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Autore: jaj984    06/09/2009    3 recensioni
La pistola spara nel locale notturno,
entra Patty Valentine da una camera soprastante la sala
e vede il barista in una pozza di sangue
piange, "mio dio, li hanno uccisi tutti"
qui inizia la storia di Uragano
l'uomo che le autorità hanno accusato
per qualcosa che lui non ha mai fatto
l'hanno messo in prigione, ma un tempo lui avrebbe potuto essere
Il campione del mondo.
Rating Giallo stabilito in base alla classificazione Tv de "Il Miglio Verde"!
Attenzione: Come nel famoso film di Tom Henks si parla di pena di Morte!
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rating Giallo stabilito in base alla classificazione Tv de "Il Miglio Verde"!
Attenzione: Come nel famoso film di Tom Henks si parla di pena di Morte!

Era una fredda sera d’inverno, fuori nevicava e Ryo aveva deciso di rimanere in casa.
Kaori era rimasta a dormire da Miki, poiché Umi era fuori città per un affare e lui vedendo il troppo freddo e il fatto stesso che la sua compagna non era in casa, non aveva voglia di uscire.
Fece un po’ di zapping senza trovare nulla alla fine preferì un dvd prestatogli da quel fannullone di Angel.
Un film un po’ forte ma che raccontava una storia vera: The Hurricane con Denzel Washington.


Rubin Carter detto 'Hurricane' è un pugile di colore in grande ascesa. Si sta preparando a combattere per il titolo dei pesi medi, quando è arrestato insieme con un altro uomo per l'omicidio di tre persone in un bar del New Jersey. Il 27 maggio 1967 la giuria, composta di soli bianchi, giudica Carter e l'amico Artis colpevoli e li condanna all'ergastolo. In prigione Carter decide dopo qualche tempo di scrivere la storia dell'ingiustizia subita. Nel settembre 1974, mentre è pubblicata l'autobiografia di Carter, due testimoni ritrattano le accuse formulate in tribunale. Anni dopo, Lesra Martin, un giovane disadattato che vive in Canada, trova per caso il libro, lo legge, ne rimane colpito, e inizia una corrispondenza con Carter. Convinto dell'innocenza del pugile, il ragazzo persuade i suoi assistenti sociali (Terry, Lisa e Sam) a impegnarsi in una battaglia civile per la scarcerazione di Carter. Riluttante all'inizio a collaborare con degli sconosciuti, Carter è a poco a poco conquistato dalla loro passione e li aiuta come può. E' il novembre 1985, quando il giudice Sarokin invalida i verdetti di colpevolezza del secondo processo per “gravi violazioni costituzionali”. Passano altri tre anni di appelli prima che, il 26 febbraio 1988, un altro giudice firmi l'ordine di proscioglimento. A ventidue anni di distanza dai fatti successi in quel bar.


Si stese sul divano avvolto in una calda coperta e mentre vedeva il film, cominciò ad addormentarsi.

Una cella fredda e buia, un uomo è steso sulla brandina con gli occhi chiusi.
Una voce lo fece saltare, era la voce di un secondino che avvisava dell’ora d’aria.

- Carter in piedi, è ora della tua passeggiata in cortile.

Il primo pensiero di Ryo a quel nome fu: “Carter? Chi era questo Carter? Lui era Ryo Saeba e soprattutto che ci faceva in prigione?”

Ryo, inoltre, pensava che sicuramente ci fosse uno sbaglio e che Saeko l’avrebbe tirato fuori di lì al più presto.
Quindi decise che doveva chiamarla per dirgli di farlo uscire al più presto da quel posto.

Si alzò a fatica da quella branda come se anche quell’azione fosse la più pesante di questo mondo.
Si avvicinò al lavabo per sciacquarsi il viso e si guardò allo specchio non si riconobbe e rimase lì a bocca aperta.
Non c’era più il bellissimo uomo dai capelli corvini e gli occhi neri come la pece.
Vedeva un uomo di colore 1 metro e 70 cm per 70 kg di peso testa rasata, baffi prorompenti, sguardo aggressivo e fisico possente facevano di lui una presenza intimidatoria.
Alzò lo sguardo e vide ritagli di giornali sul suo processo e  una foto di una donna con due occhi castani, come quelli della sua socia.
Kaori, il suo amore, chissà come starà, sarà preoccupata per tutta questa situazione, soprattutto mi riconoscerà in questi panni.
Non sapeva cosa fosse successo forse un maleficio oppure l’avevano rapito gli alieni … non sapeva darsi una risposta logica a questo evento.

- Hey, non possiamo stare tutto il giorno ad aspettare i comodi della signorinella. Se vuoi uscire, hai tre secondi di tempo, altrimenti rimani qui.

Con un grugnito uscì dalla sua cella, ricevendo in cambio una manganellata e un sorriso beffardo dal secondino.
Nel cortile si respirava aria mal sana, no per l’inquinamento ma per la gente che lo guardava storto.
I poliziotti lo volevano morto e i prigionieri lo tenevano a distanza.
I neri dicevano che era un piantagrane e faceva baccano per senza niente, quello era il suo destino e doveva accettarlo.
I bianchi, invece, lo insultavano, lo prendevano in giro chiamandolo in tremila modi differenti.
A Ryo prudevano le mani ma doveva stare buono, se combinava casini da quell’inferno, non ne sarebbe più uscito.

Raccolse un giornale da terra che il vento si portava via e trovò un articolo su di lui.
Rubin Carter, già perché a quanto pare in base alla fotografia che vedeva in quel giornale, lui era Rubin Carter un uomo che una notte in un bar ha ucciso tre persone.
Impossibile, lui Ryo Saeba non avrebbe mai ucciso innocenti a sangue freddo, non sarebbe mai entrato in un bar per fare una strage d’innocenti. Quale essere senza scrupoli farebbe una cosa del genere?
D’accordo lui non era uno stinco di santo e a quanto sembrava neanche questo Carter lo era ma era sicuro che quest’uomo fosse stato accusato ingiustamente. Il suo istinto di sweeper glielo suggeriva.
La sua ora d’aria finì e ritorno in cella, condivisa con un altro, che non amava le chiacchiere inutili, come lui del resto.
Era lì da poche ore e già gli mancava Tokyo e la sua Kaori, doveva uscire al più presto da lì.
Appena possibile doveva chiamare Saeko e dirle di avvisare Kaori per non farla preoccupare.

