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Autore: Giulss_    21/01/2022    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
"Ogni volta che chiudeva gli occhi incrociava due pozze azzurre che la guardavano come se non ci fosse niente di più bello al mondo, che la desideravano. E si chiedeva invece cosa si vedesse da fuori nei suoi occhi."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2.
 

And I know that I broke all your rules
and, oh, now you’re looking at me
and I'm looking at you like a fool,
but you don't know what it feels like 
to fall in love with you.

 

Calogiuri era arrivato meno di una mezz’ora dopo il messaggio, tempo sufficiente perché Imma si pentisse almeno dieci volte di averlo mandato. Ma ormai il danno era fatto, e comunque a casa da sola quella sera non ci voleva stare. Quando l’aveva raggiunto in macchina, gli aveva chiesto di guidare. Lui, al solito, non aveva fatto domande e si era limitato a fare come lei gli diceva.
“Grazie” gli disse dopo un bel po’ di tempo passato in silenzio, “e scusami se ti ho fatto venire fin qui a quest’ora, dopo la giornata di oggi avevo bisogno d’aria e di non stare da sola.”
“E che fa, sono venuto volentieri” rispose sorridendole.
“Già” sospirò lei. Certo che era venuto volentieri, lo sapeva benissimo, l’aveva capito. Il problema restava perché lei gli avesse chiesto di vedersi.
“Tutto bene, dottoressa?”
“No” rispose lei, un po’ troppo energica. “Cioè, sì” disse, dopo un respiro profondo, passandosi la mano tra i ricci. “Sì, Calogiuri, sto bene, solo che…”
“Che?” chiese il maresciallo, vedendo che Imma non finiva la frase.
Imma fece un altro respiro profondo. No, non era proprio il momento di tirare in ballo argomenti scomodi. Di certo, non sarebbe stata lei la prima a farlo. Aveva una figlia, era sposata - e, per di più, amava suo marito, santo cielo! “Niente, è che non avrei dovuto scomodarti per fatti miei personali, sei mio sottoposto, mica il mio consulente!”
“Non vi preoccupate, davvero” disse, accostando nuovamente nella piazza sotto casa Tataranni. “Sono state giornate pesanti per tutti, purtroppo.”
“Mi ha fatto bene questo giro, comunque, grazie” gli disse, posandogli una mano sul braccio.
“Sono contento” rispose lui.
Imma alzò lo sguardo verso il suo appartamento e notò la luce accesa. “Bene” disse “credo che Pietro sia tornato, io andrei.”
“Buonanotte, dottoressa”
“Buonanotte” lo salutò, scendendo dalla macchina. 
Aveva fatto la scelta giusta. Cosa mai le era venuto in mente? Cosa pensava sarebbe successo? Cosa sperava di ottenere chiamandolo la sera tardi per farsi portare via di casa? 

 

Un anno dopo…

Gli agenti della DIA avevano da poco lasciato l’appartamento della Matarazzo, mentre Imma si era trattenuta con Calogiuri. Erano state giornate intense e non avevano nemmeno avuto modo di scambiarsi un’opinione sulle novità acquisite e su cosa comportassero. Pur avendo mosso ogni passo insieme (lei dai suoi errori imparava eccome, e che non si dicesse il contrario), si trattava di una situazione d’urgenza, dovevano agire in fretta per prevenire situazioni scomode. Il caso Romaniello, lo sapevano, era uno dei più importanti che sarebbe toccato loro in tutta la carriera, e c’erano in gioco pedine ben più grandi di loro, in grado di incidere sulla vita di molti e per molti anni a venire.
“Ti do una mano a mettere un po’ in ordine, Calogiù, poi vado in là che si è fatta una certa e…”  c’era Pietro a casa ad aspettarla, ma era davvero necessario specificare?  “E tu pure avrai le tue cose da fare.”
“Non vi preoccupate dottoressa, posso accompagnarla subito e tornare poi dopo” le rispose.
“Non credo proprio” insistette lei, passandogli accanto per riporre una delle tazzine appena asciugate. 
Nello spazio ristretto della cucina, le braccia si sfiorarono. Non era niente di che, nessun contatto particolare, niente cui ormai non fosse abituata, eppure era tutta la sera che sentiva una corrente particolare. Da un lato, aveva lo stomaco in subbuglio da un punto di vista strettamente professionale: c’era la segretezza che il caso richiedeva, l’aver nascosto la verità alla sua famiglia, trovarsi di nascosto in casa di Matarazzo, poter confidare completamente solo di Calogiuri - questa non era poi una grande novità, ma incideva sul totale; dall’altro lato, a livello emotivo si sentiva come sulle montagne russe. Nell’ultimo mese era più turbata del solito, sentiva sempre di più la necessità di tenerlo lontano e faticava a farlo. 

