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Autore: _Layel_    06/03/2022    2 recensioni
Keigo era disteso su una nuvola mentre cercava l’umano che gli era stato affidato. Vedere il proprio protetto per la prima volta era sempre emozionante. Era un bambino di dieci anni, con vibranti capelli rossi e un quirk di fuoco. Veniva da una famiglia rispettabile perciò Keigo si era immaginato che il suo compito di angelo custode sarebbe stato semplice.
Poi vide li lividi sulle braccia del bambino e non poté più essere solo uno spettatore.
-Aka: Hawks è un angelo custode e l’amico di cui Dabi ha disperatamente bisogno.-
[DabixHawks] [spoiler identità di Dabi, gli eventi della sua infanzia sono però mia invenzione]
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il Suono dei Fiocchi di Neve


Il sentiero si attorcigliava alla montagna come le spire di un gigantesco serpente che, dopo aver superato boschi, laghi e crepacci, avrebbe inghiottito la cima. Touya arrancava tra la vegetazione floreggiante, scacciando debolmente i pochi insetti abbastanza coraggiosi da avvicinarsi al calore emanato dalla sua pelle. Visto che le sue scarpe da ginnastica venivano continuamente risucchiate dal fango decise impulsivamente di toglierle e lanciarle giù dal pendio. Ora camminava nel fango a piedi nudi ed era abbastanza sicuro di avere una spina conficcata in un tallone. 

 

Dopo trenta lunghissimi minuti raggiunse la sua radura. Il posto speciale in cui si nascondeva quando aveva bisogno di silenzio. Touya si distese sul prato, l’erba bagnata dalla pioggia era deliziosamente rinfrescante. Il cielo era pieno di nuvole soffici e Touya si chiese come sarebbe stato poter volare fin lassù e coricarsi tra gli sbuffi bianchi; il vento lo avrebbe portato lontano, in un posto tranquillo senza urla, grida o pianti.

 

Touya sapeva che a casa qualcuno stava piangendo. Sua sorella, quasi sicuramente. Sua madre avrebbe pianto dopo, quando i suoi fratelli non l’avrebbero sentita. Quel pomeriggio se n’era andato perché i suoi genitori avevano ricominciato a litigare, papà con il tono assertivo di chi si crede sempre nel giusto e mamma con sussurri pacati che gli suggerivano di usare il buonsenso. I loro litigi erano silenziosi. Suo padre trattava sua madre come se fosse una bolla di sapone pronta a scoppiare e sua madre “non voleva fare scene di fronte ai bambini”. Peccato che suo padre non riservasse a Touya tanta cortesia: la voce che risparmiava con sua moglie la riversava a tutta potenza su di lui. Ogni passo falso gli veniva ricordato a suon di rimproveri tonanti, commenti schietti e ondate di delusione. Non era sempre stato così. Touya si ricordava che quand’aveva appena sviluppato il suo quirk, a quattro o cinque anni, suo padre lo riempiva di lodi; il suo quirk era forte e bellissimo, lui era destinato a raggiungere suo padre e sorpassarlo, tutti nella sua famiglia lo ammiravano. Poi si era ustionato e i litigi erano iniziati. Litigavano sempre per causa sua.

 

Touya si asciugò gli occhi con insistenza, cercando di fermare le lacrime a forza di sfregare. Solo i deboli e le regazze piangevano e lui non era nessuna delle due cose. Si mise a sedere prendendo profondi respiri e strappò un filo d’erba. Attivò il suo quirk e questo prese istantaneamente fuoco, in tre secondi era cenere. Tuffò la mano nell’erba bagnata per alleviare il dolore pulsante che sentiva sotto le dita. Non riusciva a incenerire neanche un filo d’erba. I suoi occhi ripresero a bruciare e li ignorò come meglio poté.