Guardò la data del giornale 26 marzo 1981 e l’unica cosa che gli venne in mente fu: “Merda, mi trovo nel passato, come cazzo ci sono finito qui?”
Non capiva come poteva essersi catapultato indietro di venti anni e più, si era addormentato sul divano e ora si ritrovava nel 1981 e oggi ci sarebbe stato l’incontro con la sua Sugar Boy. Il giorno in cui incrociò lo sguardo con la donna che in futuro avrebbe amato più della sua stessa vita.
Era inutile arrovellarsi il cervello in questo momento, avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per pensare, lì il tempo scorreva lento.

Saeko … già … doveva contattarla e digli come stavano le cose, ma come faceva? Se lui era in carcere, probabilmente, non si conoscevano e probabilmente ora era candidamente a letto tra le braccia del suo Hideyuki, mentre lui era … ma dov’era?
Guardò il giornale e lesse il luogo Trenton.
Merda era ancora in America e a giudicare dal materiale presente nella cella, formato da ritagli di giornali e un libro con la sua faccia sulla copertina, un’autobiografia si direbbe dalla prefazione, una biografia di Rubin Carter, aveva ancora molto tempo da passare tra quelle sbarre.
Si ritrovò così a invidiare Hideyuki che poteva stare abbracciato alla sua donna, mentre lui era rinchiuso in quella gabbia.
Come vorrebbe addormentarsi e svegliarsi nel XXI sec abbracciato alla sua Kaori, però di questo passo non l’avrebbe mai conosciuta e forse Hide non si sarebbe mai messo nei guai con l’Unione Toepe sapendo che Kaori sarebbe rimasta completamente sola e forse probabilmente lei si sarebbe innamorata di qualcun altro e nel XXI secolo sarebbe stata madre di famiglia e lontano dai pericoli di Shinjuku.
Sì, forse era meglio che rimaneva chiuso in quella cella. E per ingannare l’attesa avrebbe cominciato con il capire chi diavolo fosse quel Carter.
Iniziò con il dare uno sguardo al libro ma capì che non faceva per lui, c’erano troppe informazioni da selezionare e assimilare, in altre parole mal di testa assicurato.
Di conseguenza passò agli articoli di giornale.

Notò che il tipo era metodico e ordinato, e raccoglieva ogni articolo in un raccoglitore ad anelli con bustine trasparenti.
Lesse tutti gli articoli uno a uno e comprese che il 17 giugno 1966 al “Lafayette Bar and Grill” intorno alle 2,30 del mattino, due uomini di colore entrarono ed aprirono il fuoco. Il barista Jim Oliver e Fred “Cedar Grove Bob” Nauyoks morirono sul colpo, Hazel Tanis circa un mese dopo a causa delle ferite riportare, Willie Marins, sopravvisse, ma perse la vista da un occhio.

Alfred Bello, noto criminale, era in zona per un colpo quando vide la scena e avvertì la polizia.
Sette mesi dopo, Bello rivelò alla polizia che quella sera c'era un altro uomo con lui, tale Arthur Dexter Bradley. Dopo un successivo interrogatorio, Bello e Bradley identificarono Carter come uno dei due uomini di colore armati che avevano visto fuori dal bar la notte degli omicidi; Bello identificò anche Artis come l'altro uomo armato. Basandosi su quest’ulteriore prova, Carter e Artis vennero arrestati e incriminati.

Patricia Graham, residente al secondo piano del Lafayette, vide due uomini di colore salire in un auto bianca e sparire verso ovest, stessa scena fu vista da Ronald Ruggiero.
La macchina di Carter coincideva con quella vista dai testimoni, fu fermato dalla polizia, insieme ad un altro uomo John Artis, e portati sul luogo della sparatoria circa trenta minuti dopo la sparatoria. Nessuno dei testimoni riconobbe in Carter o Artis uno dei criminali, nemmeno Marins quando la polizia portò Carter e Artis all'ospedale per farli identificare dall'uomo ferito.

La polizia trovò nella macchina di Carter una pistola calibro 32 e dei proiettili per fucili calibro 12, stesso calibro usato per gli omicidi. Nel pomeriggio furono sottoposti alla macchina della verità.
John J. McGuire, l’esaminatore, trasse le seguenti conclusioni:
”Dopo un’attenta analisi dei risultati, è mia opinione che i soggetti stavano mentendo alle domande, ed erano coinvolti nel crimine. I soggetti negano qualsiasi con il crimine”.

Carter e Artis furono arrestati e incriminati, nonostante non fossero stati riconosciuti dagli altri testimoni, a loro carico pesava il ritrovamento delle munizioni e la prova dell’identificazione della macchina da parte di Patricia Valentine.
La condanna: prigione a vita.

In seguito Bello e Bradley ritrattarono la testimonianza, ritrattazione che permise una mozione atta ad ottenere un nuovo processo. Tuttavia il giudice Larner, che aveva presieduto sia il primo processo sia la ritrattazione, negò la mozione.
Gli avvocati della difesa formularono un’altra mozione e anche se Larner negò anche questa nuova mozione, la Corte Suprema concesse, un nuovo processo nel 1976.
Durante il nuovo processo Bello ritrattò e tornò a sostenere la testimonianza del 1967.
Ancora una volta giudicati colpevoli, Carter e Artis furono nuovamente condannati alla prigione a vita.

Nel frattempo Carter, durante i suoi anni di prigionia, scrisse un’autobiografia "The Sixteenth Round: From Number 1 Contender to #45472" (Il sedicesimo round: da sfidante numero 1 a numero 45472), pubblicata nel 1974 in cui sostenne la sua innocenza, e ottenne il sostegno della gente, che spingeva per la grazia o per un nuovo processo.


Poi scavando tra la sua roba, trovò delle lettere di un ragazzo con cui Carter, aveva intrecciato una fitta corrispondenza. Un ragazzo di colore di nome Martin che abitava in Canada e che grazie all’aiuto dei suoi assistenti sociali (Terry, Lisa e Sam) aveva impiantato una battaglia civile per la scarcerazione di Carter.

“Però, questo Carter ha un culo da far invidia a chiunque, leggermente sfortunato il tipo!“

Pensò Ryo, senza rendersi conto che ora “il fortunato” era lui e la sua storia doveva ancora essere scritta.
C’era stata un’interferenza in questo caso, da parte sua e anche se ora ricordava che la storia terminava con un lieto fine ora non era più sicuro di nulla.

