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Autore: Calime    01/04/2022    1 recensioni
[Vita all'Università - Missing Moment un po' what if ambientato tra i primi 3 episodi | Accenni Castiel/Ambra come friends with benefits e un lievissimo accenno all'anoressia di Ambra]
Castiel curva le labbra con scetticismo. Da quando ha rivisto colei che gli ha ispirato la prima canzone come autore completo, colei che l’ha lasciato al telefono, colei che gli ha recriminato di non amarla abbastanza quando lui, invece, ha fatto di tutto per rendere incrollabile la loro storia nonostante la distanza, pensa che null’altro possa stupirlo, né distruggerlo di più.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I guess it's one of those nights'
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Chissà come ti passa addosso questa notte





E poi mi appari quando
meno me l’aspetto, un dolore sordo
e quasi controtempo
E poi ti sento in bocca
come il sangue dentro e vado fuori giri,
è come un tradimento

Daniele Barsanti – Fuori dai locali

*

Quanto velocemente possano correre le notizie, Castiel l’ha imparato da tempo e spesso a proprie spese. Viaggiano di bocca in bocca e di social in social così in fretta che è impossibile arrestarne la diffusione. Basta una parola, una frase, e non c’è mistero che possa essere tenuto oscuro tanto a lungo, soprattutto a chi, come lui, è ormai abituato a sentirne di tutti i colori, in special modo sul proprio conto; è il rovescio della medaglia del successo, del suo più profondo e sincero desiderio di far conoscere al mondo la sua musica.
Poiché ha imparato presto a subodorare l’atmosfera di chi ha intorno che si sente irrequieto. Sa, lo vede, lo sente: c’è il luccichio degli occhi di Rosalya e di Alexy, c’è il sorrisetto sornione di Ambra, c’è la faccia ancor più di bronzo di Priya. Gli amici sembrano proiettati in una bolla di felicità in cui non è stato riservato posto per lui.
Probabilmente, se non avesse torchiato Ambra fino a farle sputare il rospo, Castiel avrebbe saputo del ritorno di lei soltanto in quel momento. Soltanto quando, in mezzo alla folla di studenti dell’Università Anteros davanti al cancello, ha scorto una figura di spalle che, seppur diversa nel taglio di capelli, un po’ nella corporatura, gli è comunque familiare. Quella camminata, quella disinvoltura, quel modo di gesticolare, sembra tutto assurdamente familiare.
Castiel si ferma per far disperdere la calca. È così che vuole raccontarla e non ammetterà mai il contrario, non dirà mai di essersi trovato schiacciato tra certezza e ragionevole dubbio, tra istinto e ragione.
Quando lei volge il viso lateralmente, riconosce quel profilo che è così simile a tanti altri ma appartiene a lei sola. Lei che procede lentamente verso l’edificio di Arte, al fianco di un’allegra Rosalya. Ridono insieme, come ai vecchi tempi, come se fossero le due liceali inseparabili di una vita fa, come se fosse rimasto tutto immutato, fermo a quattro anni fa.
Ma il tempo è trascorso, altrimenti quel sussulto, quell’accelerazione del battito cardiaco, quell’affanno nel respiro e la gola stretta e il sangue che si ghiaccia nelle vene non avrebbero avuto luogo.
È solo sorpresa, non è dolore. Castiel si rifiuta di provarne ancora.
È anche delusione e amarezza. Lei sembra felice – e perché avrebbe dovuto essere altrimenti?
E sa di quella disperata rabbia che ha dovuto ingoiare tre anni fa, che ha poi tentato di affogare qualche sera dopo nell’alcol e che, infine, ha vomitato in una canzone – Lips of ashes è ancora molto trasmessa dalle radio locali.
