Ti avvii verso lo studio di tuo padre.

Sei felice, Wes.

Hai avuto un dieci nel compito di storia.

Sei stato il migliore in quella materia e hai ricevuto l'encomio della maestra.

Ne sei sicuro, tuo padre sarà orgoglioso di te.

Sei davanti alla porta di legno di noce e alzi il braccio.

Ad un tratto, sordi singhiozzi giungono alle tue orecchie.

Tuo padre sta piangendo.

Repentina, la tua gioia si dissolve, come neve al sole.

Anzi, ti pare un'offesa imperdonabile.

E il veleno del dolore si insinua nella tua anima, Wes.

Oggi è il ventuno dicembre.

E lui, chiuso nella sua stanza, piange la morte della mamma.

Il tempo non ha cancellato il dolore per la sua tragica fine.

Stringi il pugno, fin quasi a farlo sanguinare.

Lei è morta per donare a te la vita.

Sei tu il colpevole della pena di tuo padre e del suo distacco.

Se non fossi nato, lei sarebbe ancora viva.

E lui non avrebbe sepolto la sua pena nel lavoro e nella ricerca infinita di denaro.

Senza di te, sarebbero felici e potrebbero ancora girare il mondo.

Ti allontani e reprimi le lacrime. Nessuno deve vedere la tua disperazione.

Lasci cadere il foglio col tuo compito sul pavimento.

Non ti importa più del dieci in storia e dell'encomio della maestra.

Ti chiudi nella tua cameretta, il petto scosso da respiri sempre più rapidi.

Non devi disturbare il sacro dolore di tuo padre con le tue colpevoli lacrime.

Hai ucciso tu tua madre, Wes!

Le tue lacrime insudiciano il suo ricordo.

Eppure, non ce la fai.

Come sempre, non riesci a rispettare il giuramento di controllo e di dignità che imponi a te stesso.

Crolli sul tuo letto, sopraffatto dalla disperazione e dal rimorso.

E soffochi sul cuscino le tue strazianti lacrime di colpa e dolore.