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Autore: mughetto nella neve    18/03/2022    5 recensioni
"[...] Com’è passato dal razziare biblioteche a partecipare ad un festival mascherato in Portogallo? Probabilmente i passaggi sono chiari solo al Professore, tutt’ora Arthur fatica a ricordare quando e come abbia dato il suo consenso per simile viaggio.
Fatto sta che per Vargas tutte le risposte sono a Podence.
Lo stesso Arthur ha cominciato a crederlo: non è tipo da presentarsi impreparato, così ha passato le settimane precedenti al viaggio a leggere ed informarsi sulla popolazione celtibera. Il nesso con la festa mascherata continua a sfuggirgli, però.
[...]"
[ PortEng | Contest di Carnevale ]
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Portogallo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Portogallo (Miguel); [citati] Impero Romano
Generi: Sovrannaturale, Sentimentale
Coppie: PortEng
Avvertimenti: Modern!AU, tematiche delicate
Note: questa storia è stata scritta per il contest di Carnevale indetto dalla pagina facebook '
Axis Powers Hetalia - Italian Fans'.




 

Il passaggio per Podence consiste in un furgoncino grigio guidato da un giovane che, per una ragione non meglio specificata, viaggia con il cane sul sedile del passeggero. Si chiama Fado ed Arthur ha impunemente preso il suo posto preferito, quello vicino al finestrino.

Questo ha immediatamente generato attrito tra loro, contribuendo a rendere il viaggio ancora più assurdo. Arthur non è, infatti, autorizzato a muoversi: non può allargare le gambe, sgranchirsi la schiena, tanto meno spostare la valigia da sopra le gambe; il cane, ad un minimo accenno, prende a ringhiare nervoso.  

Detto con onestà: ha immaginato diversamente il suo dottorato di ricerca.

Era certamente consapevole dei rischi che correva ad affidarsi a qualcuno come il Professor Vargas, figura accademica nota per la sua eccentricità e disorganizzazione; ma questi era stato l’unico ad ascoltare il suo progetto e mostrarsi interessato all’argomento “eredità celtica nella società odierna”. A dirla tutta, era stato anche una guida efficiente nelle fasi iniziali del lavoro.
Appunto: fasi iniziali. Com’è passato dal razziare biblioteche a partecipare ad un festival mascherato in Portogallo? Probabilmente i passaggi sono chiari solo al Professore, tutt’ora Arthur fatica a ricordare quando e come abbia dato il suo consenso per simile viaggio. 

Fatto sta che per Vargas tutte le risposte sono a Podence. 

Lo stesso Arthur ha cominciato a crederlo: non è tipo da presentarsi impreparato, così ha passato le settimane precedenti al viaggio a leggere ed informarsi sulla popolazione celtibera. Il nesso con la festa mascherata continua a sfuggirgli, però.

Improvvisa perdita di frequenza della radio lo riporta alla realtà. Non ha idea di cosa stessero ascoltando sino ad ora; il cane è certamente un conversatore migliore di lui visto che il ragazzo alla guida continua a parlarci. Stringe il proprio zaino da viaggio, forse dovrebbe chiamare la sua famiglia. O magari no: dopotutto, non si sono mostrati particolarmente interessati quando ha detto di essere in partenza. 

Il passaggio fuori dal finestrino lo cattura e confonde. È tutto così diverso dalla sua amata Londra: la natura, i colori, persino le poche case sparse. La musica torna a riempire l’abitacolo. Arthur chiude gli occhi. Non riesce davvero a ricordare perché ha acconsentito a tutto questo.

 

skin for the devil.

 

Il sole è già tramontato quando arrivano a Podence. I preparativi per l’indomani sembrano ormai essere ultimati, tutto sembra essere pronto per la festa. Arthur si sgranchisce le gambe e nota immediatamente lo sguardo di Fado su di sé, non sembra ancora disposto a perdonarlo. Poco male, tanto non lo rivedrà mai più.

Si carica lo zaino sulle spalle e comincia a guardarsi intorno. Il professore gli ha assicurato che, una volta arrivati a Podence, non ci sarebbero stati problemi a prendere una camera. Arthur è certo che, con un po’ di fortuna, riuscirà a trovare l’albergo. 

« Casa mia è dall’altra parte »

Il ragazzo che l’ha accompagnato rotea il mazzo delle chiavi e poi piega la testa sulla destra, indicandogli una stradina. Fado siede sul marciapiede e lo guarda in attesa.

