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Autore: _Lightning_    14/03/2022    2 recensioni
Ellie e Nathan sarebbero stati adolescenti particolari anche in un mondo non sconvolto dall'Apocalisse – in un mondo in cui era ancora possibile sognare di raggiungere le stelle più lontane o scoprire leggendarie città perdute.
Un mondo in cui Joel e Sully non sarebbero stati costretti a mentire per proteggere i loro figli – o forse se stessi – da verità troppo crude da guardare in faccia.
È però in questo mondo che le loro strade si incrociano, portando i loro sogni a intersecarsi e costruirsi a vicenda, verso un futuro che, almeno ai loro occhi, non è così cupo come sembra.
Dalla storia: "A volte, riusciva anche a dimenticarsi che, forse, Joel le aveva mentito."
"Voleva crederci, anche se una parte di lui era certa che non ci credesse nemmeno Sully."
[Crossover: The Last Of Us/Uncharted // Ellie&Nate // Joel&Sully // BROTP // young!NathanDrake // post-TLOU1]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Violenza
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• 1. In viaggio •




Il sibilo della freccia trapassò la pigra quiete del pomeriggio, seguita da uno squittio acuto.

«Bel colpo, piccola.»

«Lo so, ho talento.»

Ellie sorrise un po' tronfia, sfilando con un gesto rapido la freccia dalla lepre, mentre Joel faceva leva sulle ginocchia per alzarsi dal loro nascondiglio.

«Il braccio è ok?» chiese, ed Ellie controllò di riflesso la fasciatura poco sopra il polso, ancora asciutta e pulita.

«Sì, non lo sento nemmeno più» mentì, con un sorriso rapido, nonostante l'ustione tirasse spiacevolmente con ogni movimento.

Il cinguettio degli uccelli, interrotto dalla caccia, prese a riempire nuovamente le fronde degli abeti attorno a loro. Ellie porse il coniglio a Joel, che lo assicurò per le orecchie alla cintura.

«Per cena dovrebbe bastare» commentò Joel, scuotendo anche il fazzoletto in cui avevano raccolto un bel po' di frutti di bosco strada facendo.

«Per te, forse, io potrei mangiare un bue!» ribatté Ellie, rubando un mirtillo dalla saccoccia. «Mi manca il pasticcio di patate di Maria...»

«Dovremmo arrivare al lago nel pomeriggio di domani,» la rassicurò Joel, «Maria ci ha solo chiesto di fare una piccola tappa a Hoback al ritorno. È di strada, non ci metteremo più di mezza giornata. Comunque, se non c'è nulla di anomalo prima del lago...»

«... sapremo che la secca dello Snake River è dovuta unicamente alla siccità» completò Ellie, lanciando in aria un lampone e mangiandolo al volo.

Era acido, e schioccò le labbra screpolate dal caldo, per poi inumidirle con un piccolo sorso d'acqua dalla borraccia. Non ricordava di aver mai vissuto un'estate così rovente. A Boston c'era sempre una fievole brezza marina che alleviava l'afa, mentre a Jackson, infossata tra le montagne, l'aria ristagnava e si appiccicava addosso come fosse vapore.

Con quel caldo estremo e neanche l'ombra di un po' di pioggia, la diga idroelettrica aveva preso a funzionare a regime ridotto ed erano stati costretti a razionare la corrente. Oltre alla siccità, Maria sospettava che qualcosa, a monte, avesse ridotto l'afflusso d'acqua. Era improbabile, ma lei e Joel erano stati comunque mandati in avanscoperta, così da poter scovare frane o smottamenti che avessero ostruito o deviato il fiume e inviare nei giorni successivi una squadra di artificieri e ingegneri a risolvere il problema.

Si erano fatti carico volentieri della cosa: i dintorni di Jackson erano abbastanza tranquilli e, per ora, le sembrava quasi una gita fuori porta. Come quelle che le persone, prima del crollo, facevano nei fine settimana.

Tornarono verso le sponde dello Snake River, ridotto a un torrente piuttosto impetuoso in cui, di tanto in tanto, si coglieva il guizzo di un pesce nella luce sempre più rossa del tramonto.

