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Autore: NPC_Stories    14/02/2022    2 recensioni
Christopher Blackwood è una Progenie Infernale, ma è molto diverso dai suoi simili. Non è un'anima in cerca di redenzione. Quello che cerca, quello che secondo lui gli ha dato la forza di fuggire dall'inferno, è l'amore. L'amore perduto di una donna morta troppo giovane, troppo tempo fa.
Questa è la storia di come Blackwood è davvero fuggito dall'inferno.
Genere: Angst, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: questa storia è stata scritta da me, ma il Dr. Christopher è un personaggio di Ikki_the_crow nella mia campagna di D&D 3.5; fa parte dello stesso sgangherato gruppo di Dora e Rushe di Lathander take the wheel e di Thrip'ad di Il mio nome è Thrip


RS-F-1030-11-11-902



Città di Abriymoch, strato di Phlegethos, Nove Inferi di Baator. In una locanda quasi per nulla indecorosa. Sul Piano Materiale sarebbe fine anno 1370.

“E quindi sono qui, perché le tremende fiamme del più caldo vulcano di Phlegethos sono preferibili al gelo umido della mia palude in inverno!” Scherzò la barda, accarezzando con un tocco le corde della sua lira. La battuta riscosse solo uno sbuffo dalla erinni seduta di fronte a lei, ma la donna non se la prese. I diavoli erano sempre un pubblico difficile.
“Perché non mi dici cosa vuoi e basta, Yrga dei Sussurri?”
La cantante si mise una mano sul cuore, mimando un’espressione ferita.
“Così diretta, Damasze-alma? Non sono dunque degna di un tentativo di inganno o corruzione?”
“Non hai potere alla Città del Giudizio, quindi a che mi servi?”
La donna si sporse verso la diavolessa, in tono cospiratorio. “Ma io parlo direttamente con il Tetro Siniscalco. E come sai, agisco dietro suo ordine.”
L’erinni sbuffò una mezza risata, più sincera questa volta. “Baator non teme l’ira di un dio minore, un pusillanime senza spina dorsale che rinunciò al suo titolo. Non hai potere nella Città del Giudizio, non ne ha il tuo dio, e nessuno di voi due ha una voce qui.”
“Ah davvero? Se il mio dio non avesse potere, come farei ad avere questa?” Provocò, estraendo dallo zaino una pergamena e sbandierandola davanti alla baatezu.
La erinni fece per strapparle di mano il foglio ma l’altra si tirò indietro appena in tempo.
“Ah-ah” agitò un dito nell’aria. “Questa serve a me.”
“Un lasciapassare per uscire?
“Ahah, che carina che sei” la barda sfoderò un sorriso saputo. “Una pergamena di Spostamento Planare, approvata e validata dai burocrati dello Stige. Non voglio certo attraversare di nuovo l’inferno a piedi.”
“Come l’hai…”
L’ospite arrotolò la pergamena e la nascose subito, perché era pericoloso mostrare pubblicamente una cosa del genere. Perfino in un privé.
“Sono andata da un importante Amnizu e ho chiesto per favore” millantò, cosa a cui l’erinni non credette nemmeno per un momento.
“E visto che sei riuscita a convincere un Amnizu, un incorruttibile burocrate dello Stige, a concederti una via d’uscita… cosa vuoi da me?” Tornò a chiedere, calcando con sarcasmo sulla parola incorruttibile. “Sappiamo entrambe che quell’uscita non è per te, Yrga. Tu sei una visitatrice, non ti serve uno speciale permesso.”
L’umana - o così sembrava - sorrise alla diavolessa senza la minima paura.
“Sono qui per il caso RS-F-1030-11-11-902. Credo che tu lo chiami…” abbassò la voce ammiccò. “Christopher Blackwood.”
L’erinni aveva le fattezze cesellate delle creature celestiali da cui, secondo la leggenda, quelle come lei discendevano. Però in quel momento il suo volto angelico si storpiò in una smorfia rabbiosa e abominevole alla vista.
“Quel dannato! Sono più di trecento anni che provo a spezzarlo, e ancora non cede. Nemmeno le torture di Pozzo di Fiamma sono riuscite ad avere ragione di lui, ed è soltanto la misera anima di un mortale!”
Yrga non perse il suo sorriso nemmeno per un momento, e da una tasca estrasse un piccolo blocco per appunti e un carboncino. “Puoi scendere nei dettagli? Non… le torture, tutto il resto.”
La richiesta ottenne solo un’occhiata di disprezzo in risposta.
“Mi stai chiedendo di raccontarti un mio fallimento? A te, la poetessa di Jergal? La cantora delle anime? La più sfacciata troia pettegola degli Inferi, dell’Ade e del mondo dei vivi?”
“Anche del Piano delle Ombre e del Piano dell’energia negativa” protestò l’altra, mettendo il broncio e agitando il carboncino. “Prometto di non fare il tuo nome?”
“Ma sei qui per il prigioniero o per la sua storia? E quanto sei disposta a pagare per l’una e per l’altra cosa?”
“Sono qui per entrambi” disse Yrga con tono di fatto e con lo scintillio del drammaturgo negli occhi. “Nomina il tuo prezzo, ma fà che sia accettabile. Non costringermi a chiedertelo per favore.”