Arthur spalanca leggermente gli occhi: « Parli inglese? »

« Sono una specie di guida qui » scrolla le spalle con semplicità. « Tu invece? Non hai detto nulla per tutto il viaggio, pensavo fossi muto! »

« Non ho parlato perché ti sentivo parlare con il cane in portoghese! »

L’altro scoppia a ridere: « Claro que sim, Fado mica capisce altre lingue! »

Arthur aggrotta le sopracciglia, sconvolto. Non riesce a replicare e questo basta per considerare la discussione chiusa; l’altro gli dà le spalle e comincia ad allontanarsi, il cane lo segue immediatamente. 

Non vanno molto lontano. Attraversano la strada e si fermano, in attesa di una qualche reazione da parte di Arthur: « Non vieni? »

« Ho preso una camera a— »

« Sì lo so, è la mia » Tira fuori un foglio e prende a leggerlo: « Arthur Kirkland, camera singola, due notti. Devi ancora pagare »

Ripiega la carta e gli lancia un’occhiata divertita. Arthur è consapevole di avere addosso un’espressione ridicola. Non riesce a credere che una persona del genere esista davvero; perché non gliel’ha detto subito? La situazione lo confonde, gli fa quasi paura. Chi è la persona che ha davanti? È davvero chi sta dicendo di essere?

« Se mi stai fregando— »

« A meno che dentro quella borsa non ci sia la refurtiva di qualche banca inglese, non penso di guadagnare più di quello che mi dovresti » piega la testa leggermente di lato. « Inoltre, se avessi voluto rapinarti, non ti avrei portato fin quassù »

« E allora perché non me lo hai detto subito? »

L’altro alza di nuovo le spalle: « Non ci ho pensato »

La naturalezza con cui parla è spiazzante. Sembra davvero stia raccontando ovvietà. Probabilmente, dal suo punto di vista, è così; Arthur, tuttavia, ha bisogno di diversi minuti per pensare. Può davvero fidarsi? Ha senso credere alle parole di un tipo conosciuto solo qualche ora fa? Si sente osservato e capisce di non avere tempo per altre elucubrazioni. 

« Va bene » si trova finalmente ad dichiarare, tirando su la borsa. « Ma ti avverto: ho fatto saltare i denti a gente più grossa di te »

L’altro non pare badare alla sua minaccia. Riprende a camminare con un sorriso stampato sul viso e richiama giusto il cane che si è avvicinato ad odorare Arthur.

Nonostante sia notte, c’è ancora gente in giro - addirittura, bambini che giocano a calcio per la strada e salutano il suo albergatore con entusiasmo. Questo dovrebbe rassicurarlo; ma preferisce mantenere alta la guardia. Quello che ha detto è vero: non è inerme; ma sono passati anni dalla sua ultima rissa e - ad essere sinceri - la persona a cui ha rotto i denti altri non è che suo fratello maggiore.

Ora più che mai si pente di aver dato retta al Professor Vargas. Avrebbe fatto meglio a restarsene a Londra e continuare a leggere libri; non c’è niente in quel posto che valga la pena simile avventura.

Dei murales colorati attirano la sua attenzione. La figura del careto campeggia protagonista sulla parete. Arthur ricorda la prima volta che ha incontrato questo nome e la curiosità che l’aveva agitato nel tentativo di capire come fosse fatto.

Certamente ha dei colori appariscenti. La gente comune associa il Diavolo a tonalità come il nero; mentre invece nel careto, oltre al rosso, appaiono il giallo e il verde. Lo stesso costume è unico e stravagante; per certi versi ricorda un pastore con il suo bastone e la pelliccia colorata che lo tiene al caldo mentre guida le pecore. Tra tutti gli elementi è la maschera ad inquietarlo maggiormente: una superficie rossa che ha in rilievo giusto il profilo del naso e i fori per occhi e bocca.

Senza rendersene conto si sono fermati a guardare il murale.

