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Autore: ScoSt1124    20/01/2022    0 recensioni
[Un Professore]
[Introspettivo Simone] [Simuel|Pre-Slash]
Dal testo: "La verità è che il mondo fa schifo e a nessuno importa di te, a nessuno importa cosa hai fatto di male, perché se a qualcuno importasse io avrei ancora un gemello."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note iniziali: parlando di quello che passa per la testa di Simone, ovviamente si tratteranno anche tematiche delicate. Se emotivamente siete in un periodo simile a quello di Simone, chiedete aiuto. Non c'è nessuna vergogna a farlo, anzi. Continuate a combattere. 






La verità è che fa schifo.

Io mi sento uno schifo. Ecco qui, ecco tutto ciò che c’è da sapere. La psicologa dell’ospedale insiste sul fatto che debba scrivere, visto che nei primi cinque incontri non è uscito nulla di rilevante. Passa ogni giorno da quando mi sono svegliato, mi chiede se voglio parlare. Ma che devo dire? Deve esserci davvero qualcosa di rilevante? Devo per forza dire perché volevo morire? O perché ne sento ancora la necessità? Sì, perché non basta qualcuno che ti dica di non farlo, di non dirlo, il pensiero rimane e cosa puoi fare? Cosa possono farci? Come fai a mettere a tacere tutto il dolore che hai dentro? Sembra tutto enorme e insormontabile e io non sono abbastanza forte per continuare a sopportarlo. Era tutto abbastanza complicato già solo con le mie nuove consapevolezze e con le risposte da testa di cazzo di Manuel, ora invece è solo invivibile. Perché sono io quello che è vivo? Perché Jacopo non ha avuto questa possibilità? La verità è che il mondo fa schifo e a nessuno importa di te, a nessuno importa cosa hai fatto di male, perché se a qualcuno importasse io avrei ancora un gemello. 
 

*

La verità è che fa schifo: parte 2.

Non solo parlare con la psicologa è la cosa più difficile del mondo; ci mancava solo l’assistente sociale perché “sei minorenne e hai tentato il suicidio”. Bella merda. Chissà cosa dovrei dirle, poi, a questa. E la cosa peggiore è che prima o poi dovrò fare le sedute anche insieme ai miei genitori, anche questo l'ho scoperto oggi. "Consulenza familiare" così la chiamano.

Ah, già, la psicologa dice che scrivere mi aiuterà con la rabbia che ho dentro, quella che sto continuando a mandare giù. La verità è che sono stanco, anche solo per parlare. Non ne ho le forze. Vorrei solo che mi lasciassero tutti in pace, forse è anche per quello che volevo morire. Volevo un po' di pace da tutto. Dalle bugie, dagli occhi attenti degli altri, da quelli che si prendono gioco di te, dal mio cuore, dalla sofferenza, da Manuel. 
 

*


La verità è che fa schifo. 

L'ultima volta sono stato interrotto da mio padre, mentre scrivevo. L'ultima parola era Manuel. Non so se mi faccia bene o no, tirarlo in ballo, ma sono totalmente incazzato con lui. Non l'ho ancora visto. So che è stato qui finché non mi sono svegliato, so che passa ogni giorno durante l'orario di visite ma non l'ho ancora visto e al momento mi va bene così. 

Dovrei scrivere qualcosa ogni volta che il mio cervello inizia a pensare. Il fatto è che il mio cervello non ha la forza di scrivere. Prendere in mano la penna richiede uno sforzo disumano, è come se pesasse troppo. Potevo rompere la mano destra? Avrei risolto il problema e invece no.