La cena fu servita presto, un piatto misero di pane acqua e formaggio.
Gli mancavano i manicaretti della sua Kaori, l’odore che c’era nell’aria quando lei cucina e sentirla canticchiare tutta felice.
Gli mancava lei, ed erano passate solo poche ore da quando non l’aveva più vista e ora al pensiero di aver mancato a quell’appuntamento e al semplice fatto di non essere mai partito per Tokyo lo faceva imbestialire.
La sua donna, il suo amore, avrebbe dormito ogni notte con un uomo che non fosse lui.
Avrebbe fatto l’amore con quell’uomo, che avrebbe toccato parti più nascoste della sua intimità e avrebbe vissuto con lei la vita che spettava a lui, perché Kaori era sua e di nessun altro.

Finalmente dopo una lunga giornata era arrivato il momento di chiudere gli occhi, oggi la posta non era arrivata.
La vita nel braccio della morte non è come tutti se la immaginavano, non è uno schifo totale, è un superschifo totale.
Vivere in attesa della morte, sempre in tensione, sapendo che da un momento all’altro possono decidere il giorno della tua morte.
Saper di dover morire su un lettino legato con delle stringhe e farlo tra le più atroci sofferenze, non era rassicurante come pensiero quotidiano soprattutto se non si muore la prima volta perché l’esecutore ha “pescato” la siringa senza veleno e a quel povero “Cristo” gli toccherà ripetere la scena per altre volte finché non morirà.
Morire, però, non da solo ma davanti a un pubblico che aspetta solo di vederlo soffrire.

E lui si domandava ma che razza di esseri eravamo se godevamo nel veder morire un’altra persona.
D’accordo lui era uno sweeper, un assassino aveva ucciso tante persone nella sua vita ma non era mai stato orgoglioso di ciò e tentava sempre di riscattarsi e se poteva, evitava di uccidere, uccideva solo se costretto.
Lui non pensava però che quei delinquenti che consegnavano a Saeko, essendo molte volte colpevoli di pluriomicidio sarebbero stati condannati alla forca.
Lui nonostante tutto si poteva considerare fortunato nell’essersi ritrovato nei panni di un detenuto americano nel New Jersey dove la pena capitale è prevista, ma non applicata dal 1968 e nonostante ciò la sua vita non sarà bella.

Ryo aveva notato che tutti gli indumenti che indossava fossero marchiati “Ownership of the USA” (Proprietà degli Stati Uniti d’America) anche le mutande, non indossava nulla che non fosse marchiato.
Erano privi di possedere anche un semplice ricambio di biancheria intima e ciò lo trovava assurdo.
Avevano libri ma la tv non c’era, c’era però una piccola radio a transistor che funzionava a singhiozzo.
La giornata passava in attesa di una lettera che arrivava all’imbrunire di un familiare, di un amore o un amico di penna.
Alle 4.30 del mattino c’era la colazione e alle 4 del pomeriggio la cena.
Durante la giornata fino alle 11.30 si lavorava ai lavori socialmente utili, altrimenti rimanevi in cella.
Lavoravano come schiavo per lo stato, molte volte li mettevano a cucire divise e a fabbricare elmetti.
Le forze armate statunitensi dovevano ringraziare solo i detenuti per le loro divise, eppure essi erano trattati come la feccia dell’umanità.

L’ora d’aria o di svago era decisa dai secondini e quindi dovevano stare sempre in attesa ed esser pronto.
Una volta a settimana riceveva il suo avvocato e Ryo dava sempre più segni di frustrazione.
Una sera quando permisero ai prigionieri di chiamare qualcuno, lui preso dalla disperazione compose il numero di casa sua ma purtroppo rispose un’altra persona che non era Kaori.
A quel punto, disperato, compose il numero di casa di Saeko e quando le rispose chiese di essere aiutato ma Saeko non lo riconobbe, anzi come prevedibile disse di non conoscerlo per niente.
Quando chiese notizie di Kaori e di riferirle che l’amava da morire, Saeko passò la chiamata spaventata a Hide che assalì Ryo, dicendogli di non sapere chi fosse lui e di stargli ben lontano o l’avrebbe fatto nero.

Sì sentì sconfortato e sconsolato a quella notizia, però, quando sentì la voce di Kaori, rimase senza fiato.
Gli mancava da morire quella donna e la sua allegria contagiosa, se solo avesse saputo che quella sera sarebbe stata la loro ultima notte insieme non l’avrebbe mai mandata a casa di Miki.
Avrebbe fatto tutta la notte l’amore con lei, l’avrebbe baciata, coccolata, avrebbe assaporato ogni centimetro del suo corpo e avrebbe accontentato il suo desiderio di diventare madre.
Sarebbe stato il suo regalo di addio.

Kaori rideva e scherzava con Hide e quando la sentì iniziare una conversazione interessante con Hide:

- Fratellone, come promesso, ti ho portato Bill per fartelo conoscere. Mi raccomando sii clemente con lui.
-Va bene, farlo accomodare, ma non posso essere troppo buono con chi ha rubato il cuore della mia sorellina.
- Sì, ma non tutto, una parte appartiene a te! Non potrò mai non amare il mio fratellone adorato.
- Dai adulatrice, fai entrare questo giovanotto o lo fai spaventare a morte e inizierà a pensare che io sia un mostro che vuole mangiarlo. Sai che ti dico? Siccome ho un po’ di fame, quasi quasi la prendo in considerazione quest’idea.
- Hide!  Kaori non gli dare retta, tuo fratello è solo uno sbruffone si diverte a spaventarti. Ma tranquilla è solo geloso e spaventato dal fatto che tu abbia un ragazzo e che di conseguenza tu stia crescendo in fretta.
- Saeko, non farmi scoprire altrimenti passo per il romantico della situazione.
- Perché, fratellone non è così? Non sei un romanticone?

Ryo sorrise e attaccò, ma il suo cuore gli faceva male. Avrebbe dato qualsiasi cosa per stare al posto di quel ragazzo ma lei non lo conosceva, Hide e Saeko non lo conoscevano e lui era intrappolato in quel limbo.