«Ci accampiamo qui?» chiese speranzosa a Joel, indicando una roccia sulla riva.

Si staccava di qualche metro dalla spiaggia sassosa, offrendo una sorta di riparo naturale che avrebbe anche celato il fuoco a occhi indiscreti. Joel annuì, schermandosi gli occhi dagli intensi raggi obliqui del sole.

«Buona idea. Inizia a cercare un po' di legna, io preparo la cena.»

Ellie storse le labbra, trattenendo una risata.

«Devo preoccuparmi?»

«Ah-ah. Vai, finché c'è luce» alzò gli occhi al cielo lui, facendo un cenno verso il bosco vicino.

«Se devo preoccuparmi, basta dirlo!» ribatté Ellie, avviandosi, per poi sfoderare un sorrisetto. «Ehi! Sai cosa si mangia nel Sahara?»

«Non ti sento!» mentì Joel, agitando la mano accanto all'orecchio.

«Il dessert!»

«Cristo santo...» sospirò lui, continuando a voltarle le spalle. «Non sai nemmeno cos'è, il Sahara.»

«Non importa, tu l'hai capita» ridacchiò Ellie, per poi sparire nel bosco senza aspettare replica.

In lontananza, udì Joel che prendeva a canticchiare, sul sottofondo del fiume e del tramestio dei suoi passi sul sottobosco. Sorrise, modulando qualche nota a bocca chiusa sulla sua melodia, quella su cui si stava esercitando con la chitarra.

Le piaceva, quella gita fuori porta. Sapeva di estate, di tranquillità, di un tempo che lei non aveva mai vissuto, ma che le mancava come se ci fosse nata e non lo avesse visto solo sulle pagine dei libri. Era una bella distrazione da tutti i pensieri che le affollavano la testa quasi ogni giorno. Le cadde lo sguardo sulla benda che le fasciava l'avambraccio e strinse con più forza il ramoscello che aveva raccolto.

A volte, riusciva anche a dimenticarsi che forse Joel le aveva mentito.

 

«Ammettilo.»

«Non c'è nulla da ammettere.»

«Fai un favore a tutti e due e ammettilo, Sully: ci siamo persi.»

«Non ci siamo persi e non è colpa mia se questi maledetti alberi sono tutti maledettamente uguali!»

«Definizione perfetta per "ci siamo persi", non credi? Non che stessimo davvero andando da qualche parte» sospirò infine Nathan, sfilandogli la mappa di mano.

«Nate...» Sully sbuffò, piantandosi le mani sui fianchi in quella posa da padre scocciato che gli riusciva molto bene.

Sembrò sul punto di dire qualcosa, poi si sfregò i baffi ingrigiti con un indice e vi rinunciò. Nathan ebbe la tentazione di tirargli in testa la bussola, se solo non gli fosse servita. Anche l'espressione demoralizzata sul volto del suo vecchio fu un buon deterrente. Si pentì un poco della rispostaccia che gli aveva rifilato. Se solo avessero svoltato a destra, su quel sentiero, e non a sinistra, come aveva voluto fare Sully...

«Intanto, pensiamo a trovare un riparo per la notte» ammorbidì il tono, evitando di incrociare il suo sguardo.

«Sì, non mi fido ad accamparmi all'aperto» concordò Sully, scrutando la fitta foresta di abeti attorno a sé con diffidenza.

«Dovrebbe esserci un rifugio di montagna... da queste parti» disse Nathan, puntando l'indice sulla mappa.

«"Da queste parti"?»

«"Non è colpa mia se siamo in mezzo al nulla"» lo scimmiottò lui, riponendo la mappa nella tasca dello zaino. «In ogni caso, Jackson è vicino a un fiume, quindi basta seguirne uno e prima o poi la troveremo. Dovremmo passare per Hoback, se stiamo andando nella direzione giusta.»

Si rimise in marcia senza attendere la sua replica, probabilmente sensata. Assordato dal frinire delle cicale, udì i suoi passi seguirlo dopo qualche istante di esitazione.

