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Autore: Just_Megamat    15/03/2022    0 recensioni
Francia, fine Settecento. Nella lussuosa e pregiata villa di una famiglia nobile, il diletto nella lettura di un fanciullo viene interrotto dall'intrusione di una ladra di strada che tenta il colpo grosso.
È la breve storia di un amore impossibile.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fiato corto, la postura poco ortodossa, il colletto della camicia stropicciato sotto quello della giacca. A distanza di dieci anni, nella medesima città in cui ci incontrammo la prima volta, sono finalmente riuscito a ritrovare la mia fatale amata.
E si trova qui ... in prigione ... e le è stata comminata la condanna a morte.
La malavita l'ha trascinata via via in un turbine senza fine di disgrazie, fino a condurla al punto di non ritorno. Setaccio le carceri da quando la mia posizione di diplomatico me lo consente, sempre in cerca di una donna che possa combaciare con la sua descrizione, perché se c'è un posto in cui è quasi certo trovare una malavitosa, prima o dopo, quello non può che essere una prigione. E stamane, un mio aggancio nella magistratura mi ha avvisato di tale caso. Pensavo si trattasse dell'ennesimo falso allarme, e invece ... È proprio lei.
Ho chiesto, anzi ho preteso, di avere un colloquio con lei. Perché forse, e dico forse, v'è una maniera di strapparla alla morte ... Ma non potrò costringerla, se non vorrà ... Sarà dipeso unicamente da lei.
Faccio il mio ingresso nella cella dove è stato allestito il colloquio. Il cuore mi rimbalza in gola. Lì dentro, legata ad una malconcia sedia davanti a un tavolo sporco di solo Dio sa cosa, appare quella donna di dieci anni or sono. Più grande, più forte, e nonostante tutti i malanni più o meno visibili sul suo corpo, più bella. Tanto più bella. Ora i capelli suoi sono più voluminosi, più robusti; gli occhi che veste ricordano ancora il mare più blu, sebbene ora paiano in burrasca; il corpo suo ha assunto le forme e le sembianze di quello di una vera donna, pur essendosi le ferite e gli acciacchi moltiplicati. È lontana dalla fanciulla che vive nei miei ricordi ... Ma è lei, non vi è dubbio alcuno.
Mi accomodo sulla seduta di fronte, e intanto lei mi penetra con quel suo sguardo fulminante. Quanto pagherei per vedere un suo sorriso ... Ma non credo accadrà facilmente: da adulti si sorride un poco di meno.

«Chi sei?», attacca ostile. «Non ti conosco, perché mi hai voluta vedere?».

Anche la voce è la stessa. Più rauca, forse; probabilmente fuma o è una conseguenza del suo stile di vita. E da come parla, oserei dire che non si ricorda di me ...

«Proprio non ricordate ...?», dissi nel tentativo di stimolare la sua memoria. «Io e Voi ci incontrammo dieci anni fa, la prima volta. Commetteste una rapina in una villa della città, una cinta da una siepe verde, e lì trovaste un fanciullo che foste in grado di raggirare ...».

A tal punto, il suo sguardo assume una tonalità nuova: «... Non può essere vero ...».

«Ebbene sì», la incalzo. «Colui ero io».

Non saprei descrivere la sua espressione attuale. È un misto di incredulità, di rabbia e di rassegnazione. Non esiste un termine per definirla correttamente.

«Sul serio?!», sbotta sconcertata. «Mi prendi in giro?! Cos'è, sei qui per vendicarti di quel giorno?!».

«Non è così che stanno le cose ...».

«Allora che vuoi?!», sbraita. «La mia vita è già uno schifo così, non voglio altre seccature!».

La sua ira mi intimidisce al punto che mi riesce difficile mantenere il sangue freddo.

«Porto buone notizie, non Vi adiriate», tento di placarla. «Son qui per dirVi che esiste un modo per evitare la pena di morte che Vi spetta ...».