La sua unica via di fuga era rimasta Mick! Ma lui lo conosceva???
L’avrebbe saputo nei prossimi giorni quando avrebbe avuto la possibilità di riutilizzare il telefono.
Anche se senza Kaori valeva la pena vivere?
Sì, doveva uscire da lì, doveva incontrarla e tentare di non fare gli stessi errori del passato.
Nel frattempo non gli restò altro che continuare a informarsi su questo Rubin Carter.
Nelle lunghe giornate tra quelle quattro mura, dove il cielo è visto solo attraverso delle piccole sbarre e quando esci per la tua ora di ricreazione / d’aria ti sembra tutto più grande e certe volte ti fa così tanta paura da voler tornare all’interno della tua cella, non ti rimane altro che leggere, leggere più libri contemporaneamente, distrarti in qualche maniera perché se pensi a quello che succederà e a come scorre la tua esistenza tra quelle mura, impazzisci.
E fu così che Ryo fu costretto a iniziare a leggere dei libri, per non pensare per non impazzire.
A quel punto decise d’iniziare da quello di Rubin Carter, dalla sua autobiografia.
In questo modo poté scoprire la sua vita passata, non attinente al processo e alla condanna di ergastolo.

Carter era cresciuto a Paterson, New Jersey, assieme a sei fratelli. I suoi genitori provvedevano al sostenimento familiare e all'educazione degli altri sei figli senza particolari problemi. Rubin, invece, cominciò ben presto ad avere problemi con la giustizia e fu assegnato a un riformatorio, per aggressione e furto, poco dopo il suo quattordicesimo compleanno.

Nel 1954 Carter scappò dal riformatorio e si arruolò nell'esercito americano a soli 17 anni.
Qualche mese dopo, dopo aver completato l'addestramento a Fort Jackson, Carolina del Sud, fu spedito in Germania, dove cominciò a interessarsi alla Boxe. Carter tuttavia non era un buon soldato e dovette presentarsi davanti alla corte marziale per ben 4 volte a causa della sua insubordinazione.
Nel maggio del 1956 l'esercito lo congedò, definendolo "inadatto al servizio militare". La sua carriera militare durò ventuno mesi.

Tornato nel New Jersey, Carter fu arrestato e scontò dieci mesi in carcere a causa della sua fuga dal riformatorio.
Poco dopo il suo rilascio, Carter fu arrestato per una serie di crimini, tra i quali aggressione e rapina ad una donna di colore di mezza età. Rimarrà nella prigione di stato del New Jersey per i successivi quattro anni.

In carcere, Carter riprese il suo interesse per la boxe e dopo il suo rilascio nel mese di settembre 1961, diventò professionista.
Il suo stile era di tipo aggressivo e con pugni di potenza e ciò ha richiamò l'attenzione su di lui, facendolo diventare l’idolo delle folle e a guadagnarsi il soprannome di "Hurricane".
Dopo aver battuto un certo numero di contendenti dei pesi medi, il mondo della boxe cominciò a notarlo.

Combatté sei volte nel 1963, con quattro vittorie e due sconfitte. Restò nella parte bassa della "Top 10" fino al 20 dicembre, quando sorprese il mondo della boxe mandando al tappeto il passato e futuro campione del mondo Emile Griffith due volte nel primo round, vincendo per KO tecnico.

Questa vittoria fece guadagnare a Carter il terzo posto nella classifica degli sfidanti al titolo dei pesi medi, che apparteneva a Joey Giardello. Carter vinse altri due incontri (uno contro il futuro campione dei pesi massimi Jimmy Ellis) nel 1964, prima di sfidare Giardello a Filadelfia, in un match di 15 round valido per il titolo il 14 dicembre. Carter combatté bene, ma i giudici dichiararono Giardello campione ai punti all'unanimità. La maggior parte della stampa protestò; un sondaggio svolto fra i giornalisti presenti a bordo ring mostrò che quattordici giornalisti su 18 ritenevano Carter vincente: il pugile comunque non fece mai un reclamo ufficiale.

Dopo questo incontro, Carter cominciò a perdere posizioni nella classifica.
Combatté nove volte nel 1965, ma perse quattro dei cinque incontri disputati contro avversari di livello (Luis Manuel Rodriguez, Harry Scott e Dick Tiger). Tiger, in particolare, mandò al tappeto Carter tre volte nel loro incontro. "È stata", disse Carter, "la peggior sconfitta della mia vita - dentro e fuori dal ring".


E ora in base a quanto gli aveva detto l’avvocato, coadiuvato dall’aiuto di Tom, Lisa e Sam, gli assistenti sociali di Martin, era in corso il processo federale per la sua innocenza.
Ora come ora si chiedeva però a che scopo, a che scopo serviva uscire se nessuno lo conosceva?

Sarebbe uscito tra quanto? Cinque - sei anni? E per quel periodo Kaori sarebbe stata una delle tante vittime di quegli esseri schifosi che iniettano sostanze paralizzanti alle donne, per farle diventare manichini.
Quell’organizzazione del cavolo, stava per mandare anche lei a Hong Kong, solo che c’era lui a proteggerla quella volta ma ora? Come avrebbe fatto a proteggerla? Lei sarebbe andata in cerca dell’amica e si sarebbe cacciata nei guai, come sempre, solo che questa volta sarebbe diventata un manichino, pronta per essere spedita in Cina per una stupida mostra di manichini.
Questa volta come avrebbe fatto senza di lui? Soprattutto lui come avrebbe fatto a vivere senza di lei?

No, non poteva vivere. Non riusciva neanche a chiudere occhio quelle poche ore che sognava sempre e solo una cosa, quel giorno di primavera che passò con una sedicenne molto carina.

Ogni notte, da quando si era trovato rinchiuso in quella prigione, sognava sempre e solo Kaori.
La voglia di rivederla anche solo per un minuto era tanta.
Ma Carter era lì dal ’66 e non conosceva Tokyo, Kaori, Saeko, Hide e non aveva fatto la guerra in America Latina era cresciuto con una famiglia normale.
Di conseguenza non conosceva Umi, Sonia, Kenny, Mary e poi non avrebbe mai conosciuto Miki, Eriko, Reika, Kasumi e anche quella piccola rompiscatole di Yuka.
Tante persone che gli avevano permesso che lui diventasse così, un uomo migliore.
Aveva deciso! Si sarebbe fatto uccidere! Non avrebbe resistito a vivere una vita senza di lei!
Quando e se fosse uscito, Kaori si sarebbe spaventata vedendo quell’uomo.

