no pienso que Tolstoj sea feo, es solo muy dificìl para comprenderlo.. ahh, pero tu estàs hablando de ‘Vojnà i mir, guerra y paz.’ Sì, lo he leido in una semana, todo todo eh! A mi me gusta muchisimo el personaje de Andrea Bolkonskij, y su amor con Natascia Rostova, ella es asì bella.. uhmm… Dostoevskij, has dicho? He leido ‘Delitto y castigo’, como es en espanol? No, aquello que habla de Sonia y Raskolnikov. Lo siento, no recuerdo muy buen sus nombres.. Sì, sì, ah, he leido ‘Anna Karenina’ tambièn, en italiano y despuès en espanol, gracias, verdaderamente. A ti te gusta ‘El tonto’, escrito por Dostoevskij? En italiano es ‘L’idiota.’, el libro del Prince Myskin, recuerdas? .. sìì, a mi me gusta muchisimo, creeme cuando dijo que cuando terminè de leerlo piensè ‘Freud es nada, Dostoevskij es quien sabe como funciona lo espiritu y el alma.’ Nahh, he leido un poquito de Goddreck, que fue su alumno, pero nunca he leido algo por Freud. No tenià sus libros y non me gusta, no.. / No, non penso che Tolstoj sia brutto, solo molto difficile da comprendere.. Ahh, ma tu stai parlando di ‘Vojnà i mir, Guerra e pace’, sì l’ho letto in una settimana, tutto tutto! a me piace moltissimo il personaggio di Andrea Bolkonskij, mi piace il suo amore con Natascia Rostova, lei è così bella... uhmm.. Dostoevskij hai detto? Ho letto’Delitto e castigo’, com’è in spagnolo? No, quello che parla di Sonia e Raskonlnikov. Mi dispiace, non ricordo molto bene i loro nomi. Sì, sì, ah, ho letto anche ‘Anna Karenina in italiano e dopo in spagnolo, grazie veramente. A te piace ‘L’idiota’, scritto da Dostoevskij? In italiano è ‘L’idiota.’, il libro del principe Myskin, ricodi? Sìì, a me piace moltissimo, credimi quando dico che quando terminai di leggerlo pensai ’Freud è niente, Dostoevskij è chi sa come funziona lo spirito e l’anima.’ Nahh, ho letto un po’ di Goddreck che fu suo allievo, però non ho mai letto qualcosa di Freud. ‘ non avevo i suoi libri e non mi piace, no..” Cancer sbuffò violentemente e girò aggrottato pagina del giornale mentre Gregorio attendeva un momento di interruzione per domandare a Marta di tradurre ciò che intendeva chiedere a Capricorn. Frattanto l’aroma di patate al forno faceva crescere l’acquolina a tutti i presenti, compreso Capricorn che attendeva solo il momento giusto per chiedere di restare; se Cancer avesse saputo che prendersi in casa i due compatrioti significava ospitare regolarmente anche Capricorn a pranzo (e solo perché Marta studiava spagnolo, tedesco e inglese al linguistico!) li avrebbe poco elegantemente rifilati al primo che passava, fosse stato anche Gemini o Kanon. Intanto però conosceva un paio di cavalieri che si mangiavano le mani di non essere tedeschi o inglesi, peraltro abbastanza facili da riconoscere dato che Acquarius era francese e aveva un’inspiegabile simpatia per Gregorio ma nessun interesse per Marta, Gemini e Kanon erano greci purosangue e non nutrivano interesse verso Marta, Taurus era brasiliano e felicemente innamorato della cucina (motivo per cui sarebbe fuggito davanti a Marta che a malapena sapeva accendere il fuoco), lui stesso la trovava graziosa ma era troppo giovane (lui aveva ventiquattro ed era già morto e resuscitato almeno due-tre volte, lei quindici ed era una normalissima studentessa), Ioria che era innamorato di Castalia dall’asilo e mai ricambiato (manco un San Bernardo era così fedele..), Virgo che era indifferente alla questione, Dhoko che aveva addirittura duecento anni e passa, Scorpio che nella generale sorpresa s’era premurato di dire che poteva stare tranquilla (d’altra parte erano tutti grandi per lei, forse Pegasus o Andromeda..).. insomma, solo Micene aveva chiaramente perso la testa per Marta (sì, proprio quel Micene), ma del resto lui aveva la stessa età di Gemini, circa trent’anni, mentre Fish aveva ventidue anni e quindi era più.. come dire, più possibile da sposare. Invece i cinque di bronzo erano felicemente spariti e avevano instaurato con i due solo una cortesia formale mentre Atena sembrava incline a diventarle amica. Amica.. ma poi, come si fa a dire ‘ehi Atty, che ne dici di farci una pizza mentre ci vediamo un film?’ quando tale Atty è la dea Atena? D’accordo che la gente moderna fa fatica perfino a credere che posssa esistere, meno male che loro avevano accettato ciò senza problemi, ma adesso pretendere una simile familiarità.. no, questo era davvero troppo. Cancer venne disturbato da un fastidioso annuncio di Capricorn, o meglio la sua quasi inutile richiesta di potersi fermare a pranzo, dato che sentiva un odore stuzzicante.. e poi, la sua casa era lontano, Micene e Acquarius come cuochi erano qualcosa di.. beh, saltiamo l’argomento.. Cancer appiattì le orechie come i gatti e se avesse potuto avrebbe soffiato, ma non saltò addosso allo spagnolo per corcarlo di botte, gli piaceva molto quell’imprecazione, né lo spedì in Ade. Anzi, con un’aria da martire che neanche San Pietro, indicò rassegnato il tavolo. “Prego, Voscenza. “ aggiunse a denti stretti mentre Marta e Gregorio lo fissavano storto. Capricorn finse di non accorgersene e si sedette elegantemente accanto a Marta che stava intanto apparecchiando la tavola insieme al fratello. Subito a denti stretti C¬ancer domandò a Capricorn se si trovava a suo agio con evidente sarcasmo al quale però l’altro non rispose limitandosi a pregare devoto insieme ai due prima del pasto. Quella nuova usanza commuoveva e insieme infastidiva Cancer, mostrandogli se ci fosse stato bisogno della differenza tra loro in generale e quei due – una differenza che superava l’età e la nazionalità, una differenza che s’esplicava soprattutto in momenti come quelli in cui loro pregavano prima del pasto. Per un attimo nella mente di Cancer s’agitarono confusi ricordi di una mano gentile che gli insegnava come farsi il segno della croce, un sorriso caldo e sereno insieme ad una carezza paterna sulla fronte.. poi mosse la testa e quei brevi frammenti caddero di nuovo nel vuoto da cui erano stati resuscitati. “Allora, si mangia?” Capricorn annuì sereno e osservò divertito Marta che si osservava perplessa le mani per poi alzare le spalle e cominciare a divorare il pollo con un appetito che avrebbe fatto la felicità di chiunque mamma, presto imitata dal resto dell’allegra compagnia.
Dopo pranzo sia Capricorn che Marta decisero di continuare a dialogare imitati da Gregorio mentre Cancer decise di riposare un poco. Purtroppo però mentre si adagiava con somma delizia sul letto e chiudeva gli occhi sentì il campanello che aveva installato da poco suonare con tanta veemenza che per un attimo rimase perplesso se fosse veramente il campanello o piuttosto un nuovo tipo di tuono. Poi sentì nuovamente il campanello e la voce cortese di Marta che dialogava in inglese con una voce che, purtroppo dato il suo proprietario estremamente noioso e impossibile da sopportare, conosceva assai bene. Imprecando in stretto dialetto favarese e atteggiandosi a martire, Cancer uscì dalla sua stanza per ritrovarsi faccia a faccia con il fratello maggiore di Ioria ovvero il salvatore/santo/mito-per-tutti-i-cavalieri Micene. Una delle persone che sopportava esattamente come la sabbia nei sandali o la spiaggia piena quando volevi andare al mare e per ciò hai viaggiato almeno tre o quattro ore. Altro che la Maddalena, la spiaggia a soli otto minuti di macchina di Favara, verde e blu con la spiaggia lunga e chiara, perennemente piena di locali che chiacchieravano amenamente.. “Ciao Cancer, novità?” chiese disinvolto Micene mentre osservava con un tenero sorriso Marta che rimaneva in un angolo a preparare il caffè mentre Capricorn e Gregorio parlavano in italiano e spagnolo cercando di capirsi. Cancer alzò gli occhi al cielo e frenò le mani che stavano per serrarsi una volta per tutte al collo del povero greco ignaro di ciò che stava immaginando l’altro. “Bene, grazie, e tu?” rispose allungando volutamente il ‘tu’ quasi a farlo sembrare la cornetta del telefono. Micene aveva imparato due frasi d’italiano, giusto la presentazione e sperava così di far colpo sulla giovane Marta che studiava ancora? Giammai! Prima andava a corteggiare qualcun’altra, che Marta era troppo giovane, e poi soprattutto aspettava di trovare almeno una laureata invece di una studentessa. Ma Micene sorrise innocente e porse un mazzo di fiori di campo alla suddetta seguito dallo sguardo affilato come Excalibur di Capricorn, Gregorio e Cancer. “E’ per ringraziarti di aver insegnato a Castalia alcune ricette italiane, mio fratello e io le abbiamo gustate enormente.” Bofonchiò imbarazzato Micene istantatenamente tradotto da Cancer con un sorriso malvagio e infastidito. Ovvio, insegnavi a fare il pane e quello ti arrivava come se gli avesse insegnato a cucinare l’arancina. Perciò afferrò il mazzo di fiori e lo mise nel bicchiere di ferro che Gregorio gli porse in silenzio mentre sorrideva radioso e correva incontro a Kiki. “Kiki!“ “Gregorio!” i due s’abbracciarono e Mur sorrise mentre chiudeva la porta e s’avvicinava calmo a Cancer e Capricorn. “Good morning.” Augurò in inglese dato che si era stabilito di parlare italiano, inglese, spagnolo o tedesco se vi erano anche Marta e Gregorio e se i cavalieri sapevano dette lingue. Con sorpresa generale però, Mur si era sforzato di imparare qualche frase di inglese e il risultato lo si era appena visto. Per carità, l’accento magari poteva essere rivisto, ma nessuno era perfetto. Nel frattempo Kiki e Gregorio parlavano in inglese, Capricorn seguiva attentamente ogni mossa di Micene e Cancer e Mur parlavano mentre Marta preparava il caffè e tirava fuori dall’anta preposta un piccolo vassoio di ferro e ci disponeva sopra alcuni biscotti che comprava regolarmente Cancer al supermercato più vicino di Atene; quelli casalinghi erano finiti o comunque proibiti da usare per eventuali ospiti eccettuata Atena in persona e qualcuno del genere. Poi Cancer sentì la voce concitata di Marta scusarsi del caffè e dire che navrebbe preparato subito un altro e gemette interiormente mentre udiva Micene scusarsi e con tono galante proporsi per aiutarla. ‘Bedda matri mia, aiuta a chisto mischino figghio tuo..’ pensò depresso Cancer mentre vedeva Gregorio e Marta dialogare animatamente, Capricorn e Mur fissare in silenzio Micene che si scioglieva come burro al sole nel vedere Marta preparare vicino a lui un altro caffè.
Era deciso, il giorno dopo avrebbe preso i due ragazzini e li avrebbe portati con lui a fare la spesa, chi sa mai cosa poteva succedere durante la sua assenza.. tipo che Mur li ospitava per il pranzo e lui finalmente potesse trascorrere un pomeriggio in casa da solo.. un sogno che ultimamente s’era dissolto miserabilmente dietro un sorriso divertito di Marta e Gregorio che ‘sì, anche nostro padre diceva la stessa cosa, anche lui era favarese di origini materne, ma suo padre veniva da Agrigento ed era un ‘razza gialla’.. e non hai visto i nostri cuginetti, sono cinque ragazzini d’argento vivo, ma sono simpatici, vedrai, ti sarebbero piaciuti..’ beh, magari in casa d’altri (questo andava sottolineato) sì.
 Il giorno seguente, dopo che Marta aveva poco gentilmente rilevato la mancanza di biscotti e in generale di alimenti mangerecci nonché appetitosi, Cancer tra imprecazione e preghiere che rimanevano inascoltate li buttò giù dal letto e gli ingiunse di mangiare velocemente qualcosa che quel giorno sarebbero andati a comprare qualcosa. Andarono a piedi fino alla fine del Grande Tempio, dopodiché presero l’auto che Cancer nascondeva gelosamente in una rimessa di Rodorio, quel piccolo e ameno villaggetto ai piedi del Grande Tempio situato su una collina non tanto ripida quanto piena di templi e colonne di puro marmo greco: se lo chiamavano ‘Grande Tempio’ ci doveva pur essere un motivo. Arrivati nel centro di Atene, città puzzolente e confondente come tutte le capitali se non le sapevi girare, Cancer posteggiò la macchina davanti ad un poco rassicurante edificio in cemento armato con un’incomprensibile insegna luminosa decisamente poco rassicurante ovviamente in caratteri greci. Insegna che sia Marta che Gregorio fissarono perplessi mentre Cancer si dirigenva con nonchalance verso le porte scorrevoli, si girava e li guardava come a dire ‘beh, non entrate?’Marta e Gregorio si riscossero e facendosi forza a vicenda seguirono con aria ansiosa Cancer dentro il supermercato. Le navate piene di gente e prodotti da selezionare erano cose abituali, un po’ meno l’idea che Cancer non avesse idea di cosa comprare; e di ciò i due pestiferi diavolett- ahem, fratellini si approfittarono indegnamente cominciando dal cioccolato alle nocciole per finire alla pretesa pasta al pesto. Mentre i due confabulavano su cosa comprare e ogni tanto litigavano a Cancer pareva di essere finito per un qualche assurdo caso a fargli da padre. E di sicuro fare da padre a quei due era la punizione peggiore che qualunque dio potesse architettare, peggiore anche della morte. Beh, forse adesso esagerava, ma doverli riprendere esasperato mentre la gente si voltava incuriosita e perplessa a guardarli era veramente imbarazzante. E mentre di solito captava commenti tipo ‘Ma che bel ragazzo’ e ‘Me lo mangio con gli occhi’ stavolta sentiva solo ‘Ma quella è la ragazza?’ ‘Povero ragazzo, così giovane e già padre’ ‘Io credevo di essere l’unico, ma questo mi batte’ mormorò perfino un ragazzo sconcertato con in braccio un bambino piccolo che strillava a pieno volume, una bambina che si aggrappava con vigore alla cintura dei pantaloni e un bambino, evidentemente suo gemello che afferrava qualcosa dalle pareti e lo ficcava dentro il carrello. Cancer fissò annichilito le due pesti (P.C.A; Piccole Creature Antipatiche) che gli chiedevano perplesse se avessero finito il sapone, al che Cancer sbuffò, si passò una mano tra i capelli già irti peggio di un porcospino e gli chiese sperando d’azzeccare la risposta: “Quello per piatti?” Marta scosse la testa e Gregorio rispose: “No, quello per il corpo, tanto una doccia a settimana-“ “Magari, almeno sareste più puliti..” sfuggì ad un Cancer ormai seriamente deciso a rifilare i due a Mur.. accidenti, le altre volte erano sereni e tranquilli, prendevano ciò che serviva senza fare storie assurde tipo pretendere il cioccolato alle nocciole italiane o il pesto! Che stessero tramando qualcosa? “Ehi! Noi siamo puliti e poi queste cose non si dicono in giro, siamo in pubblico! Comunque, va bene questo neutro?” “Ma tua sorella- “ “Non mi piacciono i saponi tutti fiocchi e nastri, uno neutro e che costi poco, mi raccomando Pena!” “Ehh?” chiese Cancer sbigottito mentre i due si giravano all’unisono peggio di una marionetta e più inquietanti di It gli chiedevano seccati: “Beh, che c’è? Sicuramente hai visto ‘Hercules’, io sono Panico, quello verde con due lunghe corna e Gregorio è Pena, quello rosso e grosso.” Cancer fissò disperato l’orologio e li spinse velocemente verso le casse speranzoso nel prossimo ritorno a casa. Mentre attendeva contava frenetico i minuti e pur nel suo silenzioso pregare notò che i due s’erano adoprati fin da subito e la spesa era già perfettamente allineata sul nastro scorrevole sotto lo sguardo ammirato del commesso. Dietro di lui una giovane signora di circa venticinque anni lo fissava seccata mentre la signora davanti chiacchierava garrula come un pappagallo con il commesso in un evidente tentativo di corteggiamento. ‘Pure la signora in versione ‘sbav-sbav-sbav‘ mi doveva toccare.. ma bedda matri mia, che male ti ho fatto?’ pensò Cancer mentre riprendeva Marta che sussurrava qualcosa divertita in tono complice al fratello e la signora dietro sorrideva intenerita. “Sono figli suoi? Complimenti, sono davvero carini, di sicuro dei veri angioletti..” Beh, si disse Cancer vedendo i due sorridere imbarazzati mentre furtivamente uno dei due gli schiacciava inavvertitamente le dita non protette dai sandali, magari angioletti proprio no.. Comunque annuì e passò oltre tirando fuori il portafoglio da sempre magro mentre rapidi come saette i due prendevano ogni cosa via via che arrivava e le mettevano in apposite borse di stoffa che chissà come Marta era riuscita a cucire. Una volta fuori e una volta seminata la signora che evidentemente voleva complimentarsi ancora con lui per ‘i suoi adorabili bambini’ Cancer prese un lungo respiro e chiuse gli occhi per un attimo. Mai più, si ripromise mentre apriva gli occhi e apriva la portiera per andarsene, mai più. Nei sedili di dietro, Marta e Gregorio si diedero il cinque con un malvagio sorrisetto non visti.
Era fatta.
 
