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Autore: LorasWeasley    28/01/2022    3 recensioni
AU Ambientata nel mondo di PERCY JACKSON
Diverse storie tra long e OS dove i nostri prediletti sono dei semidei e devono far fronte a demoni, profezie e richieste di dèi.
-“La rivolta dei demoni” [long] [sakuatsu con accenni osasuna]
-“Come i nostri genitori” [OS] [iwaoi]
-“Il prediletto di Apollo” [long] [semishira con accenni ushiten]
-“Il torto ad Eros” [long] [kuroken con accenni bokuaka]
-“Moments” [raccolta di OS] [daisuga, tsukkiyama, yakulev, osasuna, tanakiyo, arankita, ushiten, bokuaka, matsuhana, kagehina]
Genere: Avventura, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aoba Johsai, Karasuno Volleyball Club, Nekoma, Shiratorizawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte 2
Sakusa era sicuro che qualcosa la mattina dopo sarebbe andata storta, ma evidentemente qualche dio li stava aiutando perché riuscirono a salire sull’autobus senza essere attaccati lungo il tragitto verso la fermata.
Il mezzo era abbastanza pieno ma trovarono verso il fondo tre posti vicini: erano paralleli e divisi solo dal passaggio al centro, due vicini e liberi mentre l’altro accanto a una ragazza che aveva già occupato il posto con il finestrino.
Sakusa sospirò, pronto a dover sopportare diverse ore di viaggio con una sconosciuta accanto, quando Kita lo precedette e si sedette accanto a lei.
Kiyoomi lo fissò confuso e, nonostante la sua mascherina, la sua faccia dovette essere molto espressiva perché il ragazzo dai capelli bianchi si ritrovò a spiegare –immagino tu non volessi stare accanto a sconosciuti.
Il corvino fu talmente stupito da quella premura nei suoi confronti da non riuscire a rispondere in alcun modo.
Atsumu lo incitò a camminare e poi, superandolo, prese il posto vicino al finestrino. Sakusa lo lasciò fare e in silenzio si sedette al suo fianco.
Aspettarono dieci minuti prima della partenza e anche quella fu svolta senza problemi. Il tragitto era calmo e tranquillo, le persone facevano diverse conversazioni ma a voce bassa per non disturbare gli altri e questo portava a un mormorio quasi rilassante che fece addormentare Atsumu nell’arco di mezzora.
Sakusa se ne accorse perché sentì qualcosa di pesante sulla sua spalla e, quando si voltò, notò con imbarazzo che era solo la testa ossigenata del figlio di Ecate.
Sapeva che avrebbe dovuto svegliarlo o spostarlo, ma era confortante e ci stava bene, inoltre non lo stava toccando direttamente perché c’erano i vestiti a dividerli, quindi si sentiva anche vagamente tranquillo per quanto riguardava il suo potere.
Non si rese conto subito che rimase a fissarlo per un tempo indefinito, il suo sguardo che vagava indisturbato su ogni dettaglio del suo viso, su tutte le somiglianze che aveva con la sua versione da volpe e su tutti quei particolari che lo rendevano unico.
Ad un certo punto sentì un brivido lungo la schiena e subito la sua mano corse alla spada: qualcuno lo stava fissando.
Si voltò lentamente e si rilassò solo quando si rese conto che questo era Kita.
La sua ansia tornò quando registrò appieno che era Kita.
Arrossì sotto la mascherina e si affrettò a mormorare –Dovrei svegliarlo.
Kita, sempre impassibile com’era, arricciò solo leggermente le sopracciglia –Ti da fastidio?- chiese poi.
Sakusa si chiese se quella fosse una domanda a trabochetto, indeciso su cosa rispondere decise di fare una domanda a propria volta –Non da fastidio a te?
Kita era poggiato con il gomito al bracciolo esterno e aveva un portamento elegante e per nulla stanco nonostante stessero viaggiando già da un paio di ore –Dovrebbe? Perché dici così?
