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Autore: GReina    14/03/2022    2 recensioni
[mirio x tamaki]
Tamaki Amajiki non ha la minima idea di come ci si comporti in una relazione. Non sa cosa sia giusto fare e cosa non dover neanche pensare. Arrancando in quel terreno inesplorato, sa che tutto andrà bene finché seguirà Mirio. Eppure, ci sono volte in cui tutto questo non basta. Come quel giorno, il maledetto White Day.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mirio Togata, Tamaki Amajiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Geloso del mio sole

Tamaki non aveva la minima idea di come ci si comportasse in una relazione. Aveva ormai diciassette anni, la maggior parte dei suoi coetanei avevano alle spalle decine di cuori spezzati, ma non lui. Lui non avrebbe potuto. Era sempre stato troppo timido per farlo, ed in ogni caso per Amajiki era sempre esistita una sola persona: Mirio. Sarebbe stato lui o nessun altro, ma d’altronde come poteva anche solo sognare di poterlo avere? Come poteva anche solo sperare che il suo solare, prezioso e meraviglioso migliore amico si accorgesse di lui in quel modo? Eppure era quello che era successo. Stavano insieme da quattro mesi ed ancora stentava a crederlo. Togata Mirio l’aveva preso da parte e con la sua solita energia gli aveva urlato i suoi sentimenti. La reazione di Tamaki era stata ben più pacata, ma dentro di sé mille fuochi d’artificio stavano facendo festa con tanto di concerto rock, cori angelici e campane di cattedrale. Era arrossito rispondendo in un mormorio eccitato che per lui era da sempre stato lo stesso, ed era da allora che stavano insieme.
Era da allora che Amajiki arrancava alla cieca in quel territorio inesplorato.
Ma con lui c’era Mirio – il suo Mirio – quindi sapeva che tutto sarebbe andato bene. Doveva solo seguirlo, come aveva sempre fatto. Stargli accanto, godersi la sua luce, essere grato a tutto ciò che di buono c’è al mondo per avergli dato la possibilità di amarlo e di essere a sua volta da lui amato. Eppure, c’erano volte in cui tutto quello non bastava. Come quel giorno, il maledetto White Day.
«Togata-san! Ho preparato questo per te!!» Tamaki e Mirio erano sempre stati inseparabili. I loro compagni di scuola erano ormai abituati a vederli uno di fianco all’altro, cosicché le spasimanti del biondo quel giorno neanche tentarono di avvicinare la loro cotta senza che lui fosse di mezzo. Sarebbe stata una partita persa in partenza e lo sapevano bene. Quello che non sapevano era che Mirio era già impegnato. Quello che non sapevano era che i due erano riusciti a compiere quel difficile ed enorme scalino in più che li aveva portati dall’essere migliori amici a fidanzati. Ma d’altronde come avrebbero potuto saperlo? Non era cambiato nulla nei loro atteggiamenti pubblici, e la colpa era tutta di Tamaki.
Troppo timido per stare mano nella mano, troppo timido per accettare casti baci sulla guancia. Se adesso quasi ogni ragazza della U.A. era pronta a donare il proprio cioccolato a Mirio senza nessun riguardo per il ragazzo di quest’ultimo la colpa era solo sua. Se stava soffrendo tanto nel vederlo accettare anche solo per cortesia tutti quei dolci la colpa era solo sua.
«Togata-san, mi piaci dal nostro primo anno!»
A lui piaceva dall’asilo!
«Senpai, esci con me?»
Lui era l’unico autorizzato a porgli quella domanda!
«Mirio-kun! Ti prego di accettare questo regalo.»
Solo lui poteva chiamarlo per nome!