 

Un uccellino iniziò a cantare dolcemente, mentre una brezza leggera scuoteva le chiome degli alberi, avvolgendo la radura in un calmante fruscio. I grilli frinivano nel prato e delle campane rintoccavano in lontananza. Touya si chiese da quando c’erano chiese nei dintorni e perché non le avesse mai sentite. Un insetto gli si posò sul ginocchio e lui lo scacciò con una mano.  

 

“Ehi!” Rispose l'insetto, offeso.

 

Touya scattò in piedi, una mano già avvolta dalle fiamme e il cuore che gli batteva nelle orecchie. Si guardò intorno ma non vide nessuno. Non c’erano figure sospette accucciate tra gli alberi o fratellini fastidiosi seduti nell’erba. Era completamente solo. Spense il fuoco e incolpò la sua stupida immaginazione.

 

“Dovresti stare più attento a come muovi quelle mani gigantesche.”

 

Una voce fioca e tintinnante disse da qualche parte alla sua sinistra. Questa volta non poteva esserselo immaginato. Si voltò lentamente e chiese, “Dove sei?”

 

“Qui giù!” 

 

Touya abbassò esitante lo sguardo e sussultò sorpreso. In piedi su un ramoscello c'era una piccola creatura luminosa. Non era più alto di una ventina di centimetri e sembrava avere la sua stessa età. Un paio di vibranti ali rosse gli spuntavano dalla schiena creando un destabilizzante contrasto con il bianco etereo del suo kimono e il biondo dorato dei suoi capelli. Touya non aveva mai visto nulla di cosí bello. Si inginocchiò cautamente nell'erba, attento a non spaventare la creaturina. Quella sorrise e Touya si sentì stranamente in pace.

 

"Ciao, sono il tuo angelo custode! Mi chiamo, uhm… puoi chiamarmi Keigo!"

 

Touya sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. Angelo custode? Pensava che il bambino avesse semplicemente un quirk che gli permetteva di rimpicciolirsi.

 

"Il tuo quirk si chiama 'angelo custode'?"

 

"Ah, no, no. Io sono… sai quella storia che piace tanto alla tua sorellina? Quella sulla zucca e le scarpe di cristallo?"

 

"Cenerentola?" Touya inclinò il capo, chiedendosi come facesse il bambino alato a sapere quali storie piacessero a sua sorella.

 

Keigo annuì, "Io sono simile alla fata di quella storia. Solo che non sono una fata, ma un angelo."

 

Touya storse il naso, "Non voglio un vestito azzurro."

 

"Tranquillo, non farò nulla del genere. Era solo un esempio. In teoria non potrei neanche essere qui." Rise nervosamente. La sua risata suonò come piccoli campanelli alle orecchie di Touya ed ebbe il forte desiderio di sentirla di nuovo.

 

"In teoria?"

 

"Gli esseri umani non dovrebbero vedere i propri angeli custodi, ma mi era sembrato che tu avessi bisogno di conforto!"

 

“No, grazie, sto bene.” Touya incrociò le braccia e sperò che i suoi occhi non fossero rossi. Lui stava bene e di certo non aveva bisogno del supporto di un angelo alto quanto una lattina. 

 

Keigo scrollò le spalle e gli sorrise, “D’accordo. Posso almeno tenerti compagnia? Sai è stato molto difficile scendere qua giù senza che i miei tutori mi scoprissero e sarebbe fatica sprecata se non passo neanche un po’ di tempo con te.”

 

“Non capisco perchè ti interesso tanto.” 

 

“Sono il tuo angelo custode, di chi altri dovrei interessarmi?” 

 

Touya si strinse nelle spalle e appoggiò il viso sulle ginocchia. Di solito le persone che si avvicinavano a lui lo facevano solo per suo padre. I bambini al parco chiedevano autografi e blateravano di quanto era fortunato ad essere il figlio dell’eroe numero due anche quando lui insisteva che in realtà non era un granchè. Appena gli insegnanti conoscevano il suo cognome lui smetteva di essere ‘Touya’ e diventava ‘il figlio di Endeavor’. Chissà se questo Keigo sapeva chi era suo padre? Conosceva sua sorella quindi probabilmente lo sapeva e stava cercando di farselo amico per poterlo incontrare. 