-Pensavo che voi due…- lasciò sottintendere quello che pensava e fortunatamente Kita era abbastanza intelligente da capire cosa volesse dire.
Abbozzò il principio di un sorriso e spiegò –Non c’è nulla tra me e Atsumu, se è questo che ti preoccupa.
Sakusa spalancò gli occhi, poi ricordò –Ma ieri notte…
Kita decise a quel punto di spiegare meglio –Vedi… Quando hai sei anni e ti ritrovi a salvare due bambini più piccoli di te che non hanno mai avuto alcun tipo di legame o gentilezza da parte di nessuno, questi si legano a te indissolubilmente. E quando crescete insieme, con loro che vengono da te felici per mostrarti cosa hanno imparato o per lamentarsi dell’altro gemello perché sei il loro confidente… diventano la tua famiglia. Loro sono come… i miei fratellini. E non provi attrazione per i tuoi fratelli.
Sakusa non rispose, troppo concentrato a capire il significato di quelle parole e cosa questo comportava.
Kita domandò –Me l’hai chiesto per un motivo particolare?
La sua domanda sembrava innocente, ma Kiyoomi era convinto che il più grande lo stesse analizzando dalla testa ai piedi.
-N…- la sua risposta fu troncata sul nascere dall’autobus che frenava di botto e, di conseguenza, lui che sbatteva violentemente contro il retro del sedile di fronte.
 
-
 
Atsumu si trovava a mezzaria e sapeva di essere in un sogno, perché i due bambini che aveva di fronte erano la sua versione e quella di Osamu a quattro anni.
Pensava che quei ricordi fossero ormai dimenticati, era passato così tanto tempo ed era troppo piccolo perché rimanessero impressi nella sua mente. Ma quella visione era talmente nitida da farlo commuovere.
I loro vestiti erano sporchi, così come i loro capelli e le loro mani.
Fin dal momento in cui Ecate li aveva partoriti, loro padre aveva detto che non ne voleva avere nulla a che fare e li aveva abbandonati il loro primo giorno di vita.
Una dea non poteva di certo prendersi cura di due semidei, ma poteva aiutarli di tanto in tanto. Sopravvissero grazie a questo, ma soprattutto grazie al fatto che la loro magia si manifestava trasformandoli in delle volpi. Ed era enormemente più facile che un cucciolo di animale sopravvivesse a quella tenera età piuttosto che un essere umano.
Furono allattati da diversi gatti, che erano stati mandati sempre dalla madre, per poi iniziare a cacciare e sopravvivere per conto loro giorno dopo giorno.
Quel giorno in particolare avevano fame, non erano riusciuti a trovare nulla nel bosco da più di un giorno e avevano bisogno di nutrirsi.
Erano nascosti dietro un muretto basso e stavano fissando con la bava alla bocca dei dolci che un signore vendeva a una bancarella di una sagra del paese.
-Tu lo distrai e io prendo il mangiare- stava dicendo Atsumu al gemello.
Questo corrugò la fronte, infastidito, e controbatté –No, facciamo al contrario.
-No!
-Sì!

Quel siparietto continuò per un po', anche se l’Atsumu adulto sapeva bene che infine l’avrebbe avuta vinta Osamu, come sempre.
Fu così che quindi, qualche minuto dopo, Atsumu si avvicinò al venditore e iniziò a straparlare e a fare il buffone per distrarlo. Osamu, di soppiatto, iniziò a rubare il cibo.
L’Atsumu adulto avrebbe voluto urlargli di sbrigarsi, di correre via, perché sapeva bene che non avrebbero infine avuto nulla. Ma ovviamente quello era un ricordo e tutto veniva ripercorso uguale al passato.
Il venditore che si accorgeva di loro, lui che capiva che Atsumu era stato solo un fastidio per distrarlo e lo afferrava prima che potesse scappare via. Atsumu che lottava con tutte le sue forze, ma rimaneva pur sempre un bambino di quattro anni, ad un certo punto si trasformò anche in volpe ma l’umano non batté ciglio, il biondo si chiese cosa gli stesse mostrando la foschia.