Mirio aveva accettato i doni, ma rifiutato ogni proposta. L’aveva fatto con un sorriso gentile, perché – Amajiki lo sapeva bene – era del tutto incapace di far sentire a disagio qualsiasi essere vivente. Era gentile, carismatico, perfetto. Quindi perché? Perché non si accorgeva del suo malessere? Tamaki se lo domandava e poi si rimproverava per questo. Come poteva arrabbiarsi tanto con il ragazzo che amava per stare facendo ciò per cui effettivamente lo amava? Come poteva biasimarlo o rimproverarlo per il suo adorabile modo di trattare le persone?
Era colpa sua. Sua soltanto. Mirio gli aveva dato tutto e continuava a dargli tutto. Organizzava gli appuntamenti, manteneva le distanze in pubblico come Amajiki voleva, lo andava a prendere a casa, lo chiamava la sera, mentre lui viveva tutto questo con amore e desiderio, ma passivamente.
Non poteva incolparlo di niente. Non poteva biasimarlo per nessun motivo.
Ingoiò tutto, quindi, ed accettò i fatti come stavano: lui non era l’unico ad amare Mirio. Non lo sarebbe mai stato né avrebbe mai potuto. Mirio era il sole, era perfetto. Era l’eroe che i deboli sognano di avere al proprio fianco e che i forti sperano di conquistare come amico.
Mirio era amato da molte persone e lui doveva accettarlo.
Arrivò sano di mente fino a sera. Nessuno si era accorto del suo umore nero, ma d’altronde Tamaki non si era aspettato niente di diverso: non era raro che lui si isolasse né che rispondesse a monosillabi o affatto. Ed era meglio così: niente domande, niente spiegazioni, niente imbarazzi.
Arrivò sano di mente fino a sera. Mirio lo riaccompagnò a casa, e fu davanti alla sua porta d’ingresso che grazie ad una sua carezza sulla guancia tornò alla realtà. Tamaki sussultò e poi arrossì. Stavano insieme da tante settimane, eppure ancora non era abituato a tutto quello, come se potesse svegliarsi da quel meraviglioso sogno da un momento all’altro per scoprire che nulla era stato reale.
Togata gli rispose con il suo accecante sorriso. Mirio era il sole, ed infatti facendo giustizia ad esso illuminò la serata. Amajiki strabuzzò gli occhi e tentò di rispondere allo stesso modo. Ma come poteva?
“Tu sei meglio del sole, sei Suneater!” Tamaki aveva preso quel nome, ma non ci aveva mai veramente creduto. Come poteva essere meglio del sole? Nulla lo era. Non aveva speranze di eguagliare quel sorriso, soprattutto non quel giorno, non dopo tutte quelle proposte.
«Posso baciarti?» il cuore di Tamaki schizzò via dal petto a quella domanda. Arrossì ancora, poi annuì. Come poteva biasimarlo per aver accettato del cioccolato? Come poteva anche solo pensare di arrabbiarsi con lui quando gli diceva certe parole con così tanta naturalezza?
Ancora con una mano ad accarezzargli la guancia, Mirio fece un passo avanti e poggiò l’altra sul suo fianco. Gli sfiorò le labbra, sospirò tremulo e poi unì le loro bocche. Come ogni volta, mille cariche elettriche lo percorsero dalla punta dei piedi a quelle dei capelli. Il sapore di Togata era fresco, dolce e vivace quanto lui e di questo Tamaki non si sarebbe mai stancato. Dischiuse le labbra e subito il biondo ne approfittò per approfondire il contatto.
Era sempre Mirio che guidava, lui seguiva con amore e desiderio, ma passivamente.
Non seppe quanto quel bacio durò, solo che si ritrovò a gemere triste non appena finì. La mano sulla sua guancia rimase al suo posto, il pollice che andava avanti e indietro in un costante e rilassante ritmo.
«C’è qualcosa che non va?» Amajiki rimase confuso a quella domanda. Osservò l’altro che trovò impensierito.
«Sto bene…» mentì. Perché non poteva dirgli nulla. Perché Mirio era perfetto. Perché Tamaki non aveva idea di come ci si dovesse comportare in una relazione, quindi il problema era lui.
