File 17.
“ Ti ricorda nulla questa situazione? ”
Il
nome di Arthur Winston Webber si insinuò tra i pensieri di
Lestrade
come un fastidiosissimo tarlo, tanto che dovette metterlo per
iscritto nell'archivio del computer di Scotland Yard: dove lo aveva
già sentito? Perché lo infastidiva
così tanto? Passò giornate,
interi momenti liberi e non, attaccato a quel computer,
scribacchiando in ogni dove appunti che gli sarebbero sicuramente
tornati utili nei giorni successivi, fino a quando il lampo di genio
non lo colse, quasi di sorpresa. Quel
nome. Il ricordo di quel nome gli balenò alla mente in meno
di un
secondo quando, leggendo la firma del suo vecchio superiore, i
ricordi riaffiorarono, uno ad uno, come i pezzi di un puzzle che
lentamente si incastravano
tra loro; i momenti riguardanti quella persona e gli istanti passati
al fianco del suo superiore, quando era soltanto un semplicissimo
agente.
« Bingo! »Esclamò,
uscendo dall'ufficio in fretta e furia, avvicinandosi ad un suo
collega – e amico, che in quel periodo gli era stato dietro
con
tutte le teorie, spalleggiandolo in ogni ricerca: sapeva che avrebbe
potuto contare su di lui, anche questa volta.
*
Potrei
sapere, di grazia, dove ti trovi?
SMS
da Mycroft – 22.01
Questa
sera farò un po' più tardi, scusa.
SMS
da Gregory – 22.13
Non
sono stupido, Gregory. Cosa stai facendo?
SMS
da Mycroft – 22.13
Dallo
studio di casa sua a Pall Mall, Mycroft Holmes stava cominciando ad
innervosirsi; di recente gli era capitato di vedere il compagno
completamente preso dal lavoro e quel fatto non gli piacque per
nulla; aveva (quasi) deciso di non metterci il muso, di lasciar lui i
giusti spazi, senza mettersi in mezzo... o almeno, fino a quella
sera: non servì neppure chiamare la sua assistente, in
pochissimi
istanti riuscì a risalire alla cronologia dell'intero
dipartimento
di Scotland Yard e quando ne lesse le ricerche svolte dallo yarder,
si lasciò sfuggire un lungo sospiro, decidendo infine di
riporre il
cellulare, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia:
l'appuntamento era come sempre, in una delle molteplici stanze del
Mind Palace. Holmes non era stupido, sapeva perfettamente chi fosse
la persona su cui lo yarder stesse indagando, uno di quei
“mali
necessari” che ancora non aveva intaccato nessuno di troppo
importante.
Il nottolino della porta ancora non accennava a
scattare, né tanto meno i ciottoli nel vialetto stavano
annunciando
il rientro di qualche macchina; l'orologio da taschino lo informava
che da lì a breve sarebbe scattata la mezzanotte. Lungi dal
voler
apparire turbato, Mycroft stava scendendo a patti con sé
stesso: se
da lì a breve non avesse ricevuto alcuna notizia dal suo
compagno,
avrebbe mobilitato i suoi più fedeli agenti per andare ad
estirpare
una volta per tutte, il male necessario.
*
Lestrade dal
canto suo, sapeva perfettamente di star commettendo una fesseria
astrusa a riaprire quel file accantonato quasi un ventennio prima e,
soprattutto, sapeva altrettanto bene che mettersi contro un pezzo
grosso della mala quasi completamente da solo, non era stata una
delle sue più geniali idee, ma era anche vero che nessuno
fosse più
riuscito a risolvere il caso e ad oggi aveva delle prove schiaccianti
che portavano tutte ad una singola persona, a quella
singola persona. Molte domande gli vennero alla mente, ma spirarono
tutte, non appena il collega sfondò con un calcio la porta
di
quell'ufficio di fortuna senza troppo cerimonie, la cui targhetta
portava il nome, indubbiamente falso, di George Turner.
« La
dichiaro in arresto per molteplici ragioni, signor
“Turner”. –
sogghignò appena, enfatizzando quanto meglio poté
il nome – Vuole
che gliele elenchi tutte, o preferisce risparmiarmi questa fatica?
