Film > Disney
Ricorda la storia  |      
Autore: futacookies    15/01/2022    0 recensioni
[Encanto]
Abuela Alma e la fine della sua storia - ma non del suo miracolo.
Il suo dono gli aveva risparmiato questa sofferenza – e forse gli aveva concesso una cura, una magra consolazione al dolore che stava per abbattersi sulla sua famiglia: la speranza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA: scritta per la maritombola #12 indetta da Lande di Fandom con il prompt 25: una tazza di tè e vecchie fotografie scolorite. Ora, il prompt potrà non essere il fulcro della storia, ma ci interessa? No! Sottolineo anche la presenza di lacrime realismo magico entro (penso) i limiti del canone della storia. Enjoy the suffering e buona lettura!
 





Ay, mariposas

Don't you hold on too tight

(both of you know it's your time to go, to fly apart, to reunite)



 

Il giorno in cui la famiglia Madrigal scoprì che ci sono malattie che le arepas di Julieta non potevano curare fu un fresco pomeriggio agli inizi di ottobre. Quello che all’apparenza era un semplice raffreddore proprio non ne voleva sapere di guarire, non importava quanto Pepa s’impegnasse per far brillare il sole sulla Casìta, né quanti animali facesse accucciare Antonio ai piedi della nonna per tenerli caldi.

Alma sapeva che la morte era una parte inevitabile della vita. L’aveva vista con i suoi occhi, mentre le strappavano il suo Pedro, e non ne aveva paura – ma i suoi figli, i suoi nipoti e il loro bambini non avevano idea di cosa potesse significare. Potevano capire la perdita e la mancanza di un padre e un nonno che non avevano mai avuto e a cui non si erano mai affezionati, ma il lutto, quello era tutta un’altra cosa.

«Julieta, tesoro, prepara un po’ di tè. Penso che la cara Pepa presto ne avrà bisogno.», commentò, la voce scossa dalla tosse. «Prepara abbastanza tè per tutti, vuoi?»

Pepa aprì la bocca per commentare che lei stava benissimo, era calmissima e poteva anche prepararlo da sola, il suo tè, ma le nubi che rapidamente si addensarono sul suo capo le suggerirono che forse, in fondo, sua madre aveva ragione. 

«Ay, mi Pepa», sospirò, indicando il comò su cui nel corso della giornata si era accumulata una pila invidiabile di album fotografici. «Perché non mi passi quelli più vecchi, lì sotto?», indicò.

A turno, i suoi nipoti erano venuti a tenerle compagnia quella mattina – ma la vita dei Madrigal era frenetica e votata al villaggio, come doveva essere. C’era stata Dolores con il suo plotone di marmocchi, tutti riccioli scuri e poteri così straordinari che non smettevano mai di stupirla. Camilo le aveva ricordato di vecchie storie di quando era bambino, interpretando tutti i personaggi tutti insieme – l’aveva fatta ridere così tanto. Antonio si era presentato con un gattone attempato, che adesso sonnecchiava pacifico ai piedi del suo letto, spiegandole che anche lui aveva bisogno di compagnia. 

Luisa, Isabela e Mirabel erano venute insieme. Avevano cantato nostalgiche ninna nanne che lei stesse aveva insegnato a tutte loro quando erano bambine, e insieme avevano decorato la sua camera con ogni sorta di fiori e piante: anche adesso, se respirava a fondo, riusciva a sentire il profumo delle corone di rose appese alla sua finestra. 

E ognuno di loro le aveva portato album zeppi di fotografie, piene di ricordi felici che tornavano a galla – ed era giusto che in un momento del genere volessero ritagliarsi un’ultima, ridente immagine della loro abuela, da custodire nella loro mente per sempre. 

Felix e Agustìn, poveri cari, non aveva bisogno dell’udito di Dolores per sentirli macinare chilometri e scavare una buca nel pavimento al di fuori della sua stanza. E Bruno- Brunito si era ritirato nella sua torre da un po’, cercando di capire quello che stava per accadere – e quello che aveva visto doveva averlo sconvolto e di certo non avrebbe avuto il coraggio di condividere quel fardello con qualcuno. Ma Alma non aveva bisogno delle profezie del figlio per sapere che ormai il suo tempo era compiuto. Ogni singolo respiro che esalava era, di per sé, un altro grande dono che la vita le stava concendendo. 

«Aha, te lo ricordi questo?», le disse, picchiettando la prima foto. 

Era ancora in bianco e nero, per cui non si vedevano le trecce rosse di Pepa, né la brillante bicicletta arancione che stava imparando a portare – Bruno le aveva detto che sarebbe caduta molte volte prima di imparare, ma a lei non era mai importato. Testarda come un mulo, la sua Pepa, aveva imparato così in fretta che Bruno non era più riuscito a starle dietro con tutte le sue profezie. 

