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Autore: stefy_29    02/02/2022    0 recensioni
Quando ti trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato, non puoi più tornare indietro.
Sam, che scappa dai traumi del proprio passato, si ritrova una sera in un vicolo buio ad assistere ad una scena raccapricciante e in lei sopraggiunge la consapevolezza che nulla sarà più come prima. Eppure qualcosa la attira verso questo sconosciuto, questo mondo che ha sempre creduto appartenesse al regno delle favole e delle leggende...
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Era una mattina come tante altre.
La sveglia aveva suonato alle 7:45, puntuale e fastidiosa come sempre, e, immancabilmente, l’aveva posticipata più volte di quante avrebbe dovuto.
Tenne gli occhi chiusi ancora un istante, librandosi nel ricordo di quei sogni beati, di cui perdeva memoria secondo dopo secondo.
Giunse poi la consapevolezza della giornata che era appena iniziata e che non l’avrebbe aspettata a lungo.
Di colpo, la dolcezza di quel momento tutto suo fece posto all’amarezza della quotidianità. A quel susseguirsi di meccanici movimenti che il suo corpo compieva ogni giorno, ormai stanco di domandarsi il perché.
Odio la mia vita - pensò, alzando gli occhi al cielo.
In un ritardo cosmico, uscì dal letto bruscamente, rischiando di scivolare a terra. Aprì il cassetto dell’intimo, imprecando contro se stessa per non averlo ancora riordinato. Recuperò alla cieca un paio di mutandine nere, un reggiseno in pizzo color carne e un paio di calzini grigi. Corse spedita in bagno, sperando di ingannare le lancette dell’orologio. Lo specchio appeso sopra il lavandino era coperto da un asciugamano.
Quando l’ho messo lì? - si chiese per un attimo sorpresa, per poi abbandonare quel pensiero velocemente, così come era arrivato. Con una mano si spazzolava i capelli, lavandosi i denti con l’altra, più in fretta che poteva. Era decisamente in ritardo.
Si infilò il primo paio di vestiti comodi, riposti alla rinfusa sulla sedia in camera. Jeans, sneakers e un maglioncino a collo alto di colore beige.
Quella casa era un buco, ospitava a malapena una persona da quanto era stretta e angusta. Restava buia per la maggior parte della giornata e questo comportava non poca umidità.
Avrebbe anche potuto prendere fuoco e non le sarebbe importato di nulla.
Tranne che per la sedia. Adorava quella sedia. Era un regalo della madre di qualche anno prima. Ricordava molto la poltrona di Luigi XV: legno di noce, braccioli a ricciolo, gambe arcuate, seduta e schienale imbottiti e ricoperti da motivi floreali. Era maestosa nella sua semplicità. Ciò che più le piaceva era quel profumo di antico, di buono, che solo le cose vecchie portano con sé, anche quando il tempo le spinge a deperire. Come il profumo di un buon libro.
Chiuse il bottone dei jeans, cercando di ricordare dove avesse lasciato la cintura. Quei pantaloni erano diventati sempre più larghi negli ultimi mesi. Quand’era l’ultima volta che aveva fatto un pasto decente?
Samantha Hansen era nata e cresciuta a Cody, Wyoming, la famosa città di Buffalo Bill, abitata da poco più di ottomila anime. Figlia unica di Erik e Grace Hansen, era cresciuta circondata da un autentico spirito country, in quella che si poteva definire la capitale mondiale del Rodeo, o almeno cosi amavano chiamarla gli abitanti di Cody.
Non si era mai sentita adeguata all’ambiente in cui era cresciuta. Quel mondo le stava stretto addosso, al punto da toglierle spesso il respiro. Lo considerava casa, per certi versi, ma non era bastato a renderla felice.
Terminata la Cody High School, vinse quattro borse di studio, contesa tra le più prestigiose università, che avevano visto in lei un potenziale da esplorare. Lei, d’altro canto, aveva le idee ben chiare per il suo futuro: Berkeley, California. Il più lontano possibile dal suo passato e più vicino quel tanto che bastava a realizzare i suoi sogni.
A Berkeley ha sede una delle più importanti università del paese, le cui trentadue biblioteche coprono un’area di ben 50.000 m2. L’idea di avere a disposizione tutti quei libri, le aveva sempre messo l’acquolina in bocca.
Era la tipica ragazza che, incontrandola per strada, poteva passare inosservata ad una prima occhiata. Altezza media, occhi verdi, capelli castano scuro, addolciti dai riflessi color tramonto, visibili solo alla luce del sole. Né lisci e né ricci, raccolti ordinariamente in uno chignon spettinato.
