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Autore: futacookies    17/03/2022    1 recensioni
{duncney}
L’ha paragonata - e a quel punto non ha potuto non ridere, Cristo, Scott sapeva essere proprio un sempliciotto - l’ha paragonata ad un cazzo di palloncino ad elio, che vola alto sulle teste degli altri ma che nessuno può raggiungere.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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NdA: scritta per quarta settimana del cowt-12 indetto da Lande di Fandom con il prompt: terra. Il titolo della fic viene dalla canzone "Connessioni" di Ditonellapiaga, e la trama ruota un po' intorno a Courtney, che non ha idea di come dovrebbe funzionare una relazione e non riesce a non mandare tutto all'aria.



(scusa ma a stento so come restare)

Con i piedi per terra e la testa per aria 



 

1. Courtney è una stronza anaffettiva

Gliel’ha detto Scott prima di lasciarla. 

Le ha detto un sacco di cose brutte, tutte innegabilmente vere, come che a lei non gliene fregava proprio un cazzo, di lui, non mentre aveva roba da studiare ed esami da dare e tutta quella roba universitaria che le faceva perdere la testa e non in senso positivo. Le ha detto che è una- com’è che ha detto? Boh, il succo era che lei era scollegata dalla realtà e non poteva davvero aspettarsi che gli altri - o lui, in questo caso - stessero allegramente ad aspettarla mentre lei si occupava degli affari suoi, soltanto per poi tornare quando aveva cinque minuti liberi per pretendere di avere tutte le attenzioni del mondo.

L’ha paragonata - e a quel punto non ha potuto non ridere, Cristo, Scott sapeva essere proprio un sempliciotto - l’ha paragonata ad un cazzo di palloncino ad elio, che vola alto sulle teste degli altri ma che nessuno può raggiungere. Esistono termini molto più comprensibili per spiegare la questione, ossia che lei non è emotivamente disponibile - ossia, be’. Non le fa piacere dirlo, perché equivarrebbe a dar ragione a Scott e piuttosto preferirebbe morire, ma- okay, sì, significa che lei è una stronza anaffettiva. Ma non è mai stato un problema fino a quel momento. Gwen, piccolo angelo, l’accetta così com’è, non le ha mai rinfacciato nulla. 

Duncan, d’altro canto- ma quella con Duncan è una storia vecchia. Vecchissima. Ormai ne è uscita. In ogni caso, Duncan le ha rinfacciato un sacco di cose, di sicuro le ha dato della stronza, e a ragione, ma di certo non ha mai nemmeno provato a chiamarla anaffettiva - forse perché il vocabolo era troppo complicato per lui, ma questo è un dettaglio su cui preferisce surclassare. 

E intanto lei si sente uno straccio - forse sarebbe il caso di recuperare la metafora del palloncino, perché sì, vero, verissimo, dall’alto dove si trova nessuno prova a raggiungerla ma questo significa che lei non può tornare a terra. 

 

2. Gwen l’ha portata a bere ma le ha detto che l’alcool non risolverà i suoi problemi

Il che è orribilmente ipocrita da parte sua.

Si è infiltrata nel suo dormitorio con una scusa, l'ha trovata con lo sguardo vitreo e perso nel vuoto, e ha deciso che, in qualità di migliore amica, è compito suo sollevarla da questa landa di desolazione in cui è finita. Il che è terribilmente ironico, perché se lei fosse davvero il palloncino - e lei non è il palloncino ad elio, Scott se lo può infilare nel culo, il palloncino ad elio - allora non avrebbe alcun bisogno di essere sollevata, ma in linea di massima, qualcuno dovrebbe riportarla a terra.

Però, appunto, lei non è un palloncino ad elio, è una ragazza che è stata appena scaricata e ha bisogno di qualcosa per distrarsi. Quindi quando Gwen le ha proposto una serata in discoteca, fiumi di alcool e bei ragazzi che avrebbero voluto farsela nei cessi del locale ovviamente non se l'è fatto ripetere due volte.

Così si è ritrovata con la musica assordante nelle orecchie, un mal di testa incipiente e l'adorabile monito di Gwen che «Mi raccomando, Court, l'alcool non risolverà i tuoi problemi!», al che lei si è sentita in dovere di farle una smorfia orripilata mentre annuisce.