 Il giorno Marta chiese a Cancer durante la colazione se per favore poteva accompagnare Gregorio a comprare un paio di scarpe decenti dato che i suoi zoccoli erano vecchi e non aveva in generale scarpe ad eccezione di un vecchio paio di sandali usati che Tisifone per pietà gli aveva regalato. Cancer smoccolò qualcosa d’irripetibile ma Marta insistette e Cancer capitolò, a condizione che comprasse anche lei delle scarpe decenti dato che quei sandali azzurri e rosa erano veramente inguardabili; cosa del resto vera, ma glieli aveva dato Castalia e sia pure per affetto nei confronti dell’amica aveva deciso di usarli fino alla fine. Perciò rimase irremovibile e salutò Cancer e Gregorio con un gioioso sorriso, poi afferrò la radio, mise su un disco dei Doors (Morrison Hotel, veramente magnifico) e prese la scopa. “Forza, cominciamo a preparare una bella sorpresina.” E quando poco dopo avvertì il respiro ansimante dei due e li vide entrare con una borsa gialla di plastica con dentro delle enormi scatole per scarpe, sorrise e senza scomporsi minimamente gli indicò la cucina sopra cui bolliva un enorme pentolone che sarebbe probabilmente bastato per un intero esercito. “Gazpacho, mi ha dato la ricetta Capricorn.” E Cancer desiderò follemente di avere un posto prenotato in rianimazione; dopo quella brodaglia che bolliva sinistra l’ospedale era il minimo. Poi sospirò e si diresse verso il bagno per farsi una doccia veloce prima di pranzo. Una volta soli, Marta si avvicinò complice a Gregorio e gli sussurrò: “Fidati, ho preparato tutto.” il fratello sorrise e l’abbracciò, ma l’urlo di Cancer li colse del tutto di sorpresa. Poi venne direttamente Cancer, evidentemente esasperato: “Chi sta lavando i piatti?! Avevo appena aperto l’acqua e cominciato a preparare il tutto!” Marta e Gregorio chinarono il capo dispiaciuti e specialmente Marta domandò con un filo di voce: “Scusa.. non hai notato allora che tutto splendeva?” chiese delusa mentre rialzava la testa. E Cancer sentì come una fitta allo stomaco mentre vedeva Marta voltarsi e apparecchiare la tavola con gesti decisi. Non era giusto trattarla così, dopotutto era davvero una Piccola Creatura Antipatica, ma era anche una normale studentessa di quindici anni che si trovava catapultata in un mondo del tutto estraneo con un ex-assassino a farle da balia e altri guerrieri esperti come amici con cui parlare come se fossero anche loro studenti. Perciò s’intenerì e la fermò mentre poggiava la brocca in tavola. “Scusa, la doccia non era così importante. Grazie, Marta.“ Lei allora sorrise e a Cancer parve che fosse diventata un’altra – una persona adulta, matura e capace di pensieri anche abbastanza profondi, non solo una P.C.A. Perciò abbracciò i due come avrebbe fatto un padre e chiusero tutti gli occhi per sentire meglio l’illusione che per un attimo (ma i sogni durano qualcosa di più?) fossero finalmente una sorta di famiglia o cher almeno sentissero meno la mancanza di quella vera.
 Poi Marta riaprì gli occhi e sciogliendosi dall’abbraccio tolse il gazpacho dal fuoco e lo mise in una caraffa in modo che si freddasse e davanti allo sguardo perplesso di Cancer e Gregorio spiegò paziente che il gazpacho veniva tassativamente servito freddo. Ma bene, pensò Cancer alzando gli occhi al cielo, pure le ricette straniere le passa quello spagnolo.. e meno male che non le piace il greco e lo svedese o qua mi ritrovo un mucchio di ragazzi sbavanti che manco i ragazzini delle medie! “Cancer? Ecco, io volevo chiederti se mi puoi insegnare greco antico o moderno, insomma quello che parlate qui.”
Bedda Matri mia, ma proprio il cavaliere di Atena dovevo essere? Non so, il venditore ambulante? Tanto qua lo stipendio è da lumicino e l’armatura è pure invendibile..
Ma soprattuto, fa sì che Micene e Fish scordino immediatamente tutto, ti prego! La mia casa è linda e pulita (grazie anche a Marta e Gregorio), di pulirla perché un branco di nanetti scuri e bavosi ci staziona regolarmente non ho voglia!
Pensò Cancer mentre pregava febbrilmente che il sagittario e il pesce venissero fritti da qualche parte purché fosse lontano, molto lontano.. l’Islanda era ricca di vulcani e geyser, sia mai che Fish venisse colpito per disgrazia da qulche getto d’aria calda che altro la permanente o qualcosa del genere..
Poi si sedette a tavola e cominciò a mangiare mentre Marta e Gregorio parlavano animatamente.
Finalmente una vita normale senza più orridi pulli d’avvoltoio tra i piedi ma solo i due angioletti (non si commenta, non si commette omicidio..) di sempre; la clausola c’era: ‘di sempre.’
 