“Comunque, noi abbiamo ancora un discorso in sospeso” disse, mettendo da parte qualsiasi istinto di sopravvivenza, di quieto vivere, e quel minimo barlume di lucidità che le era rimasto. Per molto tempo aveva fatto finta di niente nei riguardi di molte cose quando si trattava di Calogiuri, si era girata dall’altra parte troppe volte.
Calogiuri la guardò sorpreso. È vero che era stata lei a dire che ne avrebbero riparlato, ma non aveva mai pensato che potesse tirare fuori la questione.
“Sull’onestà, dico, nelle-“
“Sì, certo, nelle questioni di cuore” disse, autocitandosi. “È solo che mi avete colto alla sprovvista.”
“E perché?” chiese lei, con una risatina imbarazzata. Aveva quarant’anni suonati, era lo sceriffo di Matera, eppure con lui le sembrava di tornare un’adolescente - un’adolescente cretina, per di più!
“Mi era sembrato che l’argomento vi mettesse in difficoltà” azzardò Calogiuri.
“Macché, Calogiù, quale difficoltà, volevo solo capire meglio cosa intendevi.”
Calogiuri si spostò dalla cucina al divano, con due birre. Ne aveva bisogno. “Ci sediamo?” 
“Eh, sediamoci” rispose, tenendosi ad una debita distanza. Cosa le era saltato in mente di tirare in ballo? Era davvero pronta a quella conversazione?

“Comunque” riprese il maresciallo, “quello che volevo dire è che io lo so che bisognerebbe dire la verità e saper ammettere i propri sentimenti, però non è sempre facile, soprattutto perché si rischia di fare del male a chi sta dall’altra parte.”
“A Matarazzo?”
Calogiuri annuì.
“La vuoi lasciare?” gli  chiese Imma, bevendo un lungo sorso di birra subito dopo.
“Stiamo bene insieme, ci capiamo, ed essendo del mestiere con lei non ho gli stessi problemi che avevo con Maria Luisa” spiegò, “però io… cioè, noi… non proviamo le stesse cose.”
Imma si attaccò nuovamente alla bottiglia, non sapendo bene cosa rispondere.
Così fu di nuovo Calogiuri a prendere la parola. “Jessica non è stupida, potrei lasciarla dicendole una qualunque scusa ma non ci metterebbe molto a capire la verità, anzi credo che sotto sotto la sappia già, solo che non vuole ammetterlo.”
“La verità?” chiese, riuscendo a malapena ad articolare la domanda.
“Sì, ecco la mia domanda era quella: se è meglio lasciarla inventandosi qualcosa o restando onesto con lei?”
“Calogiuri, con un lungo matrimonio alle spalle ti posso dire che la verità assoluta non è mai un bene, e da donna ti dico pure che non sempre vogliamo proprio sentirla tutta questa benedetta verità, anche se magari  sotto sotto la sappiamo già.”
“Voi credete?”
Imma gli sorrise. “Tu se fossi al posto di Matarazzo non preferiresti una mezza verità che ferisca, sì, ma fino ad un certo punto, piuttosto che sentirti dire qualcosa che faccia ancora più male?”
“Bè, forse sì” rispose lui, prendendo un sorso di birra.
“Ecco” disse lei, sorridendogli. A sentirlo parlare si era un po’ rilassata: si sarebbe aspettata molto peggio da quella conversazione, sapendo i tiri che era in grado di fare Calogiuri quando ci si metteva.
“E voi la volete sapere la verità?” 
Bene, neanche a dirlo.
“Non siete obbligata” aggiunse, vedendo che Imma non accennava a rispondere e si era passata una mano sul viso.
“No, Calogiuri, non è quello, è che ti devo confessare una cosa.”
Calogiuri si irrigidì sul divano. Pensava di essere lui a dover fare una confessione in quel momento.
“L’altra sera, quando mi hai riaccompagnata a casa e io mi sono addormentata… Bè, ecco, credo di aver sentito tutto.”