Non vuole ubriacarsi per risolvere i suoi problemi. Lei non ha problemi. Ha un ex che l'ha fatta sentire una merda e che se potesse ucciderebbe a mani nude. Non è un problema, è un piccolo fastidio, non è che il fatto che Scott l'abbia lasciata dall'oggi al domani, senza neanche un periodo di difficoltà o silenzio stampa - che l'ha semplicemente lasciata - l'ha mandata in crisi esistenziale. Mica ha deciso che è il caso di rivalutare negativamente ogni singola scelta che abbia mai compiuto, soltanto perché lei si è sempre ritenuta una persona seria e razionale e con i piedi per terra e poi dal nulla è arrivato un campagnolo che evidentemente non ha capito proprio nulla, di lei, a dirle che invece è una che ha la testa per aria, che non sa come funziona il mondo, e che non ha idea di come funzioni una relazione. No, no. Lei sta benissimo. Vuole solo smettere di pensarci. Okay, forse lei ha un problema. Ecco, com'è che si dice? Riconoscere il problema è il primo passo. Ma lei mica vuole risolverlo con il delizioso drink che sta bevendo, il suo problema. Sa perfettamente che il rum non può correggere anni di errori, ma può aiutarla a non pensarci.

«Ehi, bellezza, posso offrirti da bere?»

È così assorbita nei suoi pensieri che si limita ad annuire distrattamente, prima di riuscire a registrare con chiarezza a chi appartenga la voce che - ci tiene a sottolinearlo, perché sa che potrebbe rimangiarselo da un momento all'altro - l'ha chiamata bellezza e le vuole offrire da bere.

Duncan.

Be', questo sì che è un risvolto inaspettato.

Forse, al pari dell'alcool, in una specie di gioco alla chiodo-sciaccia-il-chiodo-che-ha-schiacciato-il-primo-chiodo, Duncan potrebbe aiutarla a dimenticare. Magari farsi il suo ex-ex nel lurido bagno di una discoteca sovraffolata l'aiuterà a sentirsi meglio con se stessa - per la serie, sono una stronza anaffettiva ma alla fine mi vuole lo stesso. Deve solo sperare che Duncan non scappi a gambe levate nel momento in cui si accorgerà che ci ha appena provato con la sua ex psicopatica.

Si gira, su quegli sgabellini rotanti dei bar, e per un attimo si gode l'espressione di assoluto shock che gli attraversa la faccia. C'è una punta di esitazione, come se stesse davvero pensando di far finta di non aver mai detto nulla, poi sembra invece accettare l'implicita sfida che gli ha lanciato, ossia "poggia il tuo culo sullo sgabello accanto al mio e offrimi davvero da bere, idiota".

«Non sei mai stata il tipo da discoteca.», commenta, forse per rompere il ghiaccio, mentre fa segno al barista di portare due birre.

Courtney accoglie il commento con una scrollata di spalle.

«Forse sono cambiata.»

«O forse sei il solito palo in culo.»

«A volte anche i pali in culo vogliono divertirsi, Duncan.»

Duncan non risponde e lei prende un lungo sorso dal calice che le hanno appena portato.

«E quale sarebbe la tua concezione di divertimento?», chiede, con gli occhi ridotti a due fessure.

Courtney non sa se quello sia un qualche tipo di proposta indecente, per cui se gli dicesse che in quel momento è così disperata da essere disposta a saltargli addosso lui l'asseconderebbe, o se piuttosto vuole semplicemente trovare una scusa per prenderla in giro.

«Qualunque cosa non sia questo.», commenta infine, indicando se stessa e la pinta mezza vuota.

Duncan mormora qualcosa, chiaramente d'accordo con lei. Si alza e si fa improvvisamente più vicino - sembra quasi a disagio, come se si sentisse troppo sobrio per una cosa del genere, eppure allunga una mano verso la sua e la trascina verso la pista.

«Duncan, ma io non so ballare!», protesta vivamente, mentre l’altro le cinge la vita e se la tira contro.

«Già.»

«E questo dovrebbe essere divertente?»

«Be’, io mi divertirò un sacco.», sussurra, un soffio contro il suo orecchio e Courtney reprime i brividi e le lamentele e si stringe di più a lui.

 

3. È andata a letto con Duncan dopo che l’ha chiamata stronza anaffettiva

Perché il modo in cui gliel’ha detto, dopo la terza bottiglia di birra, l’ha eccitata più di quanto non l’abbia fatta infuriare.

Sono finiti a casa sua al termine della serata. L’idea di essere a casa di Duncan, sola con lui, con tutto l'alcool che sente in circolo, la preoccupa un po’. Non è sicura di poter contare sul suo miglior giudizio. Invece che fare qualche commento sulla cosa, Duncan l'ha guardata con un sorrisetto di scherno e le ha chiesto se è vero che è stata scaricata da poco. Courtney- be', Courtney diventa sempre molto impulsiva, quando beve, ed è orribilmente facile per lei entrare in contatto con le sue emozioni. Quindi quando scoppia a piangere, grossi, orribili lacrimoni che le rigano le guance, Duncan si lascia scappare una sonora bestemmia e la lascia un po' sola, seduta a terra nel soggiorno buio, per tornare qualche minuto dopo con un rotolo di carta igienica - perché è un uomo e ovviamente il pensiero di comprare dei semplici fazzoletti è chiaramente oltre le sue capacità - e una cassetta di birre. Ottimo, altro alcool.