 
Tutto questo accadde un venerdì mattina e già il sabato avevano dimenticato ogni cosa. Anzitutto Cancer s’era risvegliato con l’occhio a mezz’asta e una lieve bavetta che scendeva lungo il cuscino: effetti collaterali di una sana bevuta con gli amici (d’accordo, quel vino francese era eccessivo) invece di una altrettanto sana dormita. Quindi la colazione era stata arrangiata dai due con uova, latte e biscotti invece che con marmellata (quella di fichi era finita, quella alle arance era gelosamente nascosta da Cancer in chissà quale anfratto della cucina e quella ai mirtilli neri era pietosamente rimasta nel cassonetto del vetro), pane, miele, burro e un salutare caffè amaro all’italiana, mica la brodazza che Ioria propinava come ‘caffè’ ogni volta che affrontavano qualche gradino. Colazione che era rimasta sul tavolo fino alle otto e mezza passate quando finalmente Cancer aveva fatto capolino dalla porta della sua stanza e con occhio allucinato si era trascinato sulla sedia più vicina mentre una vocina fastidiosa gli sussurrava ‘mii-seria santa, che razza d’esempio gli dai a ‘sti ciaravedda (capretti in dialetto agrigentino) ?’ e per concludere la mattina in bellezza, Capricorn non era passato per la consueta chiacchierata nonché pranzo a scrocco ma in compenso erano arrivati Micene con un altro mazzolino da campo ‘regalo anticipato per il piacere che mi da poterti guardare’, al che Marta aveva compreso tutto e aveva sbarrato gli occhi per poi rinchiudersi in camera e Fish con un enorme mazzo di rose rosse e bianche ovviamente avvolte nella carta bianca con un nastro azzurro scuro e un biglietto scritto con una grafia raffinatissima in un italiano corretto (apriti cielo, devo aver visto un asino che vola!) su una carta profumata alle rose. Neanche nei film si vedono certe robe, pensò perplesso Cancer mentre osservava orripilato quelle rose, ovviamente tagliate della lunghezza giusta, ovviamente senza spine, ovviamente dai lunghi e carnosi petali dischiusi al punto giusto: né boccioli né rose quasi sfiorite.. Dovrebbero vietare certe cose, pensò mentre s’immaginava la faccia di Marta diventare rossa come quelle rose. Forse glielo dovevo dire che i due sono cotti di lei, poi non capisco perché ma va boh, certe volte il destino è veramente incomprensibile, tra tutti proprio il greco ‘perfettino-più-che-perfetto scansati’ e l’Ikea dorata.. mentre andava così rimuginando, Cancer mise su un caffè e osservò ora di buonumore la compagnia. Capricorn parlava animatamente in spagnolo con Marta che diventava rossa e s’affrettava a correggersi, Mur osserveva divertito e benevolo il fratello e Gregorio che giocavano assieme, Fish fissava teneramente Marta mentre Micene lo vedeva come il fumo negli occhi a giudicare da ciò che vedeva. Con un profondo respiro Capricorn guardò l’orologio di sfuggita e mentre gli sfuggiva un fischio si alzava di scatto in piedi e scusandosi se ne andava con Micene e Fish al seguito ‘per faccende che riguardano le nostre case.’ Modo educato per dire che non avevano nozioni di economia domestica e non sapevano neanche passare la scopa e quel giorno era pure il giorno libero della domestica della nona casa quindi Micene doveva (almeno tentare, sia mai che fossse capace eh) di lavare i piatti. Cancer sorrise e salutò Mur con un sorriso di convenienza, l’Ariete Dorato non gli era mai risultato molto simpatico, prima di voltarsi e finire il caffè. Davanti allo spettacolo del mare che Capricorn le aveva così bene descritto, Marta sognava ad occhi aperti finché, dopo un breve consulto con il fratello durante il quale Cancer beveva ignaro della prossima tegola, non gli si rivolse chiedendogli di andare al mare. Cancer sgranò gli occhi e fece per dire qualcosa ma Gregorio lo prevenne: “Sappiamo già nuotare e siamo andati a Recco e a San Fruttuoso in Liguria, volevamo vedere com’è il mare greco sebbene papà dica che è meno bello di quello siciliano.. “ Touché. Cancer non alzò lo sguardo mentre poneva la tazza nel lavandino e faceva scorrere l’acqua, ma quando si voltò e gli chiese: “I costumi, picciriddi?” i due sorrisero trionfanti e capirono che era possibile. Ma Cancer guardò fuori dalla finestra e scosse negativamente il capo. “Non oggi però, è già tardi. E poi, saremo anche in Grecia ma ormai è autunno, siamo a settembre.. domani vi porto al mare, così ci vado anch’io.. peccato che non siate Cavalieri, avremmo potuto andare in Sicilia.. “ “Veramente papà ha detto che la Maddalena era diventata spiaggia privata-“ A queste parole Cancer si voltò con gli occhi sgranati e con la voce incredula domandò: “Che? “Marta annuì seria e così Gregorio, al che Cancer si voltò e abbassò le spalle. “Vestitevi, si comprano i costumi.. o ce li avete già?” Marta sembrò riflettere poi scosse la testa e sorrise gaia: “Io sì! Me lo ha dato Tisifone adducendo come ragione che le stava troppo stretto e senza un costume da bagno stare in Grecia è inconcepibile.” Gregorio la guardò storto prima di illuminarsi e ricordare che ce lo aveva pure lui, grazie stavolta alla generosità di Micene che gli aveva regalato, forse per ingraziarsi la sorella ma di questo non si può essere certi, un vecchio costume da bagno di Ioria. Cancer sorrise e li congedò con una pacca paterna sulla schiena. “Va bene, domani sveglia presto e pranzo al sacco, ricordate la crema solare!” Marta sorrise e subito si defilò a preparare lo zaino con tutto l’occorrente mentre Gregorio rimaneva pensieroso a guardare Cancer finché questi non se ne accorse e gli puntò i suoi occhi così scuri nei suoi. “Che c’è?” “Niente.. assomigli un po’ a papà.” Gli rspose arrossendo involontariamente Gregorio prima di correre verso la camera della sorella. Cancer rimase bloccato al mobile della cucina, le mani conserte e un sorriso che si spegneva sul volto. Infine si riscosse e mosse la testa come ad allontanare un sogno mentre con aria seccata si dirigeva in camera sua. “Quel caffè era troppo pesante..”
 Il mattino dopo i due furono svegliati alle sei da un Cancer insolitamente tenero e non sarcastico o beffardo ( per non dir di peggio) per recarsi mediante macchina e piedi alla spiaggia da sogno che si stendeva davanti al Grande Tempio. Spiaggia enorme, a forma di una luna piena che s’allargava nel mare, con un lato protetto da una serie di rocce molto alte che ai due ricordarono San Fruttuoso mentre l’altro sfumava nell’oliveto incolto che correva pigramente lungo i pendii scoscesi della montagna. E soprattutto, cosa in altri luoghi inconcepibile, VUOTA.
 Inutile dire che, messi gli asciugamani in un angolo in ombra e gli zaini poco lontano al sole, tutti e tre si lanciarono in acqua con allegre strilla come bambini. Gregorio avanzò cauto per poi piano piano mettersi in acqua, Marta dopo neanche tre minuti si gettò in acqua e con un piccolo strillo iniziò a nuotare e Cancer infine saggiò incerto l’acqua con la mano per poi prendere la rincorsa e saltare da una delle rocce ivi presenti tra lo sbalordimento di Marta e Gregorio che poi gli si avvicinarono e gli spruzzarono dell’acqua in faccia per poi affrettarsi a scappare senza tenere conto della forza di Cancer che li afferrò subito e gli spruzzò a sua volta dell’acqua. Poi Marta si allontanò vero l’altro estremo della spiaggia per nuotare con tutto agio mentre Cancer s’avventurava un po’ più al largo e Gregorio rimaneva attaccato alla spiaggia peggio di una cozza. Verso le dieci smisero di nuotare e mangiarono dei panini farciti con Philadelphia e salmone (brillante idea di Gregorio che adorava il salmone e il Philadelphia) mentre Cancer rimpiangeva il ‘pani ca meusa’ del suo paese (pane con la milza, piatto tipico agrigentino) o il ‘pane, sale e olio’ che usava degustare alla merenda. Dopo ne approfittarono per stendersi come giovani gamberi (o appunto granchi) sulla spiaggia al sole e scambiare quattro parole in tono annoiato e di estasi profonda per il mare che quel giorno era liscio come l’olio, per il sole che scaldava la pelle, per la sabbia bollente e le rocce nere e calde.. Qualcuno, come Gregorio e Marta, si addormentò, qualcuno invece, come Cancer, rimase sveglio a riflettere sui due e per la prima volta si chiese perché dovessero restare al Grande tempio quando avrebbero potuto benissimo metterli su un aereo qualunque e spedirli di corsa a casa loro. D’accordo che lo aveva deciso Atena, però.. Mah, probabilmente aveva visto un cosmo in loro o più probabilmente voleva vedere delle persone normali invece dei soliti Cavalieri, magari una studentessa liceale come amica era più possibile rispetto ad una Sacerdotessa – Guerriero con tanto di maschera, valli a capire gli dei.. Sìì, considerando l’egoismo di tale dea questa era l’ipotesi decisamente più attendibile. Poi i due si svegliarono e Cancer li gettò in acqua con un malvagio sorrisetto che venne afferrato da Marta e Gregorio come una sfida, tanto che i due lo afferrarono per le braccia e lo tirarono in acqua ridendo come pazzi. E sebbene il suddetto fosse Cancer, trascorse l’intero pomeriggio a nuotare con quei due senza porsi problemi tipo il perché della loro permanenza. ‘dopo, ci penserò ‘cchiu tardu’ pensò mentre ormai al tramonto riemergeva sgocciolante d’acqua dal mare e dopo aver dato una rapida occhiata al bagaglio richiamava i due all’ordine e li accompagnava in casa. “Domani faremo anche il bagno sotto la luna, se vi sarà bel tempo.” Promise con un sorriso mentre scompigliava i capelli a Gregorio e Marta rideva della grossa, spensierata e felice come solo un innocente può essere.
 Cancer mantenne la promessa e il mattino dopo, non ostante le imprecazione furiose consuete per lo spazzolino scomparso, il dentifricio esaurito, la crema solare da comprare e i letti da rifare, li portò di nuovo al mare dove però stavolta si trattennero fino alla sera osservando ammutoliti la luna sorgere sopra il mare come una pallida e meravigliosa dea che apra gli occhi e con delicati gesti si levi e dica ‘buongiorno miei sudditi’. Nella semi-oscurità, il colore nero e blu scuro del costume di Marta (rigorosamente intero con pantaloncino e scollatura al mento, era risaputo che Tisifone e la mostra di sé erano due cose inconciliabili ad eccezione dell’armatura) sfumavano l’uno dentro l’altro e perfino l’arancione vivo del costume di Cancer sembrava attenuarsi per poi scomparire dentro la sabbia. Rimasero tutti e tre così, un bicchiere di caffè in mano per Cancer (grazie all’idea del thermos che gli aveva confidato Gregorio) e molti pensieri in testa a guardare sorgere la luna accompagnati da una fitta chioma di nuvole lontane che quando la offuscavano permettevano a occhi attenti di scorgere alcune rare stelle dal mesto bagliore. Il mare sembrava un placido lago e le lievi onde che passando accarezzavano con fare sinuoso la spiaggia erano lo sfondo sonoro ideale per quella sera. Poi Marta si alzò e dopo un attimo di indecisione si immerse silenziosa nell’acqua che ora era leggermente fredda, presto seguita da Gregorio mentre Cancer levava lo sguardo all’insù come un figlio verso la madre. “Bedda Matri mia, proteggi chisti carusieddi. “ interruppe la (forse) preghiera e guardò con sul volto un lieve sorriso i due fratelli che ridendo giocavano fra di loro, strane sirene che scivolavano leste fra i flutti ora lenti e cadenzati. E mentre finiva il bicchiere, terminò la breve frase in un sussurro: “E aiutami. Che non conoscano mai cosa significa uccidere..” abbassò lo sguardo e ripose il bicchiere in capo al thermos di ferro per poi allungarsi rilassato sul bagnasciuga e chiudere gli occhi cullato dalle onde ora nere.
Nel cielo lontano, la luna sembrò annuire e con tuttavia un cenno di dispiacere ricoprì le stelle di un manto di nuvole per poi salire e contemplare il mare, le rocce e quei due bambini che nuotavano divertiti e eccitati eppure silenziosi mentre sulla spiaggia un uomo apriva pigramente un occhio e la fissava forse ripetendo in silenzio la strana preghiera di prima.
 
