Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _aivy_demi_    06/03/2022    6 recensioni
Gli individui sudcoreani di sesso maschile sono tenuti a prestare un totale di due anni di servizio militare, che può essere effettuato tra i 18 e i 28 anni di età.
Jin, 2020, anni 28.
_
Sarà doloroso separarsi dalla sua seconda famiglia, tanto quanto decidere se aprire o meno il proprio cuore al collega più giovane, prima di partire.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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When
the time will come

Every single idiot in that room




«E adesso perché non risponde, ma che testa di… ah, certo mi scusi, ecco a lei, grazie.» Jin aveva pagato velocemente ciò che aveva acquistato al supermercato, sincerandosi di ricordare ogni singola pietanza che era sicuro piacesse a Jungkook: sapori forti e speziati lo avrebbero aiutato ad affrontare il raffreddore, qualcosa di caldo a riequilibrare lo stomaco, e perché no, una zuppa avrebbe reintegrato i liquidi perduti la notte precedente con il gran malessere. Sì, avrebbe preparato qualcosa di abbondante e confortante appena tornato a casa, così da rendere meno faticosa la convalescenza di quel idiota di compagno di gruppo che si ritrovava. Era già la quarta volta che ci pensava quel giorno: quale istinto imbecille e autolesionista aveva portato Jungkook a scorrazzare di notte vestito la metà di ciò che avrebbe dovuto? Scosse la testa sconsolato e uscì imprecando contro la pioggia, aveva fortunatamente recuperato l’ombrello prima di andare a fare la spesa ma si accorse del tempo che stava trascorrendo soltanto all’interno del negozio di elettronica.
Avrebbe dovuto rientrare subito ma ricordò poi di aver lasciato scritto su un bigliettino l’orario di assunzione e la giusta dose del medicinale, così sospirò sollevato e continuò per la propria strada. Non poteva certo immaginare che la nota fosse stata deliberatamente ignorata dal diretto interessato.


«Sei sicuro? Guarda che non sembri stare bene per niente.»
Jimin stava seduto sul proprio letto osservando di sottecchi Jungkook che respirava a fatica, scosso di tanto in tanto da brividi violenti e ben distinti.
«Che palle…» sospirò il ragazzo, riprendendo fiato con una certa concentrazione, «Jin sa quando devo prendere le pastiglie, e se avessi dovuto mi avrebbe contattato, no? Guarda.» E indicò lo schermo del proprio smartphone con l’indice tremante. «Visto? Nessuna chiamata, è tutto a posto.»
«Sarà, ma di sicuro stare qui sui videogiochi non è il modo migliore per guarire… sono preoccupato per te, non dovresti andare a stenderti?»
Il ragazzo lanciò spazientito il joypad che stringeva con la mano destr non propriamente contro l’amico, ma lo fece rimbalzare sul piumone del letto con un gesto di stizza. Si era presentato dopo il pranzo in stanza di Jimin per un po’ di distrazione, non voleva certo infilarsi nuovamente tra le coperte del letto di Jin. Non se la sentiva, avrebbe ricordato ogni singolo frame della notte passata, e della figuraccia imbarazzante che aveva fatto aggrappandosi convulsamente al più grande pregandolo di non andarsene. Si massaggiò la fronte umida con le dita, dandosi dell’emerito idiota.
«Vieni, ti accompagno, dai. Hai bisogno di riposare, e non voglio sentire un “no” come risposta. Solo i bambini si comportano così. E tu, anche se sei il più piccolo qui dentro,» Jimin lo disse con una punta di orgoglio, «non sei più un ragazzino. Giusto?» Non ricevette risposta. «Giusto?» Rincarò nella speranza di venir ascoltato almeno stavolta, ma l’altro ormai era già corso verso il bagno, rovesciando sul lavandino parte del contenuto dello stomaco. Lo sciabordio dell’acqua corrente si udì chiaramente e Jungkook uscì accostando di poco la porta della stanza privata, reggendosi allo stipite con gli occhi lucidi: la testa vorticava e l’acido dei succhi gastrici grattava contro l’esofago, procurandogli attacchi di tosse non indifferenti. Jimin si avvicinò e lo trascinò per l’intero corridoio, noncurante delle deboli proteste ricevute.
«Adesso ti metti qui e chiamo Jin al telefono, non muoverti. Spogliati e infilati sotto le lenzuola, non puoi continuare a stare così.»
L’aria familiare della camera di Jin riportò un senso di inadeguatezza tra le iridi annebbiate di Jungkook che s’era lasciato cadere mollemente sul letto, addormentandosi subito dopo.
«Ehi, devo ancora spogl-… ah, lascia stare. Tocca fare tutto a me.» Jimin issò e ricoprì il ragazzo collassato, tentando di rassettare la camera e tutto ciò che era stato lasciato in giro. Trovò un pezzetto di carta sul pavimento con un nome indecifrabile ed un paio di cifre: sospirò nel riconoscere il farmaco e l’orario ormai distante della dovuta assunzione, comprendendo così il motivo di una tale ricaduta.
Jungkook avrebbe dovuto mandare giù quelle benedette pastiglie ma ormai s’era addormentato, anzi, sembrava un cadavere scomposto sul letto di morte. A nulla valsero i tentativi di svegliarlo, era completamente andato.
Jimin socchiuse la porta dietro di sé, avrebbe dovuto attendere l’arrivo di Jin: soltanto lui era in grado di buttarlo giù dal letto in modo efficace. “E chissà perché poi.” Pensò ridendo.