Si attacca al collo della bottiglia. La prima finisce senza che neanche se ne accorga - è quasi imbarazzante, ma Duncan non commenta nulla, si limita a porgergliene un'altra e a sedersi per terra accanto a lei, il che è una cosa assolutamente ridicola, perché hanno entrambi le spalle contro il divano e potrebbero sedersi come due persone normali. Però Courtney sente- sente che in questo momento, stare a terra aiuta. Non può avere l'impressione di starsene volando via, se tiene il sedere fermamente schiacciato sul pavimento freddo e probabilmente sporco di casa di Duncan.

La seconda birra finisce in un silenzio più rilassato. Ha singhiozzato, qualche volta, lo ha accusato di essere un incapace mentre Duncan le passava silenziosamente vari pezzi dal rotolo di carta igienica e poi gli ha chiesto se avesse altra birra.

Questa, la terza, sembra volerle dare il colpo di grazia.

«Il punto è», comincia, quando sente di essersi calmata abbastanza da riflettere lucidamente sulla questione, «che io non credo di aver sbagliato qualcosa.»

«Ma non mi dire.»

«Ti giuro!», si infiamma, alzando la voce. «Niente di niente. Okay, forse ero un po' fredda.»

«Mhh.»

«E mi facevo viva soltanto quando finiva la sessione. Ma, insomma, mi sembra una cosa ovvia! Ho una carriera a cui pensare, io

«Naturalmente.»

«E il modo in cui mi ha detto-», si ferma per un istante, beve un altro sorso, si sente incazzata come una iena, «mi ha detto-», riprende, con il tono più indignato che riesca ad emulare, «che sono una stronza anaffettiva.»

«Mhh.», Duncan sembra pensarci un po' su. Beve qualche sorso e la guarda con le luci fioche che filtrano dalla strada. «Stronza anaffettiva.», dice, come se stesse provando a capire in che modo le parole potrebbero suonare dalla sua bocca.

«Stronza anaffettiva.», le ripete, per studiare la sua reazione.

Il problema è che non c'è alcun tipo di reazione. Non sente alcuna indignazione, se è Duncan a dirglielo - e non sa se è perché è intimamente convinta che lui se lo sia guadagnato alla grande, il diritto di dirle una cosa del genere, o se perché non riesce a sentire alcun tono denigratorio. Non lo pensa davvero, capisce. La sta solo prendendo in giro.

«Stronza anaffettiva.», dice, ancora una volta, e Courtney scoppia a ridere.

C'è qualcosa di familiare, nella calda sensazione che si espande nel suo stomaco. Una sensazione di bruciante desiderio, per cui si trova a fissare, ipnotizzata, le labbra di Duncan che si muovono per continuare, in loop, a ripetere la frase. Ah, adesso vuole baciarlo. Vuole ritrovarsi tra le sue braccia anche se è una stronza anaffettiva, anche se lei e Duncan si sono lasciati malissimo, anche se sa che è una pessima idea, perché in questo momento sta facendo il pagliaccio per farla ridere e si sente leggera, così leggera che potrebbe davvero staccarsi da terra e allora ha bisogno di attaccarsi a qualcosa - e il corpo di Duncan, così familiare eppure estraneo dopo tutto quel tempo, è già lì.

Il resto è un po' confuso. O meglio, pensa di sapere perfettamente cosa stia facendo, ha solo qualche dubbio sul controllo che in questo momento è in grado di esercitare sui suoi muscoli. Mette da parte la birra, poi sfila la bottiglia che ha in mano Duncan e la poggia accanto alla sua. Questa è una pessima idea, davvero, e dovrebbe fermarsi finché è in tempo - può ancora farlo, si dice. Può semplicemente dirgli che pensa che abbiano bevuto abbastanza, per quella sera. Oh, sì, proprio così. Però-

Gli sale a cavalcioni sulle gambe e fa un ottimo lavoro nell'ignorare le rumorose proteste del suo cervello, nonché il verso strozzato di Duncan, che apre la bocca per chiederle qualcosa, probabilmente cosa diamine abbia intenzione di fare, e si ritrova invece con le sue labbra sulle proprie, la sua lingua che si insinua nella sua bocca e le sue mani che corrono tra i suoi capelli. Ad essere onesta, il suo sapore di birra la disgusta un po', ma in questo momento proprio non riesce a staccarsi da lui.

