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Autore: MusicAddicted    30/03/2022    7 recensioni
Che cos’hanno in comune una cazzutissima titolare di un Pub, tanto bella quanto scontrosa, e uno stilista camaleontico, vanesio, un po’ capriccioso e molto caparbio?
Scopritelo.
Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jessica Jones, Kilgrave, Malcolm Ducasse, Trish Walker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IMPORTANTE: sono perfettamente consapevole di avere svariate J/K long da proseguire e non ne abbandonerò nessuna, ovvio.
Le ho semplicemente messe in stand-by, almeno fino a maggio, per dedicarmi alla BlossomByBlossom challenge e a tutte le nuove idee che  mi sta portando, come questa storia, assolutamente non prevista.

Il primo e credo unico AU che scrivo su questo fandom.

 

Disclaimer: Non scrivo a scopo di lucro e non possiedo niente e nessuno dei personaggi, e se non mi avessero promptato un coffee shop AU (assieme ad altri prompt della Challenge ‘Blossom By Blossom' , che però citerò più avanti) quest’idea non mi sarebbe mai venuta.
 

 

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Capitolo I: Against the rules
 

“Allora, è stato un mese fortunato e possiamo tirare un po’ il respiro?” domanda Jessica, seduta sul bancone, con le sue lunghe gambe toniche incrociate, perfettamente fasciate da un paio di blue jeans chiari con gli strappi.
 

“Scherzi? Se possibile, è andata ancora peggio del mese precedente. I clienti stanno cominciando a scarseggiare e i fornitori sembra ci abbiano aumentato il prezzo di ogni prodotto.” la informa Reva, l’unica fra le sue cameriere che si occupa anche di contabilità.

“Merda!” impreca Jessica, nonché la proprietaria dell’Alias Cocktails, che ha involontariamente ricevuto in eredità dai propri genitori, morti in un incidente stradale.


Involontariamente perché per quanto amasse sua madre e suo padre, cosa che le ha reso la loro perdita molto difficile da sopportare, non si era mai interessata a quell’attività quando erano in vita.

 

Jessica è sempre stata molto portata per gli studi, prima di quella tragedia stava al primo anno di Scienze Motorie, avendo da sempre un fisico che ben si presta all’attività atletica; ma poi ha dovuto fare i conti con quell’amara realtà.
Capendo di non poter più permettersi la retta universitaria, ha mollato gli studi, dedicandosi all’Alias Cocktails, imparando in poco tempo il mestiere, per provvedere al mantenimento suo e del fratello Phillip, di qualche anno più piccolo di lei.

 

Jessica poi ha fatto di necessità virtù, a quel mestiere verso il quale era sempre stata tanto ostile si è proprio appassionata, studiando per ampliare le sue conoscenze, creando cocktail di tutto rispetto, tanto da portare quel locale, nel giro di dieci anni, a essere il miglior pub di Manhattan.

Questo l’ha anche portata a bere molto, ma Jessica non giudica la sua una dipendenza vera e propria, sa che è una cosa che è in grado di controllare.
Ne subisce il fascino, ma non ne è dominata.

Ed è per questo motivo che nessuno si stupisce se lei sta tracannando qualche sorso di whisky, direttamente dalla sua bottiglia personale, nonostante siano solo le dieci di mattina.

 

Del resto, ne ha tutte le ragioni, quel primato che ha fatto conquistare all’Alias Cocktails negli ultimi mesi sta venendo messo a rischio.


“Sono anni che ho un accordo speciale con i fornitori locali e tutto a un tratto le cose cambiano? Cazzo, no, ovvio che non può essere un caso!” borbotta la ragazza, prendendo un’altra ampia sorsata. “Pryce Cheng del Cheng Drinking, mi ci gioco la milza che c’è il suo fottuto zampino!”