«Questa è sempre stata una delle mie preferite!», commentò Julieta, appena arrivata con un vassoio pieno di biscotti e tè bollente. La foto che le aveva indicato, nella pagina affianco, era in un seppia ormai sbiadito ai bordi. Non poteva neanche più definirli bambini, i suoi figli. Erano diventati ragazzi, seduti a tavola per provare una delle prime ricette di Julieta, che si era ricoperta le dita di tagli e si era curata da sola per la prima volta. 

«E al mio matrimonio! Povero Bruno, dev’essersi sentito così in colpa!», rise Pepa, indicando una foto di lei e Felix, sorridenti nonostante l’uragano imminente. Questa era una delle prime a colori, eppure la fotografia non riusciva a rendere la luminosità del suo vestito bianco – o forse era la sua vista che si stava sempre più oscurando. 

Continuarono a commentare, passando per le nascite di tutti i nipoti, i primi passetti incerti di Dolores; Luisa, che a sei anni era già in grado di sollevare orgogliosamente tavoli e panche senza tradire il minimo sforzo; Isabela, appena nata con i suoi enormi occhi scuri e dolcissimi; Camilo e Mirabel, addormentati felicemente in braccio alla nonna con le loro testoline pieni di ricci; e poi ancora Antonio, a cavallo del suo giaguaro in quella giungla che aveva come stanza. 

Seppur nel suo irreparabile dolore, la sua vita era stata benedetta dal continuo miracolo della sua famiglia, persone che l’amavano nonostante i suoi sbagli e forse anche per i suoi sbagli, che non volevano da lei la guida ferrea che aveva tenuto le redini di Encanto per oltre sessant’anni, ma semplicemente cercavano una lanterna – una candela, volendo – in grado di far luce nel sentiero della loro vita.

E se fino a quel momento Alma aveva temuto per loro, nel momento in cui non sarebbe più stata lì, adesso che sentiva di starsi allontanando sempre più iniziava a temere per sé: pregò che la luce delle sue amatissime stelle potesse brillare un po’ più forte, per illuminare il suo cammino.

«Julieta, prendila tu, questa tazza di tè. Io non ne avrò più bisogno.»

Si sistemò meglio sui cuscini amorevolmente sprimacciati dalle sue figlie e chiuse gli occhi. In fondo la morte non era altro che l’inizio di un lungo sonno – o forse di un nuovo, insperato, viaggio.


Bruno spalancò la porta di camere di sua madre per trovare le sue sorelle abbracciate e in lacrime. Non ce l’aveva fatta ad essere lì mentre sua madre moriva, il suo dono gli aveva risparmiato questa sofferenza – e forse gli aveva concesso una cura, una magra consolazione al dolore che stava per abbattersi sulla sua famiglia: la speranza. Speranza che sua madre non fosse davvero morta e non fosse davvero sola. 

«Brunito, se n’è andata.», disse mesta Julieta, allungando una mano per stringerlo a sé. 

Pepa adesso stringeva con così tanta forza la sua tazza di tè tra le mani che questa rischiava di spezzarsi in qualunque momento – un po’ come lei, pensò Bruno, mentre sulla Casìta iniziava a nevicare – un nevischio leggero, un dolore sordo e agrodolce.

«Non se n’è andata, non potete capite! Guardate qui!», disse, mostrando loro la profezia che custodiva tra le mani nervose. 

La visione vitrea non restituiva che un’immagine, un riassunto del magnifico racconto a cui aveva assistito, mentre scavava nel futuro per cercare una soluzione al male incurabile di sua madre. C’era un bozzolo vuoto sul suo letto, dove pochi attimi prima c’era un corpo appena affacciato al riposo eterno e c’era una farfalla meravigliosa, che si posava sulla candela eterna del loro miracolo per donarle un fiamma gemella, luminosa e ardente, poco prima di librarsi in volo, sempre più lontana, per poi scomparire per sempre dalla loro vista. Bruno sapeva dov’era diretta, quella farfalla, ma pensò che in fondo, per ora, nessuno avesse bisogno di saperlo.

Appena distolsero lo sguardo, Julieta lanciò un grido sconvolto e Pepa cadde sgomenta in ginocchio – Felix e Agustìn si precipitarono dentro, seguiti a ruota da figli e nipoti allarmati dal trambusto. Nessuno vide il corpo, che non c’era più, al cui posto non era rimasto che un involucro vuoto: ne trovarono all’interno il ciondolo con la foto del suo Pedro, che aveva stretto tra le mani come una preghiera nei suoi ultimi istanti, e  videro la seconda fiamma che brillava sulla candela, ma di Alma Madrigal non c’era più traccia.

 

 

Ci sono due farfalle, oltre il fiume che circonda Encanto, finalmente pronte per tornare a casa – insieme.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Disney / Vai alla pagina dell'autore: futacookies