Non riesce a trattenere un gemito nel momento in cui la bocca di Duncan arriva, affamata, sul suo collo, lasciando una scia umida di baci, succhiando alla base con abbastanza forza da lasciarle la certezza che domani resterà il segno - il solo pensiero le rende le gambe molli.

Butta la testa all'indietro, per garantirgli un maggiore accesso - le sue labbra si spostano sulla clavicola, poi sullo scollo del suo top, sempre più giù, fino a sfiorarne il bordo e farle rimpiangere di non aver indossato quel vestito scandalosamente scollato che le aveva proposto Gwen.

«Potresti toglierlo?», le chiede, impaziente, leccandosi le labbra.

Courtney deglutisce e le sue mani schizzano sui lembi della maglietta, che finisce lanciata neanche lei sa dove, ma non le interessa, non davvero, non con lo sguardo di famelica attesa che le sta lanciando Duncan. Il suo reggiseno segue poco dopo e le mani di Duncan corrono sul suo petto, le sue dita le sfiorano appena un capezzolo, e il "di più" supplicante che le scappa d'istinto viene accolto immediatamente, e le sue mani vengono sostituite dalla sua bocca, la sua lingua calda che si preme contro il capezzolo e Courtney non può fare a meno di afferrargli la nuca e spingerlo ancora più vicino, mentre inizia a ruotare i fianchi contro i suoi, nella speranza di alleviare la tensione che non può più ignorare tra le gambe.

«Ah, Duncan, Duncan- Duncan!»

 

4. Duncan le ha detto che non è stato proprio male, l’altra sera.

Le ha detto che potrebbero rifarlo. 

Si è spinto fino a cercarla nella caffetteria dell'università, qualche giorno dopo quella che lei ha subito bollato come una serata disastrosa, per quanto, indubbiamente, innegabilmente piacevole. La mattina dopo si era svegliata con un mal di testa martellante e il corpo incastrato contro quello di Duncan - si era svegliata per terra, registrando con vago disappunto che Duncan non si era nemmeno dato la pena di spostare entrambi sul divano, aveva raccolto in fretta i suoi vestiti e se n'era andata, come la codarda che era, senza fare il minimo rumore.

Non che ci fosse qualcosa da dire, eh. Anzi, con il passare dei giorni si è convinta che se fosse rimasta fino al momento in cui Duncan avesse aperto gli occhi la situazione sarebbe diventata immediatamente imbarazzante e probabilmente avrebbero entrambi detto qualcosa di cui si sarebbero eventualmente pentiti e quindi aveva fatto bene, proprio così.

Poi se l'è ritrovato davanti, ed effettivamente Duncan le ha detto diverse cose, tra cui che lui non si è mica trovato male, con lei, che in fondo avrebbe dovuto aspettarlo, visto che in ogni caso si conoscevano abbastanza da avere un'intesa immediata e poi le ha detto- le ha detto- Courtney ancora non riesce a pensare alla cosa con la lucidità di cui avrebbe un disperato bisogno - le ha detto che se lei voleva, avrebbero potuto rifarlo.

Le ha proposto, in pratica, una sottospecie di relazione senza impegni, con i vantaggi del sesso senza il doversi sorbire responsabilità e appuntamenti e scadenze e lei, in un attimo di avventatezza, ha accettato. Ha proprio accettato, non c'è modo di girarci intorno. Gli ha detto "Sì, Duncan, perché no? In fondo anche io sono stata bene", al che Duncan ha annuito, si sono scambiati i numeri di telefono e questo è stato due giorni fa.

Adesso sta fissando il messaggio in cui l'ha appena invitata ad andare da lui stasera - per be', fare esattamente quello che hanno concordato. Courtney non è sicura che sia la migliore delle idee che abbia avuto, ma non ha molto da perderci. Non è che Duncan possa ferirla più di quanto non abbia fatto Scott, o più di quanto non abbia fatto lui stesso in passato, o più di quanto non sia capace di farsi del male da sola.

 

Questo affair con Duncan prosegue ormai da qualche settimana. Sono scivolati in una semplicissima routine in cui Duncan, ogni paio di giorni, la invita a casa sua, fanno sesso e la mattina Courtney sparisce prima che lui possa svegliarsi. È comodo, quasi troppo comodo e Courtney non può fare a meno di sentire che manchi qualcosa - non è che voglia una relazione seria con Duncan, eh, lei è abbastanza adulta da poter gestire una cosa del genere senza farsi coinvolgere. Solo che- boh, non lo sa neanche lei. Non riesce a cancellare la sensazione di star sbagliando, non sa come, non sa perché, eppure non riesce a scrollarsi di dosso questa sensazione. È la relazione sbagliata per provare ad impegnarsi, lo sa, ma tutte le critiche che le sono piovute addosso proprio non se le scrolla di dosso.