 Il mattino dopo portò con sé un glorioso mattino che tuttavia si nascose ben presto dietro una coltre di nuvole, esattamente come volevano fare i due fratelli. Cancer però li tirò giù dal letto e trascinando seco i due marmocchi (P.C.A. era ormai troppo gentile come appellativo) arrivò in cucina. Qui si fermò, preparò la colazione per sé mentre i due si cucinavano la loro (uova sode e latte con una fetta di pane; l’ideale era l’uovo alla coque sopra il pane poi scottato in padella) aprì l’anta dove teneva di solito il caffè. E qui vide una cosa che mai si sarebbe aspettato di trovare: un vassoio minuscolo pieno di.. Cannoli. Sì, su questo non c’era dubbio, pensò incredulo mentre cauto allungava un dito e ne afferrava uno. Sì, la crosta era pure artigianale e la ricotta era fresca; ricotta di pecora, esattamente come doveva essere sebbene fosse chiaramente comprata. Per un attimo rimase incerto sul da farsi, poi l’apparentemente innocuo solpo di tosse di Marta e Gregorio (mai una volta che facessero una cosa da soli, sempre insieme quei due) lo fece voltare come una molla, in mano ancora il cannolo. “La ricotta l’abbiamo comprata al supermercato, la pasta dovrebbe essere venuta bene.. mamma li faceva sempre in casa, qualche volta aiutavamo e così abbiamo imparato.. sono buoni?” Cancer rise e sebbene provasse una stretta al cuore gli allungò il vassoio. “Comu li faceva ‘a mamma mia. Chiste sunnu pezzi di Paradiso.” Confermò italianizzando il dialetto che ora gli saliva così familiare alle labbra mentre i due divoravano come giovani lupi quegli squisiti dolcetti.
Dopo la colazione si misero d’impegno a pulire la casa in special modo la cucina poiché Cancer aveva promesso (forse un po’ incautamente..) di insegnargli a cucinare qualcosa di agrigentino. Mentre passava la scopa sul pavimeto già lustro, Marta pensò con divertita perfidia alla folla che si sarebbe presentata non appena avessero finito di cucinare. Chissà cosa avrebbe fatto Taurus pur di farsi dare la ricetta, lui ch’era l’appassionato di cucina.. Poi un tuono riverberò nel silenzio della vita immobile come sempre e Marta alzò perplessa gli occhi imitata da Gregorio mentre Cancer sgranò gli occhi e incredulo correva verso l’uscita intimandogli di restare dentro la casa. Che accidenti era quella nuvola scura che all’improvviso aveva coperto il sole?
  Thud.
Per un attimo pensò che aveva visto troppe volte ‘Indiana Jones’, poi vide due sinistre figure librarsi in aria come orridi avvoltoi e sospirare di soddisfazione come finalmente libere.
  Thud.
Alzò un braccio e l’armatura lo rivestì mentre sentiva di nuovo il familiare sapore del sangue in bocca: mai mordersi la lingua. La fredda consapevolezza della battaglia lo travolse e chiuse per un istante gli occhi mentre alle sue spalle iniziava a dipingersi un ammasso nero e sinistro.
 Poi riecheggiò una voce ardita e fredda, una voce già udita la cui proprietaria doveva essere tuttavia morta da un pezzo.
“Athena! Cedimi i contenitori degli Dei Gemelli!”
Pandora?!
 Dunque la Sacerdotessa degli Inferi, comandante in capo degli Specter e sorella minore di Hades, non era morta? Cancer non esitò e contattò mentalmente gli altri cavalieri i quali gli intimarono di restare al suo posto e se necessario difendere i due ragazzi, dato che altri non c’erano. Frattanto Pandora era apparsa alla Prima Casa per lasciare con aria sardonica un messaggio ed era subito svanita in un baluginare di nebulose stelle, tanto da far dubitare Mur della sua effettiva apparizione. Poi, quando si convinse che non v’era più traccia alcuna di Cosmo estraneo, si permise di chinarsi e raccogliere quel sinistro foglio piegato maldestramente in quattro il cui contenuto temeva e desiderava al tempo stesso. Foglio che conteneva solo quattro parole.
“Cedimi quei due ragazzi.
Pandora.“
 