“Hai ragione tu, Jess!” irrompe proprio in quel momento nel pub Trish, la migliore amica di Jessica, conosciuta proprio a quel corso universitario che, proprio come Jessica, anche lei ha abbandonato, un po’ per solidarietà all’amica, un po’ per le continue pressioni della madre, che insisteva nel dirle che lo studio non l’avrebbe portata a nulla e avrebbe fatto meglio a rincorrere fama e successo anziché perdere tempo dietro ai libri.


Insomma, l’esatto opposto di quello che solitamente insegnano i genitori, ma Dorothy è sempre stata una madre molto sui generis.

 

Tuttavia, Trish lavora part time all’Alias Cocktails, per potersi pagare i corsi di recitazione; nonostante la sua vera attitudine sembri essere sempre più il giornalismo, far luce sulla verità, evidenziare le ingiustizie subite dalla gente.

Difficile riconoscerla al momento, dato che Trish anziché i suoi soliti vestiti all’ultima moda, indossa una tutina nera e una parrucca rossa che copre la sua naturale chioma bionda.

“L’ho pedinato quel farabutto, travestita, nel caso vedendomi mi riconoscesse,” spiega, togliendosi la parrucca. “Non solo lui non mi ha visto, ma io ho visto lui, appollaiata su un ramo, mentre corrompeva uno dei nostri fornitori perché ci chiedesse un prezzo più alto. E se lo ha fatto con uno, lo avrà fatto con tutti.” racconta lei, furibonda.

 

“Ottimo lavoro, Trish. Se non ti prendono come prossima Bond Girl non capiscono un cazzo!” si complimenta Jessica, rimettendo via la bottiglia.

“Esagerata!” ridacchia l’attrice in erba, prima di andarsi a cambiare.

 

“Odio le persone disoneste," sbotta Robyn, un’altra delle cameriere, “Vuoi farci concorrenza? Bene, ma che almeno sia leale!”

Lo sguardo della giovane è reso ancora più glaciale da quegli occhi blu così vitrei mentre si arrotola una ciocca rossiccia con aria pensierosa.

“Potrei procurarmi qualche suo capello o un brandello dei suoi abiti e fargli un rito Voodoo!" progetta, in modo assai inquietante.

 

“Sarebbe più utile un rito Voodoo ai nostri clienti perché saldino i loro conti,” commenta Reva, osservando il fatturato, con entrambe le mani fra i rigogliosi  ricci. “Vedi cosa ottieni a lasciar loro troppa libertà, Jess?” le fa la ramanzina.
 

“Ma che cazzo ne potevo sapere? Io volevo che ognuno qui si sentisse come una gran famiglia e in famiglia nessuno ti assilla costantemente per i soldi. E poi mi piaceva l’idea che chiedessero di mettere sul loro conto, presagiva che quei clienti sarebbero tornati,” replica Jessica, forse un po’ troppo ingenuamente.
 

“Hai ragione, per tornare tornano, solo che continuano a non pagarci!” agisce da grillo parlante Reva.

“Beh, Jess, quel Cheng potrà aver corrotto tutti gli altri fornitori, ma Jeri, quella dei super alcolici, non ci chiederà mai nessun aumento dei prezzi,” la informa Pam, la cameriera che va a completare il suo staff. “Noi.. ehmm, abbiamo un accordo molto, davvero molto speciale.” si pavoneggia, memore dell’ultimo loro focoso incontro sul retro del pub, durante l’ultima consegna.

“Cazzo, però quello che non capisco è … certo che corrompere i fornitori significa che tu li pagherai forse anche il doppio, quindi questo figlio di puttana dev’essere pure ricco sfondato,” rimugina Jessica, scendendo dal bancone per gironzolare avanti e indietro. “Quindi perché mai dovrebbe essere intenzionato a farmi fallire?" si cruccia, sbuffando così forte da sollevare la frangetta dei suoi setosi capelli, neri, come il suo umore attuale.


“Beh, mi sembra ovvio. Non vuole essere secondo, essere secondi fa schifo.” risponde Robyn. “Sono gemella e anche se sono io la più grande nella mia famiglia sembra esistere solo Ruben, ma gli voglio talmente bene anche io che non riesco ad avercela con lui.”