«Oi, com'è che te ne vai sempre così presto?»

Duncan sprofonda sul materasso e la guarda come se fosse un piccolo animaletto selvatico da cui non sa cosa aspettarsi. Courtney pensa che riuscirà a restare sveglio solo per qualche altro minuto, ha le palpebre già abbassate e un sorriso dannatamente soddisfatto stampato in volto - e sente il suo stomaco fare una capriola al pensiero che quel sorriso è lì a causa sua. Poi riflette sulla sensazione a fa una smorfia infastidita. Scrolla le spalle, accoccolandosi accanto a lui.

«Ho lezioni presto, la mattina.», si giustifica.

Non dice, perché ho paura che se resto troppo a lungo ti stancherai di me.

«Anche la domenica?»

Courtney non risponde immediatamente. Si gode per qualche istante la sensazione delle sue lente carezze lungo il braccio e chiude gli occhi. Non ha molta voglia di parlarne, sopratutto non con lui, ma in ogni caso non sa nemmeno cosa dire perché non ha perso tempo ad analizzare le sue azioni e le sue sensazioni quando è con Duncan, perché sa che quella è una strada molto pericolosa da intraprendere. Una strada che al suo stadio attuale, fluttuando per aria e guardando con nostalgia un terreno a cui non crede di poter tornare, non crede di poter percorrere.

«La domenica studio, Duncan. Non tutti possiamo perdere tempo-»

Si morde con forza il labbro prima di terminare la frase. Dovrebbe imparare a stare in silenzio - stava per dire la cosa sbagliata, e non è nemmeno sicura di non averla già praticamente detta. Non è compito suo, giudicare come Duncan vive la sua vita, anzi, non ha nemmeno le basi per compiere un'operazione del genere, perché lei, di questo Duncan con cui si diverte a rotolarsi tra le lenzuola, sa davvero molto poco, oltre il suo indirizzo - mentre lei parla e parla e straparla delle lezioni all'università, dei suoi esami, dei professori, di Gwen, parla, parla, parla e con ogni parola che Duncan le concede sente di allontanarsi sempre di più, come se quella non fosse davvero una relazione - cosa che non è - ma un semplice passatempo a cui lui è soltanto relativamente interessato. Probabilmente non l'ascolta nemmeno.

«Io mi riposo, Court. E forse non farebbe male neanche a te, un po' di riposo. Sei sempre così-», fa una pausa, le lancia una lunga occhiata, cerca la parola giusta. «irritabile.»

 

Duncan non menziona più le sue fughe mattutine, almeno non fino a un sabato sera, qualche settimana dopo quella discussione, in cui, prima ancora che lei si chiuda la porta di casa sua alle spalle, le dice: «Promettimi che domani mattina non scapperai.»

Gli rivolge un'occhiata interrogativa e molla il suo borsone all'ingresso.

«Ha importanza?»

«Mi hai detto che giovedì avresti dovuto dare l'ultimo esame della sessione-»

«E?»

«Be', l'hai passato, no? Quindi non devi più studiare.»

Courtney comincia a massaggiarsi le tempie. Sente, chiaramente, l'arrivo di un terribile mal di testa. Afferra la maglietta di Duncan e lo trascina sul divano con lei - mentre la bacia, Courtney vorrebbe che fosse capace di liberarle la mente da qualunque cosa non fosse lui, le sue labbra che adesso si trascinano inesorabili verso il suo collo, le sue mani che la stanno rapidamente spogliando. Però non ci riesce. Nella sua mente c'è sempre la sensazione che ci sia qualcosa di storto, nel loro rapporto, qualcosa di incrinato, qualcosa di irreparabile e la cosa peggiore è che più ci pensa più si convince di essere lei, il problema.

«Allora?», le chiede, mentre Courtney solleva i fianchi per permettergli di sfilarle gli slip.

Vorrebbe dirgli che se ne pentirà - vorrebbe dirgli di non insistere, di non passare con lei più tempo di quando non ce ne metta per venire, perché anche solo dormire insieme sta creando problemi, fratture. Invece di cedere e promettergli che sì, domani mattina non scapperà per prendere il primo pullman che la possa riportare al campus, dovrebbe dirgli che non si fermerà nemmeno più per la notte.

«Va bene, Duncan.», sbotta, quasi esasperata - ma una parte di lei non riesce ad ignorare il sorriso entusiasta che le rivolge Duncan.

 

5. Gwen crede che finirà per farsi coinvolgere da Duncan

È convinta che sia così stupida da innamorarsi di nuovo di lui.