 La sala delle riunioni alla Tredicesima Casa era ampia e maestosa con quel tappeto rosso che si srotolava lungo la sala dalla porta fino al trono di Atena o nel caso della sua assenza del Grande Sacerdote, ma a Cancer pareva una gabbia e ai due ragazzini spauriti che gli si aggrappavano come ad una madre probabilmente incuteva solo una paura folle. Infastidito e nervoso, allontanò brusco le mani umide di sudore di Gregorio dalle sue e sembrò scrollarsi di dosso il tocco ansioso di Marta che già si stava dondolando nervosa sui piedi.”Adesso basta, comportatevi come ragazzi, non siete bambini. E non rompetemi le scatole o vi fraccagno di mazzate.” E comunque lui non era mai stato un tipo tenero, ma questo non glielo aveva ricordato a sufficienza durante l’ultima settimana. Marta sgranò gli occhi e tolse offesa la mano da quella di Cancer per prendere quella del fratello. “non ti preoccupare, Greggi, andrà tutto bene. Vedrai che adesso si risolve tutto, basta solo aver un po’ di pazienza e dopotutto non saranno cavalieri solo per bellezza, no? Vedrai, quello di stamane è stato solo uno spiacevole incidente..” Gregorio annuì e abbassò lo guardo, improvvisamente affascinato dalle piastrelle in marmo. Ma sua sorella pensava davvero che un discorso del genere lo avrebbe rassicurato? Insomma, erano sotto minaccia di chissà chi, Cancer aveva finalmente svelato la sua faccia sadica/violenta/malvagia (non che ardessero dalla voglia di vederla, però..) e adesso dovevano stare lì dentro per chissà quanto tempo mentre Atena rifletteva se lasciarli andare (cosa improbabile ma meglio sperare comunque nell’impossibile) o farli rimanere sotto scorta armata. Ora che li vedevano con le loro armature, i dodici cavalieri d’Oro che prima erano solo degli amichevoli o fastidiosi conoscenti sembravano appartenere ad un altro mondo: un mondo più crudele, un mondo più deciso, un mondo in cui loro non avevano parte se non la minaccia di morte.
Mah, forse così era esagerato, però..
Finalmente Atena alzò il capo e ergendosi in tutta la sua statura (uno e sessanta se era tanto ma comunque la sua figura la faceva se era seduta sul trono) comunicò in tono fermo qualcosa di incomprensibile ma che fece impallidire Cancer mentre tutti si voltavano e con espressioni diverse li osservavano. Gli occhi verde cupo di Capricorn si fissarono in quelli di Marta e per un istante ci furono ricordi stesi fra di loro (i pranzi che non sarebbero più stati così spensierati, le risate per qualche errore di lingua, i libri da prestare e ridare come se fossero stati entrambi due studenti) poi Capricorn abbassò gli occhi e si mise a guardare il pavimento ai suoi piedi mentre gli occhi distaccati di Virgo prendevano il suo posto. Marta sbattè le palpebre e quasi impercettibilmente lo vide annuire. Taurus, il gigante buono che rideva benevolo vedendoli mangiare di gusto la sua cucina, Gemini e Kanon che sia pure solo formalmente erano risultati simpatici sebbene fosse difficile distinguere quale fosse l’uno e l’altro, Ioria che vedendoli forse vedeva i fratelli che lui e Micene non avevano potuto essere, Dohko che guardava sempre con piacere quei due teppisti che portavano una fresca ventata di gioventù dovunque andassero, Scorpio che guardava con affetto la sua ‘Scorpioncina’ come amava definirsi (peccato che il greco di Marta fosse allo stesso livello del suo italiano), Micene che guardava con occhio incredulo e atterrito Marta mentre si chiedeva angosciato ‘perché’ (Gregorio evidentemente non valeva un granché), Acquarius che sia pure glaciale come al solito pensava con rimpianto ai pomeriggi che erano passati senza che lui fosse andato da Gregorio a parlare francese (glielo voleva insegnare visto che gli piaceva, poi tra un motivo e l’altro non era mai andato), Fish infine che con occhio triste proprio da pesce li guardava pensando al mazzo che gli aveva dato giusto pochi giorni prima, Sion che abbassava distaccato le spalle e pensava con amarezza alla gioventù così spesso sacrificata ad Atena... perfino Atena sembrava intristita, al punto che non riusciva a sopportare lo sguardo incredulo e attonito dei due ragazzi. Per certe cose non c’è bisogno di traduttore, pensò Marta con desolazione mentre si guardava attorno, la mano ancora stretta infantilmente a quella di Gregorio. Possibile che la sua vita dovesse concludersi in quel modo? Stretta come un animale in gabbia, in un mondo che non le era proprio in un modo che le attanagliava le più intime fibre dell’anima.
Stranamente le ronzava in testa la canzone ‘In the End’ dei Linkin Park che suo fratello aveva sempre odiato. “Cancer, adesso cosa si fa?” “Si torna a casa, mocciosi. D’ora in poi sono la vostra guardia del corpo, la sacerdotessa di Hades ha reclamato i vostri corpi e bisogna che qualcuno vi difenda.” Gregorio abbassò la testa e pensò con amara tristezza a quando vedeva a casa ‘I Cavalieri dello Zodiaco’ e tutto emozionato ci giocava con i pupazzetti che gli aveva fatto la sorella. Non aveva mai letto le fanfiction che piacevano tanto a Marta, né si era mai vestito come loro per giocare, eppure in qualche modo era lì, nel loro mondo e adesso i cavalieri combattevano per difendere l’umanità. ‘Ti è piaciuta la parentesi? Bene, adesso si fa sul serio.’ Ecco, più o meno si sentiva così.
Marta invece percepiva tutta l’inadeguatezza del suo ruolo: un conto è giocare e inventarsi un personaggio, una magnifica guerriera che combatte magnificamente ed è pari ai cavalieri d’oro, un conto è trovarsi nel loro mondo come normalissima studentessa quindicenne del liceo. E questa cosa non le andava nè su nè giù. ‘Almeno, mandatemi con un Cosmo invece di essere pure la presunta reincarnazione di Artemide (gli dei gemelli sono Artemide e Apollo – no, devono essere Thanatos e Hypnos, ho sentito i loro nomi e vicino i nostri..’ Cancer alzò lo sguardo e con un cenno del capo portò fuori i due mentre gli altri cominciavano a parlare animatamente.
“Ragazzi, ora vi spiego tutto. Mi raccomando, non dimenticatelo.” E così Cancer narrò ai due stupefatti ragazzini chi era Hades, chi erano Hypnos e Thanatos, Pandora e gli Specter... Spiegò che ogni duecento anni, dal 1500 circa, Atena e Hades si affrontavano in una guerra mortale detta ‘Guerra Sacra’, al che Marta annuì come se già conoscesse tutta la storia mentre Gregorio la guardava storto, come l’ultima guerra sacra contro Hades fosse stata appena combattuta e finalmente vinta e come ora Pandora fosse evidentemente tornata. Alla fine Marta sollevò appena lo sguardo e chiese con voce fievole: “Sì, ma perché noi?” a questa dolente domanda Cancer non seppe rispondere. Allora Gregorio incrociò le braccia e guardò i monti con il riflesso lontano del mare. Sole, mare, rocce e ora anche radi alberi, ecco cosa era la Grecia lì. Guardò lontano, come a salutare almeno col pensiero i genitori che da mesi ormai non li vedevano. Ma alle sue domande inespresse rispose solo il beffardo vento che ora gli scompigliava i capelli con accenti quasi di derisione.
Lontano, la sua infanzia veniva mozzata di colpo e veniva precipitata in una guerra di cui era il fulcro.
Marta guardò il mare ricordando accorata la sera in cui s’erano bagnati sotto la luna nel mare. Era stata una sera magica, ammaliante come poche cose al mondo. Non ci sarebbero più stati pomeriggi annoiati sotto il sole ancora torrido, mattine lente e quasi noiose in cui lavare i piatti era una delle cose più orribili del mondo, pranzi con lo scroccatore ispanico a godersi il pasto sotto lo sguardo infastidito di Cancer..
Com’è difficile vivere un altro mondo all’improvviso.
Pensò malinconica mente uno sbuffo scherzoso di vento le scompigliava i capelli più disastrati di un porcospino.
 
Si vive ogni giorno, eppure ogni giorno è qualcosa di snervante.
No, non disse così un poeta.
Ogni giorno è unico,
ogni giorno è irripetibile ma io vivo come sigillato,
chiuso dentro un mondo che all’improvviso mi si è stretto attorno togliendomi il fiato.
Io non credevo di essere dentro un gioco, per me era una vita un po’ estranea e tuttavia carina, e adesso?
Adesso?
Adesso vivo in una gabbia, preda di un mostro che non conosco se non per sentito dire..
Cosa diamine è successo?
 
“Marta..” “Sì?” “Pensi che torneremo al mare? Io ho paura di come si possa evolvere la situazione, già siamo bloccati in casa di Cancer per paura di Hades..” “Non ti preoccupare, Cancer e gli altri mica sono cavalieri per niente.. Avranno sofferto come cani e lottato come tigri per quell’armatura ricoperta di sangue, ma adesso lotteranno ancora e ancora e proteggeranno l’umanità, altrimenti Kurumada ha sbagliato tutto!” “Hahah.. già, ma ripensandoci mi chiedo se non lo abbia fatto..”
 
Tu non sai la paura che mi attanaglia, a mala pena riesco a dormire la notte.
Ogni volta mi sveglio affannata, il respiro mozzo e la paura nel sangue.
Però non dovrei dirti queste cose, fratellino, non dovrei ma è più forte di me!
Vorrei proteggerti come facevano con noi mamma e papà, sono tua sorella maggiore eppure non ci riesco!
Posso solo restare a guardare e pregare che non accada niente, che tutto si fermi e ritorni così com’era prima..
Vorrei portarti via, vorrei scappare con te lontano e tornare da mamma e papà..
Talvolta mi sveglio ansante e fatico a calmarmi, la notte che prima era così bella ora è un incubo
Che torna ogni giorno..
Vorrei tenere per me tutto questo, ma so che non riesco e che tu conosci le mie parole.
Ed eccoci qua, due fratelli che si tengono per mano nella speranza che la tempesta passi oltre e non li noti.
Ho paura, Greggi, ho paura!
Eppure non posso fare niente..
 