Mirio gli sorrise intenerito, poi si sporse ancora verso di lui e lo baciò leggero in fronte.
«Ti amo. Per favore, dimmi cosa ti preoccupa.» a quel punto Tamaki era sconvolto. Era normale per lui non parlare, era normale per lui rispondere a monosillabi, era normale per lui tenere lo sguardo basso tutto il giorno. Quindi come aveva fatto?
Indugiò ancora, e comprensivo Togata continuò:
«Sei il mio ragazzo, puoi dirmi tutto.» ma Amajiki non poteva rispondere o sarebbe stato nel torto. Non poteva rispondere o si sarebbe arrabbiato con il meraviglioso ed eccezionale Mirio.
«Puoi dirmi tutto… puoi anche arrabbiarti o urlare. Io resto.» arrivò ancora la voce del più alto, forse adesso più preoccupata di prima. Tamaki ripensò alla giornata appena trascorsa: alle decine di ragazze spigliate che gli si erano dichiarate, ai sorrisi che in cambio Togata aveva rivolto loro.
Amajiki si prese ancora un paio di secondi, ma infine acquisì coraggio e con nuova determinazione nello sguardo parlò:
«Non mi piacciono quelle ragazze!» esordì, e lo fece con un tono che non si sarebbe mai aspettato di usare in vita sua, specie contro di lui! Affievolì la voce nel continuare, ma senza perdere l’impeto iniziale. «Non mi piace che ti dichiarino il loro amore. Non mi piace che pensino che sei libero. Non mi piace che tu abbia il loro cioccolato.» gli occhi di Mirio erano stupiti e spalancati. Dovette strabuzzarli e metabolizzare le sue parole per appurare che le avesse effettivamente udite. Non appena lo fece, il suo sorriso tornò. Stavolta fiero, stavolta libero dalla preoccupazione.
«Scusa, Aki. Ti prometto che butterò via tutto o lo darò alla prima persona che passa. Da adesso in avanti a chi me lo chiederà dirò che sono già impegnato.» Tamaki arrossì ancora, stavolta con più insistenza.
«Non devi dirlo…» disse flebile, tornando al suo usale tono. «Possiamo iniziare a farlo capire.» il sorriso di Togata si fece ancora più grande.
«Ancora meglio!» senza preavviso lo baciò ancora. Per quanto iperattivo ed esuberante, fino a quel momento non l’aveva mai fatto. C’era sempre stata la domanda, prima, o se non quella una sorta di avvertimento non verbale. A Tamaki non dispiacque quella nuova svolta di eventi e lo mostrò all’altro rispondendo con piacere a quella dimostrazione d’amore.
«Ti amo.» ripeté per la seconda volta Mirio. Per l’altro non era altrettanto facile farlo, ma per lui poteva. Per lui sarebbe riuscito a fare qualsiasi cosa.
«Ti amo.» si baciarono ancora.
«Potrai dirmi tutto. Sempre. Ti amo, e ora amo anche la tua gelosia! Ti amo, e anche io sono geloso.» Amajiki rise.
«Di chi? Parlo solo con te.» Togata immerse il volto nell’incavo del suo collo e lo strinse forte.
«Lo sono di chiunque sia con te quando io non posso farlo.» una straordinaria sensazione di calore gli abbracciò il cuore e poi tutto il resto.
Mirio è il sole.
«Ti amo…» gli sussurrò in risposta Amajiki. «Non amerò nessun altro, quindi non essere geloso.»
Mirio rispose con un mormorio non troppo convinto che fece solo ridere Tamaki più forte. Il suo ragazzo non poteva essere geloso, non davvero, come d’altronde non avrebbe potuto esserlo nemmeno lui fino in fondo, perché loro erano Mirio e Tamaki. Avrebbero dovuto solo provarci a mettersi in mezzo.
   
 
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