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Autore: Nazuhi    17/02/2022    2 recensioni
[Ambientata in un ipotetico post-Hades dove tutti sono vivi e vegeti]
Nonostante sia il suo compleanno, Isaac è intenzionato a non festeggiarlo. O a festeggiarlo in totale solitudine. Almeno finché non riceve uno strano messaggio da parte di Aldebaran, in cui lo invita a recarsi alla Seconda Casa.
Vorrebbe ignorare tutto quanto, ma opporsi alla volontà di ferro del Toro potrebbe non essere poi così facile.
***
Li guardo divertirsi, seduto in un angolo della stanza in una solitudine a cui mi sono condannato da solo. Quando Kanon prova ad avvicinarsi, lo mando via. Non voglio parlare con nessuno, men che meno con lui. Non faccio neanche avvicinare Hyoga, sento di non meritare nemmeno di stare sotto il suo stesso tetto, figuriamoci parlarci.
Non dopo quello che è successo.
Non dopo quello che gli ho fatto.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Kraken Isaac, Taurus Aldebaran
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hyvää syntymäpäivää, Isaac

 

Mi gratto la cicatrice mentre salgo le scale che portano alla Seconda Casa, in una mano ho il messaggio che mi ha fatto avere il Toro. Continuo a rileggerlo da una decina di minuti, ma ancora non capisco per quale assurdo motivo mi abbia chiesto di andare fin lì. Non siamo in confidenza e, fino a oggi, non ricordo neanche di avergli mai rivolto la parola. Anzi, a dirla tutta neanche oggi gli ho parlato. Quel messaggio, in fondo, è stato scritto.

Varco l'ingresso della Seconda Casa e un coro di voci di cui non afferro le parole mi accoglie. Le luci si accendono e, per un lungo secondo, rimango abbagliato. Quando riapro gli occhi, li vedo: i Gold e i Bronze del Santuario, radunati di fronte a un lungo tavolo imbandito; c'è anche Kanon. Un festone con su scritto "Auguri, Isaac" è stato appeso tra le colonne. Scruto i volti e mi rendo conto che c'è persino quel bambino, con una faccia che non so se definire terrorizzata o arrabbiata. Ma non c'è Camus e dovevo immaginarmelo.

La cicatrice prude più del solito e nemmeno grattarmela mi porta sollievo.

Non ha alcun senso festeggiare il compleanno con loro dopo quello che è successo.

Non ha alcun senso rimanere lì.

Mi volto e faccio per tirare dritto verso l'uscita, ma una mano mi afferra per il cappuccio della felpa e mi solleva in aria. Aldebaran, ovviamente, stupido io a credere di potermela svignare.

Stupido io a salire fin lassù.

Protesto molto fiaccamente - tanto so già che sarebbe del tutto inutile - e lascio che mi riporti in sala. Le mie speranze di trascorrere quel maledetto giorno in completa solitudine si infrangono contro la volontà di quel gigante.

Mi sento un pesce fuor d'acqua e la cicatrice continua a pizzicarmi sotto la pelle. Vorrei solo svignarmela, ma sento lo sguardo di Aldebaran sulla nuca.

Li guardo divertirsi, seduto in un angolo della stanza in una solitudine a cui mi sono condannato da solo. Quando Kanon prova ad avvicinarsi, lo mando via. Non voglio parlare con nessuno, men che meno con lui. Non faccio neanche avvicinare Hyoga, sento di non meritare nemmeno di stare sotto il suo stesso tetto, figuriamoci parlarci.

Non dopo quello che è successo.

Non dopo quello che gli ho fatto.

Ancora mi chiedo perché il Toro abbia organizzato tutto questo e perché gli altri abbiano deciso di accettare. In fondo, io non sono uno di loro. Ma forse nessuno di loro vorrebbe davvero essere qui.

Proprio come Camus.

La sua assenza è un chiodo conficcato nel petto. Una parte di me sperava di vederlo, sperava di essere riuscito a guadagnarsi il suo perdono, ma so che era solo una speranza sciocca. Non mi ha perdonato e non lo farà mai. E io non voglio nemmeno essere perdonato.

Voglio tenermi stretto questo dolore e cullarlo nella mia solitudine.

È più giusto così.