“Credi che torneranno i prati?” “Che razza di battuta-“ “Esatto, mi dispiace che sia venuta male, volevo farti ridere-“ “Guardala così, almeno hai materiale per scrivere una storia sulla Seconda geurra mondiale.“ “Già, non ci avevo pensato.. hahaha, che divertente.. “ “Già, mi sto strozzando dalle risate.”
 
 
Will we die?
No, no y no!
No lo quiero, no ahora que estoy iniciando de amar esta vida.
y.. ahora.. que puedo hacer?
Sì, estoy piensando en espanol, ingles y alemàn..
Mein Gott, warum sind wir hier?
Warum?
Kannst du uns hören?
Kannst du uns helfen?
Du bist meine Hoffnung..
 
(Moriremo?
No, no e no!
Non lo voglio, non adesso che sto iniziando ad amare questa vita.
E.. adesso.. che posso fare?
Sì, sto pensando in spagnolo, inglese e tedesco..
Mio Dio, perché siamo qui?
Perché?
Puoi udirci?
Puoi aiutarci?
Tu sei la mia speranza..)
 
Passarono i giorni in una lenta e alienante cantilena di ore. Ore lunghe, monotone e asfissianti in cui era possibile solo pulire ossessivamente la casa e cucinare per evitare di perdersi in pensieri inutili tipo ‘forse non mangerò questa pasta che cucino, forse attaccheranno prima.’ Era così che vivevano le popolazioni in guerra? Momento per momento?
Sì, pensò cupa Marta mentre infornava un gateau di patate preparato da lei congiuntamente al fratello (Cancer ormai era sempre assente per quel discorso), la vita deve essere vissuta giorno per giorno, istante per istante, perché se non sai se l’istante esiste per te afferri bramoso l’istante che vivi adesso. Si consumarono le ore, i giorni, le settimane fino ad arrivare ad un mese e mezzo da quando Pandora aveva minacciato Atena; ormai se fosse davvero successo qualcosa forse Marta e Gregorio sarebbero stati in fondo più sereni piuttosto che rimanere impotenti dietro quello schermo di forzata immobilità che li faceva spasimare per un po’ di movimento.
Mentre si tirava su e prendeva una tazza per bere un po’, Marta avvertì come uno spiffero gelido e seccata si diresse verso la porta distrattamente aperta per chiuderla, eppure lo aveva già detto a Cancer di non lasciare aperta la porta.. poi quello spiffero diventò un freddo vento aromatico e Marta rimase immobile, costretta suo malgrado a rimanerlo mentre sentiva qualcosa di nero, di oscuro, di malvagio infilarsi dentro di lei e come una persona che si provi un abito rigirarsi dentro la stoffa, dentro di lei, aggiustarsi le maniche e decidere se la cintura va bene. Volle voltarsi e correre, ma scoprì con orrore che le era impossibile mentre quel qualcosa sorrideva e allungava le sue membra ripugnanti dentro le sue come un’essenza fin’allora nascosta.
“Athena..”
 Sussurrò con bramosia la voce di Marta mentre voltandosi vedeva Gregorio dibattersi violentemente dentro una nuvola color dell’oro. Finalmente si rialzò e sulla fronte gli comparve una stella a cinque punte dorata che pareva un sole minaccioso. Marta sorrise e tese la mano verso il fratello, dicendogli con voce profonda: “Bentornato... Hypnos.” A sua volta Gregorio sorrise e strinse la mano.
“Ben arrivato.. Thanatos.”
 Ci fu uno schianto, un lampo di luce e quando tutto ridivenne chiaro Cancer e altri cavalieri erano lì, i pugni stretti e l’occhio pronto a mirare. Ci fu un attimo di silenzio interrotto solo dalla distaccata risata di scherno di Marta mentre Gregorio pareva alzarsi e diventare più alto, gemello dai diversi colori della sorella sulla cui fronte comparve così come per Gregorio una stella nera a cinque punte che pareva un marchio d’infamia. Nel frattempo Gregorio sorrise freddo e agitando noncurante una mano in aria trasformò l’ampia maglia che indossava e i pantaloni in una tunica simile a quella della sorella ma con i bordi di un oro invecchiato e reso pesante dagli anni.
“Buongiorno cavalieri di Atena, come vedete abbiamo ripreso ciò era nostro senza che fosse necessaria questa accoglienza da parte vostra.” Cancer strinse i pugni e avanzò di mezzo passo prima che la mano ferma di Mur lo trattenesse e gli dicesse: “Aspetta, attaccheremo tutti insieme. Avremo più possibilità di salvarli, sempre che sia possibile. In ogni caso, preparatevi cavalieri!” ci fu un movimento unisono e i restanti otto comparvero, pronti alla lotta per difendere l’umanità e quei due ragazzi che loro malgrado avevano imparato ad amare. Marta rise sprezzante e scrocchiò le nocche delle mani mentre Gregorio la guardava con sufficienza: “Non essere precipitoso, Thanatos, ragiona sempre. Ricordi l’ultima volta?” Marta lo fulminò con lo sguardo e ghignando come un diavolo alzò lentamente un braccio: “Non ti preoccupare, stavolta nessuno mi imprigionerà. Nessuno.” Ripeté, il braccio ora levato nella posizione dell’Excalibur di Capricorn. Prima però che riuscisse ad abbassarlo, Ioria e Scorpio s’erano mossi fulmineamente e avevano scagliato i loro colpi mentre Virgo levitando cercava di strappare l’anima di Thanatos dal corpo di Marta e Mur alzava le braccia per attaccare insieme a Capricorn e Micene colei che un tempo si chiamava Marta; Gregorio guardava con vaga indifferenza la sorella attaccata da ben sei cavalieri e disinteressandosi degli altri sei che preparavano le armi e con coraggio (folli umani, non avete compreso ciò che sono diventato!) si lanciavano all’attacco per salvarlo ma lui mosse con aria di sufficienza un dito e una barriera invisibile che pareva vetro eppure non lo era si formò tra lui e loro, permettendogli di guardare con tutt’agio la sorella che combatteva. “Divertente.. Bravo, Thanatos.. Se non altro, sei migliorato dall’ultima volta.” Commentò sarcastico mentre Marta allontanava con un brusco cenno del capo Scorpio che cadde riverso sul pavimento per poi avvicinarsi scivolando elegantemente sul pavimento quasi come privo di consistenza. “Stavolta non sono stato imprigionato, non trovi?” ”Di certo non sei stato malaccorto..” sorrise freddo Gregorio mentre incrociava le braccia. “Chissà dove sono gli scacchi..” Aggiunse, lo sguardo perso dietro lontani ricordi. “Già, quel maledetto Cavaliere del Cancro ci ha interrotto.. che ne diresti di divertirci giusto un pò?“ Marta scrocchiò minacciosa le nocche e si mise in posizione d’attacco mentre Gregorio al suo fianco disincrociava le braccia e guardava con aria di superiorità i cavalieri a lui di fronte. “Umani.. cosa credete di fare ora?” “Quello che abbiamo sempre fatto: combattere affinché la malvagità non governi l’umanità!” rispose in tono fermo Micene mentre incoccava la freccia nell’arco e si preparava a scoccare; al suo fianco, Gemini gli scoccò un’occhiata preoccupata e strinse i pugni: le loro speranze erano riposte in quella freccia portatrice di luce che forse poteva operare un miracolo e distaccare l’anima di Thanatos dal corpo di Marta e ripetere ciò per Gregorio.
 La loro concentrazione fu spezzata dalla risata di scherno di Marta, ormai totalmente fuori d aogni controllo umano; al suo fianco Gregorio tremò mentre mentre gli occhi e i capelli diventavano oro puro dalle mille splendide sfumature. “Umani! Siete solo carne, carne come quella che mi ospita, cosa pensate di fare contro di noi? Contro la Morte e il Sonno, contro gli Dei Gemelli? Non volete raggiungere i vostri cari? Allora abbandonatevi a questo! Terrible Providence!” urlò trionfante Thanatos senza ormai nascondersi dietro il volto di Marta che stava assumendo lineamenti più fermi, marcati eppure aggraziati e sottilmente sensuali mentre la tuta blu scuro si tramutava in una tunica nera con larghi bordi blu scuro che pareva quasi velluto nero tanto era scuro e i capelli le diventavano lunghissimi e neri; simile cosa avvenne negli occhi. Anche il volto di Gregorio cambiava ma era come visto attraverso le palpebre di chi ormai esausto e accecato dal sonno tenti di guardare qualcosa e ogni volta nota che v’è un particolare nuovo. Cancer si rialzò e stringendo i denti rimise in piedi bruscamente Scorpio che lo guardò stupito. “Grazie.” Cancer annuì e si volse, il cosmo che ribolliva ansioso di scagliarsi contro quella coppia beffarda e sfuggente. Ad un tratto Thanatos smise di ridere e i tratti del volto sembrarono ondeggiare per poi ricomporsi quietamente in quelli di Marta e i capelli neri da signora oscura tramutarsi di nuovo in quelli consueti marrone scuro. Gregorio guardò vagamente preoccupato la sorella e fece per accorrere in suoi aiuto ma ratto come un fulmine comparve Ioria davanti a lui che lo colpì piuttosto duramente mentre Scorpio, Taurus, Micene e Fish lo aiutavano scagliando ogunno il suo colpo segreto. “Bisogna sigillarli di nuovo o tutto questo sarà stato vano!” disse con tono freddo Virgo mentre finalmente apriva gli occhi e come una cascata riversava addosso a Marta un colpo d’inaudita potenza. In seguito nessuno riuscì a ricordare esattamente cosa fosse successo a Thanatos e Marta, l’unica cosa certa fu che Gregorio respinse i colpi dei cinque cavalieri d’oro ma poi si fermò e come ferito svenne sul pavimento mentre uno spirito di luce dorata si toglieva dal suo corpo e si avvicinava a Marta che nel frattempo aveva espanso una sorta di cosmo alla cui vista tutti sgranarono gli occhi sbalorditi.
 Poi ci fu un lampo di luce bianca come la neve e quando poterono finalmente riaprire gli occhi, Gregorio era svenuto sul pavimento apparentemente senza ferite e loro stessi erano abbastanza in forze. Immediatamente Fish e Micene si misero a cercare Marta; Cancer ristette come inebetito mentre Ioria gli si avvicinava in silenzio e Scorpio chinava impotente il capo.
“Marta! Marta!“ Cancer scosse in silenzio il capo e Taurus s’inginocchiò incredulo. “Marta..” sussurrò Fish mentre stringeva una rosa rossa in mano così fermamente che le dita gli si macchiarono di nastriforme sangue vivido. Al suo fianco Micene si fermò come arrestato da una forza superiore e voltandosi bruscamente vide Fish abbassare rassegnato il capo.
“E’ morta.” La voce fredda di Cancer riportò tutti alla realtà e li costrinse ad ammettere ciò. “Ma perché l’ha fatto?” chiese con la voce suo malgrado incrinata Fish mentre s’inginocchiava accanto a Gregorio che Acquarius aveva nel frattempo preso in braccio per accompagnare a dormire nella sua stanza. Cancer scosse la testa e all’improvviso il ricordo dei suoi occhi ammutoliti dopo la riunione gli tornò in mente. Marta aveva degli stupendi occhi verde azzurro di varie e gaie tinte che si frammischiavano in un magnifico arcobaleno bi – tonale, ma quel giorno erano così addolorati e sbigottiti da apparire grigi. “Non vi sono ragioni spiegabili. Forse l’ha addirittura fatto incoscientemente.. ” aggiunse prima di raggiungere Gregorio in camera e togliendosi il diadema accarezzargli pensoso la fronte dove era scomparsa la funesta stella.
“Che prezzo può avere la libertà?” chiese retoricamente a Acquarius intento a raffreddare i polsi di Gregorio. Difatti costui scosse impercettibilmente la testa e aggiunse dolce: “Non è possibile deciderlo.. ora lui è libero, forse perdere Marta valeva davvero questo..” Cancer volle agiungere qualcosa, poi si fermò e con un gesto stanco si allontanò seguito dallo sguardo vigile di Acquarius.
“Perdere Marta non valeva ciò, sappilo.” Disse Cancer ormai sulla soglia prima di voltarsi e andarsene.
 