« Che vieni a fare qui a Podence? »

« Perché me lo chiedi? »

L’altro alza le spalle: « Starai da me. Vorrei accertarmi del fatto che tu non sia qualche serial killer »

« Tra noi due sei tu quello più sospetto. Il fatto che ti piaccia dare le informazioni a rate non aiuta » Arthur toglie lo sguardo dalla parete, incrociando le braccia al petto infastidito. « Non so nemmeno come ti chiami, ora che ci penso »

« Effettivamente il profilo di Airbnb lo gestisce la mia famiglia … » L’altro si gratta la mascella per nulla infastidito dal suo tono. « Dunque, mi chiamo Miguel, faccio la guida da meno di sei mesi e la bottega di famiglia è quella laggiù. I miei si sono trasferiti a Porto da qualche anno, la porto avanti io »

La suddetta bottega è una casetta che sembra essere uscita da un libro per bambini. Al buio è difficile intuirne i dettagli, ma Arthur nota immediatamente il colore rosso delle pareti e la maschera del careto in alto al centro.

« Che cosa fai tutto il giorno lì? »

« Ah, un po’ di tutto. Nei paesi come questo c’è sempre qualcosa che si rompe e va aggiustata » Miguel gli lancia un’occhiata. « Invece tu? Cosa ti ha portato a Podence? Non mi sembri uno a cui piace il carnevale »

     « A Londra non abbiamo niente di simile, in effetti » riprende lentamente a camminare, lasciandosi il murale alle spalle. « Sto facendo una ricerca sull’eredità celta nelle società odierne ed il vostro carnevale sembra rispondere alle mie domande »

« Celti? Noi? »  

« Beh, dovrebbero aver vissuto qui. Non solo in questa zona, ovvio!; ma— è molto probabile la figura del careto è un qualche tipo di eredità che vi lega con la popolazione celta che ha vissuto in queste pianure »

Ne segue un momento di silenzio in cui Miguel pare riflettere sulle sue parole. Lo vede di nuovo grattarsi la mascella e poi assumere un’espressione pensierosa.

« Non mi è mai passato per la mente un ragionamento simile »  

Arthur sbatte le ciglia: « Credi che mi stia sbagliando? »  

« Sei tu quello studiato » alza le mani in segno di resa. « Io non so proprio nulla delle persone che sono venute prima di me; ma penso tu abbia ragione nel dire che tutto quello che ci hanno lasciato è nelle nostre tradizioni »

Si scopre ad annuire ma è troppo stanco per continuare la conversazione. L'avrebbero ripresa in seguito, dopotutto c’è tempo.

 

Essere arrivato con anticipo a Podence gli permette di esplorare la zona in tutta la calma. Oltre al murale della prima sera, Arthur ha avuto modo di scoprirne altri - ovviamente, sempre con al centro il careto. Questo è certamente diventato un raffinato modo della cittadina per reinventarsi; Miquel gli ha detto che il Carnevale attira molti abitanti della zona e turisti provenienti dal sud del paese.

Il clima è abbastanza fresco. Nulla di paragonabile a quello che è Londra in questo momento dell'anno. Arthur si trova a suo agio nel camminare con il giubbotto aperto, ma Miguel si è raccomandato di indossare almeno una sciarpa.

« Le vecchie del paese stanno cominciando a preoccuparsi per la tua salute »

Arthur ha preferito non indagare. Effettivamente il suo arrivo non è passato inosservato. Se prima lo hanno creduto un turista particolarmente curioso, il suo continuare a fare fotografie e trascrivere informazioni ha fatto alzare sopracciglia e chiedere informazioni. Non ha idea di cosa Miguel stia riferendo sul suo conto; onestamente, non gli interessa. Gli basta che l’altro lo accompagni ora a questa ora a quella bottega e gli permetta di avere accesso al materiale ormai pronto per la festa.

Manca pochissimo al Carnevale ed Arthur sente una strana sensazione agitarsi nel suo petto. Avverte una certa euforia e preoccupazione: osserva le maschere e le bancarelle per strada, tutta la realtà attorno sembra suggestionarlo. Quando nota la presenza di un careto fatto di paglia e legno in uno spazio verde si ferma a guardarlo per quello che gli pare un tempo interminabile.