«E da quanto va avanti, questa storia con Duncan?»

Courtney scrolla le spalle.

«Qualche mese, al massimo.»

Gwen le lancia una lunga, lunghissima occhiata inquisitoria che la fa sentire molto in colpa.

«E non hai pensato di dirmelo perchè-?»

Si sposta nella sua sedia, a disagio. Gwen l'ha beccata mentre rientrava in dormitorio alle sei e mezza di mattina e da allora non l'ha mollata un istante, finché non ha finalmente visto sul suo telefono un messaggio da parte di Duncan. Non il suo momento migliore, Courtney è disposta ad ammetterlo, ma, considerando gli ultimi mesi, neanche il peggiore.

«Perché non è niente di serio, Gwen. Solo sesso. Abbiamo visto che io non sono brava nelle relazioni sentimentali, no? Magari a provarci senza sentimenti, funziona.», spiega, bevendo un lungo sorso del suo caffè per riempire il silenzio in cui si chiude la sua amica.

«A me sembra che ci siano molti sentimenti in ballo.», borbotta. «Insomma, hai detto che cucina per te, mi sembra abbastanza- be', sentimentale

«Il fatto che mi prepari la colazione una volta a settimana non significa mica che prova qualcosa per me. O io per lui.», si affretta ad aggiungere.

L'espressione di Gwen ha qualcosa di orrendamente rassegnato.

«Court, il solo fatto che voglia prepararti la colazione significa- non lo so di preciso cosa significhi, ma significa qualcosa.», fa una pausa, per studiarla per bene, «Forse gli dovresti dare una possibilità. No-», si corregge, con un mezzo sorriso che le aleggia sulla labbra, «forse già gliela stai dando.»

 

La cosa peggiore è che Gwen potrebbe anche avere ragione. Hanno un accordo, adesso - un secondo accordo, per cui Courtney si ferma la domenica, fanno sesso anche di prima mattina, e poi Duncan le prepara la colazione. Non le piace - o meglio, non le piace che le piaccia tanto. Non le piace il modo in cui alla fine le insistenze di Duncan l'abbiano praticamente fatta sciogliere, mentre le prometteva le migliori uova strapazzate che avesse mai mangiato e Courtney non poteva fare altro che chiedersi perché. Ben presto scopre che anche quella è una strada impercorribile, perché porta a così tanti svincoli, così tante implicazioni possibili, che è meglio evitarle a piè pari e non pensarci affatto.

Però Duncan prepara davvero delle ottime uova. Okay, non le migliori che abbia mai mangiato, quello è solo lui che si comporta come un pallone gonfiato- e forse è per questo che sta funzionando, tra di loro, perché se Duncan è un pallone gonfiato e lei fa il palloncino ad elio, resteranno comunque distanti, ma almeno potrebbero provare a capirsi.

 

«Sono stanchissima.», sbuffa, passando oltre Duncan e andando a buttarsi sul divano.

«E pensa che io non ti ho ancora fatto niente.»

«Non penso che ci sia qualcosa che tu possa fare per farmi passare il mal di schiena.», borbotta, stiracchiandosi un po'.

Sta passando ogni secondo libero sui libri, in posizioni che la fanno sentire dolorante anche solo a pensarci, ma davvero non può permettersi di staccare. Duncan dovrebbe essere grato che non abbia iniziato a cancellare i loro appuntamenti - e Courtney pensa che si presenterebbe in ogni caso, anche se fosse esausta, perché in fondo le piace. Le piace la compagnia di Duncan, le piacciono le sue battute, le piace il modo in cui si sente quando la bacia, quando la tocca, quando le dice che è bellissima, quando le chiede di cantilenare il suo nome, ancora e ancora, appena prima dell'orgasmo. Le piace tanto e sono giorni che è terrorizzata dal pensiero che potrebbe rovinare tutto, perché lei alla fine rovina sempre tutto.

«Cosa hai intenzione di fare?», chiede, curiosa, quando Duncan la capovolge di peso, come se fosse un sacco di patate, e sale a cavalcioni sulla sua schiena.

«Mi sembra ovvio, no? Voglio farti un massaggio.»