E ora che ho bisogno di te, dove sei?
Mi hai promesso il tuo aiuto per sempre, sorellina,
e adesso?
Adesso che sono solo, chi chiamo?
Cancer?
No, Io ho bisogno di te, Panico.
Hai mai visto Pena senza Panico?
Hai mai vissuto senza che ci fossi io al tuo fianco?
Eh?
Ma allora, perché adesso non sei qui?
Perché non mi rispondi?
Marta..
Votre frère est ici et veut vous parler,
pouvez - vous l’ècouter?
Ma soeur...
I lost you and
I miss you..
( tuo fratello è qua e vuole parlarti, puoi ascoltarlo?
Sorella mia..
Ti ho perso e mi manchi.)
 
Così ragionava inebetito Gregorio mentre piano riapriva gli occhi e scorgeva il bianco soffitto stendersi immoto sopra il suo capo. Al suo fianco Acquarius alzò appena la testa dal libro che leggeva e sorrise sollevato. “Gregorio, comme ça va?” Gregorio sbattè perplesso le palpebre poi sorrise e annuì. “Bien, merci Acquarius. Et toi?” Acquarius accennò di sì con palese soddisfazione e ripose il libro ai piedi del letto. “Toi.. est.. ici et no aller avec moi, claire?” Gregorio annuì, era evidente il tentativo di Acquarius di farsi comprendere.
“Ma soeur.. Marta.. where is she? Donde està? Ma soeur Marta, Marta-” Acquarius abbassò il capo e fece capire di aver compreso, difatti strinse un pugno e la sua voce risuonò fredda, chiusa; perché suo malgrado quella ragazzina l’aveva amata come si ama la sublime ingenuità della giovinezza che non si abbia mai conosciuto. “Elle est.. “ “Mort?” Domandò con gli occhi sbarrati Gregorio mentre subitaneamente il suo volto assumeva una tinta quasi cadaverica. Acquarius non potè far altro che annuire desolato e cercare imbarazzato delle parole abbastanza sincere e che non lo costringessero a parlare troppo, ma scorse gli occhi di Gregorio e si fermò. “Ta soeur, Marta, est morte, oui. Pour vous aider.” Gregorio sgranò gli occhi e tutto concitato scese dal letto con gli occhi gonfi d’amore e dolore. “Marta.. est.. mort?! Je ne comprends pas porquoi! Martaa!” gridò mentre si rigirava sul letto e scoppiava in un pianto dirotto Gregorio. Frattanto era comparso Cancer con un thermos di caffè bollente e un sacchetto di biscotti che appena vide Gregorio in quello stato alzò gli occhi al cielo e depose sgarbatamente il suo carico sulle braccia di Acquarius. “Porquoi-“ “Fatti gli affari to’, cumpareddu:” gli disse a denti stretti mentre posava una mano sul capo sussultante del misero e con un sospiro cercava di consolarlo. “Gregorio..” “Lasciami, non hai protetto Marta! Non l’hai aiutata, perché.. perché.. perché è morta, dannazione? Perché? “ strillò isterico Gregorio mentre recuperava a fatica l’aria dopo un paio di singhiozzi isterici. Cancer rimase immobile e sospirò, conscio che la situazione mal s’addiceva al suo status: il sadico assassino del Grande Tempio che tenta di consolare un ragazzino che ha perso la sorella? Questa era perfino meglio dell’italiano di Fish, peraltro reale. Perciò lasciò che si sfogasse in un bel pianto e dopo, quando ormai aveva perso le lacrime e necessitava di un fazzoletto, intervenne cercando di essere delicato e comprensivo (c’è sempre una prima volta, no?) “Ascolta, io non so cosa esattamente abbia portato tua sorella a.. ad abbandonarci, ma sono sicuro che non avrebbe voluto lasciarti così, che devi reagire e che se l’ha fatto è stato per aiutarti e stare qui a piangere non ti aiuterà. Perciò adesso alzati da questo letto macarì (beato, dialetto agrigentino), non fare ‘i babbaluci (la lumaca) che chiagne (piange) sempre e smettila di làstimari (lamentarsi) che tieni da pistiari tumazzu e cuddura! (mangiare formaggio e pane) Ti stroppiasti? (ti facesti male) Bene, adesso t’alzi!” lo esortò Cancer mischiando disinvoltamente dialetto materno e italiano sotto lo sguardo esterrefatto di Acquarius che non capiva una parola ma a giudicare dai toni non lo stava consolando. ‘abbi rispetto del suo dolore, lui non è come noi! Zotico..’ pensò insofferente Acquarius prima di assaggiare i biscotti e ammettere che erano buoni.
Poi udì Gregorio ricacciare le lacrime in gola e chiedere con tono esitante se v’erano ancora biscotti. ‘e beh, se dobbiamo ridurci a balie tanto vale con classe, parbleu..’ pensò sollevato Acquarius mentre furtivamente ingoiava un altro biscotto e poi porgeva il sacchetto a Cancer e Gregorio; se non altro, almeno aveva smesso di piangere e apparentemente aveva saputo frenare il dolore per la sorella scomparsa.
 
 Gregorio passò i seguenti giorni a vagare con aria spaurita dentro la Quarta Casa, come chi si fosse risvegliato in un mondo alieno e stesse cercando qualcosa di conosciuto. Qualche volta si voltava e credeva di vedere sua sorella correre, qualche volta percepiva la sua presenza ma spesso era solo Cancer che lo fissava sconcertato; qualche volta sentiva la sua risata, il suo passo così caotico e rumoroso come un’ombra se compariva quando era distratto. Allora si voltava, pieno di speranza priva di ragione e un insensato sorriso gli fioriva appassionato sul volto per rendersi conto successivamente che non c’era nessuno dietro di lui pronto a prenderlo in sorriso.
Finché un giorno udì una canzone siciliana che piaceva molto alla sorella e si precipitò verso la radio sorridente per poi vedere esterrefatto Cancer osservare con occhio pieno di contrito dolore sordo un disco ancora avvolto nella confezione dei Doors poggiato sul bancone lucido della cucina. In silenzio Cancer lo poggiò vicino alla radio, afferrò un tablet che giaceva lì vicino e fece partire ‘Vitti ‘na crozza’ che era finita. A Gregorio tornò in mente, come un quadro sbiadito che dal nulla totale riacquisti parte del proprio colore, che non gli piaceva quella canzone e che Marta l’adorava, tornò in mente che Marta avrebbe messo la canzone e una volta che la cucina fosse stata pulita avrebbe danzato senza chiedersi se qualcuno l’avrebbe vista.
 Già.. Marta.
Marta che era ora morta.
Marta è morta.
Morta.
 Morta.
 Nel silenzio mosso solo dalla canzone veloce e triste, Gregorio chinò la testa e si rincantucciò in un angolo a piangere in silenzio.
 “Marta..”
 
Sorella mia,
dicevi che saresti rimasto sempre con me.
Dicevi ciò per consolarmi o era verità?
E se è vero, perché allora voltandomi ti cerco e tuttavia non ti vedo?
Dicevi, Marta, che era ovvio rimanere insieme.
Dicevi, Marta, che noi siamo fratelli.
Dicevi, Marta, che dovevi ancora imparare il greco.
Dicevi, Marta, che volevi disegnare un autoritratto.
Volevi disegnare, danzare ancora alla luce artificiale dopo le pulizie casalinghe..
Ti piacevano gli gnocchi alla romana e il purèè di patate con la salsiccia,
ti piaceva alzarti tardi e stare alzato fino a tardi, ma solo durante il fine – settimana..
e adesso?
Adesso che sono solo..
 