Ho come l’idea che qualsiasi cosa farò non sarà mai abbastanza e sarò sempre io ad essere quello sbagliato. Non sono abbastanza per i miei genitori, non dovevo essere solo, non dovevo essere vivo e non sarò mai abbastanza. Non colmerò la mancanza che loro sentono, qualsiasi cosa io farò. E sono sbagliato, completamente sbagliato sotto ogni punto di vista. Sono sbagliato per Manuel perché questo è. Sono sbagliato per lui che ha detto che è normale, ognuno è libero de fa' quello che je pare e che non bisogna mai rinunciare a se stessi e poi? Poi non l’ha dimostrato molto, anzi. Sono sbagliato per chiunque, vorrei solo resettare tutto e forse è quello. Volevo morire perché non sarei più stato uno sbaglio, non sarei stato quello che è sopravvissuto a discapito dell’altro. Perché mi hanno mentito? è sempre una questione di non essere abbastanza: abbastanza grande, abbastanza pronto, abbastanza forte, abbastanza. 

Forse sono proprio uno sbaglio. Non sono stato risparmiato per miracolo, proprio no. Se esistessero i miracoli allora Jacopo sarebbe qui, accanto a me. Invece non ricordo nemmeno il suono della sua voce, nulla di nulla.
 

*


Non so quale sia la verità ma questo pomeriggio ho aperto gli occhi e ho trovato un dinosauro sul comodino.

Detta così non ha molto senso, ma non mi va di parlarne al momento e lo scrivo qui solamente perché so che prima o poi dovrò farlo, dovrò parlarne. Quando sarà, dovrò affrontarlo, ma non è questo il giorno.

La psicologa dell’ospedale ha detto che prima di uscire devo sentire il parere di uno psichiatra, non che mi vada a genio prendere degli psicofarmaci ma il fatto è che non riesco più ad uscirne da questo loop infinito. Come se fossi inerme davanti alla mia stessa vita, al mio vivere, come se non avessi più la percezione di ciò che sto vivendo, come se non avessi un vero contatto con la realtà. L’ho vista scivolare poco a poco, dalle dita, quella realtà; come se quello a cui mi ero aggrappato fosse stato tutto fugace. E in effetti lo era: tu per me manco esisti. Quello a cui ero aggrappato era l’illusione di qualcosa che vedevo solo io. Ed è quella illusione che ha iniziato a far sgretolare tutto, poi c’è stata la scoperta di Jacopo ed è stato tutto in discesa: una corsa folle verso il precipizio. Con Manuel non ci ho ancora parlato. Mi sono limitato a leggere il biglietto che mi aveva lasciato sotto al dinosauro e a sentire la sua mano appoggiata sulla mia spalla per tutto il tempo che ho pianto con il dinosauro stretto a me. Questo è stato il suo primo passo verso di me, dopo la discussione precedente all’incidente. Non so se da domani cambierà qualcosa, se parleremo, se verrà ancora, ma di certo so solo che non vedo l’ora di uscire e tornare in camera mia perché questa è troppo fredda e asettica.

*

La verità è che domani mi dimettono. 

Lo psichiatra è stato abbastanza chiaro per quanto riguarda la cura. Non posso gestirmi io gli antidepressivi, perché ho tentato il suicidio a tutti gli effetti. Questo significa che devo dipendere anche in questo. Bello, no? non riesco a lavarmi da solo, né vestirmi e nemmeno gestire le medicine. Sono un completo danno.
 

*


La verità? Non lo so più nemmeno io.

Le sedute di terapia costanti, le medicine pensavo mi avrebbero aiutato. Invece…. dopo i primi giorni di spiraglio positivo ora son di nuovo punto e a capo. Non capisco il motivo. Ho dormito troppo all'inizio, ho passato giorni a pensare cose che non avrei dovuto pensare. Insomma, chi deciderà mai di passare la sua vita accanto a me? Non ho niente di che, forse è questo il mio destino: rimanere solo. Forse aveva ragione Manuel.