Più tardi, quello stesso giorno, Yrga dei Sussurri e Damasze-alma scesero in volo fino a trovarsi all’altezza di una gabbia sospesa sul Pozzo di Fiamma. Il calore era intollerabile, perfino per un diavolo, ma l’erinni aveva dispiegato le sue ali piumate ed era scesa fin lì nonostante il calore della lava e le improvvise ventate di fuoco innaturale stessero iniziando a far bruciare qualche piuma.
“Questo calore è tremendo” si lamentò Yrga picchiettando contro la gemma che in teoria avrebbe dovuto proteggerla dal fuoco. “Apri quella gabbia e leviamoci dai piedi, prima che arrivi qualche baatezu guardiano a fare domande.”
“Sì signora” mormorò la diavolessa, portandosi davanti alla gabbia. Le pareti erano composte di sbarre di ossidiana, taglienti come rasoi. Il pavimento, anche. L’anima all’interno non aveva esattamente un corpo, ma aveva le sembianze di un corpo e stava soffrendo.
L’erinni appoggiò una pietra di un verde profondo contro un simbolo dipinto sulla gabbia, e una delle pareti di sbarre si dissolse nel nulla. Se l’erinni fosse stata in sé avrebbe scelto di dissolvere il pavimento e far cadere quell’odiata anima nelle fiamme. Ma non era in sé.
“Grazie Dame, sei un tesoro” Yrga le soffiò un bacio e l’altra rispose con un sorriso idiota. “Ah, guarda che altro mi ha dato quel gentilissimo Amnizu.” Frugò nella sua borsa e tirò fuori un’ampolla nera. “È una pozione per lenire il dolore del fuoco di Phlegethos. Bevila alla mia salute, sì?”
“Sì” annuì l’altra, strappò via il tappo con i denti e cominciò a scolarsi la boccetta, che conteneva più liquido di quanto non sembrasse.
Le bruciature sulle ali di Damasze-alma non sarebbero guarite, ma lei avrebbe dimenticato perché ce le aveva. Diamine, con quella dose di acqua dello Stige avrebbe dimenticato metà della sua vita.
Yrga non attese che l’altra avesse finito di bere.
“Andiamo, Blackwood. Non lasciarmi con un’opera incompiuta. Devi portare a termine la tua storia.”
La pergamena di Spostamento Planare li portò lontani. Direttamente sul Piano Materiale, senza passare dal via.
Yrga non era sicura di cosa sarebbe successo a Blackwood - un’anima disincarnata, nemmeno un vero Supplicante - se fosse tornato di colpo in un luogo in cui occorreva un corpo per vivere. Sarebbe diventato un non morto? Oppure… qualcos’altro?

L’ho corrotto con promesse e lusinghe, quando era solo un'anima sul punto di essere condannata alla Città del Giudizio, aveva detto Damasze-alma. Gli ho promesso potere, conoscenza, il rango di Falxugon al mio diretto servizio. Non un Lemure o altra merda, un Falxugon. Quel maledetto ha accettato, ma quando l’ho presentato per la trasformazione… nessuno è riuscito a spezzare la sua mente. Doveva essere ricostruito e invece si è rifiutato di lasciar andare la sua identità e i suoi ricordi.
Come ha osato umiliarmi in quel modo.
Sono trecento anni che cerco di schiacciare il cuore della sua identità, e ancora resiste.


No, Yrga era convinta che questo qui non sarebbe diventato uno spettro o un’anima persa nel vento. Poteva sembrare un’anima fuori di sé, a malapena consapevole, ma in realtà era forte. Aveva uno scopo, e la sua volontà avrebbe concretizzato il suo corpo in qualcos’altro. Qualcosa temprato dal fuoco dell’inferno.

“Arrivederci, Christopher Blackwood” sussurrò, depositando l’uomo esanime - ma di nuovo vivo - su un prato in dolce declivio vicino a un fiume. “E buon lavoro. Prima o poi voglio la mia storia.”
Yrga dei Sussurri si allontanò canticchiando. Era inverno, faceva freddo, ma sapeva che quel luogo era spesso battuto dai pescatori. Lo avrebbero trovato.
Prese di nuovo la lira fra le mani e tentò di intonare una melodia. Quel giorno si sentiva ispirata. Forse avrebbe iniziato a comporre una ballata su RS-F-1030-11-11-902. Forse avrebbe rivisto i suoi appunti e messo in ordine le informazioni che aveva raccolto su di lui e sul suo amore perduto. O forse no.
Forse sarebbe tornata alla Città del Giudizio, a scavare fra i vecchi documenti di Jergal, in cerca di qualche altra anima non pervenuta che avesse alle spalle una storia interessante.



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Curiosi di che fine abbia fatto il dr. Christopher Blackwood?
Leggete la sua storia a opera del suo giocatore e autore, Ikki_the_crow: L'amore non muore mai
   
 
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