When the time will come
Every single idiot in that room
«E adesso perché non risponde, ma che testa di… ah, certo mi scusi, ecco a lei,
grazie.» Jin aveva pagato velocemente ciò che aveva acquistato al supermercato,
sincerandosi di ricordare ogni singola pietanza che era sicuro piacesse a
Jungkook: sapori forti e speziati lo avrebbero aiutato ad affrontare il
raffreddore, qualcosa di caldo a riequilibrare lo stomaco, e perché no, una
zuppa avrebbe reintegrato i liquidi perduti la notte precedente con il gran
malessere. Sì, avrebbe preparato qualcosa di abbondante e confortante appena
tornato a casa, così da rendere meno faticosa la convalescenza di quel idiota di compagno di gruppo che si ritrovava. Era già
la quarta volta che ci pensava quel giorno: quale istinto imbecille e
autolesionista aveva portato Jungkook a scorrazzare di notte vestito la metà di
ciò che avrebbe dovuto? Scosse la testa sconsolato e uscì imprecando contro la
pioggia, aveva fortunatamente recuperato l’ombrello prima di andare a fare la
spesa ma si accorse del tempo che stava trascorrendo soltanto all’interno del
negozio di elettronica.
Avrebbe dovuto rientrare subito ma ricordò poi di aver lasciato scritto su un
bigliettino l’orario di assunzione e la giusta dose del medicinale, così
sospirò sollevato e continuò per la propria strada. Non poteva certo immaginare
che la nota fosse stata deliberatamente ignorata dal diretto interessato.
«Sei sicuro? Guarda che non sembri stare bene per niente.»
Jimin stava seduto sul proprio letto osservando di sottecchi Jungkook che
respirava a fatica, scosso di tanto in tanto da brividi violenti e ben
distinti.
«Che palle…» sospirò il ragazzo, riprendendo fiato con una certa
concentrazione, «Jin sa quando devo prendere le pastiglie, e se avessi dovuto
mi avrebbe contattato, no? Guarda.» E indicò lo schermo del proprio smartphone
con l’indice tremante. «Visto? Nessuna chiamata, è tutto a posto.»
«Sarà, ma di sicuro stare qui sui videogiochi non è il modo migliore per
guarire… sono preoccupato per te, non dovresti andare a stenderti?»
Il ragazzo lanciò spazientito il joypad che stringeva con la mano destr non
propriamente contro l’amico, ma lo fece rimbalzare sul piumone del letto con un
gesto di stizza. Si era presentato dopo il pranzo in stanza di Jimin per un po’
di distrazione, non voleva certo infilarsi nuovamente tra le coperte del letto
di Jin. Non se la sentiva, avrebbe ricordato ogni singolo frame della notte
passata, e della figuraccia imbarazzante che aveva fatto aggrappandosi
convulsamente al più grande pregandolo di non andarsene. Si massaggiò la fronte
umida con le dita, dandosi dell’emerito idiota.
«Vieni, ti accompagno, dai. Hai bisogno di riposare, e non voglio sentire un
“no” come risposta. Solo i bambini si comportano così. E tu, anche se sei il
più piccolo qui dentro,» Jimin lo disse con una punta di orgoglio, «non sei più
un ragazzino. Giusto?» Non ricevette risposta. «Giusto?» Rincarò nella speranza
di venir ascoltato almeno stavolta, ma l’altro ormai era già corso verso il
bagno, rovesciando sul lavandino parte del contenuto dello stomaco. Lo
sciabordio dell’acqua corrente si udì chiaramente e Jungkook uscì accostando di
poco la porta della stanza privata, reggendosi allo stipite con gli occhi
lucidi: la testa vorticava e l’acido dei succhi gastrici grattava contro
l’esofago, procurandogli attacchi di tosse non indifferenti. Jimin si avvicinò
e lo trascinò per l’intero corridoio, noncurante delle deboli proteste ricevute.
«Adesso ti metti qui e chiamo Jin al telefono, non muoverti. Spogliati e
infilati sotto le lenzuola, non puoi continuare a stare così.»
L’aria familiare della camera di Jin riportò un senso di inadeguatezza tra le
iridi annebbiate di Jungkook che s’era lasciato cadere mollemente sul letto,
addormentandosi subito dopo.
«Ehi, devo ancora spogl-… ah, lascia stare. Tocca
fare tutto a me.» Jimin issò e ricoprì il ragazzo collassato, tentando di
rassettare la camera e tutto ciò che era stato lasciato in giro. Trovò un
pezzetto di carta sul pavimento con un nome indecifrabile ed un paio di cifre:
sospirò nel riconoscere il farmaco e l’orario ormai distante della dovuta
assunzione, comprendendo così il motivo di una tale ricaduta.