Castiel distoglie lo sguardo e riprende il controllo di sé. Nulla è accaduto, la terra non ha appena tremato e così lascia che lei passeggi indisturbata, ignara, con Rosalya, lascia che continui a porre altra distanza, infiniti metri tra loro. Infiniti metri che non sarebbero mai stati abbastanza ma che, in realtà, non sono che pochi, talmente pochi rispetto ai chilometri che li avevano separati al trasferimento di lei in un’altra città.
Adesso quella distanza sembra così percorribile che a Castiel sarebbe servita una manciata di minuti a macinarla. Non ore.
Sarebbero servite poche falcate. Non un treno.
Castiel abbassa lo sguardo sul braccio allungato e la mano distesa. Rivolge il palmo vuoto ai propri occhi chiedendo se davvero sia rincoglionito fino a tal punto, a tal punto da sentire i capelli di lei passare attraverso le falangi e solleticargli l’epidermide. Chiude il pugno e sente tirare quei fili sottili, li sente aggrovigliarsi attorno e spandere nell’aria il loro profumo, il profumo di lei.
È di lei anche la risata che gli esplode in testa – e forse è lì davvero, è nelle sue orecchie, sebbene lontana. Quella risata dolce e carezzevole che fuoriusciva da labbra al sapore di albicocca, al sapore di cenere.
Ma il passato è passato.
Il passato non ritornerà.
Così come lei, che non è tornata per lui.

La schiuma della birra comincia ad esaurirsi e sembra domandargli perché l’abbia ordinata se non ha alcuna intenzione di berla.
Castiel aggrotta la fronte e tamburella le dita sul tavolino del pub. Ambra è in ritardo ma è sicuro che l’abbia avvisato per messaggio, quello che non ha letto al suono di ricezione della notifica. Può aspettare, non ha alcuna fretta, né intenzione di uscire dal conforto dello Snake Room con la sua musica assordante, il chiasso dei clienti e il tintinnio dei bicchieri colmi di colorati drink.
Pensa sia un’ottima occasione poter suonare nel locale più famoso e frequentato della città, un bel trampolino di lancio per i futuri progetti che presto avrebbero lanciato i Crowstorm. I poster sono già affissi ad ogni angolo delle strade, in centro e in periferia, e alle bacheche degli edifici dell’Università. Radio e quotidiani locali li vogliono per interviste esclusive e persino il rigido professore di Storia della Musica si era complimentato con lui per il risultato raggiunto.
Chissà se…
«Mio dio, Castiel! Ti è-No, fingi che non l’abbia detto».
Castiel sbuffa una risata alla sentita costernazione nella voce dell’amica. Certo, il suo fedele compagno di vita, Demon, non c’è più ma una semplice battuta non avrebbe riaperto alcuna ferita. Apprezza comunque il suo sforzo e la sua gentilezza e la giustifica, poiché immagina di avere un’aria davvero pessima.
Alza gli occhi scrollando le spalle.
«Dovresti chiederlo a tuo fratello».
Ambra schiocca la lingua affermativamente, getta la borsa a bordo tavolo e si siede di fronte a lui. Adocchia la triste birra e arcua un sopracciglio perfettamente pettinato, arricciando le labbra di un pesante e scuro rossetto; l’impeccabile make-up, che la fa apparire patinata come la copertina di Vogue, è la prova che il suo ritardo è dovuto al lavoro.
«Non la bevi?» gli chiede.
Castiel spinge il bicchiere verso di lei con un mezzo sorriso. «Serviti pure».
La modella non se lo fa ripetere due volte e ne prende una generosa sorsata, sospirando appagata al sentore dell’alcol che le risveglia bocca e gola.
«Brutta giornata?» investiga lui, notando la sua ingordigia.
Ambra emette un brontolio. «Sono solo stanca».
Castiel annuisce con un cenno di comprensione. Sebbene stiano inseguendo due carriere differenti, il mondo della moda e quello della musica hanno in comune l’equazione della fama e ciò comporta duro lavoro e sacrificio.