L’uomo gli diede un manrovescio per farlo stare buono e Osamu lasciò cadere tutti i dolci che tanto desideravano e corse da loro. I suoi occhi erano puro fuoco mentre urlava –solo io posso picchiare mio fratello!- e mordeva l’uomo così forte da fargli uscire del sangue e allentare la presa su Atsumu. A quel punto poterono solo fuggire via continuando ad essere a stomaco vuoto.
Il ricordo svanì e dopo un attimo di vuoto totale, Atsumu si trovò catapultato in una visione. Quello era il presente perché c’era, davanti a lui, Osamu rannicchiato all’interno di una prigione. Atsumu urlò il suo nome, ma non aveva un corpo quindi non sentì nulla, nonostante questo Osamu alzò la testa come se sentisse che il suo gemello era lì.
Atsumu avrebbe voluto continuare a urlare, ma si costrinse a calmarsi e cercare di capire dove si trovasse Osamu.
La sua prigione era un quadrato con le sbarre di ferro ad ogni lato, poteva stare solo seduto al suo interno. Aveva delle strane manette ai polsi e il luogo era angusto. Illuminato dalle torce, non vi era alcuno spiraglio che mostrasse la luce del sole. Le pareti erano spoglie e di terra. Infine c’erano i demoni, tantissimi demoni che facevano le più svariate cose: dal prepare le armi ad arrostire la carne.
-È stanotte?- stava chiedendo uno di loro.
-No, domani- rispose un altro –non possiamo rischiare di sbagliare, ci libereremo dal potere di Ecate solo se ogni cosa va secondo i piani!
-Abbiamo capito qual è il luogo migliore dove farlo?
-Sì, noi…
Non riuscì a sentire più nulla, perché fu svegliato di botto.
 
Si svegliò nel modo peggiore perché sbatté forte contro qualcosa e poi cadde a terra.
Ci mise qualche secondo di troppo a ricordarsi che era in autobus e che si era addormentato sul sedile, immaginò che l’autista avesse frenato di botto, perché non c’erano altre spiegazioni al suo sbattere con violenza contro il sedile di fronte per poi cadere a terra nel piccolo spazio per i piedi.
-Cazzo!- la sua imprecazione si perse in mezzo alle urla delle altre persone.
Alzò lo sguardo dalla sua posizione scomoda e vide che Sakusa aveva tutti i muscoli tesi e stava guardando qualcosa di fronte a sé.
-Alzati- gli disse il corvino continuando a mantenere lo sguardo fisso su qualsiasi cosa avessero di fronte –ci hanno trovati.
Facile a dirsi, ma Atsumu era completamente incastrato. Sbuffò infastidito e infine decise di trasformarsi in una volpe per saltare nuovamente sul sedile e solo qui tornare umano.
A quel punto seguì lo sguardo del figlio di Ade e si congelò sul posto quando vide che l’autobus si era fermato perché la strada era stata invasa da tori. Probabilmente tutti i mortali vedevano dei semplici e normali tori, quello che però vedeva Atsumu erano i tori della Colchide, con la loro pelle in bronzo che scintillava al sole.
Inghiottì a vuoto e chiese a nessuno in particolare –Se avete un’abilità segreta di resistenza al fuoco, è decisamente il momento di dirlo.
Né Kita né Sakusa gli risposero, com’era ovvio. Quindi Atsumu continuò –Okay, piano B: scappiamo.
Sakusa reagì all’istante e con la propria spada ruppe l’enorme finestrino al lato di Atsumu, la gente iniziò a urlare ancora più forte ma non erano un loro problema inoltre, se sarebbero rimasti lì, li avrebbero messi in pericolo considerando che quei mostri erano arrivati solo per loro.
Si lanciarono tutti e tre fuori dal mezzo e iniziarono a correre: com’era ovvio i tori iniziarono a inseguirli.