»
Turner/Webber non rispose, si limitò a guardare dritto negli
occhi prima uno e poi l'altro, soffermandosi poco di più su
Lestrade
ed impiegò meno di un istante ad aggredire l'Ispettore, che
sì,
risparmiò sì la fatica di parlare, ma non quella
di difendersi
dalla spranga che lo colpì dritto al braccio sinistro,
prontamente
portato sul viso per difendersi.
*
« Associazioni a
delinquere, furto allo stato, favoreggiamenti ed infine, aggressione
a pubblico ufficiale. »
Esordì così Gregory, al suo rientro a
casa, poggiando il fascicolo finalmente da archiviare sul tavolo di
fronte ad un Mycroft attonito, del tutto basito ed infatti, lo
sguardo di quest'ultimo passò dal faldone di fronte ai suoi
occhi,
al sorriso sornione sul volto del compagno coperto da qualche cerotto
di cui un paio
cicatrizzanti su uno zigomo. Dopo una rapida occhiata al busto, per
accertarsi che stesse quantomeno dritto sulla propria schiena, non
poté non notare la fasciatura sotto la manica della camicia.
Restò
in silenzio diversi attimi, dopodiché inumidì le
labbra e,
scuotendo il capo, si alzò, poggiando la tazza di
tè sul tavolo.
«
Mio Dio, Gregory! Non posso credere che tu sia andato seriamente dal
Signor Webber. » Avvicinandosi, prese molto delicatamente il
braccio
dell'Ispettore tra le mani, analizzandone le fasciature; nulla gli
sfuggì, neppure la piccola smorfia di fastidio che
decorò il volto
dello Yarder. Gli occhi di Mycroft infine passarono sulle ferite al
volto, l'espressione era più seria che mai ed infine gli
lasciò il
braccio, delicatamente, come lo aveva afferrato.
« Aspettami qui.
»
Lestrade seguì con lo sguardo il compagno, la piccola
smorfia
di fastidio lasciò posto ad un'espressione stranita, fin
quando non
riapparve in salone, accompagnato da una valigetta del primo
soccorso. Gregory rimase per un attimo imbambolato a guardarlo mentre
apriva la valigetta ed estrarre tutto l'occorrente per disinfettare,
perfino quando Mycroft lo invitò a sedersi sulla poltrona di
fronte
al camino, senza ammettere troppe repliche; una volta capite le
intenzioni del politico, trasalì appena.
« Oh, dai. Mi hanno
disinfettato in centrale, sono a posto. »
Si indicò
stupidamente il viso, pensando di aver avuto un ottimo tono
autoritario, ma il sorriso sarcastico di Mycroft gli fece notare che
non era stato poi così convincente come credeva. Non che
avesse
paura, Lestrade, insomma.. c'era abituato a prenderle come un
sacco.
« Non così bene, Gregory, i cerotti si stanno
già
sporcando. »
In pochissimi passi, Mycroft era di fronte
all'Ispettore e con una mano, gli prese delicatamente il viso e
glielo voltò appena, quanto bastava per avere pieno
controllo di
quanto stava per fare: sfilò il cerotto che aveva attaccato
sullo
zigomo e non appena poggiò il cotone imbevuto di
disinfettante, Greg
sussultò, stringendo forte il bracciolo della poltrona.
Eppure in
centrale non era stato così doloroso, ma probabilmente era
l'effetto
dell'adrenalina che lentamente stava scemando, pensò.
Inoltre,
strinse come meglio poté il labbro, quanto bastava per non
procurarsi altro dolore. Impercettibilmente, Mycroft si
accigliò
appena, distogliendo lo sguardo dalla ferita di cui si stava
occupando, posandolo per un attimo sul volto del compagno.
« Così
mi distrai, Gregory. »
Schiarì la voce e non appena finì con il
disinfettante, dopo essersi assicurato che non vi fosse più
nessuna
fuoriuscita di sangue, non ci pensò due volte ad estrarre
dalla
valigetta alcuni cerotti per sutura, ago e filo.
« In più,
questi potrebbero fare più male. »
« No, no dai. – seguì
con lo sguardo l'ago – Non credo sia il caso di usare quello.
Mi
basta un normalissimo cerotto. Per favore. »
Lestrade deglutì:
ribadendo a sé stesso di non essere mai stato una persona
paurosa,
però insomma... un ago così vicino ad un occhio
non lo faceva
saltare di gioia. Non che non si fidasse di Mycroft, al contrario,
probabilmente non si fidava di sé stesso e delle sue
reazioni.