« Quando ero ragazzino ero convinto fosse quello il vero careto » Miguel accanto a lui si accende una sigaretta. « Mi sembrava enorme e mi faceva una paura dannata. Ho imparato col tempo che questo è proprio lo spirito del Carnevale che si fa qui »

« … L'avere paura di uno spaventapasseri? »

« È complesso. Tu hai detto di non avere familiarità col carnevale quindi non puoi capire » comincia a fumare tenendo lo sguardo fisso sulla scultura di paglia. « Il careto rappresenta il male incarnato. Il male che scende tra gli uomini e si fa carico di tutte quelle pulsioni sbagliate e considerate inaccettabili »

« So come funziona il carnevale. So perché è esistito e quale ruolo svolgeva nelle società. » Arthur sente una sensazione di fastidio scoppiettare nel suo petto, non gli è piaciuto quel “tu non puoi capire”. « Aveva senso in passato … non capisco come possa perseverare ancora adesso »

Miguel sbuffa una nuvola di fumo che lentamente si disperde nell’aria.

« Perché i bisogni sono rimasti. Siamo ancora una società che prevede si tenga un certo comportamento, un certo controllo di sé. La religione può non controllare ogni lato della nostra vita, ma siamo ancora piegati da norme sociali e regole che ci sono state  impartite. Il carnevale rappresenta l'eccezionale. È l'arrivo di qualcosa di imprevedibile ed incontrollabile. Che sia la gioia, la rabbia, l'euforia … perfino il desiderio »

L’occhiata che gli rivolge lo lascia pietrificato. Arthur sente la gola improvvisamente secca e cerca di nascondere l’espressione imbarazzata che gli si legge in faccia. Sente Miguel ridacchiare e comprende tardi la natura scherzosa di quel commento. Ora è certamente rosso in faccia. Sente le orecchie andargli a fuoco e cerca di mettere quanta più distanza tra lui e la guida. Non vuole abbia anche questa soddisfazione. È da quando è iniziato quello strano tour turistico che l’altro lo punzecchia e si fa beffa di lui.

Comincia a camminare verso la casa, ma i passi di Miguel arrivano subito al suo orecchio. Il marciapiede è pieno di ciottoli, Arthur si scopre a calciarne via un paio; applicando maggiore forza è capace di farlo schizzare sull’altro lato della strada. Sempre lo stesso murale. Non dovrebbe sorprendersi: la cittadina è talmente piccola che è facile ricorrere nella stessa immagine mentre si va girando.

Si rende, però, conto di come questa onnipresenza - invece che stufarlo - è capace di caricarlo d'inquietudine. Osserva la maschera rossa priva di una qualsiasi emotività umana: i suoi fori per occhi e la lana verde e gialla che incornicia il viso. Se prima l’aspetto gli era sembrato ridicolo, ora è improvvisamente minaccioso.

« Comunque: certe cose, per capirle, bisogne necessariamente viverle »  

Miguel gli è adesso accanto. Arthur non risponde, ma tra sé e sé si trova a dargli ragione. Infila le mani in tasca e, per qualche secondo, è quasi sicuro che lo sguardo del careto lo stia seguendo.

 

Carnevale arriva e Miguel sembra scomparso nel nulla. Arthur lo ha cercato a casa, poi in bottega; non trova nessuno eccetto Fado che sta finendo le frattaglie nella ciotola. È confuso, a metà tra l’indignazione per l’essere lasciato solo e la preoccupazione. Prova a chiamarlo, ma il cellulare squilla a vuoto.

Forse ha avuto un’urgenza di qualche tipo … ma perché non scrivergli? Arthur si gratta la testa, ma finalmente decide di lavarsi e vestirsi. È mattina inoltrata, la festa dovrebbe iniziare tra poco. Consuma il cibo che trova già pronto sul tavolo e, dopo aver fatto un’altra chiamata al ragazzo, si lascia la casa alle spalle. 

Il cielo è nuvoloso, ma Arthur continua a non sentire il freddo di stagione che i paesani millantano. Con il giubbotto slacciato si avvia verso la strada principale, sente musica e schiamazzi. La presenza maggiore di persone e di macchine lo sorprende e, in qualche modo, lo carica di aspettativa. L’essere diventata un’attrazione può aver snaturato le pratiche della tradizione, ma Arthur è deciso ad acquisire quante più informazioni possibili - non importa quanto contaminate.

Le bancarelle sono state allestite e c’è già chi beve. Nota molti bambini con addosso decorazioni che ricordano i colori del careto; Arthur ne è divertito e scatta qualche foto, concentrandosi sugli elementi che gli appaiono genuinamente locali. Sono comparse maschere sopra le porte delle case e - verso la piazza - c’è addirittura qualcuno che suona. 