La invita a prendere gli stuzzichini, intoccati come la birra, ma lei li osserva distrattamente e li lascia lì, all’aria a sfumarsi.
Castiel sospira tra sé: almeno, ha fatto un tentativo.
«È orrenda. Calda e sgasata» borbotta Ambra, ingurgitando l’ultima goccia di bevanda. «Da quanto sei qui a piangerti addosso?»
Lui le lancia uno sguardo di disappunto. «Sei tu che sei in ritardo».
«Ti ho scritto» risponde piccata. «Tu non mi hai risposto».
Castiel incrocia le braccia al petto e le caviglie sotto al tavolo, allungando le gambe accanto a quelle di lei. Non replica.
Ambra appoggia un gomito sul tavolo e gli si avvicina. Inclina il viso di lato, accomodando il mento sul palmo del braccio piegato. I boccoli biondi e il perlaceo incarnato le danno l’aria innocente di una bambola, che stride con il guizzo malandrino negli occhi verdi.
«Facciamo che io ti racconto cosa mi è successo stamattina e tu mi dici chi è morto» propone.
Castiel raddrizza la postura mimando il suo stesso sorrisino. La conosce sin dall’infanzia e negli ultimi anni il loro rapporto si è così solidificato da consentirgli di leggerla meglio del suo gemello.
«Qualcosa mi dice che non vedi l’ora di dirmelo, quindi no. Niente giochini».
Ambra, infatti, sbotta stizzita: «Quanto ti diverti a distruggere tutto il mio entusiasmo…»
«Avanti» la sprona lui. Non gli è mai piaciuto tergiversare.
L’amica si riaccomoda in modo più composto sulla sedia. «Ho bisogno di bagnarmi la gola».
Castiel rotea gli occhi al cielo per quel modo di fare da reginetta del liceo, che non ha mai abbandonato e ben si sposa con la carriera da top-model che ha intrapreso, e chiama il primo cameriere che passa accanto al loro tavolo.
Servono pochi minuti – ed è un bene che lo staff sia così efficiente, data la mole di persone che si troveranno a gestire la sera del concerto dei Crowstorm – perché entrambi si trovino serviti: una nuova birra per sé e un bicchiere di raffinato rosso per lei. Dopo che brindano alla loro, Castiel finalmente approfitta dell’alcol e sospira soddisfatto: la serata è rientrata sui giusti binari.
Ambra ridacchia. «Non ci crederai mai» comincia per intrigarlo.
Castiel curva le labbra con scetticismo. Da quando ha rivisto colei che gli ha ispirato la prima canzone come autore completo, colei che l’ha lasciato al telefono, colei che gli ha recriminato di non amarla abbastanza quando lui, invece, ha fatto di tutto per rendere incrollabile la loro storia nonostante la distanza, pensa che null’altro possa stupirlo, né distruggerlo di più.
Al suono del nome di lei, pronunciato dalla voce giuliva di Ambra, abbassa gli occhi sulla birra e si riscuote in tempo per riportarla alle labbra e dentro la propria gola.
«È tornata davvero. Era con Rosa, ovviamente. A vederle insieme mi è sembrato di tornare al liceo!» Ambra ride ricordando i burrascosi trascorsi che ha avuto con la Wonder Woman della loro scuola. «Avresti dovuto esserci! Mi ha guardata come se avesse visto un fantasma».
Castiel, nonostante tutto, è contento di vederla quasi piangere dalle risate e cerca di condividere la sua gioia. «Immagino» commenta, ma Ambra ormai parla a briglia sciolta e non lo ascolta.
«Non so cosa si aspettasse da me».
«Che le tirassi i capelli?» scherza lui.
Ambra approva la battuta. «Sono passati quattro anni! Non sono più quella peste».
«No», Castiel scuote la testa con aria sorniona e quel sorrisetto dice più del tono canzonatorio.