Ah. Ovvio. Gli ha detto che ha mal di schiena e adesso, invece che trascinarla in camera da letto, Duncan le vuole fare un massaggio - ha perfettamente senso, no? Duncan vuole- deglutisce mentre completa il pensiero, Duncan vuole prendersi cura di lei. No. No, così non va bene. Cioè, le fa piacere, le piace, le fa sentire il calore che si sparge in ogni centimetro del suo corpo, ma non è quello per cui sta vedendo Duncan. Lei è una stronza anaffettiva, no? Quindi, è chiaro che le relazioni che è capace di mantenere sono quelle in cui non ci sono gesti d'affetto - in cui non ci sono ragazzi che potrebbero aspettarsi che lei ricambi il loro affetto, che faccia lo sforzo di farsi afferrare e riportare a terra. No, grazie, lei sta bene dove sta, nella stratosfera, verso pianeti inesplorati in cui nessuno le prepara le uova la domenica mattina e prova a prendersi cura di lei. Quello è- be', terrificante è dire poco.

«Duncan, senti-»

«Fidati, Court, quando avrò finito con te non sentirai più nulla, ho delle mani davvero magiche.»

«Non credo che-»

Non credo che dovresti farlo. Per favore, non farlo, perché poi non sarò più in grado di tenere a bada i miei sentimenti e mi toccherà affrontarli e mi toccherà ammettere che forse mi sto innamorando di te da capo, che forse Gwen ha ragione, che sto facendo una sciocchezza colossale, che già ho sofferto abbastanza per passarci di nuovo, davvero, lasciami stare, non provarci nemmeno, non tendere le tue mani verso di me, non riusciresti a prendermi in ogni caso.

«No, Duncan, non credo di poterlo fare.», borbotta, e scivola facilmente via dalla sua presa. «Io-», ignora lo sguardo vagamente ferito di Duncan. «Io devo andare.»

Non si ferma nemmeno per un istante, nemmeno per darsi una sistemata, afferra la sua giacca e il borsone e in un attimo è fuori dalla porta, corre per le scale e fa finta di non sentire Duncan che cerca di richiamarla. Be', in ogni caso, non è che stia provando a seguirla - se la seguisse, forse, se gli interessasse davvero sapere perché se ne sta andando, se gli interessasse davvero che torni indietro, se gli interessasse e basta di lei, forse potrebbe anche permettersi qualche secondo di vulnerabilità, invece Duncan non la segue neanche fino alla porta, le urla dietro e Courtney è convinta di sentire le parole "stronza anaffettiva" che la seguono per la tromba delle scale. Oppure è soltanto la sua coscienza che le si sta rivoltando contro.

Lei non sta scappando perché è innamorata di Duncan, sia chiaro. Sta scappando perché ha paura di innamorarsi di Duncan, che già ci è passata, sa già che a un certo punto lui vorrebbe da lei qualcosa che non sarebbe capace di dargli e allora finirebbe tutto in malora. Sì, decide, gli sta facendo un favore. Un enorme favore per cui non potrebbe mai smettere di ringraziarla, perché non lo sa mica, Duncan, quanto le è costato, scappare via così. Non lo sa, Duncan, che per la prima volta in tanto, tantissimo tempo lei si è sentita pesantissima, con i piedi di piombo mentre cercava di fare un passo dopo l'altro per andarsene, come se qualcuno all'improvviso avesse finalmente fatto scoppiare il palloncino ad elio che è lei e adesso ha impattato contro il suolo, ha raggiunto il terreno, è a terra, in tutti i sensi e fa malissimo.

 

6. Courtney si è stancata di essere un palloncino

Quando è infine scoppiata, mettendo i piedi a terra, ha capito molte cose.

Quello che ha capito Courtney, nella sua disperata e rapidissima fuga, è che non sempre le cose possono andare come vuole lei. Lei si aspettava una relazione disinteressata, una distrazione, non pensava nemmeno che l'avrebbero tirata così per le lunghe, e invece si è ritrovata impantanata tra le attenzioni di Duncan e sentimenti complicati ai quali si era ripromessa di non tornare così facilmente.

Che ci può fare? Sarà pure una stronza anaffettiva, ma lei in fondo resta una romantica.

Una romantica che adesso sa che deve prendere una decisione, deve scegliere se lasciarsi alle spalle Duncan oppure provarci, provarci per davvero, questa volta, provarci e impegnarsi e prendersi tutto quello che ha da offrirle, certo, ma anche dargli altrettanto. Perché pensa di volerla, questa relazione, pensa di volersi svegliare nel letto di Duncan senza dover ignorare il sentimento che sente ogni volta farsi più prepotente nel suo petto. Pensa di voler mangiare le uova senza sentire la voce di Gwen che le suggerisce che in fondo significa qualcosa, vuole soltanto poter pensare che quello che significa è che c'è qualcuno che tiene abbastanza a lei da voler fare un sforzo, da aver voluto allungare una mano e tirare la corda che la teneva sospesa con abbastanza forza da riportarla per terra. Significa qualcosa, certo. Significa che la ama - che vuole permettergli di amarla e che vuole amarlo a sua volta, ovviamente.