Jessica però non è il tipo che si fa intenerire facilmente

 

“Beh, se quel bastardo vuole provare a essere il primo, si è decisamente scelto la città sbagliata!” ribadisce, baldanzosa. “Possiamo ancora dargli parecchio filo da torcere e…”
 

“Mi duole contraddirti, Jess, ma considerando gli aumenti dei fornitori e tutti i clienti a cui hai fatto credito … al massimo potremo ancora tirare avanti tre o quattro mesi, prima di andare incontro alla bancarotta.” si morde le labbra Reva.

 

“Oh merda, va davvero così male?” si incupisce la titolare di quel locale, ma poi ritorna battagliera. “Allora saranno quattro mesi in cui combatteremo da leonesse!” spergiura, motivando tutte le altre, che la incitano. 

 

“E ora che stiamo per aprire il bar, cerchiamo di non farci fare più credito da nessuno,” borbotta, mentre le cameriere si preparano ad accogliere la clientela ai tavoli.
 

Da circa un paio di anni Jessica ha scelto di non limitare l’Alias Cocktails ad essere solo un Pub serale, ma ha modificato menù e orari per inglobare nel proprio target di riferimento anche un tipo di clientela più diurna. 


Jessica ne approfitta per ritirarsi nel suo ufficio.
Beh, non proprio ufficio, per lo più uno stanzino molto minimal, con una sedia, una scrivania, un computer e, per i casi di emergenza, una bottiglia di whisky che conserva nell’ultimo cassetto.

 

- Cazzo, questa è un’emergenza!- rimugina, aprendo il cassetto. - Mi sono fatta vedere forte con le altre, ma la verità è che sono terrorizzata al pensiero di fallire- pondera, prendendo qualche sorsata. - Mi servirebbe un miracolo!-

 

****************************** (Contemporaneamente)

“Simpson, non credo di aver capito bene, ripeti se hai il coraggio!” ringhia Kevin, al telefono, mentre l’autista della sua Land Rover sfreccia per le strade di Manhattan.

“Invece hai capito benissimo, Thompson. Le mie modelle sono tutte impegnate in vari progetti,” abbaia dall’altra parte Will, il booker dell’I.G.H. (Iconic. Glamour. Hot), l’agenzia di modelle più gettonata di tutto il continente.


“Gran parte di quelle modelle devono la loro fama a me e alle mie sfilate!” ribadisce Kevin, scostandosi il vaporoso ciuffo ramato dalla fronte, talmente infervorato che gli occhiali rossi dalla grossa montatura gli scivolano sul naso.
 

Rossi, come la camicia che lo veste, di un tessuto traslucido, messo ancora più in risalto dallo sgargiante completo giallo sole che indossa con l’atteggiamento di chi sa di essere semplicemente perfetto.
 

 “Hai ragione, Kevin, hai fatto molto per la mia agenzia,” ammette Will, ma Kevin lo conosce troppo bene e percepisce il suo tono di scherno. “Ed ecco perché posso fare uno strappo alla regola per venirti incontro e darti Hope.” gli concede, o meglio, finge di farlo passare come un favore.


“La Shlottman? Oh, ti prego, piuttosto faccio io da modella alla mia stessa sfilata, di sicuro avrei più carisma!” ribatte Kevin, disgustato. “Ultime notizie, la modella atleta non è questa grande novità che credi. Io la trovo solo inadatta, scialba e piuttosto noiosa, tienitela pure!” riattacca, insoddisfatto.



“Non è andata bene, deduco,” borbotta Malcolm, il suo manager, seduto non molto distante da lui nei sedili posteriori.

“No, affatto, ma non c’è da stupirsi, quel maledetto Simpson mi ha sempre odiato!” sbuffa Kevin, riponendo il telefono in tasca. “Tra poco più di un mese la mia collezione esce. Passi per le modelle secondarie, ma quella di punta, non posso accontentarmi di una mediocre qualsiasi, io pretendo il meglio. Me lo merito!”