Al piano inferiore Jimin incrociò Yoongi intento a sistemare svogliatamente la lavastoviglie mezza carica, sciacquando qualche posata e delle ciotole. Il malumore aveva lasciato largo spazio a una punta di apprensione stridente ed insistente, nascosta lì fino a poco prima: Yoongi non avrebbe mai mostrato tentennamento davanti agli altri, soprattutto a Jungkook, l’affetto che provava per lui lo portava a proteggerlo anche dalle proprie sensazioni negative. Non poteva comunque celare di essere preoccupato ed irritato allo stesso tempo: irritato con Jin per il palese ritardo e l’incapacità di saper rispondere esaustivamente a delle semplici domande al telefono. Sbatté con forza delle tazze sul lavello, sbuffando contro il collega irrazionalmente – improvvisamente – immaturo. Si girò di scatto quando riconobbe la presenza di Jimin dietro di sé, lasciando cadere uno dei bicchieri di vetro schiantatosi con un tonfo sul pavimento, ridotto a centinaia di frammenti taglienti.
«Cazzo, Jimin, sta’ attento!»
«Guarda che sei stato tu a farlo cadere, non avercela con me, io sono appena arrivato, eh.»
«Comunque è colpa tua. Dai, passami la scopa. Ma è possibile debba fare sempre tutto io qui?» Il tono piccato con cui parlava più a se stesso che non con il coinquilino raggiunse toni accesi quando l’altro gli rivelò il contenuto della nota.
«Ma che coglione, non poteva avvertirci prima di uscire? Così gliel’avremmo data noi. E Jungkook non l’ha letta, immagino. Abbiamo a che fare con due imbecilli, Jimin, fidati.»
La porta si spalancò accompagnata da una serie di parole poco consone, lasciando spazio ad un Jin trafelato, carico di sacchetti e con un ombrello gettato malamente dietro alle spalle. Umido sul capo e zuppo dalla vita in giù, lasciò cascare metà delle cose per lanciare di corsa le scarpe in un angolo imprecisato dell’ingresso, correndo poi verso la cucina. Avrebbe dovuto mettere a bollire l’acqua, curare e tagliuzzare le verdure, tritare le spezie e mettere a lessare la carne per la zuppa.
«Ehi, si saluta.» Yoongi fu costretto ad abbandonare in fretta lo spazio che stava occupando, prima di essere investito dalla furia culinaria del maggiore.
«Jin, senti,» Jimin tentò di mascherare un sorriso divertito nel vedere la scena del collega che stava portando avanti il lavoro di dieci minuti in meno di due, dandosi un contegno inspirando e voltando lo sguardo in una direzione qualsiasi che non fosse quella del siparietto tragicomico. «Jungkook sta dormendo.»
Ottimo, rispose Jin, mentre triturava tutto ciò che aveva comprato al reparto freschi del supermercato. Era una gran bella notizia, quando era uscito aveva dato un ultimo controllo al ragazzo che ancora riposava nel suo letto, lasciandogli delle istruzioni scritte sul letto.
«Ottimo un cazzo,» il commento tagliente di Yoongi gli tolse la concentrazione, portandolo a tagliarsi un dito con aggiunte maledizioni colorite, «mi ha detto che non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi.»
«Porca puttana, passami la carta da cucina, svelto. Dormire, no? Mangiare e dormire.» Jin avvolse il dito con il telo ripiegato, riprendendo con maggior energia ciò che stava facendo.
«Jin, fermati. Quello che voleva dire, è che non ha ancora preso le medicine.»
Jin si bloccò.
Idiota.
Aveva dato per scontato un po’ troppe cose nelle ultime ventiquattro ore, prima tra tutte avere a che fare con un cretino. Lasciò cadere il coltello e parte del trito si sparse al di fuori del tagliere ma poco importava: corse su per le scale in direzione della propria camera, e forse si stava preoccupando troppo. Certo, era ovvio, era una semplice febbre con principio di raffreddore, non poteva certo fare tanto male, ma quando si trattava di Jungkook ormai non ragionava più.

   
 
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