Kita prese dei semi da uno dei tanti sacchetti che portava alla cintura e li lanciò dietro di lui, questi toccarono il terreno e si trasformarono subito in una barriera di rampicanti abbastanza spessi.
Ovviamente però non li avrebbe bloccati per sempre perché le piante erano di sicuro la cosa meno adatta a resistere al fuoco.
Atsumu urlò –Se arriviamo a quell’incrocio ho un’idea!
Corsero ancora e, quando il biondo si fermò esattamente al centro delle due strade, prese una freccia e la modificò con la magia in un metallo che potesse perforare il bronzo. Infine la scoccò dalla sua balestra e con precisione ne abbatté uno.
Sakusa commentò –Quindi immagino che alla fine stiamo ingaggiando battaglia.
Posò la propria spada, aprì le braccia e chiuse gli occhi per concentrarsi. Una crepa si aprì violentemente e da questa iniziarono ad uscire diversi scheletri che si mossero per attaccare il loro nemico.
Grande mossa quella di far combattere qualcuno fatto solo di ossa e che non poteva prendere fuoco.
Fu così che la battaglia andò avanti: Atsumu che usava le sue armi a distanza, Sakusa che evocava scheletri e Kita che bloccava la loro avanzata continuando a creare e rigenerare piante.
Era difficile e stancante, non solo perché i tori erano davvero tanti, ma anche perché erano circondati da mortali e dovevano proteggerli oltre che proteggere loro stessi. Questi non sembravano troppo spaventati e non intervennero in alcun modo. Atsumu si chiese per la milionesima volta cosa la foschia gli stesse facendo vedere. Forse uno spettacolo?
Quando anche l’ultimo mostro fu abbattuto, erano tutti stremati e distrutti. Sakusa cadde in ginocchio privo di forza, Atsumu aveva finito le proprie freccie e Kita era piegato sulle proprie ginocchia a riprendere fiato.
-Dobbiamo allontanarci da qui- disse infine il figlio di Demetra.
Così, arrancando, iniziarono a camminare lungo la strada per fare il resto del tragitto a piedi.
In lontananza Atsumu riusciva a vedere la scritta “Hollywood” e quello gli dava la forza per continuare ad andare avanti.
Camminarono relativamente in silenzio dopo aver preso dell’ambrosia per recuperare le energie. Sakusa stava evidentemente riflettendo su qualcosa perché a un certo punto chiese –Perché sei dovuto andare fino all’incrocio prima di combattere?
-I miei poteri aumentano negli incroci. So che sembra una cosa strana, ma Ecate è anche la dea degli incroci, quindi immagino che abbia senso in qualche modo.
-Tua madre è dea di troppe cose.
Atsumu sorrise, felice nel vedere che Kiyoomi stava intavolando una conversazione con lui facendo persino delle battute, rispose –Penso che ai figli di Apollo sia andata peggio.
-Non ne sarei tanto sicuro.
Sakusa indossava ancora la mascherina, ma Atsumu era sicuro che stesse sorridendo anche lui.
Kita interevenne –Stavi pensando a qualcosa in particolare quando hai chiesto degli incroci?
Atsumu saltò sul posto, era talmente preso da Sakusa da essersi dimenticato del terzo ragazzo.
-In realtà sì- rispose il corvino –immagino che anche Osamu sia molto più forte negli incroci.
Atsumu annuì.
-Quindi avrebbe senso che si trovi in una strada infinita, perché una strada del genere sarebbe…
-Priva di incroci!- Atsumu concluse la frase al suo posto nel momento in cui arrivò a quella conclusione a sua volta.
Poi corrugò la fronte e domandò incerto –Ma dove troviamo una strada infinita? Avremmo saputo se esistesse un posto del genere.
Kita riflettè ad alta voce –Se hai bisogno di qualcosa che al momento non esiste, cosa fai?
-Lo crei… ma resta sempre la questione su come hanno fatto a crearlo senza che nessuno se ne accorgesse.
-Forse è in un posto nascosto- riflettè a quel punto Sakusa.