Tenne per sé le sue considerazioni, ovvero che questa "Jackson" sembrava un mito inventato da qualcuno che aveva molto bisogno di sperare in qualcosa. Sapeva meglio di chiunque altro che in ogni mito c'era un fondo di verità, ma avevano già constatato con Wellington, ridotta a un cumulo di macerie, che non sempre la verità sopravviveva abbastanza a lungo da essere trovata.

Nathan sospirò a mezza bocca. Preferiva leggere dei miti e leggende della Vecchia Era e perdersi nei viaggi di quegli uomini che avevano esplorato il mondo perché volevano, piuttosto che dare la caccia a città fantasma perché doveva.

Gettò un'occhiata a Sully, alle sue spalle. Era lui che lo voleva di più, tra i due. Un posto sicuro, stabile, dove poter invecchiare senza preoccuparsi di come mangiare o dove dormire il giorno successivo. Dove non doversi guardare costantemente le spalle. Non era convinto che quello fosse il tipo di vita che voleva per se stesso, però. Di certo, a suo fratello non sarebbe piaciuta.

Rallentò il passo, permettendo a Sully di raggiungerlo, e strinse le spalline dello zaino.

In un paio d'ore raggiunsero il rifugio: una vecchia baita in legno scuro, con le finestre ancora integre e nessun segno di infetti nei dintorni. Si sistemarono nella sala centrale, dove sfruttarono il camino per accendere il fuoco e arrostire qualche radice e un paio di scoiattoli che erano riusciti a intrappolare. Da un paio di settimane, il cibo scarseggiava.

A fine pasto, Nathan avvicinò la propria tazza di infuso fumante a quella di Sully, facendo cozzare piano i bordi.

«La troveremo, vedrai. Ho un certo fiuto per queste cose» disse, facendogli l'occhiolino.

Sully sbuffò un sorriso, dandogli poi una pacca affettuosa sulla nuca, a segnalare che il diverbio di poco prima era già dimenticato.

«Ah, non ne dubito, ragazzo. Se fossi nato nell'epoca giusta, saresti stato in grado di scoprire ogni città perduta al mondo.»

«Tipo El Dorado?»

«Con tutti i libri che leggi mi aspettavo qualcosa di più originale... ma sì, tipo El Dorado» ridacchiò Sully. «Per ora, accontentiamoci di Jackson. Per le altre ci sarà tempo.»

Nathan abbassò lo sguardo sul proprio infuso, nascondendo un sorriso. Rimase seduto a gambe incrociate davanti al fuoco anche quando Sully si coricò, raccomandandogli di non stare sveglio troppo a lungo. Si rigirò la tazza tiepida tra le mani, sentendosi un po' più sereno. Vista dalla prospettiva giusta, quella poteva davvero essere considerata una caccia al tesoro.

Voleva crederci, anche se una parte di lui era certa che non ci credesse nemmeno Sully.



Note dell'Autrice:

Cari Lettori,
lo so, lo so, avevo detto venerdì prossimo, ma la storia sta procedendo speditamente e ho pensato che un aggiornamento in anticipo fosse sensato ♥

La lunghezza media sarà più o meno questa (1500 parole ca.) e vi sarà un continuo alternarsi di PoV tra Ellie, Nathan Sully e Joel. Saranno sempre ben identificabili, ovviamente!
Spero che la caratterizzazione vi sia piaciuta, in particolare quella di Nathan e Sully, che sono gli "estranei" in questo mondo apocalittico. Ho riadattato il loro vissuto al contesto, ovviamente più cupo di quello scanzonato di Uncharted, e spero che il tutto vi sembri convincente ♥ Ah, il riferimento a Wellington è un omaggio al videogioco di The Walking Dead, in cui è una "città sicura" che molte persone tentano di raggiungere.
Temporalmente siamo qualche mese dopo l'arrivo di Ellie e Joel a Jackson – poco dopo la scena della chitarra in TLOU2, per capirci – e circa dieci anni dopo l'incontro tra Sully e Nate, avvenuto in circostanze ovviamente diverse dal canone, che verranno raccontate.
Grazie a chi ha commentato e/o votato lo scorso capitolo e non esitate a farmi sapere cosa ne pensate! Ci vediamo venerdì (stavolta sul serio),

-Light-

 

   
 
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