“Allora…
ho una cosa da raccontarti. Non so
quanto divertente, ma… è una storia.”
Non
appena sentì alle spalle la voce del
suo “ragazzo” – che parola strana, alla
loro età, eppure era ancora presto, e
le cose erano ancora complicate, per definire diversamente la loro
storia- Becca
chiuse il rubinetto, e, asciugandosi le mani su dei jeans che avevano
visto
giorni migliori, si voltò verso Josh. La donna sorrideva,
gli occhi luminosi
colmi di divertimento, pregustandosi cosa avrebbe mai potuto
raccontarle lui.
“Oh,
non dirmi che un sospettato ci ha di
nuovo provato con te! Non sei un po’ cresciuto per avere
paura di una donna che
prova a sedurti?” Becca ridacchiò. Se davvero
qualcuno ci avesse provato con Josh
mentre lui li stava interrogando, la cosa non l’avrebbe
certamente stupita… perché,
effettivamente, era già successo. Più di una
volta.
E
comunque, lei li capiva: Josh era
oggettivamente un gran bell’uomo, con una gran bella
personalità e con la
giusta dose di humor. Come poteva biasimarli, se lei stessa aveva
sussultato,
arrossendo come una ragazzina, quando il loro capo aveva fatto le
presentazioni?
“Uh,
no, no, non è una cosa che è successo
al lavoro. Ah…” Josh si schiarì la
gola, mordendosi le labbra. Abbassò gli
occhi sul pavimento di linoleum, e fece una breva pausa, chiaramente
non a suo
agio; nervosamente prese a grattarsi il collo, lasciando leggeri segni
rossi
sulla pelle abbronzata dal tanto tempo passato all’aria
aperta, sia per lavoro
che per il suo passatempo preferito, l’equitazione.
“Ecco,
come dire…” Josh prese un profondo
respiro, e poi alzò gli occhi. Fissandoli dritti in quelli
di Becca. “Tua
figlia mi ha chiesto se ti sto corteggiando
o se sono solo… eh… cosa ha detto? Ah,
sì: se sono il tuo collega single
e gay di mezza età che non ha
nessuno con cui passare il tempo, e quindi è sempre a
rompere qui.”
“Quelle
sono state le sue esatte parole,
vero?” Becca gemette, serrando fermamente gli occhi, quasi
non vedere potesse
cancellare l’imbarazzo per l’esternazione della
figlia appena entrata nell’adolescenza,
e Josh, a malapena trattenendo le risate – incerto se fosse
per come fosse
stato additato (gay di mezza età, quando lui era decisamente
etero e non aveva
nemmeno quarant’anni) o per la reazione, forse perfino un
po’ esagerata, della
sua ragazza.
“Quella
ragazzina non ha mai avuto il filtro
bocca-cervello…” Becca si lamentò.
Avrebbe davvero voluto sbattere la testa
contro il muro, o dirne quattro alla figlia: Violet aveva sempre avuto
il vizio
di dire esattamente cosa le passava per la testa, senza pensare
minimamente
alle conseguenze delle sue azioni, e adesso che era entrata
nell’adolescenza la
cosa era perfino peggiorata, e se mai avesse avuto anche solo una parvenza di quel filtro, adesso era
sparito.
“Andiamo,
piccola, Violet non è una
bimbetta, e non è certo stupida. A dirla tutta, è
strano che non se ne fosse
giù uscita con questa storia, visto e considerato che passo
più tempo qui che a
casa mia.” Josh cercò di alleggerire la
situazione. Le strinse la spalla, il
pollice che disegnava cerchi sulla pelle del collo, proprio dove poteva
sentire
forte e chiaro il battito del cuore di Becca, guardandola teneramente
negli
occhi. Becca si era sempre persa in quei profondi occhi azzurri, fino
quasi a rimanerci
imbambolata, ma adesso, adesso era tutto diverso. Violet se ne era
uscita
dicendo apertamente che sapeva che c’era qualcosa tra di loro
e poi lui… lui
aveva appena fatto quella cosa che
Becca
detestava dal più profondo del cuore.