Manuel… Devo ancora inquadrare bene la faccenda. Non ho più scritto e ho evitato di parlare di lui. La verità è che sto cercando di equilibrare le cose. Di dosare quello che succederà e lui me lo lascia fare. Da quando sono stato dimesso passa tutti i pomeriggi, non parliamo, rispetta il mio volere. Ha detto che gli basta vedere che respiro, che ci sono. Ed è terribilmente imbarazzante, santo cielo. Non avrei pensato di dirla nemmeno io una cosa del genere e deve averlo capito dalla mia espressione in volto visto che si è leggermente grattato la testa mentre farfugliava qualcosa. Qualcosa che non ho compreso bene e su cui non voglio illudermi ma che penso fosse simile ad un ho avuto paura.

A volte sembra tutto così inutile quello che sto facendo. Non riuscire a vedere le cose che ti accadono, non riuscire a viverle davvero, ti lascia come incompleto e io lo sono sempre stato. Incompleto. Ho avuto uno spiraglio di luce, prima di aumentare la dose delle pastiglie e ora mi sembra sia tornato tutto come prima. Per cosa combatto se poi ritorno sempre a questo punto?
Eppure qualcosa - dentro di me - vuole continuare a farlo. Vuole tornare a vivere come un tempo, con la stessa tranquillità che avevo prima che iniziassero tutti i casini. Mi ritrovo di nuovo ad avere paura. Non voglio.

 

*


Non va, è questa la verità.

È uno di quei giorni in cui vorresti scomparire. Non hai voglia di fare nulla e ti dici che è okay, che le giornate no capitano anche se stai prendendo farmaci e ti stai impegnando con la terapia. Non fanno un effetto immediato, no? E sì, quindi, le giornate no capitano, ma se fossero tre? Quattro? In un periodo in cui stai facendo di tutto per lavorarci… Perché capita? Hai accettato anche quello che ti faceva paura, hai preso una grande decisione e ora? Ora vorresti solo qualcuno che ti abbracciasse e che ti dicesse che va tutto bene e che continuerà ad andare bene. Che vai bene così, che vai bene anche nelle giornate no, che ti sta accanto senza chiedere. Solo che poi ti guardi intorno e ti accorgi che non c'è nessuno. O almeno è ciò che la tua testa crede finché non vede il tuo amico davanti a te, con un casco in mano. Non so, è stato strano: strano salire su una moto dopo l’incidente; strano vedere Manuel che mi allunga un casco senza che gli avessi detto nulla; strano stringermi a lui durante il tragitto. Siamo stati al mare, ho ascoltato le onde e dopo due settimane ho deciso che era il caso di rompere quel silenzio che tenevo con lui e ringraziarlo. Non ci siamo chiariti, non sono abbastanza stabile per una discussione del genere (al momento), ma lo vedo già come qualcosa in più.
 

*


La verità è che fa schifo a tratti ormai. Vorrei mandare un messaggio a Manuel ma il mio cervello si rifiuta. Ho paura di ritrovarmi punto e a capo. Oggi non è passato ed è vero che non c’è un accordo scritto che dica che passa ogni giorno, solo che mi preoccupo. Sono patetico, vero? 

Forse ho semplicemente capito che sono pronto a parlargli per davvero, che questo muro che mi sono creato non ha senso e probabilmente mi sta solo asfissiando al posto di proteggermi. La psicologa dice che non mi fa bene, anzi, inizio a credere che abbia ragione. Non sarei qui a crearmi paranoie assurde se avessi ripreso a parlarci, se non avessi subito la sua presenza passivamente in queste settimane.
 

*

La verità è che fa schifo ma almeno parlo di nuovo con Manuel.