 

“Ehi, Touya, guarda.”

 

Alzò la testa contro voglia, già pronto a rispondere in modo scortese ma le parole gli morirono in gola. Nevicava. Nevicava in piena estate. Keigo rideva mentre svolazzava tra i fiocchi candidi, le sue ali mutavano colore ad ogni battito. Touya tese esitante la mano, catturando alcuni fiocchi sul palmo. Erano identici ai normali fiocchi di neve solo che questi non si scioglievano al contatto con la sua pelle. La strana sensazione lo fece sorridere.

 

“Come… quindi è questo il tuo quirk?”

 

“Touya, io non ho un quirk. Sono un angelo: ho fatto un miracolo.” Detto ciò Keigo fece un gesto e la neve smise di cadere. Scomparve anche quella che Touya aveva in mano e quella che si era raccolta sulle sue ciglia.

 

“Tu sei un angelo. E hai appena fatto un miracolo. Per far nevicare…”

 

“L’inverno ti piace.” Keigo gli volò velocemente attorno prima di fermarsi vicino alla mano che Touya non aveva ancora retratto. “Posso?” 

 

Touya annuì curioso e spalancò gli occhi quando Keigo si sedette sul suo palmo. Sembrava di reggere una manciata di piume. Rimase il più fermo possibile, preoccupato che anche il più minimo movimento potesse spaventare Keigo. 

 

“Scusa, nel prato c’era una chiocciola che si chiedeva con troppa insistenza che sapore potessi avere.”

 

Touya ridacchiò poi scosse la testa, “Tutto questo è assurdo.”

 

“Immagino che lo sia.” Keigo si sistemò meglio sul suo palmo e avvolse le ali attorno a sè. “Avrai delle domande…”

 

“Uhm… perchè le tue ali sono rosse?”

 

"Belle vero? Ho impiegato un’eternità per farle," accarezzò le piume con un affetto che Touya credeva fosse riservato solo agli animali domestici e ai neonati. “Non un’eternità letterale, ovviamente.”

 

"Ovviamente. E in che senso ‘le hai fatte’? Credevo che gli angeli ci nascessero o roba simile.” Aveva inconsciamente allungato un dito per testare la realtà delle ali ma si fermò a metà strada perché non sapeva se a Keigo avrebbe fatto piacere.

 

“Gli angeli non nascono. Non propriamente. Siamo più che altro… creati? Comunque, il cervello umano tende a sciogliersi quando viene in contatto con la forma pura delle creature celestiali. Perciò tendiamo a creare una forma più facile da comprendere."

 

"Ma perchè rosse? Gli angeli di solito le hanno bianche."

 

"È il colore che assume il sole prima di scomparire dietro il globo terrestre: una delle parti dell’universo che non mi stanco mai di guardare."

 

Touya aveva già notato che le ali cambiavano sfumatura, cangiando al sole come diamanti che riflettono la luce. Una particolare nostalgia per qualcosa che non aveva mai provato e che non proverà mai gli appesantì i lineamenti. “Cosa si prova a volare?”

 

“Per me è normale come camminare lo è per te. Ma un angelo che ha passato abbastanza tempo sulla terra lo descrive come tuffarsi in un’oasi di acqua fresca dopo quaranta giorni nel deserto.”

 

“Poetico.”

 

“Credo abbia passato veramente quaranta giorni in un deserto.” Rispose con espressione pensosa e Touya lo trovò adorabile.

 

“È stato meglio di quanto mi aspettassi.” In tutta la conversazione non aveva fatto domande su suo padre neanche una volta, né chiesto dove vivesse o che taglia di pantaloni portasse -sì, era successo, e dopo Touya non era più riuscito a guardare quella maestra in faccia- e forse era perchè tutte queste cose le sapeva già. Perché era il suo angelo custode, eccetera, eccetera. 

