Disclaimer: i personaggi presenti in questa storia sono proprietà intellettuale di Tite Kubo.

La ragazza che ha di fronte le sembra più grande. Quasi stenta a riconoscerla.
Rivoli d'acqua le colano sul volto. Le mani toccano la ceramica del lavabo, la luce nella stanza a tratti lampeggia.  "Devo cambiare questa lampadina" si dice, pensando a voce un po' troppo alta.
La ragazza che ha di fronte la fissa di nuovo dritta negli occhi come a riprenderne svelta l'attenzione. Silenzio. Forse uno sbuffo appena accennato - o l'ha immaginato? L'altra distoglie lo sguardo.
Si sentirebbe quasi criticata da quel suo fugace gesto disinteressato, se non fosse che degli sguardi altrui ormai non se ne cura quasi più. Ha visto troppi occhi negli ultimi tempi. Occhi nemici, occhi amici. Espressioni tristi, arrabbiate, gelose, perplesse, espressioni atterrite euforiche svilite vuote. Morte.
La ragazza che ha di fronte non ha più il potere di giudicarla. Di farla sentire sbagliata, in difetto. Di criticarla. Non può più dirle che "forse sarebbe stato meglio se", o "se non avessi fatto così, a quest'ora, magari". Per questo stanno in silenzio, lo sanno entrambe. Le due si guardano e basta.
Negli occhi della ragazza di fronte adesso legge comprensione. Una strana quiete che prima non le apparteneva. È incuriosita dal cambiamento del loro rapporto. Nonostante il tempo passato in reciproca compagnia, non aveva notato quella sua silenziosa crescita. Lei non si sentiva più giudicata da quella figura. E grazie a questo, adesso riusciva a tenersi aperta alla possibilità che sì, forse c'era davvero un'amica davanti a lei. Erano maturate. Un sorriso di intesa tra le due.
Il silenzio si rompe.
"Questa capigliatura non ti appartiene più, Orihime Inoue". La ragazza che ha di fronte nasconde un altro sorriso. Sbuffa di nuovo, ma darle ragione stavolta non le pesa. Si guardano, e il sorriso complice si fa più ampio.
Altre gocce di acqua limpida scivolano lente, prima sulle spalle, poi un po' ovunque. Le dita sottili camminano leggere verso le forbici - come scintillano, osserva.
Afferra una ciocca bagnata.
Quei capelli si erano sporcati di terra, lacrime. Sangue. Si erano incrostati quando questi elementi si erano mescolati tra loro nella disperazione di pesanti giornate interminabili. Le erano stati tirati perché troppo lunghi, troppo belli. E loro erano ancora lì, forti, davanti a lei.
Le dita scorrono lungo i capelli bagnati cercando l'altezza desiderata.
L'occhio torna per un attimo alla ragazza di fronte.
Non sta tagliando i capelli per cancellare la ragazza dello specchio.
Quei capelli sono sopravvissuti a una guerra - ma anche quelle dita, quelle mani, quelle spalle. Tutto di lei ha vissuto solitudine, angoscia, terrore.
La percezione del reiatsu dei suoi amici che traballa e si affievolisce fino quasi a sparire, la sensazione di impotenza mista a senso di colpa per un tradimento indotto, il calore delle lacrime che troppe volte l'avevano rigata -
Plic.
Una goccia d'acqua la riporta al suo bagno, davanti lo specchio. Le forbici in una mano, la ciocca bagnata nell'altra.
Sorride, nel tepore della sua casa.
Quel campo di battaglia lei l'ha vissuto per davvero, e non c'è parte di lei che possa cambiare esteriormente tanto quanto quel campo di battaglia abbia cambiato lei da dentro. Lei è sé stessa a prescindere da tutto il resto.
Guarda nuovamente il suo riflesso.
È tornata a casa.
Sorride con tenerezza alla piccola Inoue del passato, così affezionata alla lunghezza dei propri capelli.
Centimetro più, centimetro meno. Si riconosce finalmente.
È viva. È grata.
Non ha più paura di un taglio di capelli.
Si sorride con affetto.
"Al mento andrà più che bene".
Lo specchio le risponde con denti bianchi e occhi felici.
E le forbici si baciano.