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Autore: Hermys    21/02/2022    4 recensioni
La notte è calata e la nostra piccola Rin non riesce a prendere sonno, così decide di intraprendere una conversazione con il glaciale principe dei demoni che l'ha salvata e con il quale ha deciso di vivere, Sesshomaru, irritando il povero Jaken.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jaken, Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL FIORE DELLA BUONANOTTE















 

“Signor Sesshomaru, come mai voi non avete le orecchie come Inuyasha?”

 

Era da poco calato il sole, il cielo che si era colorato di un arancio acceso stava ora lasciando spazio all'oscurità della notte, dolcemente. 

Il demone poggiava la schiena a un albero, una gamba distesa e l'altra alzata verso il petto per poter così sostenere il braccio. La piccola Rin prendeva sonno sempre piuttosto presto, a quell'ora di solito si era già coricata e aveva già iniziato a contare le stelle - non arrivava mai comunque fino a cinquanta. 

Quella sera, però, sembrava non averne alcuna intenzione. Coricata sul suo giaciglio improvvisato accoccolata ad A-Un, il grande demone a due teste, osservava sì il cielo e le stelle, ma al posto di iniziare a contarle aveva iniziato a porre domande al demone dai lunghi capelli argentei poco distante da lei. 

 

“Sta zitta Rin, al padron Sesshomaru non importa nulla della tua stupida curiosità!”, l'aveva rimproverata Jaken, fedele servitore. 

Per quanto fosse convinto di ciò che aveva detto, gli bastò un'occhiata al suo padrone: lo sguardo di Sesshomaru freddo e imperturbabile gli intimava chiaramente di non procedere oltre e fare silenzio. 

Non era sorpreso: Rin gli faceva sempre delle domande, di continuo, anche se lui rispondeva di rado. Nonostante questo, lei non si scoraggiava. Apparentemente, più che una vera e propria risposta, alla piccola bastava porre la domanda, parlare con lui, far prendere vita alle curiosità portandole fuori dalla sua testolina. 

 

Jaken non riusciva a spiegarsi come mai il suo padrone non trovava estremamente irritante quelle continue domande, quel continuo parlare. Insomma, lui trovava tutto irritante! Per Jaken, suo umile servitore da secoli, non aveva mai avuto una parola carina, anzi, quando poteva rispondere male lo faceva sempre! Invece quel piccolo mostriciattolo col codino e con la veste colorata non riceveva mai una parola cattiva, mai un commento pronunciato con arroganza o fastidio. Al contrario, Sesshomaru si preoccupava per lei se si faceva male, si fermavano quando lei era stanca e quando voleva raccogliere i fiori, ordinava al povero Jaken di procurarle del cibo e per di più, come se non bastasse, non le aveva mai rivolto nemmeno l'accenno di una parola che non fosse pronunciata con riguardo - Jaken era sicuro di averci sentito perfino qualche nota di dolcezza di tanto in tanto, per quanto possibile.

Insomma, il suo padrone, il glaciale principe dei demoni, figlio del più grande e forte generale di tutti i tempi, si era decisamente ammattato. 

 

“Secondo me stareste molto bene anche voi con le orecchie simili a quelle di Inuyasha.”

Rin se lo stava immaginando e sì, sarebbe stato proprio bene. Ridacchiò sommessamente: pensò che il signor Sesshomaru, in realtà, sarebbe stato bene in qualsiasi modo o forma. 

 

Jaken non poteva sopportare oltre: “Rin! Come ti viene in mente di paragonare il sommo padron Sesshomaru con quel cretino di suo fratello Inuyasha?!”

“Ma non li ho paragonati! Ho solo detto che il signor Sesshomaru starebbe bene con le stesse orecchie.” rispose Rin, offesa. E aggiunse quello che aveva pensato e che prima aveva taciuto: “Starebbe bene in qualsiasi modo…” 

“Ppff, ma certo! Il sommo padron Sesshomaru è perfetto.”

 

“Jaken.”
Sentendo pronunciare il suo nome dal suo padrone, il piccolo demone verdognolo sentì un brivido percorrergli tutta la schiena. “S-sì, padron Sesshomaru?”

“Fa silenzio.”

 

Ferito nell'orgoglio - e nei sentimenti - Jaken si sistemó in un angolino poco distante, anch'egli contro un albero e mise il broncio. A Rin dispiacque un po', ma non disse niente. Fu Sesshomaru a parlare di nuovo: “Rin, perché non dormi?”, le chiese. Il suo tono si era notevolmente addolcito rispetto a quello usato prima con Jaken. 

“Non ho sonno purtroppo. Anche se sono parecchio stanca, non riesco proprio a dormire.”

Passò qualche secondo di silenzio, Rin si stropicciò le mani e tornò a guardare le stelle. “A te signor Sesshomaru è mai capitato di non riuscire a dormire?”

“Io non ho bisogno di dormire come gli umani.”

“Capisco.” 

 

Dall'erba alta usciva il canto dei grilli, dal bosco quello dei gufi. La notte era arrivata velocemente e così sarebbe arrivata anche l'alba. 