Sarebbe morto lo stesso, quando Kaori l’avrebbe rifiutato, tanto valeva farla finita ora.

Nei giorni successi, fu messo in isolamento più di una volta per aver scatenato delle risse nell’ora d’aria.
In quel periodo escogitò un piano per finire sul lettino del boia, perché così non valeva più la pena di vivere.
Dopo il periodo d’isolamento fu affidato al lavoro di archivio e poté accedere a tutte le cartelle dei detenuti e selezionando i peggiori criminali, ne decise la morte.

Una volta decise le vittime, organizzò tutto il teatrino per poterle uccidere.
Prima però disse al suo avvocato che voleva dichiararsi colpevole di tutto, il suo avvocato tentò di dissuaderlo ma Ryo era deciso. Non ce la faceva più a vivere.

Decise il giorno in cui avrebbe attuato il piano escogitato in isolamento.
E quando venne il giorno “X” in una maxi rissa, Ryo, uccise tre detenuti, tre assassini di cui un pluriomicida.
In più individuò il più bastardo tra le guardie carcerarie quello che godeva nel veder soffrire la gente e lo uccise.
Il processo di appello in corso per il caso Lafayette si trasformò ben presto in un processo in cui si pronunciarono per la condanna a morte.

Quando ebbe la notizia Ryo, fu felice, finalmente metteva fine a quell’incubo.
Prima di morire però doveva avvertire la sua amata del pericolo che correva.
Avrebbe fatto di tutto per evitare che Kaori cadesse nelle mani di quei vermi e avrebbe raccontato tutto quello che sapeva su Kaibara e sulla pcp in modo tale da evitare la morte di Hide e riuscire ad arrestare Kaibara prima che riuscisse a far danni a Mick.
Scrisse, poi, un’altra lettera indirizzata a Mick dicendogli di stare bene attento a Kaibara e di non cadere nella sua trappola di venditore di fumo, che alla fine avrebbe pagato solo le conseguenze, perché anche se lui non esisteva Mick era un grande sweeper e prima o poi Kaibara l’avrebbe usato per i suoi sporchi comodi.
Fece due copie una la mise tra la posta da inviare e un’altra se la mise addosso in modo tale da portarsela con se nell’aldilà.

Una mattina, un gruppo di quattro guardie carcerarie, lo venne a prelevare nella sua cella per portarlo nella stanza mortuaria.
Per arrivarci dovette attraversare un lungo corridoio e per un attimo si ritrovò catapultato nel miglio verde.
Un corridoio che portava alla camera dell’esecuzione, un corridoio che si stringeva sempre di più.
La luce, più forte rispetto alla sua cella, gli faceva male agli occhi.
Finalmente arrivò alla stanza e lì i suoi occhi smisero di soffrire.
Lo fecero stendere su quel lettino e lo legarono con cinghie di cuoio.

Il boia fece il suo ingresso nella sala.
Ryo guardò negli occhi del suo assassino e vide il niente, non un sentimento, niente non provava nulla.
Per lui era un lavoro come un altro, quando tra un’ora sarebbe finito tutto e il medico avrebbe accertato la sua morte, il boia sarebbe tornato a casa dalla sua famiglia, senza avere nessuno scrupolo.
La notte avrebbe posato la testa sul cuscino e sognato, non avrebbe avuto incubi come lui in questi anni.
“Perché ci si abitua a tutto, anche a uccidere le persone”.
E allora perché lui, ogni volta stava male?

Perché ogni volta che doveva togliere la vita a qualcuno, dopo stava male?
Perché il boia, invece, non aveva scrupoli?
Perché non era accusato di omicidio quando in realtà quello che faceva era uccidere le persone?
D’accordo anche lui uccideva.
Lui sparava a sangue freddo ma lui era un dannato e lo faceva perché era l’unica cosa che sapeva fare eppure quando poteva, sceglieva.
Sceglieva di disarmare la persona, uccideva solo se necessario.
Anche quando era in pericolo, lui feriva in modo grave ma non mortale.
E ora si domandava come facesse il boia a uccidere e veder morire lentamente tra atroci sofferenze una persona che ha già pagato per quello che ha fatto.
Chi sta lì, sa di dover morire e vive in attesa della morte ma spera sempre che arrivi un gesto di pietà nei suoi confronti.

Pietà che nessuno ha, soprattutto se sei nero.
Perché in America, conta il colore della tua pelle. La democrazia è optional. Il razzismo ufficialmente è vietato, non esiste più il Ku Klux Klan e i ghetti sono stati ufficialmente cancellati, ma ora i bianchi, i ricchi bianchi pagano, per vivere tutti nella stessa zona, mentre chi non se lo può permettere vive nelle periferie.
Quartieri che ufficialmente non sono ghetti ma che lo sono in realtà.
Interi quartieri popolati da persone di colore, ispanici, giapponesi, cinesi.

La stessa cosa è successa a Carter, un uomo che in passato aveva fatto degli sbagli ma che aveva cominciato rigare dritto.
Fu accusato di aver commesso un omicidio solo perché era nero. Questa era la realtà.
Ora Ryo, però non ce la faceva più a vivere nei panni di Carter, voleva farla finita con il mondo intero, per poter rivedere la sua amata.

Il medico attaccò al suo corpo una macchina per il controllo del battito cardiaco.
Il boia infilò in vena una flebo contenente un cocktail mortale formato da tre componenti diversi: un barbiturico che rendeva il prigioniero incosciente, una sostanza che rilassava i muscoli (derivato del curaro) e paralizzava il diaframma (in modo tale da impedire ai polmoni ogni movimento) e un'altra che provocava l'arresto cardiaco (cloruro di potassio).
Chiuse gli occhi aspettando la morte, un’ora e sarebbe finito tutto.
Sentì il liquido entrargli nelle vene, cominciare a rilassarsi e a ritrovarsi in un altro mondo.

Era felice, la sua mente era già a casa sua, tra le braccia della sua amata.
Non si sarebbero mai conosciuti, non si sarebbero mai amati, ma lui l’avrebbe amata per sempre, anche dopo la morte; anche se lei non sapeva della sua esistenza, lui l’avrebbe amata.
Ecco che anche i muscoli cominciavano a rilassarsi, stava per tornare da lei, l’avrebbe protetta dall’alto.
All’improvviso gli mancò l’aria non riusciva a respirare.
Sentiva una voce chiamarlo, una voce familiare che lo chiamava.
Ma lui era indeciso.
Aveva davanti a se un tunnel di luce, una luce calda e accogliente si sentiva bene.
Però quella voce, quella voce che lo chiamava era della sua Kaori.