«
Continua pure a parlare, Gregory, sei tanto bravo a farlo, ti
assicuro che distrae. »
Con mani maestre, Mycroft cominciò a
preparare l'ago, mentre lo yarder si chiese il motivo per cui in casa
avessero un attrezzo del genere e come mai sapesse maneggiarlo
così
bene, pensando istintivamente ad un
piccolo
Sherlock scapestrato.
« Ora come ora non ho argomen... –
strinse ancora più forte i braccioli della poltrona, mentre
l'ago
entrò, bucandogli la pelle – ti. »
Non impiegò che qualche
istante
a completare la sutura, due punti quasi invisibili coperti poi dai
piccoli cerottini, non dando neppure il tempo a Lestrade di
lamentarsi.
« Sei proprio stupido. Farti ridurre così per uno
che ha così poca importanza. »
« Mi ha fatto incazzare. E poi
non è “poca importanza”, era un caso da
archiviare, e
finalmente, ora lo si può considerare tale. Possibile che
nessuno di
voi si sia mai accorto di nulla? »
Mycroft non rispose subito,
anzi, non rispose affatto; sapeva più che bene che Lestrade
lo
avesse arrestato più per tornaconto personale, che
lavorativo e
difatti il suo volto per un istante si rabbuiò, mentre
sistemava e
disinfettava l'ago appena utilizzato. Ci furono diversi attimi di
silenzio, in cui Greg tentò, invano, di rilassarsi sulla
poltrona,
mentre il maggiore degli Holmes si dedicò a disfare le
fasciature
dell'avambraccio. Con movimenti decisi, ma molto delicati,
appurò
che non era nient'altro che una contusione. Mycroft certamente non
era un dottore, ma pensò di essere di gran lunga superiore a
chi si
era adoperato per riassestare Lestrade con quelle fasciature fatte
alla bell'e meglio. Quando le loro mani si sfiorarono, Gregory non
poté fare a meno di sorridere appena.
« Ti ricorda nulla questa
situazione? »
Destò Mycroft dai suoi pensieri, nei
quali stava ancora elegantemente insultando “l'equipe
medica” di
Scotland Yard. Anch'esso accennò flebilmente un sorriso, con
lo
sguardo ancora sulla mano di Lestrade: a quelle parole istintivamente
ci si soffermò più del dovuto, vuoi per una
carezza mascherata,
vuoi per la medicazione. La porta del suo Mind Palace si
aprì,
facendone lentamente fuoriuscire i ricordi della sera in cui Gregory
si spinse un po' (tanto) oltre, in cui entrò prepotentemente
nella
sua comfort zone, e non solo, rivoltandogli letteralmente
l'esistenza.
« Solo che questa volta i ruoli sono invertiti.
»
Sorrisero entrambi, genuinamente, gli occhi incatenati gli uni
agli altri; si scambiarono anche qualche carezza, fin quando il viso
di Mycroft tornò serio, lentamente.
« Hai arrestato Webber a
causa mia, Gregory. Vorrei non facessi più cose del genere,
è
pericoloso mettersi contro gente come me, come noi. »
Greg lo
guardò con aria vagamente accigliata. Insomma, aveva fatto
un lavoro
egregio, stanando qualcuno che Scotland Yard non si era mai
preso la briga di fare, lasciando il caso a marcire sotto ad altri
decine e decine di casi irrisolti. Era anche vero che a Mycroft non
si potesse nascondere praticamente nulla, neppure il fatto che, in
fondo, lo aveva fatto per farla pagare a Webber, per quanto avesse
avuto da dire il giorno del suo divorzio. Sapeva a cosa stava andando
incontro, il dossier su questo tale lo aveva imparato a memoria.
«
L'ho arrestato anche perché il suo nome mi è
entrato nella testa,
sapevo di averlo già sentito e la sua faccia non mi era
nuova. Mi
sono preso del tempo e ho indagato ancora, scoprendo fatti abbastanza
pesanti da poterlo sbattere in cella. Quindi, direi che se lo
è
meritato. In più, guarda come mi ha conciato. »
Non ottenne
risposta da Mycroft, che si limitò a rimettere via le garze
ed
infine chiudere la valigetta del pronto soccorso, premurandosi di
schiarire bene la voce, prima di proferir parola.
« Soprattutto
gradirei evitassi di farti ridurre in queste condizioni. »
« Ho
perso la pazienza. »