Ho iniziato l'EMDR con la psicologa. Fa davvero male. Mi è mancata l'aria per talmente tanto tempo che non ricordavo più come si respirasse. La prima cosa che abbiamo fatto è stata instaurare un posto sicuro ed è stato strano trovarne uno. Percepire cosa sentivo in quel momento. Nemmeno so perché ne ho scelto uno che riguardava Manuel. Forse lo so anche, ma è stato uno di quei momenti in cui ti senti tranquillo e non sai perché. Il resto è stato quasi tutto offuscato e non ricordo nemmeno come mi sentissi veramente. Forse è proprio perché il ricordo del pomeriggio al mare è stato il primo a darmi tranquillità e leggerezza dopo un periodo in cui non la vedevo. L’unico problema è che nessuno ti dice che lavorare sulle cose brutte è difficile, molto difficile. 

La psicologa mi ha detto di tenere a mente che sono più forte dei miei sintomi. L'unico problema dei sintomi è che offuscano tutto, non capisci più se sono tue paranoie o altro, soprattutto se sono vere. Quindi come faccio a capire che sono più forte dei miei sintomi? 

Dovrei cercare di ricordarmi che sono vivo, che in qualche modo ho un'altra opportunità ma come si fa senza sentirsi mancare la terra sotto i piedi? 

Manuel era fuori ad aspettarmi e credo di aver capito che qualcosa sta cambiando in lui. Sembra meno stronzo del Manuel che ho conosciuto. Stranamente abbiamo ripreso a parlare e ancora non ci siamo picchiati. Non so se esserne sorpreso o avere paura che non mi picchi solo per pietà. In ogni caso ho deciso di godermela come viene. Di prendere le sue scuse sinceramente e di spiegargli perché, alcune cose che mi ha detto, non avrebbe dovuto nemmeno pensarle. E sono contento perché finalmente sento la rabbia che provo quando ci ripenso. La sento e so elaborarla in qualche modo, ancora molto ammaccato, ma la so affrontare e riesco a percepirla. In qualche modo anche a gestirla. Non gliel’ho detto, così come non gli ho detto che è meno stronzo del solito.
 
*

Non credevo nemmeno che Manuel fosse il tipo di persona che mandasse link di instagram con citazioni improbabili, eppure oggi l’ha fatto.

“Siamo stati scelti per questa vita perché siamo abbastanza forti per affrontarla”. Questo c’era scritto nel link. So perché l’ha mandato, ricordo di cosa gli ho parlato ieri, so che sono solo stupide frasi motivazionali, eppure mi ritrovo qui a pensare che non ha senso. Che significa? Che Jacopo non era abbastanza forte per affrontarla? Che frase del cazzo.

La verità è che fa schifo. Non riesco a vedere i gesti carini, avrei dovuto prenderla più alla leggera quella frase. Il fatto è che la testa è ancora troppo impigliata a prendere tutto con la dose sbagliata di metafore. Non so se ha senso ciò che sto dicendo, ma sento solo una terribile confusione. Chissà come sarebbe stato Jacopo ora, se gli sarebbe stato simpatico Manuel, se la nostra famiglia sarebbe rimasta unita. Vivo ancora troppo nei “se” e qualcosa è tornato a galla, ma è come se ancora so che manca tanto. La psicologa dice che dovrei parlarne con i miei genitori. Ma quanto è difficile rivivere qualcosa che ti fa stare male? Se fa così male a me, che non ricordo, come posso affrontarlo con loro.
 
*

La verità è che - nonostante tutto - devo ringraziare Manuel, per questo periodo. Lui è sempre lì, sempre pronto ad esserci, sempre pronto ad appoggiare una mano sulla mia spalla e non so cosa sia cambiato per lui (ammesso che qualcosa sia cambiato). Non penso nemmeno di volerlo sapere al momento; so solo che mi sta dando forza e va bene così. so che lui c’è e forse ha spazzato via un po’ delle incertezze che avevo.
 
*

La verità è che fa schifo ma sento di essere sulla strada giusta. Per davvero questa volta. Sto affrontando i miei demoni e sono andato anche da Pin. Mi sento come se mi fossi tolto un macigno dal petto; come se avessi ripreso a respirare per davvero. L’ho sentito cadere nel momento in cui ho detto apertamente di essere gay e almeno per questo sento di esser tornato a galla da quella marea fatta di confusione, incertezze e paure. Mi sento come se pian piano si stessero sistemando quei piccoli tasselli della mia vita che si erano incastrati male.