Adesso che nessuno lo pigliava cordialmente in giro con vecchi scherzi, adesso che nessuno gli parlava nella stessa lingua (mamma, papà, film che avevano visto insieme, giochi che avevano fatto insieme), adesso che non c’era nessuno a lavare in piatti con Dvorak a palla seguito da Wagner e Chopin, adesso che nessuno per fare una sorpresa passava la mattina a lavare il bagno, adesso che nessuno gli ricordava ciò che era stato, adesso che nessuno viveva insieme a lui con il conforto degli anni passati assieme che formava un accogliente legame pieno di tepore fra di loro..
 
Marta..
Io vado, continuo a camminare e vivo, ma tu dove sei?
Io seguito a vedere il sole e le stelle sorgere dalla finestra della stanza, ma tu le vedi?
Io vivo, ma tu non cammini dietro di me per spingermi divertita dentro una pozzanghera.
Mi manchi come un arto tagliato via crudelmente..
Marta!
Panico!
 
 Ricordava che sua sorella usava lavarsi alla sera il giovedì e che adesso non c’era nessuno a urlare a squarciagola il giovedì sera dal bagno, ricordava che adesso nessuno gli avrebbe rotto le scatole con ‘Nicuzza’ e ‘Cocciu d’amuri’ a palla mentre leggeva Salgari in spagnolo, ricordava sua sorella che studiava concentrata il congiuntivo spagnolo nell’attesa di Capricorn con cui praticarlo, ricordava che sua sorella usava acconciarsi i capelli lunghi fin sotto le scapole in una pratica coda di cavallo...
 
E adesso devo andare avanti senza te al mio fianco.
Adesso tu non ci sei qua.
Sai, alla fine perfino ‘Vitti ‘na crozza’ è carina, però te lo avrei voluto dire prima di adesso.
In qualche modo, Marta, tu esisti ancora.
E sia pure come diabolico folletto dal ghigno felice e bastardo, tu esisti e simile a una scimmia sulla schiena mi stai accanto.
Credi che Capricorn possa imparare l’italiano?
Sai, io non lo so lo spagnolo..
Marta..
Mi manchi immensamente, ma soeur..
Ton frère est ici.
Ti voglio bene, ‘Panico.’
 
 Cancer guardò sconcertato Gregorio e evitando di guardarlo si servì un’altra volta di gnocchi alla romana. “Così, vorresti andare da Mur.” “Esatto.” Rispose a bassa voce Gregorio mentre deglutiva il boccone e afferrava la brocca per versarsi un bicchiere d’acqua. “A me va bene. Quando?” chiese Cancer mentre osservava per un momento assorto il bicchiere di ferro in cui l’acqua sembrava un laghetto sotterraneo. “Presto. Non resisto qui, preferisco cambiare e Kiki mi è molto simpatico, Capricorn era legato soprattutto a lei.. e poi, mi hai detto che forse cambiare ambiente può farmi bene, no?” Cancer annuì e bevve in un sol sorso il bicchiere d’acqua piacevolmente fredda. “Va bene; se non vuoi venire con me in Sicilia, prima di andare da Mur.. ti regalo questa vacanza, va bene?” Gregorio sgranò gli occhi e annuì estasiato. “Una settimana?” “Magari anche due..” lasciò in sospeso Cancer mentre si chiedeva sospettoso chi accidenti lo stesse manipolando per farlo diventare così zuccheroso e ben disposto verso insopportabili moccios- moccioso.
 
 Era fine ottobre e il mare si stendeva grigio e cupo davanti a loro. Gregorio saltellava come un cucciolo per un attimo dimentico della sorella e Cancer si sorprendeva a rivolgersi a Gregorio in dialetto invece che in italiano; effetto collaterale di casa. Gregorio vide con stupore le strette vie serpentine di Palermo, quasi dei pertugi come le calli di Genova e Venezia, le belle vie aperte e dritte che portavano alla Valle dei Templi.
 I templi greci che sembravano fatti di marzapane sbocconcellato dal tempo sorgevano un po’ in disparte con la consueta alterigia dei nobili sulla collina e il marmo bianco era stato accarezzato così tante volte dal sole che ne era stato quasi consumato. Cancer socchiuse gli occhi e dietro, come un refolo di vento gonfia una vela poc’anzi floscia e ripiegata su stessa, gli parve venire un lungo arazzo vivido di ricordi un tempo parte di lui.
“Papà, sugnu nu carusu!”l’uomo aveva sorriso e teneramente gli aveva carezzato i corti capelli neri; da grande s’erano fatti bluastri fino a divenire blu scuro verso i quattordici anni. “No, figlio mio. Tu si ‘u astro.”
 Poi s’era fatto grande e in quel tempio fresco d’ombra in Grecia aveva respinto quasi con orrore il ricordo della sua isola beffarda e velata dal mare, entrambi di gran più lunga più belli della Grecia. Poi udì la voce sottile e ebete dalla gioia di Gregorio e ritornò al presente: lui ormai ventiquattrenne con un ragazzino di quindici davanti ai Templi di casa sua. Sospirò e sorrise divertito di fronte al sorriso estasiato di Gregorio prima che questi si voltasse e con voce malinconicamente ferma gli dicesse a bassa voce ossevando i sassi ai loro piedi: “Sai, mia sorella aveva una grandissima passione per la Sicilia e voleva da sempre recarcisi. Sono contento di poterla vedere, anche se avrei voluto vederla con lei.. chissà le battute che avremmo fatto.. sono contento di vederla. Grazie.” Aggiunse guardandolo negli occhi che nonostante il dolore improvvisamente risvegliato erano asciutti. “Di niente.” gli rispose a bassa voce Cancer mentre guardava distratto l’orologio e rialzava lo sguardo per vedere quei templi orgogliosamente eretti non tanto lontani. E gli parve ad un tratto di vedere, quasi come una ninfa che timidamente si mostri agli uomini, un’ombra leggera di fanciulla che danzava come tante volte aveva fatto in Grecia tra le colonne come le ragazze vestite pittorescamente nei giorni delle feste agrigentine.
Il sangue non è acqua, dopotutto.
Al suo fianco Gregorio sgranò gli occhi e sorrise. “Marta?” sussurrrò mentre involontariamente stendeva la mano come a catturare una delicata farfalla d’illusione sotto la luce torrida del sole.
Di quel sole che si stendeva crudele e indifferente sopra quella terra poggiata nel mezzo del mare.
 
Sei un po’ qua, Marta.
Tra le colonne mi pare di vederti danzare, ombra che ridi e dimentichi cosa eri.
Ombra che simile a folletto balli tra le colonne e t’ammanti di mare per velare meglio la tua gioia di danzare.
Danza, sorellina, se potrò ti vedrò ancora.
Nel frattempo io vado avanti...
Da solo.
Poi forse, più avanti, no.
 
 Le due settimane passarono veloci come un sogno e prima che Gregorio potesse interiorizzare tutto ciò che aveva visto, udito e mangiato, si trovò in Grecia alla Prima Casa a insegnare l’italiano a Kiki e sforzarsi di parlare inglese con Mur. Cancer e Capricorn ogni tanto lo venivano a trovare, il primo per sincera simpatia e per ragioni linguistiche, il secondo per il ricordo di Marta e ritrovarne qualcosa nel fratello. Fu così che Gregorio un giorno trovò Capricorn comodamente seduto sul letto con un minaccioso pacco di libri enormi, difficili da comprendere e per di più scritti in spagnolo. Come se non bastasse ciò, anche Acquarius cominciò ad andare alla Prima Casa per lezioni di francese, cosa che faceva spuntare regolarmente il proverbiale ‘gocciolone sulla fronte’ a Cancer che non poteva vedere più di tanto il francese ghiacciato dagli impossibili gusti alimentari; esempio sovrano ne era il pranzo che Acquarius s’era offerto di imbandire ovviamente francese: baguette, formaggio d’importazione, patè di carni di porco salate da scaldare per mettere sul pane (ma Cancer non l’aveva capito e a cucchiaiate pesanti di roba fredda e gelatinosa s’era preparato un enorme panino), dulche de leche alla francese (Capricorn aveva aperto gli occhi come fulminato al nome) e un improponibile ‘Poulet au roquefort’. Pollo peraltro immangiabile in quanto duro come la pietra e in cui la cremina insidiosa di formaggio sembrava essersi ridotta a una sorta di olio appicicoso sulla superficie e qualcosa di sapido e bollente all’interno. Certe volte la realtà può essere più fantozziana di Fantozzi stesso, pensò Cancer sorridendo mentre beveva un bicchiere di zibibbo prima di andare a dormire.
E poi si stupiva di dormire benissimo..
 
Ad Atene non cadeva mai la neve come nel nord – Italia. Ad Atene non pioveva mai come lì (grigio, pesante, gocciole malinconiche che ricordavano nostalgicamente un pomeriggio passato vicino alla stufa a leggere un libro). Ad Atene non cadeva la pioggia o la neve come a casa; ad Atene non c’era più Marta e tra poco sarebbe stato il suo compleanno. Diciassette anni.. aspettava da tanto tempo di compierli e sperava di ricomprare l’ultimo libro di ‘Eragon’ per il suo compleanno dato che tutte le loro cose erano rimaste a casa loro ormai quasi quattro mesi.. o erano cinque? Non era importante, non adesso comunque.
Gregorio sorrise e posò un fiore nel vaso vicino al libro accuratamente incartato a draghi e unicorni con un bel nastro viola sullo sfondo bianco. Con un soffio spense la candela e augurò in silenzio alla sorella: “Buon compleanno, Marta. Buoni diciassette anni..“
Chissà, forse Marta lo stava guardando.
 
 Ad Atene nel frattempo cadeva la pioggia tipica di novembre ormai finito, come un cenno scherzoso di addio nascosto in un velo acqueo.
 
 E mentre il velo si chiude, danzi ancora un'ultima volta prima di scomparire, 
Ombra nell'ombra,
 essere che danzi fino a diventare acqua.
Piccola ninfa, non vorresti ritornare 
 alla terra
 
Così cantò Marta un giorno.
   
 
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