La donna aggrotta la fronte e immediatamente si quieta.

«Hai voglia di scherzare?».

«Giuocare non è cosa mia», la ragguaglio.

«... Okay, e cosa vuoi?», taglia corto. «Una soffiata? Una fetta delle rapine?».

Scuoto il capo.

«Vuoi ... quello ...? Per forza ...?».

Al che rimango impassibile.

«N-no, aspetta, non lo voglio fare ...!».

Davanti a me, visibilmente turbata, la detenuta si divincola nelle corde che la legano alla seduta e, quando mi alzo dalla mia, ella prende a digrignare i denti ed evita di incrociare il mio sguardo. La raggiungo dall'altro capo del tavolo mentre grida "Non mi toccare! Preferisco morire!"; mi posizionò di fianco a lei e mi accovaccio per arrivarle all'altezza del corpo. Senza fretta, infilo una mano nella tasca interna della giacca e ne tiro fuori una pugnale affilato; avvicino la lama a una delle mani della donna e per prima cosa ... lacerò le corde che ne tengono legato il polso, e la stessa sorte attende quelle all'altra mano e quelle alle caviglie.
Allora smette di gridare, ma non accenna a distendere i nervi, come se da un momento all'altro potessi ghermirla per il busto e scaraventarla sul tavolo, come farebbe un barbaro o un animale che si butta su una preda per mangiarla. Tuttavia, quando mi vede allontanarmi, abbassa finalmente la guardia in un misto di sollievo e spaesamento.

«C-cosa?», tentenna. «Q-quindi non volevi ...?».

«Offendete il mio buon nome», le faccio presente con la dovuta calma. «Sono un gentiluomo. Mai mi approfitterei di una donna ...».

Mani congiunte dietro la schiena, faccio ritorno alla mia seduta e intanto lei si massaggia i polsi per mitigarne il dolore. Dovevano averle strette forte, quelle corde ...

«È difficile trovare un gentiluomo che lo sia di nome e di fatto ...», commenta. «E non so perché, ma non mi sembra strano che tu lo sei veramente ...».

Scelgo di non rispondere. Preferisco invece concentrarmi su come porre quel che le dovrò dire di qui in avanti.

Le miro gli occhi: «Ditemi ... Ho avuto modo di meritarmi la Vostra fiducia?».

«Dimmi perché lo stai facendo. Forse allora mi fiderò ...».

Quel suo sguardo agguerrito, diffidente, deliziosamente suggestivo ... Ora rimembro bene come mai, quel giorno di dieci anni fa, mi ero invaghito così tanto di lei. Ma che dico "invaghito"? Se ho rischiato così tanto solo per lei, quest'oggi, se mi sono esposto tanto per strapparla al braccio della giustizia che inevitabilmente l'avrebbe condotta a morte certa ...

«... È perché sono innamorato di Voi».

È la mia dichiarazione d'amore. La prima in assoluto che abbia mai fatto ad una donna. È speciale. La malvivente mi lancia sguardi a metà fra l'incomprensione e l'imbarazzo, poi realizza che potrebbe trattarsi di un gioco e allora sorride.

«S-stai scherzando ...?». E quasi scoppia a ridere, ma a guardare meglio la mia espressione deve aver capito che non è la mossa migliore. «No ...?», fa confusa. «E ... da quando lo saresti?».

Il suo tono di voce è disagiato, come di una persona che si trova costretta a fare i conti con uno spasimante noioso. Una volta non lo avrei intuito, ma ad oggi ...

«Dal nostro primo incontro», le rispondo.

«Ah ...», bofonchia allibita. «Cioè, una ti prende in giro, ti svaligia casa e tu ... te ne innamori?».

A quella sua domanda retorica, sbuffo indispettito.

«Pensavo di averti fatto fesso perché eri un bambino, ma inizio a pensare che il tuo problema non era quello ...».

«Ascoltate!», la interrompo. «Ho la facoltà di farVi uscire di qui ... Mi darete ascolto?».