A Rin era capitato diverse volte di stare sveglia tutta la notte, soprattutto quando viveva ancora nel villaggio. Le piaceva la notte, guardare il cielo, le stelle, sognare ad occhi aperti; non le piaceva per niente sentirsi spossata e assonnata tutto il giorno dopo però. Quindi doveva dormire! 

 

Sesshomaru aveva chiuso gli occhi, ma continuava a restare vigile e attento. Sentì Rin muoversi più volte, si girava e rigirava, sbuffava e poi sbuffava anche A-Un che era infastidito dal suo continuo cambiare posizione. 

Forse non era comoda: in effetti era una bambina umana, probabilmente dormire tutte le notti per terra non era il massimo della comodità. Sesshomaru si chiese se al villaggio dove viveva prima dormisse su un giaciglio più comodo. 

 

Per un attimo Rin sembrò aver trovato una posizione. Jaken russava già da qualche minuto e anche A-Un era sul punto di appisolarsi. Ma ecco che la piccola riprese a sbuffare e rigirarsi e la bestia a due teste emise un sonoro lamento. 

 

“Scusami, forse è meglio che mi sposto.” Detto questo Rin si alzò e andò a sistemarsi un po' più là, completamente sdraiata sull'erba, pancia in su e braccia aperte. 

Sesshomaru la controllava impercettibilmente, un occhio aperto e l'altro chiuso. 

Non era mai capitato che Rin non riuscisse a dormire. Forse aveva dei pensieri, forse non stava bene. Probabilmente andare per campi di battaglia e tra demoni sanguinari non era la cosa più congeniale a una bambina ingenua e innocente come lei. Era vero che aveva già vissuto sulla sua pelle molte cose terribili, che aveva affrontato la morte, - anche se Sesshomaru non sapeva quanto effettivamente ricordava di quell'esperienza - ma era anche vero che restava pur sempre una bambina, per di più umana. 

 

Si sentiva terribilmente egoista. Non l'aveva respinta quando lei aveva iniziato a seguirlo e al primo pericolo corso era andato a salvarla; poi a quello dopo e quello dopo ancora. 

Le aveva dato libertà di scelta, sempre. Lei aveva sempre scelto di restare con lui. 

Perché? 

Perché gli piaceva così tanto stare con un demone senza scrupoli e sentimenti? 

Per lui, orgoglioso e fiero, non era mai stato un problema comportarsi in maniera egoistica. Aveva imparato che tra i demoni era così: il più forte vince, i più deboli soccombono. Non c'era spazio per i sentimenti. Eppure… 

Eppure da quando quella piccola creatura era entrata, quasi di prepotenza, nella sua vita, l'aveva sconvolta. Così fragile e così forte: l'arrivo di Rin poteva essere paragonato, per lui, a un uragano che distrugge tutto ciò che incontra sul suo cammino. La grande differenza che aveva con un uragano vero era che lei era un uragano gentile; un uragano che non aveva distrutto tutto ciò che aveva incontrato, ma levigato. 

Levigato le pareti spigolose del suo cuore. 

 

“Conosco un modo per farti dormire.”, disse.

Rin si tirò su a sedere sorridente e speranzosa. “Davvero?” 

“Aspetta qui.”

 

Il demone si alzò e si addentrò nel fitto del bosco. Cercava un fiore. Non gli serviva un fiore in particolare, a dire la verità. Non era comunque bravo in certe cose. Gli bastava che fosse un fiore che potesse trovare bello Rin - per quanto fosse possibile che lei trovasse un fiore non bello

Scelto quello che si convinse potesse fare al caso suo, tornò indietro. 

Lei era ancora seduta lì, nella stessa posizione dove l'aveva lasciata, la stessa espressione gioiosa. 

 

“Ecco, tieni.” disse, porgendole delicatamente il fiore. 

Lei lo prese. Le unghie affilate del demone sfiorarono la pelle pallida e sottile della bambina, ma lei non ebbe paura. Non avrebbe mai potuto avere paura di lui. Accettò il fiore, felice. Poi chiese: “Ma come mai un fiore? Cioè, mi piace, adoro i fiori, ma perché mi aiuterebbe a dormire signor Sesshomaru?”

“Non so come si chiami questo fiore.” disse la verità. “Ma quando ero molto piccolo e mi sentivo irritato per qualcosa, mia madre mi faceva odorare il profumo di un fiore molto simile a questo, così mi calmavo.” continuò, questa volta una piccola bugia. 

 

Il profumo di quel fiore era veramente buono, constatò Rin. Lo inspirò a pieni polmoni, inebriata dall'immagine di un signor Sesshomaru piccolo come lei che ripeteva la stessa azione, in un altro tempo, in un'altra vita. 

 

Sorridendo si rimise sdraiata e tenendo il fiore ben stretto tra le mani disse: “Ora sono sicura che riuscirò a dormire. Buonanotte signor Sesshomaru.”

Lui andò a sistemarsi nella medesima posizione di prima. Quando fu certo che la bambina aveva ormai raggiunto le braccia di Morfeo, sussurrando impercettibilmente, rispose:

“Buonanotte, Rin.”

 
   
 
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