 

“Ne sono felice! Purtroppo il mio tempo è limitato, tra poco verranno a cercarmi… devo andare.” Keigo si alzò in volo ma Touya tentò di afferrarlo. Da quando aveva iniziato a parlare con Keigo non sentiva più la solitudine che lo avvolgeva anche durante i pranzi di famiglia; non sentiva il dolore delle ustioni o la pressione di dover fare meglio. Era semplicemente tranquillo. Keigo sorrise. “Quando avrai bisogno, tornerò.” 

 

Una luce abbagliante lo costrinse a chiudere gli occhi e, quando li riaprì, Touya era solo nella radura che andava pian piano scurendo.  Se non fosse arrivato a casa in tempo per la cena sarebbe stato di nuovo punito. Iniziò a correre giù per il sentiero, attento a non inciampare e sempre più pentito di aver buttato via le sue scarpe.

 

===

 

Rifugiarsi sulla montagna diventò una ricorrenza quasi giornaliera. Appena finiva di allenarsi usciva dalla porta sul retro e sfruttava al massimo la poca energia che gli era rimasta per raggiungere la radura il più velocemente possibile. Lì si coricava sull’erba ed aspettava impaziente il familiare rintocco delle campane che annunciavano l’arrivo del suo nuovo amico. Il più delle volte era Keigo a parlare: gli raccontava di spazi giganteschi e bianchi, di pianeti lontani e a cosa pensassero gli insetti. Gli spiegò che gli angeli custodi non osservano continuamente i loro protetti, ma sentono le loro emozioni e li assistono nei momenti importanti. A volte Touya gli spiegava come si allenava o gli parlava dei suoi fratelli e Keigo, che probabilmente già sapeva tutto, lo ascoltava paziente con un sorriso sulle labbra. Continuò così per quasi un mese -mese in cui Touya aveva riso più che nei precedenti undici anni- finché non iniziò a piovere.

 

La pioggia durò per una settimana. Il primo giorno Touya lo passò normalmente, leggermente giù ma sicuro che avrebbe rivisto Keigo il giorno dopo. Il secondo e il terzo giorno si annoiò a morte. Il quarto giorno decise di spenderlo in modo più produttivo e si allenò finché riusciva a stento a reggersi in piedi. Il quinto giorno suo padre lo scoprì e gli proibì di usare di nuovo il suo quirk senza il suo permesso. Touya voleva urlare che se non si fosse allenato non sarebbe mai riuscito a diventare forte quanto lui ma si morse la lingua e continuò solo quando suo padre non era a casa. Il settimo giorno esagerò. 

 

Quando Keigo apparve, l’unica fonte di luce nella stanza buia, Touya era seduto contro il muro con le braccia protese davanti a sé. Ustioni rosse, frastagliate e dolorose percorrevano la pelle candida e le braccia tremavano per lo sforzo di tenerle lontane dai vestiti. Keigo sussultò quando lo vide.

 

“Touya! Cos’è successo?” Esclamò e Touya venne invaso da ondate di rabbia e orrore che non gli appartenevano.

 

“L’hai visto, no?” Disse con la voce tremante, “Ora… ora non mi farà più mettere piede qui dentro.”

 

“Non capisco perché vuoi continuare a farti male in questo modo.” 

 

"Devo diventare più forte. Papà non mi vedrà più come un fallimento se divento più forte.”

 

“Touya…” Si interruppe quando vide le lacrime che rigavano le guance di Touya. Gli accarezzò la guancia con la sua piccola mano. “Posso guarirti. Non dovrei compiere un miracolo di questa portata ma… posso guarirti.”

 

Touya annuì brevemente, evitando il suo sguardo. 