“Nessuno mette in dubbio questo,” annuisce il manager. “Per le modelle con un ruolo meno importante ci sono mille altre agenzie a cui rivolgersi, per il resto, vedrai, una soluzione la trovi, magari dalla I.G.H. un’altra modella si libera.”

 

“Non credo, ma adesso ho altre priorità. Ho bisogno di un drink per tirarmi un po’ su di morale.”
 

Malcolm lo guarda perplesso.

“Alle dieci di mattina?”

“Non è un problema, se sai dove cercare,” sorride furbetto lo stilista, prima che lo sguardo gli cada su un’insegna nera in lontananza, dove campeggia l’immagine di un cocktail stilizzato di un bel colore viola acceso.


Il viola è sempre stato il colore preferito di Kevin, tanto da farne un vero e proprio marchio di fabbrica nella maggior parte delle sue creazioni.

Probabilmente quello deve essere un segno.

 

L’uomo preme il bottone per abbassare il vetro che lo divide dall’autista.

 

“Justin, la vedi quell’insegna col cocktail in fondo a quell’incrocio? Siamo diretti là.” ordina, perentorio.


“Subito, signore.” replica solerte il suo chauffeur.


Dalla macchina parcheggiata scendono Malcolm, Kevin e Luke, la sua guardia del corpo.

Appena varcano la soglia del Alias Cocktails vengono accolti da uno staff femminile sorridente.

 

“Benvenuti, prendete pure un tavolo, sono subito da voi.” va loro incontro un’avvenente bionda dagli occhi color acqua marina.

Malcolm non sa se se l’è sognato o meno, ma ha come la sensazione che lei gli abbia fatto l’occhiolino.

La ragazza è di parola e appena prendono posto passa a prendere le ordinazioni.


“Allora, cosa vi porto?” estrae il taccuino.

“Un caffè, il più forte che riesci a fare.” prende la parola per primo Luke.

 

“Qualsiasi cosa, se me la porti tu è più che ben accetta,” ci flirta apertamente Malcolm.

 

Lei a malapena cela un sorriso, per poi rivolgersi all'ultimo dei clienti, che spicca non solo perché è l’unico bianco a quel tavolo, ma per la sua eleganza eccessiva ed eccentrica.

“E a te cosa porto?”

“Un Bourbon, il migliore che avete.” replica Kevin, flemmatico.

 

“Uh, mi spiace, serviamo alcolici solo alla sera, fino alle 18:00 siamo solo un coffee bar.” chiarisce la cameriera.

“Non è un mio problema. Se ti ho chiesto un Bourbon, un Bourbon avrò, quindi vedi di renderti utile.” ribatte Kevin, il tono reso più glaciale dalle lenti rosse attraverso cui la guarda, mentre tamburella sul tavolo le dita coperte da anelli vistosi.

“Ehm… io, torno subito.” si congeda desolata lei, un po’ presa alla sprovvista.

 

“Kevin, insomma!” lo riprende il suo manager. “Posso capire che tu sia ancora incazzato per la questione dell’I.G.H., ma ciò non ti giustifica dal prendertela con chi non c’entra niente!”

Dicendolo, si alza, andando verso la sventurata.

 

“Hey, non farci caso. Di solito il mio cliente è più affabile con le persone, ma ha avuto una giornataccia,” la informa. “Lo sai come sono gli stilisti, no? Specie quando vogliono fare le prime donne!” la fa sorridere.

“A dire il vero so più come sono fatti i registi, ma immagino non ci siano differenze così sostanziali.” fa spallucce lei. “Sono Trish. Trish Walker. Un giorno forse si sentirà molto parlare di me.” gli tende la mano e lui la stringe felice.


"Malcolm. Malcolm Ducasse.” sorride di rimando lui. “Per quel che può valere, io ti considero già una stella di Hollywood.” la lusinga.

