Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: Aranel95    09/02/2022    3 recensioni
Rin, lui è un demone e tu sei un’umana!
Già, un demone che, come tanti altri, si era adattato alla nuova epoca, ai suoi nuovi usi e costumi. Un demone che aveva represso i suoi istinti più bassi, che aveva cercato in tutti i modi di essere civile e che si era innamorato di una insulsa umana.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: non è una song-fic ma le sensazioni che prova la protagonista sono ispirate all’omonima canzone di Elodie. Buona lettura ^.^

 
VERTIGINE
 

Mi manca il fiato, mi sento claustrofobica, nonostante sia seduta alla finestra da ore. Sono rimasta sola con me stessa mentre guardo il cielo plumbeo, quel cielo che ispira libertà, quella libertà che non ho… la libertà di stare con te. La pioggia inizia a battere contro la finestra, abbattendosi leggiadra sulla città, illuminata solo dalle luci artificiali degli edifici e dei lampioni.

Rin, lui è troppo vecchio per te!

Avere l’aspetto di un giovane uomo non basta a celare il tuo essere un demone millenario. Anche celare quei segni, quella mezzaluna, i tuoi occhi d’ambra non servono a molto… resti quel che sei. Svetti alto, come i grattacieli che vedo fuori dalla finestra, ancora per poco visibili in modo chiaro...

Rin, lui è un demone e tu sei un’umana!

Già, un demone che, come tanti altri, si era adattato alla nuova epoca, ai suoi nuovi usi e costumi. Un demone che aveva represso i suoi istinti più bassi, che aveva cercato in tutti i modi di essere civile e che si era innamorato di una insulsa umana. Non ce la faccio, sul mio petto ho un macigno. Mi tremano le mani al ricordo di te, del tuo viso etereo e bello…Nella mente, rimbomba ancora il suono del pianoforte, riesco a vedere le tue lunghe dita artigliate battere su quei tasti bianchi e neri… 


«Puoi toccare quei tasti, non mordono.»

Sobbalzai, vedendoti poggiato allo stipite della porta del salotto. Raramente mi portavi a casa tua, ma quella volta avevi fatto un'eccezione. La tua dimora, così elegante e raffinata, che profumava di ricchezza, di quel mondo luccicante di cui io nemmeno lontanamente ne avrei potuto fare parte.

«Io...»

Alzasti un sopracciglio, nervoso nel sentirmi balbettare, non lo hai mai sopportato. Ti avvicinasti, con passo elegante e felino - un po' un ossimoro, visto che sei un demone cane -, sollevando il mio viso già rosso con due dita. Mi avevi costretta a guardarti negli occhi, in quelle piscine d'oro, così calde e allo stesso tempo temibili.

«Siediti.»

«eh?»

Nessuna risposta, solo il movimento veloce del tuo braccio che afferrò una sedia per farmi accomodare. Ti sedesti, al pianoforte, iniziando a mettere in ordine gli spartiti, di quelli scritti a mano su pentagrammi vuoti. Senza nemmeno proferire parola, iniziasti a battere le tue dita affusolate sui tasti. Muovevi leggermente la testa, lasciando scuotere i tuoi lunghi capelli d'argento che si spargevano con eleganza sulle tue spalle fasciate da una camicia nera. Era il tuo modo di tenere il ritmo, io l'ho sempre adorato. Anche la melodia che stavi suonando… era malinconica e allo stesso tempo carica di passione, come l'amore che provavi per me. 

Le mani mi tremavano, la mia vista si era annebbiata…


Anche adesso, ho la vista annebbiata. E stavolta non sono solo le lacrime. Guardo l'orologio, erano quasi le 5 e 30 del mattino, io non dormo più da, non lo so, giorni, settimane… ho perso il conto. Vorrei tanto sfiorare quel cielo, vorrei tanto spostare le nubi per vedere la luna, che mi ricorda te. Tra poco sorgerà il sole, ma non potrò vederlo, non con te…


«Vai già?»

«È l'alba, Rin.»

Sbuffai, come facevo sempre. L'alba era solo una scusa, ma adesso, non posso biasimarti. Meno ci vedevano insieme, e meglio era. Ma io non volevo vivere il mio amore di nascosto! Mai! Mi rotolai sotto le coperte, capricciosa come un gatto pigro, cercando di non fare passare alcuni spiffero freddo che avrebbe congelato la mia pelle nuda. Tu non hai mai avuto paura del freddo, tu eri coraggioso… riuscivi a uscire fuori dal gomitolo di piumoni, completamente nudo, senza batter ciglio. Ma certo, tu sei un demone!

«Sesshomaru, dai… resta ancora un po', già mi manchi...»

Ti voltasti, con un'espressione tra il fastidio e la tenerezza. Non sopportavi i miei capricci, eppure mi accontentavi sempre. Ma non quella volta.

«Alzati, Rin. Sta sorgendo il sole.»

La tua voce, roca, calda, bassa, riusciva a fare vibrare ogni centimetro del mio corpo e della mia anima. Eri riuscito a convincermi, a venire fuori dalla mia tana, a indossare la camicia da notte e la vestaglia, a sedermi alla finestra accanto a te. Sempre di poche parole, ma credimi, mi tieni così tanta compagnia senza che tu te ne sia reso conto! Poggiai la testa sulla tua spalla mentre con il braccio mi cingevi. Caldo, eri così caldo…


Ora sono poggiata a questa gelida finestra. Guardo di sotto, mi sento imprigionata in una torre di cristallo, per colpa di tutto: dei miei genitori, di sua madre, di questa società maledetta! Maledetta perché ha convinto tutti che i demoni siano esseri disgustosi e sanguinari, senza scrupoli. Ma non il mio Sesshomaru, forse un tempo, ma non più ormai… non con me. O forse sono io stupida e sciocca, che mi sono fatta abbindolare, come dice mia madre.