L’atmosfera è serena e lo stesso Arthur comincia a riguardare le foto, ragionando su quale tenere per sé e quale allegare al suo lavoro. Poi improvvisamente le urla e la musica che si fa alta, come se avessero cominciato a suonare proprio lì accanto.

Arthur si gira verso la strada e la folla si divide per lasciare spazio a quella che gli appare come una carica scomposta di creature su due zampe.

Il costume del careto lo ha visto in foto, poi sui vari murales e persino al museo della città. Gli è sempre sembrato un qualcosa di stravagante, ma statico - rigido. Quello che vede invece sono corpi agili che corrono giù per la strada armati di bastoni, saltano e gridano.

Arthur ha sempre saputo dei campanacci intorno alla loro cintura, ma realizza solo adesso la reale quantità di suono che sono capaci di generare. Il rumore è assordante ed è impossibile da ignorare. Poi le urla, le grida: è chiaro che si stia invogliando la popolazione a partecipare e ad unirsi alla corsa; ma spesso i suoni prodotti sono viscerali, paiono provenire dal profondo dell’animo ed espandersi fino al cielo.

L’energia che trasmettono è elettrizzante. La gente comincia ad applaudire e gridare. Arthur impugna la macchina fotografica e comincia a fotografare quei corpi colorati che saltano e si dimenano, preda di un’energia unica. 

Se - infatti - la folla di spettatori è prevalentemente immobile, stretta nei propri cappotti a causa del freddo; il gruppo sempre più numeroso di caretos si caratterizza per la carica e l’improvviso desiderio di coinvolgere quante più persone possibili.

La musica che suona è abbastanza semplice e funge da veicolo per quelle che sono una serie di azioni più caotiche. Gruppi di caretos si avvicinano alle persone, cominciano a stuzzicarli e coinvolgersi in quello che presto si trasforma in una danza. Le giovani donne sono quelle che - più divertite - si uniscono alla sequela di saltelli e piroette sempre più frenetiche.

Sempre più persone vengono coinvolte fino a che i caretos riprendono a scendere la strada. Quello che ad Arthur è apparso inizialmente come un gruppo di sei, sette persone ben presto si rivela più numeroso. Ogni costume è unico e persino le maschere si differenziano una dall’altra.

Arthur si nasconde dietro la macchina fotografica e comincia a scattare le foto, cerca di catturare quanti più dettagli possibili. È impossibile riuscire a catturare la frenesia e l’energia che scaturisce da quei corpi. Si muovono costantemente, l’obiettivo fatica a catturarli. O almeno così comincia a credere; poi qualcosa di improvvisamente statico.

Comincia immediatamente a fotografare, cercando di impossessarsi dei dettagli del vestito e della maschera; è però nel risalire sul viso che si rende conto come quel careto in particolare lo stia fissando. Arthur abbassa immediatamente la macchina e la ripone con delicatezza nello zaino. Che abbia fatto qualcosa di sbagliato? Miguel gli ha assicurato che non c’è nessun problema se scatta qualche fotografia, ma quello sguardo fisso gli fa mettere in dubbio ogni parola.

Gli dà lentamente le spalle e segue la popolazione verso la piazza principale dove i caretos stanno lentamente confluendo. Li osserva ballare assieme ad altra gente. La musica si fa sempre più forte e Arthur riconduce ad essa il senso di confusione. Che cosa sta guardando? Improvvisamente non lo sa più.

Tutto gli appare disordinato ed eccessivo. Non capisce cosa muove quei corpi, gli sembrano preda di una forza sconosciuta che li guarda e li allontana dalla realtà. Vorrebbe richiamare tutti alla ragione, ma la sua lingua è attorcigliata.

Sente di nuovo gli occhi del murales addosso. Si gira spaventato e trova il careto di prima ad attenderlo. Arthur spalanca gli occhi. Si aspetta quasi che gli venga detto qualcosa, un rimprovero magari; ed invece la figura davanti a lui comincia improvvisamente a muoversi e saltare. Afferra la base del cappuccio e questa emette uno scampanellare più forte e distinto.

È quasi tentato di fare un passo indietro ma improvvisamente le mani del careto sono sul suo corpo. Arthur è rigido e non capisce subito cosa questi voglia da lui. Il corpo dello conosciuto continua a saltare e muoversi, cercando di trascinarlo con sé.