Indeciso fino all’ultimo, sentiva la voce di Kaori chiamarlo ma quella luce l’attraeva sempre di più.
Alla fine decise per Kaori, la sua unica ragione di vita anche in morte.
Lei era più importante di tutto.
Seguì la voce della sua dolce compagna e si ritrovò a svegliarsi di soprassalto con la sensazione di stare per affogare.
Quando aprì gli occhi e vide il dolce viso della sua compagna, la baciò con passione e la strinse a se.

- Quanta tenerezza abbiamo questa sera, devo dirti più spesso che rimango da Miki.
- Non lo dire neanche per scherzo, mi sei mancata da morire e da oggi non ti lascio più andare via.
- Ryo ma stai bene? Sei pallido e mantido di sudore.
- Sì, tutto apposto ho fatto solo un incubo. Ma tu dimmi che ci fai qui?
- Umi è tornato prima e quindi sono tornata a casa.
-Sì, ok questa è la scusa ufficiale, la verità è che sentivi la mia macanza.
- Scemo!

Ryo era felicissimo l’aveva di nuovo tra le braccia e poteva baciarla, toccarla, sentire il suo profumo, la sua voce e vederla sorridere.
Rimase a guardarla imbambolato come se la vedesse per la prima volta dopo anni di cecità.

- Hey! Sicuro di stare bene?
- Sì, ora sto benissimo! Mi sei mancata!
- Anche tu! Ma questa da dove è uscita?

Kaori prese dal taschino della giacca di Ryo una lettera e la sventolò sotto il naso di Ryo.

- Qualche ricordino delle tue conigliette?
- Ma no che dici? È la lista dei mokkori che mi deve Saeko, pensavo di averla distrutta ma l’ho trovata mentre prendevo un dvd. Volevo buttarla ma poi mi sono messo a vedere il film e mi sono addormentato.
- Devo crederti?
- Ci devi credere amore!
- Idiota! Dai smettila di fare il buffone!
- No, perché ti faccio ridere e adoro quando ridi.

Ryo, prese la lettera dalla sua mano e sì alzò per andare a buttarla, con le mani quasi tremanti, però, volle leggere il contenuto.
Quando iniziò a leggere, sbiancò leggermente, era la lettera che aveva scritto in carcere.

Allora il suo non era stato un sogno o forse sì?
Non ci stava capendo più niente.
Cosa era successo realmente, se l’era sognato di dover morire o era tutto vero?
La voce di Kaori lo portò alla realtà.
Qualunque cosa fosse stato, decise di non pensarci più.
Era finita!
Sogno o realtà, non importava, ora era a casa con Kaori e a questa brutta storia non voleva più pensarci.
Strappò la lettera in mille pezzi e la gettò via, fuori dalla finestra.
Qualsiasi cosa esso fosse stato era meglio non pensarci più, aveva avuto un’altra possibilità ed era intenzionato a sfruttarla.

- Hey, Ryo! Vieni! Il film sta per finire, non vorrai perderti il finale, vero?
- Arrivo, ma tanto già lo so il finale, lui muore, viene condannato a morte.
- Ma che dici! Il finale è diverso da quello che dici tu. Carter esce di prigione nel ’85 perché contestano le sentenze precedenti accusandole di poco obiettività e di essere state razziste. Ora vive in Canada e lavora come motivatore nell'Associazione per la Difesa dei Condannati per Errore (ADWC) dove dal 1993 al 2005 è stato direttore. Nel 2005, Rubin Carter ha ricevuto il Dottorato Honoris Causa in Legge dall'Università di New York, di Toronto e anche dalla Griffith University (Brisbane, Australia) grazie al suo lavoro per l'ADWC.
- Wow come fai a sapere tutto questo? Quando questo tipo è andato in carcere, tu non eri ancora nata.
- Hai ragione ma Bob Dylan scrisse una stupenda canzone nel ’75 su questo pugile e anche se avevo solo dieci anni, mi ricordo che mio fratello era in piena adolescenza e ne discuteva con gli amici. Dylan sosteneva la sua innocenza e come tale anche tutti i suoi fan.
- Ah sì, mi pare che una delle tipe che frequentavo in America era cotta di Bob Dylan.
- Mhm!
- Non sarai mica gelosa del passato?
- Sì! Di tutte le donne che ti hanno avuto prima di me.
- Ma solo tu hai catturato il mio cuore. Kaori io ti amo e lo sai che non m’interessano le altre.
- Lo so, ma il solo pensiero che tu abbia fatto l’amore con altre donne, ascoltando la mia musica dell’adolescenza mi fa accapponare la pelle.
- Se ti può consolare, di Bob Dylan non ho mai sentito molto, se non qualcosa di sfuggita, comunque dai, spegniamo qui e andiamo a letto.

Ryo spense la tv e mise apposto il dvd nascondendolo in un cassetto ripromettendosi di restituire il film al più presto a Mick, con l’invito di non prestagli più nessun film e non di non azzardarsi neanche a consigliargliene uno.

- Allora andiamo?
- Spetta, da qualche parte ho il vinile, ascolta questa canzone è bellissima! È un capolavoro della letteratura moderna.
- Va bene, ma dopo a nanna. Che ho voglia di stringerti a me tutta la notte e di non lasciarti più.
- Ryo! Non fare il solito pervertito, che rispolvero i martelli.
- D’accordo!

Kaori trovò il “45 giri” di Dylan, Hurricane del 1975 e lo mise nel giradischi

- Ti devi accontentare del singolo, non trovo l’album, peccato c’era una traccia molto bella e romantica dedicata alla moglie.
- Non importa vieni qua, accanto a me e ascoltiamolo insieme.

Kaori dopo aver spostato la testina sul primo solco, si accomodò sul divano tra le braccia di Ryo e ascoltò la canzone che parlava di quell’uomo sfortunato.