Rin, sei una stupida! Lui ti ha solo sedotta, per gioco, perché sei umana!

No! Non è vero basta!

Mi tappo le orecchie, la pioggia si era fatta battente, il mio cuore aveva i battiti accelerati, sembrava schizzare fuori dal mio petto.

Sei un idiota, Sesshomaru. Farai la stessa fine di tuo padre che si è unito ad una stupida umana, mettendo al mondo un ibrido e morendo per lei.

Tua madre aveva detto quelle parole davanti a me. Fuori pioveva come oggi… 


«Adesso basta, madre. Io non sono come mio padre.»

«Sei tale e quale a lui! Sono bastate due belle gambe e un dolce sorriso per ammorbidire il tuo cuore!»

Inukimi aveva percepito la mia presenza dietro la porta del suo studio. Quel giorno, Sesshomaru voleva rendere "pubblica" la nostra relazione, presentandomi a sua madre. Ma la donna non aveva gradito e si erano chiusi nello studio per confabulare. O meglio, lei voleva confabulare.

«Sciocca ragazzina, non ti hanno insegnato che non si origlia?!»

Rimasi di pietra. Già ero terrorizzata da lei solo guardandola, adesso ci si metteva il suo tono duro e sprezzante. Sesshomaru stringeva i pugni conficcando gli artigli nella carne.

«Rin, andiamo via.»

Mi prese per mano, trascinandomi fuori da quella casa. Tua madre continuava a blaterare ma ormai potevo sentire solo il rumore della pioggia, di quella maledetta pioggia che aveva completamente bagnato me e lui. Camminavamo in modo scomposto, verso il tuo appartamento. Arrivati, lui mi portò in bagno, e insieme avevamo fatto la doccia. Non era la prima volta, ma mi sentii quasi imbarazzata, perché era successo tutto di fretta e… Sesshomaru sembrava volesse lavare via tutte le parole che sua madre aveva detto su di me, su di noi.

Finita la doccia, mi rannicchiai accanto a lui, seduto sul divano. Era teso, lo sentivo, avevo paura. Paura che stesse male, che soffrisse.

«Rin.»

«Sì?»

«Ti porterò via, un giorno o l'altro, è una promessa.»


Non arrivò mai quel giorno, amore mio. Mai. I miei mi avevano scoperta e tu, per proteggermi, ti sei abbassato alle loro minacce, ai loro compromessi. Non sei più venuto a trovarmi, non mi hai più scritta, chiamata. Ma io lo so che stai pensando a me. L'altra metà del mio cuore ce l'hai tu… cuore… adesso è solo una voragine. Ci hanno separati con la forza, e tu, per non mettermi nei guai, per non fare una carneficina, ti sei arreso.

Mi gira la testa, mi sento mancare il pavimento sotto ai piedi, non so più niente di te, cosa fai, dove sei… mi manchi ogni giorno che i kami mettono in terra, mi manchi in ogni istante. Mi mancano le nostre passeggiate, le nostre coccole, quando mi dedicavi un brano, quando mi compravi il mio dolce preferito quando ero triste, quando facevamo l'amore, quando dormivamo abbracciati, quando scacciavi via i miei incubi. Tu non sei un mostro, Sesshomaru. Tu sei il mio angelo custode… te lo dicevo sempre, i tuoi capelli d'argento mi ricordavano i Serafini. Quello che ho vissuto con te non è stato un amore passeggero, un gioco, un'infatuazione. E non lo è stato nemmeno per te, tu non ami giocare... tu sei figlio di un grande Generale, mantieni le promesse, serio e fedele.
Non mi accorgo nemmeno che ormai è l'alba, anche se il sole è soffocato dalle nubi. La pioggia stava scemando improvvisamente - imprevedibile come il mio umore altalenante - ma tutto fuori è così freddo, silenzioso, come l'acciaio delle tue lame antiche. Mi stacco dalla finestra, vorrei preparami un tè, ma uno strano ticchettio alla finestra mi distrae, mi fa voltare. 


«Rin! Rin, alzati o farai tardi all'università!»

«Haru, che succede?»

«Rin non risponde, entro? Sono le 8 passate! Lei ha lezione tra mezz'ora.»

«Sì, anche perché mi sembra assurdo che non sia ancora sveglia.»

«Forse è già uscita...»

«L'avrei sentita.» 


«Ma… Rin!»

L'armadio aperto, svuotato, così come il letto, la scrivania. No, solo una lettera.

«Jun, aprila, ti prego... Io non... non ce la faccio»


Cari mamma e papà, 

Con questa lettera voglio salutarvi, perché sì, io ho scelto lui e lui ha scelto me. So che non mi perdonerete mai ma vorrei solo dirvi che sono felice così. Non sono vigliacca, ma l'unico modo che avevo per tornare da lui era quello di scappare, con lui. Mi dispiace tanto, so che vi ho delusa come figlia, ma adesso ho ritrovato me stessa. E lui ha mantenuto la sua promessa.

 

Con amore, 

La vostra Rin. 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Aranel95