 

“Piacere di conoscerti, Malcolm. Sei nella moda anche tu, quindi?”


“Beh, sì, in un certo senso sì.”

 

“Modello?” tira a indovinare lei, vedendo la figura slanciata e atletica di quell’aitante ragazzo Afro Americano che la sua suite total black esalta.

 

“Uh! No, manager, ma… ti ringrazio!” gongola lui.


“Malcolm, guarda che non ti pago per broccolare le fanciulle!” gracchia Kevin dal tavolo.
 

“Oggi è particolarmente intrattabile, sarà meglio che vada.” sbuffa lui, tornando al tavolo.

Anche Trish fa ritorno dalle altre colleghe, esponendo il suo problema.

 

“Se c’è una cosa che non sopporto, sono i gradassi!” borbotta Robyn, avviandosi battagliera al tavolo indicato.

 

“Hey, tu, bellimbusto, ho sentito cos’hai cercato di fare con la mia amica, ma sappi che…” parte carica a mille, ma le parole le muoiono in gola, appena mette meglio a fuoco chi ha davanti.  “Ma… tu sei Purple Man, voglio dire, Mr. Thompson!” si emoziona, cambiando completamente atteggiamento.


Kevin sorride: sa benissimo che quello è un nomignolo che gli hanno affibbiato affettuosamente i fan per l’uso considerevole che fa del colore viola nelle sue linee di abbigliamento.
Quando il viola non può essere l’assoluto protagonista c’è comunque sempre un dettaglio, fosse anche un cucitura interna, a tener fede a quella regola.

“Cos’è che dovrei sapere?” si diverte a metterla in difficoltà.

“Uh, no cioè... voglio dire… io ho bisogno di sapere una cosa: il Bourbon come lo preferisci? Liscio oppure on the rocks?” si salva in extremis Robyn, rinunciando alla propria integrità morale.

 

“Questa domanda non avresti nemmeno dovuto farmela. Il ghiaccio nel Bourbon è un crimine.” la informa lui, sgomento.
 

Robyn si defila, senza aggiungere una parola e Trish, che ha assistito alla scena, incrocia il suo cammino.

 

“Ma come? Non dovevi cantargliene quattro?” le ricorda sbigottita, mentre vanno dietro al bancone.


“E lo avrei fatto con chiunque altro, ma… tu non capisci, lui è Kevin Thompson!”


Trish la guarda ancora più perplessa.

 

“Chi?”

 

“Ma come? Kevin Thompson, lo stilista Britannico più trendy e chic del momento. Con la sua ultima linea, Persuasion, si è davvero superato!” prova a farla partecipe del suo entusiasmo Robyn, ma con scarsi risultati.
 

Anche Pam, seppur impegnata a servire un altro tavolo, ha assistito all’intera scena e appena consegna le ordinazioni, decide di prendere provvedimenti.
Si incammina per la scala che conduce all’ufficio di Jessica, dove la ragazza si è rinchiusa fra pile di fatture e ricevute, cercando di far quadrare i conti.

Pam prende un po’ di coraggio e si appresta a bussare.


“Non ci sono per nessuno!” abbaia Jessica, con la testa sepolta nei fogli.

 

“Lo so, Jess, non ti disturberei se non fosse importante.” insiste la cameriera.

Jessica si alza per andare ad aprirle la porta.


“Importante quanto?” sbuffa, interrogando la bionda con lo sguardo.

“Stanno servendo alcolici a un cliente, anche se è mattina.” riferisce puntualmente Pam.

 

“Ma che cazzo? Stiamo scherzando? È inaudito. Alcool di prima mattina. Chi si crede di essere questa persona… me?”  brontola la titolare e Pam fa del suo meglio per non lasciarsi sfuggire una risatina.
 

“Non lo so, Jess, è tipo uno stilista molto famoso o qualcosa del genere.”
 