Pistol shots ring out in the barroom night
Enter Patty Valentine from the upper hall.
She sees the bartender in a pool of blood,
Cries out, "My God, they killed them all!"
Here comes the story of the Hurricane,
The man the authorities came to blame
For somethin' that he never done.
Put in a prison cell, but one time he could-a been
The champion of the world

La pistola spara nel locale notturno,
entra Patty Valentine da una camera soprastante la sala
e vede il barista in una pozza di sangue
piange, "mio dio, li hanno uccisi tutti"
qui inizia la storia di Uragano
l'uomo che le autorità hanno accusato
per qualcosa che lui non ha mai fatto
l'hanno messo in prigione, ma un tempo lui avrebbe potuto essere
Il campione del mondo.



Three bodies lyin' there does Patty see
And another man named Bello, movin' around mysteriously.
"I didn't do it," he says, and he throws up his hands
"I was only robbin' the register, I hope you understand.
I saw them leavin'," he says, and he stops
"One of us had better call up the cops."
And so Patty calls the cops
And they arrive on the scene with their red lights flashin'
In the hot New Jersey night.

Patty vede tre corpi stesi a terra
E un altro uomo chiamato Bello, che si muove furtivamente.
"io non l'ho fatto" disse lui agitando le mani.
"stavo solo derubando la cassa, spero che capisci.
Li ho visti uscire" disse, e si fermò
"uno di noi farebbe meglio a chiamare la polizia"
E cosi Patty chiamò la polizia
Arrivarono sulla scena con le sirene lampeggianti.
In quella calda notte nel New Jersey

Meanwhile, far away in another part of town
Rubin Carter and a couple of friends are drivin' around.
Number one contender for the middleweight crown
Had no idea what kinda shit was about to go down
When a cop pulled him over to the side of the road
Just like the time before and the time before that.
In Paterson that's just the way things go.
If you're black you might as well not show up on the street
'Less you wanna draw the heat.

Nel frattempo, lontano in un'altra parte della città
Rubin Carter e alcuni amici girano in auto
il primo contendente della corona per i pesi medi
non ha idea di che merda stava per succedere
quando un poliziotto lo fece accostare sulla strada
come tempo prima e tempo prima ancora
A Paterson questo é come le cose possono accadere
se sei nero non devi farti vedere per strada
A meno che non vuoi accettare la sfida


Alfred Bello had a partner and he had a rap for the cops.
Him and Arthur Dexter Bradley were just out prowlin' around
He said, "I saw two men runnin' out, they looked like middleweights
They jumped into a white car with out-of-state plates."
And Miss Patty Valentine just nodded her head.
Cop said, "Wait a minute, boys, this one's not dead"
So they took him to the infirmary
And though this man could hardly see
They told him that he could identify the guilty men.

Alfred Bello aveva un partner che aveva una soffiata per la polizia
lui e Arthur Dexter Bradley si aggiravano nella zona
Disse "ho visto due uomini correre fuori, sembravano pesi medi
sono saltati in un'auto bianca con targa di "fuori"
e Miss Patty Valentine semplicemente accennò con il capo
il poliziotto disse "aspettate un minuto, ragazzi, questo qui non é morto"
cosi lo portarono in infermeria
e pensarono che quest'uomo non ci vedeva bene
loro gli dissero che lui poteva identificare il colpevole

Four in the mornin' and they haul Rubin in,
Take him to the hospital and they bring him upstairs.
The wounded man looks up through his one dyin' eye
Says, "Wha'd you bring him in here for? He ain't the guy!"
Yes, here's the story of the Hurricane,
The man the authorities came to blame
For somethin' that he never done.
Put in a prison cell, but one time he could-a been
the champion of the world.



Alle 4 del mattino trascinarono Rubin dentro.
Lo portarono in ospedale e su per le scale.
L’uomo ferito lo guardò attraverso il suo occhio morente.
Disse: "Perché l'avete portato qui? Non é lui!"
Sì, ecco la storia di Uragano
L’uomo che le autorità hanno accusato
Per qualcosa che lui non ha mai fatto
L’hanno messo in prigione, ma un tempo lui avrebbe potuto essere.
Il campione del mondo


Four months later, the ghettos are in flame,
Rubin's in South America, fightin' for his name
While Arthur Dexter Bradley's still in the robbery game
And the cops are puttin' the screws to him, lookin' for somebody to blame.
"Remember that murder that happened in a bar?"
"Remember you said you saw the getaway car?"
"You think you'd like to play ball with the law?"
"Think it might-a been that fighter that you saw runnin' that night?"
"Don't forget that you are white."

4 mesi dopo i ghetti erano in fiamme
Rubin é in Sud America che combatte per il suo nome
mentre Arthur Dexter Bradley é ancora nel giro di furti
E i poliziotti lo stanno torchiando cercando qualcuno da incolpare.
"ricordi l'assassinio che successe in un bar”.
"ricordi tu dicesti che hai visto l'auto in fuga”.
"pensi di giocare con la legge?"
"pensi possa essere stato quel combattente che hai visto correre fuori quella notte?"
"non dimenticare che tu sei bianco"


Arthur Dexter Bradley said, "I'm really not sure."
Cops said, "A poor boy like you could use a break
We got you for the motel job and we're talkin' to your friend Bello
Now you don't wanta have to go back to jail, be a nice fellow.
You'll be doin' society a favor.
That sonofabitch is brave and gettin' braver.
We want to put his ass in stir
we want to pin this triple murder on him
He ain't no Gentleman Jim."

Arthur Dexter Bradley disse "davvero non sono sicuro"
Il poliziotto disse "un povero ragazzo come te deve darsi una possibilità.
Ti abbiamo preso per il colpo al motel e stiamo parlando con il tuo amico Bello.
Ora tu non vuoi tornare in cella vero? Fai il bravo ragazzo
Faresti un favore alla società
Quel figlio di puttana é coraggioso e diventa sempre piu coraggioso
Vogliamo rompergli il culo
Vogliamo addossargli questo triplo omicidio.
Lui non é Gentleman Jim*


Rubin could take a man out with just one punch
But he never did like to talk about it all that much.
It's my work, he'd say, and I do it for pay
And when it's over I'd just as soon go on my way
Up to some paradise
Where the trout streams flow and the air is nice
And ride a horse along a trail.
But then they took him to the jailhouse
where they try to turn a man into a mouse.