Dopo un tempo che non riesco a stabilire, decido di sfidare di nuovo la volontà del Toro. Approfitto di un momento in cui è distratto dall'Ariete e dalla Vergine e sgattaiolo fuori dalla Seconda Casa. Se qualcuno mi ha visto, non lo dà a vedere.

Sono ormai a metà scalinata, quando una mano - la sua mano - mi riagguanta.

«Non è educato svignarsela per il proprio compleanno.»

Ma dea, possibile che stia passando la serata a fissare me invece di divertirsi?

«Non ho alcun motivo per rimanere.»

«Perché non c'è Camus, vero?»

Perché ci siete tutti voi.

Ma non glielo dico, non voglio ferirlo. Alla fine ha avuto un pensiero gentile a organizzare quella festa, anche se non aveva alcun motivo per farlo.

«Non puoi andartene prima della torta!» protesta una vocetta acuta.

Dietro di lui fa capolino quel bambino, Kiki. Non sembra più così terrorizzato, adesso.

«Tu dovresti tornare dentro» gli dice Aldebaran, pacato.

«E perché? Non posso stare qui con voi?»

«Dentro ci sono i dolci.»

Kiki mi scocca una strana occhiata, poi torna a guardare il Toro.

«Se lui se ne va posso mangiarla lo stesso?»

«Sì» gli rispondo. «Tanto io non la voglio.»

Per un lungo attimo c'è solo silenzio.

«Sai, adesso non fai più tanta paura» dice Kiki. «Sembri quasi simpatico, anche se non mi hai ancora chiesto scusa.»

Ingoio di nuovo il chiodo rovente che mi si è conficcato in gola.

Chiedergli scusa… Come se fosse facile, dopo averlo picchiato. Non riesco a chiedere scusa neanche a Camus e a Hyoga, figuriamoci a un bambino che neanche conosco.

Non riesco neanche a perdonare me stesso per avermi permesso di perdermi.

Con la coda dell'occhio osservo il bambino rientrare dentro la Seconda Casa; il Toro, però, non si sposta da dov'è.

«Perché lui non è qui?» gli chiedo, il chiodo brucia in fondo alla gola.

«Avresti voluto che ci fosse, vero?»

«No, io…»

Mi gratto con forza la cicatrice, ma il prurito sembra non volerne sapere di lasciarmi in pace. Il chiodo nel petto è diventato ormai un grumo denso e soffocante che non riesco a deglutire.

«Perché hai fatto tutto questo?»

«Perché nessuno merita di rimanere da solo il giorno del suo compleanno. E poi dovevo un favore a un amico.»

Un favore? Non capisco.

«Bè, non avresti dovuto. A me stare da solo non pesa.»

«Non mentire con me, ragazzino. Sono molto più sveglio di quello che potresti pensare.» Sento il suo sguardo sulla pelle, nonostante mi sia imposto di non guardarlo. «Tu non vuoi restare solo, anche se allontani tutti quanti.»

Mi porto una mano al petto, le lacrime si affollano sulle ciglia dell'occhio buono.

«Io… Io vorrei solo non essermi perso. In quel modo, forse, lui continuerebbe a guardarmi.»

«E io avrei voluto poterti guidare meglio.»

Spalanco gli occhi e mi giro di scatto.

Camus è lì, in piedi dietro di me, e mi sta sorridendo.

«Grazie, Aldebaran» dice, rivolgendosi al compagno.

Il Toro scrolla le spalle.

«Figurati, i debiti vanno saldati» e si allontana di nuovo verso la Seconda Casa.

Torno a guardare il maestro, senza neanche avere il coraggio di muovere un muscolo. Ho il terrore di muovermi e rompere qualsiasi equilibrio si sia creato, di spingerlo a smettere di guardarmi per sempre.

«Scusami per il ritardo» mi dice lui. «E per l'inganno. Ma sapevo che se fossi stato io a invitarti tu non saresti venuto.»

Sbatto le palpebre, confuso.

Lui si inginocchia davanti a me e mi circonda le spalle con le braccia.

«Hyvää syntymäpäivää, Isaac. Buon compleanno.»

Affondo il volto nel suo petto e mi ci aggrappo come anni prima, in mezzo alla neve della Finlandia. Il grumo nel petto si scioglie in calde lacrime che mi bagnano le guance. Un pianto silenzioso che attenua il dolore che provo da mesi.

L'unica cosa che ho mai desiderato è di nuovo davanti a me.

  
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