Aveva passato gli anni alla UC Berkeley principalmente in biblioteca, divorando un libro dopo l’altro. Le piacevano in particolare i saggi storici, ma si dilettava in qualunque lettura. Tra i tanti college a disposizione all’interno dell’università, si era specializzata in Giornalismo, decisa a coltivare la sua vera passione. Sin da bambina infatti sognava di poter scrivere e pubblicare un romanzo tutto suo.
Non era mai stata brava a socializzare, a stare in mezzo alla gente, e non perché non le piacessero le persone. Era così e basta, lo aveva sempre saputo. Le veniva più semplice scrivere, le parole scritte assumevano un’altra forma, diventavano impermeabili, non mutavano, non venivano confuse o dimenticate. Erano lì, ferme e allo stesso tempo sempre in movimento. Si potevano dire un sacco di cose senza parlare. Si poteva vivere una quantità infinita di avventure e trovarsi in mille posti contemporaneamente, solo leggendo poche pagine. Molti dei suoi compagni d’università trascorrevano le giornate organizzando feste colossali, riprendendosi dalle sbornie, percorrendo la Telegraph Avenue in cerca dei migliori capi alla moda.
Quando non era rintanata in una delle biblioteche, Samantha era invece solita sedersi ai piedi dello Strawberry Creek, un piccolo corso d’acqua che divide in due il campus. Nessuno ci andava mai e lei non riusciva a capirne il perché. Era uno dei posti che più preferiva: quella pace, quel silenzio, rotto solo dal fruscio dell’acqua e dal canto degli uccelli. Alberi e distese di verde. Era il luogo perfetto per scrivere. Sapeva che nessuno l’avrebbe mai disturbata in quel suo piccolo rifugio.
Lì era libera di pensare.
Un pensiero la colse prima di prendere le chiavi e uscire di casa. Che giorno è oggi? - si domandò, retoricamente. Sapeva bene che giorno era e non voleva concedersi il tempo di aprire quel cassetto. Scacciò via il pensiero e si diresse in strada.
Ad aspettarla come ogni mattina c’era Blaide, la sua compagna di vita. Era una bicicletta vecchio stampo, di quelle con i sedili grandi e il cestello in vimini. Aveva usato gli ultimi risparmi per comprarla, ma non se n’era mai pentita. Avevano tentato di rubargliela più di una volta in effetti, ma in qualche modo il fato l’aveva sempre ricondotta a lei. Come fossero legate dal filo rosso del destino, quello di cui parlano le leggende popolari giapponesi. Si era troppo affezionata a quell’ammasso di ferraglia arrugginito, che le ricordava il mondo semplice in cui era cresciuta, da non volersene separare neanche sotto il diluvio universale.
Pedalava veloce, tra le strade affollate di Berkeley, tra persone che, molto probabilmente, si erano messe in strada molto di prima di lei, sfidando le leggi del tempo per arrivare a lavoro in orario.
Dopo l’università, aveva trovato lavoro come commessa presso la Mr. Mopp’s Children’s Books, una storica libreria collegata al Mr. Mopp’s Toy Shop, situato proprio a fianco del negozio. Non era esattamente quello che sperava, vendere libri per bambini poteva per certi versi risultare noioso. Eppure, oltre a darle da vivere, quella libreria aveva risvegliato qualcosa in lei. Sapeva di essere stata una bambina fortunata. I suoi genitori avevano capito fin da subito che, alle bambole, preferiva di gran lunga i libri, e avevano assecondato questa sua passione. Ricordava con dolcezza la madre che, stringendola tra le braccia, le leggeva delle storie per farla addormentare. Non tutti i bambini avevano avuto questa fortuna. E si sentiva in certo senso responsabile di dover offrire la stessa opportunità a questa nuova generazione, troppo presa dai cellulari, per lasciar spazio all’immaginazione.
La libreria era piuttosto grande, considerando che era destinata ad una piccola fetta di lettori. Si distribuiva in due piani, scaffali e scaffali di libri, da quelli consigliabili alle future mamme su come gestire il proprio bimbo appena nato, ai romanzi rosa per adolescenti. Le grandi vetrate, che raggiungevano il soffitto, donavano al locale una luce particolare. Riempivano di colore l’intero negozio, rendendo lo spazio un luogo confortevole dove potersi sentire a casa. Aveva visto spesso entrare uomini e donne, pur senza figli a cui regalare uno di quei preziosi manuali di avventure, solo perché attirati dalla luce e dai colori vivaci sugli scaffali.
“Buongiorno, Sam. Come al solito hai spaccato l’ora.” – sentì lei, entrando in negozio dalla porta principale.
“Buongiorno, Jeff. Il traffico stamattina era indescrivibile.” – rispose, rivolgendogli un sorriso d’intesa.
   
 
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