 

Keigo chiuse gli occhi, il viso concentrato e le braccia di Touya iniziarono a formicolare. Le ferite prudevano mentre le ustioni lasciavano spazio a pelle sana. Touya si accarezzò il braccio, incredulo di quanto fosse liscio: non solo le ferite fresche erano sparite senza lasciare cicatrici, ma anche quelle che si era procurato gli anni precedenti erano state cancellate. “Grazie.” disse in un sussurro.

 

“Comunque,” Keigo si posò sul ginocchio di Touya, un triste sorriso sulle labbra, “Tu sei già forte. Più forte di ogni altro mio protetto. Se non lo fossi non riusciresti a sopportare tutto questo.” Indicò con un gesto le braccia ora prive di cicatrici di Touya e la grande sala d’addestramento.

 

No, Keigo stava mentendo. Touya era debole perché per ora non sopportava il proprio quirk - cosa normale per tutti - e doveva dimostrare a suo padre che se si fosse impegnato sarebbe potuto diventare l’eroe numero uno. Che meritava lodi e apprezzamenti tanto quanto il piccolo Shouto (che non faceva altro che frignare e dormire, non sapeva neanche parlare, il moccioso) e che era il degno successore di suo padre. Keigo stava mentendo.

 

"Perché dovrei farlo, Touya? Io agisco solo per il tuo bene presente e futuro. So che l'approvazione di tuo padre significa tanto per te ma i tuoi genitori non dovrebbero essere l’unico motivo per raggiungere un obiettivo. Specialmente se ti ferisci lungo la strada. Non voglio che arrivi ad odiarti-” Keigo venne interrotto da un forte singhiozzo. L’intero corpo di Touya tremò e nascose gli occhi lucidi con il braccio. Doveva smetterla di piangere.

 

“Basta,” sussurrò con la voce rotta, non sapendo se era diretto a Keigo o alle sue lacrime. Trattenne un altro singhiozzo. “Vai via. Vai via, per favore. Io devo… devo sistemare la stanza o papà si accorgerà che ero qui.”

 

Touya non poteva vedere l’espressione di Keigo ma sentì il profondo sospiro che fece. Ecco, ora aveva deluso anche lui. Sottili lingue di fuoco gli scaturirono dalle mani come facevano ogni volta che le emozioni avevano il sopravvento sul suo quirk. La luce che sapeva essere Keigo gli si avvicinò al viso e Touya si sforzò di mantenere il controllo sulle fiamme, l’ultima cosa che voleva era fargli del male. 

 

“Sono fiero di te, Touya.” Fu l’ultima cosa che sentì prima che la luce si fece dolorosamente intensa e poi scomparve. Una lacrima calda gli rigò la guancia e Touya si rannicchiò su se stesso in un angolo della stanza buia.

 

Il mattino dopo venne svegliato da Natsuo che si era preoccupato quando non l’aveva visto a colazione. Ordinò a suo fratello di non dire niente a nessuno, nemmeno a Fuyumi e mentre correva verso la scuola si chiese se la sua fortuna fosse stata aiutata da un certo angelo.

 

===

 

Non passarono solo due giorni e Keigo comparì di nuovo in un posto diverso dalla radura. Era notte e Touya stava dormendo profondamente quando qualcosa gli trillò fastidiosamente nell’orecchio. La scacciò con una mano e si girò dall’altra parte.

 

"Psst- Touya! Svegliati!" 

 

La voce familiare gli fece aprire un occhio. Quando mise a fuoco la figura luminosa di Keigo saltò a sedere. 

 

“Che ci fai qui!” Bisbigliò confuso e preoccupato, “Se Natsuo-” 

 

"Non c’è tempo. Dovevo avvisarti prima che loro mi trovassero… Touya, mi dispiace io volevo solo…" Si interruppe, senza fiato e Touya inorridì nel capire che Keigo, per la prima volta da quando lo conosceva, aveva paura.

 

"Ehi, respira, cos’è successo? Chi sono loro?” Gli offrì una mano e Keigo vi si aggrappò come se stesse per affogare. 