L’aveva
chiamata piccola.
Becca
detestava quando gli uomini la
chiamavano così. Da giovane aveva associato la parola al
tono spesso lascivo e
beffardo con cui troppo spesso gli uomini si rivolgevano a lei; adesso,
era
quasi divenuta per lei sinonimo di presa in giro.
“Puoi
evitare?” Becca diede a Josh le
spalle, e riaprì il rubinetto, prendendo nuovamente a lavare
i piatti, insistendo
con fin troppa forza sulle macchie, mentre Josh si accomodava al suo
fianco,
appoggiando gli avambracci sul lavello di acciaio e guardandola facendo
finta
di non sapere cosa l’avesse irritata così tanto.
“LO sai che mi da fastidio, mi
sembra che mi sfotti quando mi chiami piccola!”
“Credi
che io ti sfotta quando ti chiamo
piccola perché hai ben cinque anni in più di me?
Hai ragione, siamo proprio due
persone orribili!” Ridendo, Josh prese un po’ di
schiuma profumata al limone dal
lavandino, e la posò sul naso di Becca, prima di darle un
bacio sulla fronte
aggrottata. “E, per tua informazione, io ho
sempre avuto un debole per Mrs. Robinson… Il laureato è davvero un gran
bel film!”
Becca
gli diede una gomitata nel fianco, e scoppiarono
e ridere. Senza bisogno che lei gli dicesse nulla, Josh le prendeva
dalle mani
i piatti sciacquati, e li asciugava, riponendoli al loro posto
– ormai frequentava
da abbastanza tempo quella cucina da sapere dove trovare tutto quanto.
Non
avevano mai bisogno di troppe parole, nemmeno quando capitava che
lavorassero
ad un caso insieme.
“Non
è che non voglio che si sappia in giro
che ci frequentiamo. O che non voglio dirlo a Violet.
Solo…” Becca prese un
porfondo sospiro, e prese a fissare intensamente la tazzina di
porcellana
binaca che teneva tra le mani, ancora insaponata, quasi
all’improvviso fosse
incerta su cosa ci dovesse fare esattamente con quella cosa. Josh la
studiò
attentamente, colpito dalla voce bassa, a malapena un sussurro, colma
di un
qualcosa che Josh non sapeva nemmeno lui ben definire- tristezza,
rimpianto,
senso di colpa?
Non
ebbe a cuore di interromperla per
chiederglielo: sapeva che adesso che Becca aveva iniziato a parlare,
era
necessario che avessero quella discussione, per capire esattamente come
stavano
le cose tra di loro, e se ci potesse essere una possibilità
di futuro per la
loro storia.
“Quando
lavoravo a New York, ho avuto una
storia con procuratore distrettuale. Benjamin. Ben. Io… non
era convinta della
cosa, ma Ben, lui ha conquistato prima Violet, e poi me. E quando lui
mi ha
mollato, secondo te chi è rimasto più deluso, lei
o io?” Becca trovò finalmente
il coraggio di guardare in faccia Josh: la mascella era serrata, e
aveva lo sguardo
furente. La donna lasciò cadere la tazzina del lavandino,
facendola sbattere
contro i metallo con un suono quasi sinistro, e strinse i pugni.
“Lo so che sei
una brava persona, ma non voglio che mia figlia si affezioni troppo a
qualcuno
che magari vede il conquistarmi come una sfida o… o una
comodità!”
“Una
sfida? Secondo te io volevo… cosa,
provare a me stesso che potevo conquistarti?” Josh
sibilò a bassa voce, conscio
che Viole fosse ancora sul divano a guardare su Netflix un teen drama
senza un’eccessiva
trama, e che avrebbe potuto sentire la loro discussione se avessero mai
alzato inavvertitamente
la voce. “Scherzi, vero?”
