Reborn
 


Ricordava perfettamente quando decise di tagliarsi i capelli.
 
Aveva dodici anni. Era la regola per far parte della squadra di pallavolo.
 
Sembrava una cosa così grande. Terrorizzata ed eccitata insieme, passava le dita tra i lunghi capelli bruni e si chiedeva come sarebbero stati a terra, a decorare in fili scomposti le mattonelle anonime del barbiere in cui l’aveva portata suo padre.
 
Ricordava il rumore delle forbici dietro il collo, aria fresca contro pelle umida, acciaio freddo contro la fronte, i fili della frangia cadere scivolando sul telo protettivo, incastrandosi nel colletto troppo largo.
 
Quando si vide, riflessa in quello specchio vecchio dagli angoli incrostati, si sentì potente, più grande. Più bella. Più forte.
 
Finalmente sé stessa.
 
 
 
________________
 
Ho sforato! Di poco ma ho sforato e lo ammetto.
 
È già tanto che sia riuscita a condensare le mie idee in queste poche parole, ma l’idea di SilvanaFreesound era troppo bella per non provarci.
 
L’idea nasce collegandomi con Miwa Kageyama, che ad un certo punto non fa più parte della squadra di pallavolo perché altrimenti avrebbe dovuto tagliarsi i capelli.
 
Kanoka – che amo, a proposito, bisogna venerarla come una Dea – quando conosce Tanaka ha i capelli lunghi. Quindi ho pensato che la regola fosse ancora valida e che per lei non fosse assolutamente un problema, perché la pallavolo è la sua vita.
 
E poi, perché va dal barbiere? Quando ero piccola mia madre mi portava dalla parrucchiera. Quando non poteva, mio padre mi portava dal barbiere. E mi divertivo tantissimo, non so nemmeno io perché. Tanto ero una gnoma tonda con il caschetto, non avevo grosse aspirazioni da modella.
 
Dal momento che le mie considerazioni sono più lunghe della storia in sé farà capire la mia sofferenza nel cimentarmi in questa idea, che è più una sfida verso me stessa che altro.
 
Grazie mille per aver letto!