Questa volta l’aveva fatto sul serio. Aveva sganciato la bomba e ora non c’era più punto di non ritorno. Aveva rimandato questo confronto per troppo tempo. E non si trattava solo di quello che Calogiuri le aveva detto, ma anche di tutto quello che non si erano detti, di tutti i silenzi condivisi in macchina, degli sguardi che si scambiavano, dei gesti, di tutte le volte che era scappata, di quel bacio che si erano dati nel suo ufficio, di quella volta che lo aveva respinto dopo che era tornato dal Sud America, della gelosia che provava ogni volta che lo vedeva con Jessica, di quanto ci fosse rimasta male pensando che uno come lui fosse in grado di tradire la propria fidanzata, della voglia che aveva di proteggerlo, del fatto che in tutta la procura si fidasse ciecamente solo di lui e a lui soltanto avrebbe affidato la sua vita. Non poteva più fare finta di nulla. 
 

Quindi lo sapeva. Sapeva che l’amava. Calogiuri sentì un brivido salirgli lungo tutta la schiena. Aveva il battito accelerato e non si ricordava bene come respirare. Probabilmente non si era mai sentito così vivo prima di quel momento. In macchina, mentre la guardava dormire, finalmente serena dopo le giornate che stavano passando, gli era sembrato naturale dirglielo. Gli si riempiva il cuore pensando che era così tranquilla accanto a lui da potersi addormentare, e poi era così bella, così fragile in quel momento eppure sempre così fiera e forte. Certo che l’amava, come poteva essere altrimenti? “Avete sentito tutto?” 
Imma annuì. “Sì, in parte, credo, comunque abbastanza da… da capire. E poi…” disse, prendendo una busta gialla dalla borsa. “Poi ho ricevuto queste” concluse, posandola sul tavolino di fronte a loro.
Calogiuri la guardò perplessa. 
“Aprila.”
Il maresciallo la prese e con molta calma l’aprì. La serietà di Imma l’aveva preoccupato e aveva sinceramente paura di sapere cosa ci fosse dentro. E poi, cosa c’entrava quella sera in macchina con tutto ciò? Mille domande gli passavano per la testa in quel momento, e la risposta giunse quando tirò fuori dalla busta delle foto. Le prime ritraevano lui che sorreggeva Imma quando era inciampata sui sassi, pochi giorni prima. Lei sorridente, lui che la stringeva a sé. Poi vide tre foto che lo paralizzarono. Erano loro due in macchina, una sera. Lei che dormiva, lui che le si avvicinava ad occhi chiusi e faceva per baciarla. 
“Cosa-“
“Ho già fatto analizzare la busta, nessuna traccia di DNA o qualche indizio su cui lavorare, ma direi che non ce n’è bisogno. Mi aspetto che a breve si farà vivo Romaniello, qualcuno dei Mazzocca o chi per loro, per intimarmi di lasciare perdere o chissà che altro, in modo da non far avere le foto al procuratore.”
“E cosa pensate di fare?”
“Calogiuri, non mi importa di questo adesso. Le ho tirate fuori per farti vedere le cose dal mio punto di vista. Mi importa quello che c’è dietro queste foto, non cosa ne faranno dei criminali.”
“Non siete arrabbiata?”
Imma sgranò gli occhi. “Con te?”
“Sì, io non avevo il diritto di farlo, e come se non bastasse ora vi ho pure messo in pericolo sul lavoro. L’avete detto voi che se si insinuano certe voci in procura è la fine…” disse, mortificato.
“Calogiuri” disse con tutta la dolcezza di cui era capace, avvicinandosi a lui sul divano. “Ormai mi pare dovresti averlo capito che mi è impossibile arrabbiarmi con te, e questo in procura già lo sanno tutti. Certo, mi pareva di essere stata abbastanza chiara quando ho detto che quello che è successo non doveva ripetersi mai più.”
Quell’ultima frase era peggio di una coltellata nel petto. Dunque, nonostante tutto, la pensava comunque così?

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Se siete arrivatx fin qui vi ringrazio perché sincermente io una roba del genere non so se l'avrei letta, ma questo è quello che mi è uscito per cui ve lo cuccate così 🙈 

 

  
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