 

"Ricordi quando ti avevo detto di aver infranto delle regole per venire a trovarti? Ecco, i miei tutori se ne sono accorti e ora mi rimuoveranno dall'incarico. Li ho pregati di lasciarti almeno i ricordi ma… non ero nella posizione di chiedere favori. Sono riuscito a precederli il tanto che basta per dirti addio. "

 

"Keigo non credo di capire… Perchè dovrebbero- sto meglio da quando ti conosco!" Touya aveva abbandonato i sussurri e ora stava praticamente urlando.

 

Keigo scosse la testa, “È colpa mia. Non mi sarei dovuto far vedere. Mi dispiace soltanto di non poterti più rivedere.”

 

“Non dispiacerti!” Touya sentì di nuovo le lacrime premere sotto gli occhi, “Non hai fatto nulla di male! Non- non possono…” 

 

"Shh… Touya. Sono già qui.” Keigo gli posò un bacio sulla punta del naso e gli rivolse un triste sorriso che gli spezzò il cuore, “Vivi una vita felice. Io ti ricorderò per sempre."

 

“Anche io!” Gridò mentre il bagliore che solitamente avvolgeva Keigo si faceva tanto intenso che era impossibile da guardare. Delle campane suonarono in lontananza. Touya si sentì completamente vuoto.

 

Un fruscio provenne dal letto dall’altra parte della camera e Touya poté vedere la sagoma di suo fratello si contorceva prima di allungarsi e accendere la luce. Entrambi fecero una smorfia all’improvvisa luminosità e Natsuo si sfregò gli occhi con le mani.

 

"Che era tutto quel rumore?” Chiese con la voce carica di sonno.

 

Touya dovette pensare per diversi secondi alla sua risposta, la mente una confusione di immagini incomprensibili. Alla fine alzò le spalle e disse, “Ho fatto uno strano sogno.”

 

Natsuo rispose con un mugugno e spense la luce. Touya tornò a dormire con la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa.

===

 

Dabi aveva appena sistemato un paio di nullità che nella loro arroganza si erano credevano fondamentali per l’Unione. Dabi gli aveva mostrato quanto riducendoli a mucchi di cenere. Stava per andarsene quando un rapido movimento alle sue spalle attirò la sua attenzione. Si voltò per trovarsi faccia a faccia con l’eroe numero due, Hawks. La sua solita fortuna.

 

 “Vengo in pace.” L’eroe aveva le mani alzate e un sorriso rilassato, “Voglio solo parlare con te.”

 

“Come no,” Dabi assottigliò lo sguardo e si preparò ad incenerire l’uccellino

 

“Ascolta, se avessi voluto attaccarti l’avrei fatto quand’eri distratto.” Indicò i corpi dietro di lui, “Ho una proposta che potrebbe interessarti.”

 

E, seppur con diffidenza, ascoltò l’eroe numero due che gli raccontava quanto fosse disgustato dalla società e come avesse fallito ad aggiustarla dall’interno. Di come sii offrì di lavorare come spia in cambio di entrare a far parte dell’Unione. Dabi era sicuro che fosse un bluff - uno non sceglie di combattere contro un sistema che non fa altro che osannarlo - ma ottenere informazioni da Hawks sarebbe stato comunque un bel vantaggio. Inoltre, per qualche strana ragione, il suo istinto gli diceva di potersi fidare, anche se andava contro ad ogni logica. 

 

Quando l’eroe se ne andò, Dabi raccolse una piuma che era caduta sulla strada e la rigirò tra le dita. Se la osservava troppo attentamente il colore iniziava a contorcersi in onde e spirali, diventando ora più intenso ed ora più chiaro. Gli ricordò vagamente i colori del tramonto e  il suono delle campane.

 

____

 

Note: Ecco un’altra fic che non avevo in programma di scrivere ma che ho scritto lo stesso, ignorando i miei altri progetti che poverini stanno piangendo in un angolo. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Layel

 
   
 
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