Rubin può stendere un uomo solo con un pugno
ma non gli ha mai fatto piacere parlarne.
é il mio lavoro, disse, lo faccio perché mi pagano.
e quando é finito l'incontro voglio solo al più presto possibile tornare per la mia strada
Lassù in qualche paradiso
dove nei fiumi ci sono trote e l'aria é dolce.
e cavalchi nel verde
ma poi loro lo misero in prigione
dove cercarono di trasformare un uomo in un topo


All of Rubin's cards were marked in advance
The trial was a pig-circus, he never had a chance.
The judge made Rubin's witnesses drunkards from the slums
To the white folks who watched he was a revolutionary bum
And to the black folks he was just a crazy nigger.
No one doubted that he pulled the trigger.
And though they could not produce the gun,
The D.A. said he was the one who did the deed
And the all-white jury agreed.

Tutte le carte di Rubin erano state marcate in anticipo
Il processo fù un circo di maiali, non aveva possibilità.
Il giudice fece passare per alcolizzato e inaffidabile il testimone di Rubin
per la gente bianca che stava a guardare lui era un fannullone rivoluzionario
e per la gente nera lui era solo un pazzo negro
nessuno dubitò che fu lui a premere il grilletto
sebbene loro non avessero trovato l'arma
L'accusa disse che fu lui a compiere l'atto
e la giuria composta di bianchi fu d'accordo

Rubin Carter was falsely tried.
The crime was murder "one," guess who testified?
Bello and Bradley and they both baldly lied
And the newspapers, they all went along for the ride.
How can the life of such a man
Be in the palm of some fool's hand?
To see him obviously framed


Rubin Carter fu ingiustamente condannato
L'accusa fu omicidio, indovina chi ha testimoniato?
Bello e Bradley ed entrambi mentirono
e i giornali, tutti ci mangiarono sopra
Come puo la vita di un uomo
essere nelle mani di qualche pazzo?
Vederlo ovviamente incastrato

 

COULDN'T HELP BUT MAKE ME FEEL ASHAMED TO LIVE IN A LAND

NON PUÒ AIUTARLO MA MI FA VERGOGNARE DI VIVERE IN UN PAESE

WHERE JUSTICE IS A GAME.

DOVE LA GIUSTIZIA È UN GIOCO.


NOW ALL THE CRIMINALS IN THEIR COATS AND THEIR TIES
ARE FREE TO DRINK MARTINIS AND WATCH THE SUN RISE
WHILE RUBIN SITS LIKE BUDDHA IN A TEN-FOOT CELL


ORA TUTTI I CRIMINALI COI LORO CAPPOTTI E LE LORO CRAVATTE
SONO LIBERI DI BERE MARTINI E GUARDARE L'ALBA
MENTRE RUBIN SIEDE COME BUDDA IN UNA PICCOLA CELLA



AN INNOCENT MAN IN A LIVING HELL.
THAT'S THE STORY OF THE HURRICANE

UN UOMO INNOCENE VIVE IN UNA CAMERA INFERNALE
QUESTA É LA STORIA DI URAGANO



BUT IT WON'T BE OVER TILL THEY CLEAR HIS NAME
AND GIVE HIM BACK THE TIME HE'S DONE.
PUT IN A PRISON CELL,
BUT ONE TIME HE COULD-A BEEN
THE CHAMPION OF THE WORLD

MA NON SARÀ FINITA FINCHÉ
 NON GLI RIDARANNO IL SUO NOME
E IL TEMPO PERSO
MESSO IN UNA PRIGIONE,

MA UN TEMPO LUI AVREBBE POTUTO ESSERE
IL CAMPIONE DEL MONDO


La testina del giradischi andava a vuoto, il disco era terminato ma di Ryo e Kaori non c’era più traccia.
Nel silenzio della casa si udirono solo dei “rumori” provenire dalla stanza da letto.
Segno tangibile che Ryo si era ripreso in mano la sua vita e voleva andare avanti dimenticando quella brutta storia.
Che cosa fosse successa quella volta, se l’era domandato molte volte, ma non era mai riuscito a capire se era realtà o finzione.

Realtà o Finizione?
Nessuno lo sapeva!
Il dilemma continuò a esserci e alla fine per non impazzire, Ryo arrivò alla conclusione che forse un giorno il destino gli avrebbe fatto capire se quella strana avventura era stata un incubo un po’ troppo reale, o una realtà diventata incubo.

In ogni modo ora era felice e avrebbe vissuto ogni giorno amando la propria donna e prendendosi il meglio dalla vita.
Forse un giorno avrebbe avuto una famiglia dei bambini e dei nipoti. Non lo sapeva, avrebbe lasciato che il destino facesse il suo corso senza ostacolarlo in alcun modo e avrebbe reso felice la sua donna.



* soprannome di un famoso pugile anni 30-40
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Non ho mai il modo di ringraziarvi e vorrei farlo ora. Grazie per aver letto questa storia.
Anche io non conoscevo bene la storia di Rubin, mi basavo solo sulla canzone di Dylan e su quello che mi aveva detto mio padre. Poi un giorno riascoltandola dopo tanto tempo come un flash è arrivata questa storia. Il tema della pena di morte non se ne discute mai poichè ritenuto tabù ma è una cosa reale come ritrovarsi in carcere per un reato mai commesso, perchè sei un personaggio "scomodo".
Tre potenze mondiali come l'America, la Cina e il Giappone hanno ancora la pena di morte.
La Cina l'ha inserita nella costituzione, ritenendo l'ingnezione letale più dignitosa.
In America sappiamo bene cosa succede e forse grazie ad Obama avremo dei cambiamenti (Sempre che non faccia la fine dei due Kennedy).
Quello che però più sconvolge è il Giappone.
Nazione vista da noi come qualcosa di magico come il luogo della nostra infanzia e il luogo dove vorremo andare sulle tracce dei nostri miti ed eroi.
Nazione industrializzata al massimo ma ben lontana dalla civiltà. Perchè in un paese dove vige la forca non è un paese civile.
L'inciviltà sta soprattutto nel fatto che l'esecuzioni avvengono in questo periodo, Settembre, durante la pausa parlamentare per evitare dibattiti etici e crisi di governo.
Il condannato sa di morire un ora prima e non potrà mai vedere il suo avvocato e i familiari, che verranno a conoscenza della sua morte, dopo l'esecuzione. Naturalmente nessuno di loro può assistere all'impiccaggione.
Amnesty International ha istituito una moratoria per la pena di morte e questi paesi preferiscono pagare pur di non eliminare questa barbara usanza.
Info: PeaceReporter,Nessuno Tocchi Caino,Amnesty Italia
   
 
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