Lei, infatti, lo colpisce sulle gambe con un calcio e il tacco della scarpa fa più male di quello che lui ricorda. Ovviamente, sebbene il volto gli si contragga dal dolore, l’amica non ne è minimamente dispiaciuta e riprende come nulla fosse accaduto.
Per un bel quarto d’ora Ambra si perde a raccontargli il minimo dettaglio e qualsiasi commento le venga in mente di quell’incontro e, alla fine, ha un quieto sorriso a illuminargli l’espressione.
«Quindi avete sotterrato l’ascia di guerra?» Castiel non può fare a meno di punzecchiarla.
Ambra scrolla le spalle. «Eravamo due bambine allora. Adesso siamo due persone adulte e diverse».
Diverse, sì.
Castiel la invidia. Di sicuro, Ambra poteva dirsi totalmente trasformata, ma come fa a dirlo di lei?
Il solo fatto che lei non l’abbia cercato lo fa dubitare, sebbene anche lui è cambiato dai tempi del liceo. Ha dovuto imparare a gestire il temperamento caldo e l’impulsività che lo rendeva inviso alla maggior parte degli studenti, scoprendo così un lato di sé stesso più quieto e riflessivo e che è stato, ed è ancora, il propulsore di una fertile vena creativa. Neppure Lysandre ha mai avuto da ridire sui brani dei Crowstorm che portano il proprio nome tra gli autori di testo e musica.
«Ehi». Ambra lo riporta con i piedi a terra e lo osserva con attenzione e un pizzico di apprensione. «Stai bene? Non ti ho infastidito con il mio racconto, vero?»
Castiel scuote la testa. Non fa fatica a credere alle sue parole, allo sgomento di lei che l’amica ha tanto accuratamente descritto, e sicuramente ingigantito. Chiunque avrebbe reagito allo stesso modo, se avesse incontrato la Ambra del liceo e quella attuale senza aver assistito ai piccoli cambiamenti che negli anni l’avevano resa più seria. Il divorzio dei suoi genitori e il trasloco di Nathaniel l’avevano sconvolta e fatta soffrire terribilmente.
Non può capire fino in fondo cosa abbia provato in quel frangente, poiché i suoi due vecchi sono sempre via, in viaggio per lavoro, e, quando rientrano, lo forzano a mettere in scena la recita della famiglia felice. Castiel fa, ogni volta, buon viso a cattivo gioco e perché, in fondo, vuole loro bene anche se ha dovuto imparare presto a bastarsi da solo e a non chiedere. Ha imparato a non attaccarsi troppo alle persone.
E poi, un giorno, è arrivata lei.
E ora sa cosa si provi ad assistere, impotente, allo sgretolarsi di ciò che di più prezioso si ha tra le mani.
«È acqua passata» la tranquillizza. Ormai, non prova più niente.
Allora, perché è così turbato?
È come un pugno allo stomaco e non ha alcun senso che le rimproveri di essere tornata in città senza avvisarlo, come se dopo tre anni di mutismo e di finzione – “sto bene” ripeteva quando non riusciva nemmeno a dismettere l’abitudine di guardare il cellulare alla ricerca di un messaggio o una chiamata mai giunti – lei gli dovesse qualche spiegazione.
O delle scuse.
Per cosa, poi?
Sono inutili, non le vuole, è nauseato al solo pensiero della pietà che avrebbe trovato nella sua voce.
Aveva avuto ragione lei: perché mantenere un rapporto a senso unico?
Il palmo caldo di Ambra copre la propria mano e lo distoglie dai ragionamenti.
Castiel riporta lo sguardo sui suoi occhi e abbozza un sorriso stanco: tende spesso a dimenticare quanto anche lei fosse migliorata nel capirlo.
«Ti va di venire da me?» lo invita. «Per questa settimana sto ancora in hotel e c’è una vasca idromassaggio che devi assolutamente provare».