Esitante, la donna si lascia andare ad un sospiro: «Okay, dov'è la fregatura ...?».

Non so se "fregatura" sia la maniera più corretta per definire la mia proposta. Anche se, dal suo punto di vista, potrebbe darsi ...

«Siate sincera ... Voi siete felice?».

La donna vicilla un poco: «In che senso?».

«Vi piace la vita che conducete ...?».

«... Hai voglia di scherzare?», ribatte lei offesa. «La vita nei sobborghi fa schifo! È tutta malattie, fame e paura che qualcuno ti tagli la gola da un momento all'altro!».

«Se le cose stanno così!», la incalzo passionale, «... Allora venite con me ...».

Alla proposta, la ladra non può altro che guardarsi attorno, come se il luogo in questione potesse trovarsi vicino: «... Dove, scusa?», chiede in una smorfia.

«Alla mia dimora ... Diveniate mia sposa!».

E ancora una volta, la lasciò sbigottita, senza parole. Ma non mi sentirei di dire che sia stupore indotto dal fascino, il suo: pare più lo scalpore di chi si sente dire qualcosa di inconcepibile.

«C-cioè, fai sul serio?!», sbotta.

«Giuocare non è cosa mia», ribadisco.

«E magari abiti ancora nella villa che ho svaligiato quel giorno, vero?!».

«Sì, e con questo?».

«Oh, Santo Iddio, ma lo senti!?», prende a schiamazzare teatralmente. «Cos'è questa, una favoletta a lieto fine?! Lettore, se ci sei batti un colpo!».

La fisso seccato: «Traboccate di fantasia, Ve lo concedo ... Ma il sottoscritto nutre genuinamente la volontà di salvarVi dal patibolo, e si dà il caso che l'unica soluzione in mio potere sia quella di sposarVi, così da trasmetterVi l'immunità diplomatica di cui io stesso godo».

«Spiegalo nella mia lingua», brontola lei.

«Se diverrete mia moglie, Vi sarà ritirata ogni accusa. Sarete intoccabile», gliela faccio semplice. «Mi rendo conto che tale condizione possa parere un bieco ricatto, ma Vi giuro su Dio che non ho pensato ad altre donne all'infuori di Voi per tutta la vita. E che il mio solo ed unico interesse è quello di salvarVi ... non di possederVi».

La donna ci pensa profondamente.

«... E se non accetto? Cosa farai?».

«Non esiterò ad attuare un disperato tentativo di farVi evadere, ma verremo inevitabilmente catturati e saremo entrambi destinati alla forca ...», le descrivo lo scenario più tragico. «C'è una sola via di fuga che assicuri ad ambedue la salvezza, ed è venir scarcerata dichiarandoVi mia promessa sposa ...».

Finalmente, la condannata a morte sembra dare i primi segni di condiscendenza. Tuttavia, non sembra ancora del tutto convinta.

«Non Vi sto chiedendo di amarmi», tento di rasserenarla. «Sarebbe arrogante e pretenzioso, da parte mia. Quel che Vi esorto a fare, Buon Dio, e di non gettare al vento la Vostra vita ...».

Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato. Quello del nostro ricongiungimento, intendo. E mai mi sarei sognato che una mia eventuale proposta di matrimonio si potesse porre in una tale occasione. Ho scoperto solo una manciata di ore addietro che la mia fatale amata si trovava qui, destinata a morire appesa a un cappio, e tutto quel che ho fatto è stato farmi venire in mente un metodo per sottrarla ai boia ... E sebbene sia tutto così avventato, questa è veramente l'unica possibilità in mio potere.
La donna è combattuta: guarda prima me, poi l'insuperabile porta di ferro della stanza degli interrogatori, poi ancora si guarda le mani e guadagna tempo. Non vuole dire di sì, ma sa che è l'unico modo.

«... Va bene ...», crolla infine. «Lo farò ...».

   
 
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