Jungkook avrebbe dovuto mandare giù quelle benedette pastiglie ma ormai s’era
addormentato, anzi, sembrava un cadavere scomposto sul letto di morte. A nulla
valsero i tentativi di svegliarlo, era completamente andato.
Jimin socchiuse la porta dietro di sé, avrebbe dovuto attendere l’arrivo di Jin:
soltanto lui era in grado di buttarlo giù dal letto in modo efficace. “E chissà
perché poi.” Pensò ridendo.
Al piano inferiore Jimin incrociò Yoongi intento a sistemare svogliatamente la
lavastoviglie mezza carica, sciacquando qualche posata e delle ciotole. Il
malumore aveva lasciato largo spazio a una punta di apprensione stridente ed
insistente, nascosta lì fino a poco prima: Yoongi non avrebbe mai mostrato
tentennamento davanti agli altri, soprattutto a Jungkook, l’affetto che provava
per lui lo portava a proteggerlo anche dalle proprie sensazioni negative. Non
poteva comunque celare di essere preoccupato ed irritato allo stesso tempo:
irritato con Jin per il palese ritardo e l’incapacità di saper rispondere
esaustivamente a delle semplici domande al telefono. Sbatté con forza delle
tazze sul lavello, sbuffando contro il collega irrazionalmente – improvvisamente
– immaturo. Si girò di scatto quando riconobbe la presenza di Jimin dietro di
sé, lasciando cadere uno dei bicchieri di vetro schiantatosi con un tonfo sul
pavimento, ridotto a centinaia di frammenti taglienti.
«Cazzo, Jimin, sta’ attento!»
«Guarda che sei stato tu a farlo cadere, non avercela con me, io sono appena
arrivato, eh.»
«Comunque è colpa tua. Dai, passami la scopa. Ma è possibile debba fare sempre
tutto io qui?» Il tono piccato con cui parlava più a se
stesso che non con il coinquilino raggiunse toni accesi quando l’altro gli
rivelò il contenuto della nota.
«Ma che coglione, non poteva avvertirci prima di uscire? Così gliel’avremmo
data noi. E Jungkook non l’ha letta, immagino. Abbiamo a che fare con due
imbecilli, Jimin, fidati.»
La porta si spalancò accompagnata da una serie di parole poco consone, lasciando
spazio ad un Jin trafelato, carico di sacchetti e con un ombrello gettato
malamente dietro alle spalle. Umido sul capo e zuppo dalla vita in giù, lasciò
cascare metà delle cose per lanciare di corsa le scarpe in un angolo
imprecisato dell’ingresso, correndo poi verso la cucina. Avrebbe dovuto mettere
a bollire l’acqua, curare e tagliuzzare le verdure, tritare le spezie e mettere
a lessare la carne per la zuppa.
«Ehi, si saluta.» Yoongi fu costretto ad abbandonare in fretta lo spazio che stava
occupando, prima di essere investito dalla furia culinaria del maggiore.
«Jin, senti,» Jimin tentò di mascherare un sorriso divertito nel vedere la
scena del collega che stava portando avanti il lavoro di dieci minuti in meno
di due, dandosi un contegno inspirando e voltando lo sguardo in una direzione
qualsiasi che non fosse quella del siparietto tragicomico. «Jungkook sta
dormendo.»
Ottimo, rispose Jin, mentre triturava tutto ciò che aveva comprato al reparto
freschi del supermercato. Era una gran bella notizia, quando era uscito aveva
dato un ultimo controllo al ragazzo che ancora riposava nel suo letto,
lasciandogli delle istruzioni scritte sul letto.
«Ottimo un cazzo,» il commento tagliente di Yoongi gli tolse la concentrazione,
portandolo a tagliarsi un dito con aggiunte maledizioni colorite, «mi ha detto
che non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi.»
«Porca puttana, passami la carta da cucina, svelto. Dormire, no? Mangiare e
dormire.» Jin avvolse il dito con il telo ripiegato, riprendendo con maggior
energia ciò che stava facendo.
«Jin, fermati. Quello che voleva dire, è che non ha ancora preso le medicine.»
Jin si bloccò.
Idiota.
Aveva dato per scontato un po’ troppe cose nelle ultime ventiquattro ore, prima
tra tutte avere a che fare con un cretino. Lasciò cadere il coltello e parte del
trito si sparse al di fuori del tagliere ma poco importava: corse su per le
scale in direzione della propria camera, e forse si stava preoccupando troppo.
Certo, era ovvio, era una semplice febbre con principio di raffreddore, non
poteva certo fare tanto male, ma quando si trattava di Jungkook ormai non
ragionava più.