Oggi ho anche chiesto a Manuel di accompagnarmi da Jacopo, non volevo chiederlo ai miei, non mi sembrava il caso. Ha solo annuito e mi ha stretto leggermente il braccio. Mi è bastato. 

Ho capito che a volte le parole non servono proprio, anzi, sono quelle che rovinano le cose, soprattutto se sono parole incomprese.
 

*


Ci ho messo un po’ per impugnare la penna e pensare anche solo lontanamente a ciò che sto per scrivere. Ogni volta che la prendevo era come se pesasse più del dovuto, mentre ora mi sta venendo facile quindi carpe diem.

Essere sulla sua tomba è stato come prendere consapevolezza che tutto ciò che ho scoperto è reale. Fin troppo reale. Come se per la prima volta avessi potuto sentire la realtà con mano. Per la prima volta ho affrontato il lutto in modo tangibile e sapevo di non essere solo. Essere lì, in quel posto così delicato e fragile, ti fa sentire di troppo. Come se fosse sbagliato. Solo che per la prima volta ero consapevole di non essere di troppo perché dovevo morire anche io, ma semplicemente perché mi è sembrato di infrangere la pace che si è creata intorno a quel luogo, lontano dai rumori assordanti della città. Come se fosse possibile trovare la tranquillità che si meritavano di vivere. Perché meritiamo tutti un po’ di tranquillità e di pace, che ci sia l’aldilà o meno.

Avere Manuel accanto è stato l’appiglio per non crollare e ora so, so di poter contare su di lui. So di potermi fidare nuovamente. Non solo perché mi ha stretto la mano e non me l’ha lasciata finché non siamo arrivati al motorino. La cosa che più mi ha colpito è il fatto che mi abbia lasciato un bacio in fronte, non appena mi sono seduto sul motorino, come a volermi proteggere. “Sono sicuro che sarebbe fiero di te, come lo sono io. Sei di nuovo in piedi e stai lottando”. Sto lottando e lotterò anche per lui, in qualche modo. Ne vale la pena.
 

*


La verità è che fa schifo ma nemmeno così tanto. 

Quando finalmente inizi a sentire qualcosa che cambia, capisci che qualcosa di bello c’è. Che il modo in cui ti eri abituato a vivere era solo un’illusione di ciò che era davvero. Sembra tutto migliore e riesci a sentirlo davvero, senti persino l’aria che ti passa tra le dita, senti di nuovo il sole che ti scalda la pelle e per la prima volta dopo non sai quanto capisci di essere vivo per davvero, di essere pronto a ricominciare, di riuscire a mordere la vita per davvero. Sai che sarà ancora lunga, che nel percorso ci vorrà pazienza e costanza e sai che puoi farcela. Per quante cadute farai, per tutti i momenti no, puoi farcela. Soprattutto ora so di non essere solo, mi guardo intorno e so di aver fatto pace con me stesso, con Manuel e ho trovato un amico inaspettato in Pin. Siamo più simili di quanto immaginassi. Non penso che scriverò ancora molto qui ma lo terrò per riguardare i progressi fatti, quando penserò di nuovo di essere su quel ciglio, pronto a cadere giù. Saprò che c’è qualcosa per cui vale la pena lottare e saprò chiedere aiuto. 

Ora non mi resta che vivere anche per Jacopo, ma nonostante tutto so che - in qualche modo - lui è qui.










Note: se siete arrivati fin qui, grazie, davvero. È abbastanza pesante, ma volevo si capisse il percorso interno di Simone. Spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno. 
Ringrazio Cinzia, perché è sempre pronta a sclerare su questi due e pure sull'angst. 
   
 
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