Vorrebbe potergli dire di no e spiegargli che lui è lì per studiare, ma la bocca emette solo dei versi strozzati ed impacciati. Non riesce davvero a sottrarsi ed è così che finisce anche lui nella piazza. Il cuore gli batte forte nel petto ed i suoi passi sono scomposti e fuori tempo. 

Il careto continua a tenerlo vicino a sé, intenzionato a trascinarlo fino al centro della piazza, cuore pulsante della festa. Arthur non vuole: sente che se lo seguirà perderà il controllo di sé e non è per questo che è lì. 

Spaventato da se stesso si ritira. Ha bisogno di aria. Deve riprendersi. Si fa strada tra i corpi e finalmente imbocca una via più stretta e tranquilla. È seduto e col cuore in gola.

Non può credere a quello che ha fatto. Si passa una mano sul viso e poi intorno al collo, deve calmarsi. Si toglie lo zaino e lentamente si abbandona lungo il muro. Cerca disperatamente l’aria.

Chiude gli occhi e quando li riapre quel careto è di nuovo davanti a lui. Emette un verso stridulo e si rialza. Il cuore ricomincia a battere furioso nel suo petto; prova ad articolare qualche parola, ma l’emozione è tale da spingerlo a balbettare. Si sente alla mercé di qualcosa con cui è incapace di ragionare ed il fatto che continui ad avvicinarsi lo porta a schiacciarsi contro il muro.

« Adesso mi sembri abbastanza spaventato da uno spaventapasseri » 

La voce di Miguel proveniente da sotto la maschera lo riporta alla realtà.

« Sei scemo?! » Lo spinge via in preda alla rabbia. « Hai idea del colpo che mi hai fatto prendere?! Per un attimo ho creduto di morire e tutto questo perché non sei capace di dare le informazioni al momento opportuno! Perché non mi hai detto che— » 

« Posso baciarti? » Miguel rimuove la maschera dal suo viso e lo osserva con un sorriso strafottente sul viso. È sudato ma sembra incredibilmente divertito dalla situazione. « Si, lo so: il careto rivolge le sue attenzione alle mulheres poiché portatrici di fertilità; ma, insomma!, penso che una modifica di questo tipo non infastidisca nessuno » 

Arthur rimane in silenzio. Lo guarda con occhi sbarrati e lentamente aggrotta le sopracciglia. Il cuore continua a battere furioso nel petto, sembra ancora seguire la musica che continua ad andare. Finalmente annuisce, abbassando lo sguardo.

Le labbra di Miguel sono calde e si fanno improvvisamente fameliche quando incontrano le sue. Emette un sussulto e quasi si incolla al muro nel tentativo di sottrarsi; le sue mani corrono sul corpo dell’uomo, accarezzano la lana del costume. Il loro bacio si ferma, Arthur prende ad osservare gli occhi verdi di Miguel.

Giusto, quello che ha davanti a sé è un uomo. La pelle del diavolo per un attimo lo ha ingannato.

Chiude gli occhi e ricomincia a baciarlo. 




 

Il Mughetto dice:

U DIAVULU T’ STA GUVERNAND! 

Memini a parte, grazie per aver letto questa shot. La PortEng si merita altri cento e cento lavori (possibilmente scritti meglio) perché è una coppia splendida. La bellezza del chara design di Portogallo è una delle poche cose che riconosco ad Himaruya; ed ok, avrei preferito qualche cicatrice in più, ma … dai, gli ha dato una moto! Questo lo rende un figo pazzesco! E se lo dico io - dall’alto della mia preferenza per i tuberi - qualcosa dovrà pur valere!

*coff* Parlando di questa shot, è stato divertente declinare il tema del carnevale in una chiave più locale e spirituale. Questa festa mi ha sempre colpito per le sue origini pagane e per i molteplici significati che ha assunto durante il Medioevo. Il rapporto intrinseco che ha con il peccato e l’eccesso, il gusto della maschera, il vino, un desiderio disinibito dell’altro sesso .. tutti questi elementi rendono il carnevale una festa vera e viscerale.

Quando ho cominciato ad informarmi sulle varie tradizioni portoghesi del Carnevale sono rimasta molto colpita dal careto di Podence. Questa figura colorata e tuttavia conturbante ha riempito il mio sguardo e mi ha fatto dire “devo saperne di più!”.

E su internet ci sono un sacco di cose, prevalentemente in portoghese *sigh* Se siete anche voi interessati a questa splendida tradizione locale vi consiglio questo video e questo brano.

 
  
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