“Josh,
sono una madre single, vedova, di
quarantaquattro anni che passa il suo tempo facendo tre cose: prendersi
cura della
casa, lavorare, qualsiasi impegno curriculare ed extra-curricolare mia
figlia
abbia, e che ha avuto la brillante idea non solo di farsi una storia al
lavoro,
ma per giunta con un uomo più giovane. La settimana scorsa,
ho trovato un
capello grigio e sono quasi scoppiata a piangere, perché ho
iniziato a chiudermi
cosa avresti detto e se avresti iniziato a vedermi come una
vecchia!” Sospirò,
con espressione disincantata, indicandosi la frangia, e prese a contare
sulle
dita della mano. “Madre iperprotettiva di mezza
età per giunta leggermente
nevrotica… quale sarebbe esattamente il mio fascino, quello
della disperazione?”
“Allora,
punto primo, anche io sto tendendo
al grigio. Guarda, proprio qui.”Josh le si
avvicinò, e premette il dito contro
la tempia destra, dove i capelli castano-biondi erano intrecciati a
sottili
filamenti argentati. Con un gesto teneramente dolce,
strofinò il naso contro
quello di Becca, stringendola per le spalle. “In secondo
luogo, mi piaci perché
sei forte, motivata, intelligente e insolente il giusto, non certo perché
ho pensato che una
quarantenne mamma single tutta casa e lavoro sarebbe stata
più facile da portarsi
a letto."
“Davvero
vuoi questa cosa? Anche se sono nevrotica,
iperprotettiva, insolente e una vecchia zitella?” Gli
domandò, giocherellando
con le dita e con un leggiero broncio, ma un sorrisetto che le
raggiungeva gli
occhi. Quello era il tipo di Sorriso di Becca che Josh più
amava: a volte
capitava che sorridesse così anche al lavoro, quando erano
magari bloccati su
un caso e lei all’improvviso aveva un’illuminazione.
Josh
fece cenno di sì col capo.
“Il
fatto è che ormai sono mesi che stiamo
insieme, e vorrei solo che non dovesse essere più un
segreto. Voglio stare con
te, ma alla luce del sole, adesso, non tra sei mesi, un anno, o due,
vorrei
solo che…”
Non gli
permise di finire la frase; con le
mani ancora insaponate che gli massaggiavano il capo, scorrendo tra i
corti
capelli, gli lasciò un bacio sulle labbra, a cui Josh
prontamente rispose con
rinvigorito entusiasmo, stringendola così forte che i loro
corpi sembravano
quasi un tutt’uno.
“Ti
ho appena dato un bacio da capogiro con
mia figlia nell’altra stanza che potrebbe irrompere qui da un
momento all’altro…”
gli disse facendo scroccare la lingua contro il palato.
“Pensi che potrebbe
essere un buon punto di partenza?”
Josh
scoppiò a ridere, e gettò il naso
dentro ai soffici capelli di Becca, respirando a pieni polmoni il
profumo della
shampoo alla camomilla. La strinse forte, e la sollevò in
aria, facendola
sedere sul bordo del lavandino, e istintivamente lei gli
allacciò le gambe alla
vita, continuando a far scorrere le dita nei capelli di Josh. Occhi
chiusi, ne
assaporava il profumo a pieni polmoni: Josh sapeva di Eternity, il suo
dopobarba preferito, ma aveva l’odore rassicurante del
laboratorio, che gli era
entrato sotto la pelle, irriconoscibile e irrintracciabile a chiunque
ma non a
lei, e sapeva di sole, di aria, di sudore, di cavalcate su
King’s Gambit.
Sapeva
di casa. Di affetto. Di amore . un
qualcosa che Becca non provava più da forse fin troppo tempo.
“Sì.”
Le sorrise contro la pelle. “Sì, per adesso
mi basta.”