Infine, sia il corvino che Kita si bloccarono di colpo e nello stesso istante si guardarono per dire insieme –è sottoterra!
Ogni tassello era al proprio posto: ecco perché nessuno si era accorto di nulla, ecco perché nella visione di Atsumu non c’era alcuna luce del sole ed ecco perché un figlio di Ade era l’unico a poterlo trovare.
Erano sempre più vicini ad Osamu, l’avrebbe di sicuro salvato.
Sto arrivando ‘Samu, resisti.
 
-
 
Era scesa la notte e i tre ragazzi si erano accampati sul monte Lee a pochi passi dalla “H” dell’enorme scritta “Hollywood”. Avevano mangiato in silenzio intorno a un piccolo fuoco e poi Atsumu si era addormentato.
Kita stava sistemando i semi che gli erano rimasti all’interno dei suoi sacchetti, mentre Sakusa era seduto a gambe incrociate, i palmi contro il terreno cercando di scoprire qualcosa gli potesse dire dove si trovassero i demoni e, di conseguenza, Osamu.
Era però stata una giornata stancante e aveva esaurito quasi tutte le sue energie evocando tutti quegli scheletri per combattere i tori della Colchide. Non era invincibile e il fatto che non riuscisse a sentire nulla ne era una prova.
-Dovresti riposarti- Kita fece eco ai suoi pensieri –riuscirai a trovarlo domani mattina, ne sono sicuro.
Sakusa annuì sapendo che l’altro aveva ragione, poi gli disse –Dovresti riposare anche tu.
Kita gli sorrise –Ho ancora delle cose da sistemare, farò quindi il primo turno di guardia. Tu dormi pure.
Kiyoomi dovette cedere e si stese sul proprio giaciglio accanto a quello di Atsumu. Stava per chiudere gli occhi e farsi trascinare nel mondo dei sogni anche lui, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Il fuoco illuminò l’angolo degli occhi del figlio di Ecate e dal leggero luccichio che procurò, Sakusa capì che stava piangendo. Il suo cuore si strinse e iniziò a chiamarlo per svegliarlo.
-Atsumu- disse con un tono non troppo basso –Atsumu svegliati, è solo un sogno.
Non funzionò, anzi, il biondo sembrò agitarsi ancora di più.
Senza pensarci quindi, Sakusa allungò una mano guantata e iniziò a scuoterlo chiamando nuovamente il suo nome.
Quello lo fece svegliare con un urlo, lo fissò con gli occhi sbarrati e si gettò su di lui per abbracciarlo, piangendo apertamente sulla sua felpa.
Sakusa strabuzzò gli occhi e iniziò a boccheggiare: un essere umano lo stava abbracciando. Atsumu lo stava abbracciando.
Il suo corpo tremava e, quando alzò lo sguardo, vide che Kita lo stava fissando con gli occhi sbarrati. Il più grande poi si attivò quando lesse qualcosa nel suo sguardo, probabilmente una richiesta di aiuto, perché subito si avvicinò loro allungando le mani e dicendo –Atsumu…
Sakusa avrebbe dovuto essergliene grato, giusto? Era quello che voleva… no? Ma prima che Kita riuscisse a staccargli l’altro di dosso, disse repentino –No!- stringendo poi le braccia intorno al corpo dell’altro, rispondendo finalmente a quell’abbraccio.
Kita strabuzzò ancora di più gli occhi e Sakusa non riuscì a descrivere come si sentisse in quel momento, balbettò imbarazzato –Va… Va bene, lascialo fare.
Lo pensava davvero, stava davvero bene con l’idea che Atsumu lo stesse abbracciando. Si cullava sul fatto che indossavano dei vestiti e che non erano a diretto contatto, ma soprattutto, sapeva di volerlo abbracciare perché voleva proteggerlo. E se il suo unico scopo era proteggerlo, non avrebbe potuto fargli del male.
-Lo troverò- gli promise in un sussurro al biondo –lo troverò e lo salveremo.
Atsumu si strinse di più a lui e quello era tutto ciò che contava.
  
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