“Non me ne frega un cazzo, può essere anche il Presidente degli Stati Uniti in persona, ma nel mio locale ci sono delle regole precise.” replica lei, seguendo Pam di sotto.

Non serve nemmeno che lei glielo indichi, quell'abbigliamento così sgargiante lo fa notare anche a metri di distanza.

Jessica avanza come una furia verso il suo obiettivo, impegnato a gustarsi il suo drink che esibisce quasi come un trofeo.

 

“Stammi bene a sentire, sottospecie di Arlecchino sotto acidi!” esordisce Jessica, catturando decisamente la sua attenzione. “Io non so chi tu sia né mi interessa saperlo, so solo che c’è una distinzione fra Coffee Bar e Pub, quindi se vuoi un alcolico fammi il favore di presentarti nelle ore in cui li serviamo, anche se onestamente spero di non rivederti più nel mio locale. Quindi gustati pure il tuo drink e la piccola battaglia che hai vinto, ma poi porta il tuo culo griffato fuori da qui!” sfuria lei, prima di enfatizzare il concetto con un pugno ben assetato sul tavolo.


Luke, per il ruolo che gli compete, si pone subito davanti a Kevin per proteggerlo, ma poi capisce che la ragazza dal temperamento così acceso non intende ricorrere alla violenza fisica e torna al suo posto.

Kevin dal canto suo non sembra minimamente preoccupato, né teme per la sua incolumità fisica.
Lui è solo impegnato a osservare la giovane donna che ha davanti, rapito, senza lasciarsi sfuggire un solo dettaglio del suo linguaggio del corpo, del modo in cui le ciocche corvine le incorniciano quel volto perfetto, del fuoco che ha in quegli occhi così grandi e ammalianti, dove il nocciola è invaso da un verde cangiante.

 

“Sei una visione!” esclama, facendole un piccolo applauso.


Jessica è doppiamente sconcertata.

“Cosa, scusa?”


“Beh sì, certo sei grezza, ci sarà molto da lavorare…” borbotta lui, per lo più tra sé e sé, facendole una rapida panoramica di com’è vestita.


“A chi cazzo hai appena dato della grezza, stronzo glitterato?”

 

Luke è pronto a mobilitarsi nuovamente, ma per fortuna ancora una volta la violenza è solo verbale.

 

“Ecco, appunto,” ribadisce Kevin, togliendosi gli occhiali per poterla scrutare meglio coi suoi grandi occhi di un castano intenso.
 

Jessica non se l’aspettava uno sguardo così profondo, si sente quasi messa a nudo.

 

“La smetti di farmi la radiografia?” sbuffa sentendosi poco a proprio agio.

“La tua energia, la tua forte personalità, la tua grinta, nonché il tuo fisico pressoché perfetto: sei tu la modella di punta che stavo cercando.” elabora il suo verdetto lo stilista.

“Ma quanti te ne hanno portati di drink? Di’ un po’, sei ubriaco? Che cazzo stai blaterando? Se è una sviolinata perché sei così pezzente che non vuoi pagare, il drink te lo offro io, ma almeno non farmi perdere tempo.” sbotta lei, in procinto di allontanarsi, ma Kevin si alza rapido afferrandola per un polso.


“Nessuna sviolinata, mia cara, non potrei essere più serio di così. E certo che pago, anche con laute mance,” si interrompe , per fare un cenno a Luke di andare alla cassa. “Alla tua cameriera, per la velocità nel servizio, a te, per l’intrattenimento.” commenta lui, spingendo la punta della lingua contro i denti nell’ultima parte.

 

Jessica si strattona per liberarsi dalla sua presa.

 

“Io non intrattengo un cazzo di nessuno. Vedi di pagare allora, poi sparisci da qui!” controbatte, prima di affrettarsi su per le scale.

Kevin la osserva da lontano, ancora più divertito.


TBC


Spero che come inizio vi sia piaciuto, liberi di dirmi quel che più vi pare

 

   
 
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