Perché Scott aveva ragione, ormai è venuta a patti con la cosa, lei è stata una frana e ha fatto molti errori e ha lasciato che questi errori la segnassero e invece di imparare qualcosa, come la brava scolaretta che è sempre stata, ha solo continuato a sbagliare, a sentirsi sbagliata mentre Duncan- be', non è che abbia fatto granché, Duncan, non si è mai nemmeno accorto che ci fosse qualcosa che non andava, ma almeno si è sforzato di farla sentire bene. E ci è dannatamente riuscito.

Tutte quelle riflessioni avvengono la domenica mattina, quando si sveglia su un cuscino vagamente umidiccio e il forte desiderio di uova. E invece di fare quello che avrebbe voluto, ossia vestirsi, tornare da Duncan e supplicarlo immediatamente di perdonarla, decide di vestirsi e andarsi a prendere un caffè. Sa che dovrà comunque tornare da lui, ma in questo momento si sente ancora preda dello sconforto, ancora incerta nei suoi primi passi sulla terra, adesso che pensa di aver capito come funzionano le relazioni e come dovrebbe funzionare lei, in una relazione.

Quando poi, nel pomeriggio, ha trovato abbastanza coraggio per percorrere la strada al contrario, per tornare alla fermata del bus, per salirci su e poi tornare sui suoi passi fino alla porta di Duncan, scopre che tutte le sue riflessioni non le hanno mica permesso di capire cosa dovrebbe dirgli di preciso. Però bussa, prima che le manchi il coraggio, un istante prima di potersene pentire, bussa e aspetta e per qualche attimo pensa che Duncan non sia in casa, che abbia fatto tutta quella strada per nulla, che le toccherà riprovare un altro giorno, se mai avrà di nuovo i nervi abbastanza saldi per farlo - se mai non si ritroverà di nuovo distaccata dal suolo, senza una chiara di cosa dovrebbe fare.

Ma Duncan, per fortuna, apre la porta e le rivolge uno sguardo confuso e risentito.

«Posso entrare?», chiede, titubante e dopo un lungo, soffocante silenzio in cui pensa al peggio, in cui si dice ecco, ho già rovinato tutto, ho mandato all'aria tutto, Duncan si sposta e lei si precipita dentro.

«Che vuoi, Court?»

«Bella domanda.», borbotta, mentre, cauta, si avvicina. «Sei arrabbiato con me?»

Duncan sembra sorpreso dalle sue parole.

«Non sono arrabbiato.», soffia. «Sono solo- non lo so. Confuso, suppongo. Pensavo che le cose tra di noi stessero andando bene, poi dal nulla scappi come se avessi l'inferno alle calcagna.»

«Be', io-», fa una pausa.

Forse dovrebbe raccontargli tutto e basta. Forse dovrebbe dirgli tutta la verità, nient'altro che la verità, ossia che lei in questo momento è terrorizzata come non si è mai sentita prima, perché ci tiene come ci ha mai tenuto prima, perché vuole che le cose funzioni come non ha mai voluto prima. Perché non vuole che la loro relazione finisca e tutto quello che rimanga siano un pugno di errori irrimediabili che la faranno sentire rotta e consumata e alienata. Quello che vuole, davvero, è-

«Tienimi a terra.»

«Mh?»

«C'è questa cosa, che mi ha detto Scott- no, non che sono una stronza anaffettiva, mi ha detto, all'inizio ci ho riso sopra, sembrava una delle sue stronzate, poi ho pensato che era vero, che aveva ragione, mi ha detto che sono come uno di quei palloncini ad elio, che volo sopra le teste degli altri e che non ho idea di come siano, quelli che stanno a terra. Io voglio restare a terra.», deglutisce, e trova a stento la forza di guardarlo. «Con te.»

Duncan scrolla le spalle, apparentemente indifferente a quel discorso privo di senso.

«A me sembra un enorme stronzata. Che metafora di merda. Io avrei detto piuttosto- fammici pensare», si afferra il mento e chiude gli occhi, preso da una grande concentrazione. «Avrei detto che sei come una pianta grassa: carina da avere intorno, ma difficile da toccare.»

Courtney guarda il suo sorriso bonario e lascia che sciolga parte della sua tensione.

«Che dici, ti piace di più?»

«Tu mi piaci di più.», gli dice d'istinto. «Più di quanto mi sia mai piaciuto Scott. Più di quanto mi piacevi quando eravamo ragazzini.»

Quando si butta tra le sue braccia, seguendo un bisogno a cui non sa ancora dare un nome, Duncan la stringe, la incatena a sé, a terra, dove può più scappare, dove non vuole nemmeno farlo.





 
  
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