Castiel si crogiola nelle carezze della sua mano, delle sue dita che disegnano piccoli e stuzzicanti cerchi sul proprio dorso, e nell’allettante proposta. Non è la prima volta che valicano i confini platonici dell’amicizia, portandoci dentro anche la parte più fisica e sessuale di un rapporto, e trascorrere la notte a fare sesso senza fisime mentali, né sentimenti ingombranti ed ingestibili in mezzo, ma per il semplice gusto di trovare appagamento carnale dalla reciproca compagnia, magari fumando una sigaretta dopo, è certo sia quello che gli serva in quel momento.
Ma ha il cervello in cortocircuito e non riesce ad afferrare il capo di quella matassa in cui si è intrappolato. Così scombussolato, quel risvolto di serata avrebbe dato giovamento soltanto a lui e lei è Ambra, l’amica di una vita.
«Questa volta passo» rifiuta.
Ambra scosta la mano e stende le labbra in una linea mesta. «Sei cambiato anche tu, Cassy».
Castiel la fulmina con lo sguardo. «Prova a ridirlo e ti faccio pagare il conto» sibila, rabbrividendo dal disgusto per quel nomignolo che solo sua madre usa.
«Stavo scherzando» si giustifica lei, pacatamente. «Volevo dire che una volta ne avresti approfittato».
Lo sfiora appena l’ipotesi che Ambra avesse voluto distrarlo, a prescindere dall’indole capricciosa che ogni tanto le piace riportare alla luce, ma mantiene salda l’espressione arcigna.
Lei sospira, portando le mani avanti in un gesto di resa. «Va bene, va bene. Ho capito. Ci vediamo domani, okay?» Raccoglie la borsa e si rimette in piedi. Da vera diva compie qualche passo verso l’uscita, prima di far finta di ricordarsi e girarsi verso di lui. «Grazie per l’alcol e la compagnia».
Castiel solleva la mano a mo’ di saluto, scuote la testa e mastica una risata.
Certo. Come sempre.

La sigaretta, alla fine, riesce a fumarla comunque. Non ha null’altro da fare per passare il tempo e gli serve da scusa per attardarsi davanti al dormitorio dell’Università Anteros. Il fumo fa il suo dovere e lo rilassa abbastanza da zittire la vocina in testa che continua a riprenderlo per quella bassezza umana, quella debolezza che lo inchioda lì, come il grandissimo coglione che non pensava di essere. Ha iniziato a martellare allo Snake Room da quando ha scollato il culo, ormai appiattito, dalla sedia e ha proseguito con più forza quando, dopo essere uscito dal locale, si è diretto dalla parte opposta rispetto a casa propria.
E adesso che si confonde al ronzio dei lampioni non è meno fastidiosa.
Castiel non sa bene cosa spera di ottenere da quell’appostamento. Forse di forzare la mano al caso, o di trovare qualcosa che lo spinga ad andar via. Forse, abbandonare il locale non è stata una delle sue idee più brillanti: la serata stava entrando nel vivo e, se non con Ambra, avrebbe presto trovato distrazione e calore tra le cosce di qualcun’altra.
Invece, sta lì a prendersi in pieno la frescura della notte e già sente la ramanzina che i suoi compagni di band gli faranno l’indomani, al primo accenno di raucedine o tosse.
L’oscurità, interrotta da sporadici punti di luce, lo nasconde alla vista degli studenti di rientro dai bagordi, così che lo oltrepassino senza riconoscerlo e, di conseguenza, disturbarlo. Castiel espira il fumo in una nuvola seccata. La sigaretta sta finendo e lui non ha voglia di farsene un’altra.
Ambra ha detto che lei adesso alloggia in una di quelle camere. Se lui ancora non l’ha vista passare significa che è dentro, oppure che è ancora fuori.
Sa bene di star dando il peggior spettacolo di sé stesso e ringrazia l’assenza di testimoni, ma c’è questa curiosità che non riesce a scrollarsi di dosso. Una malsana curiosità di sbucarle alle spalle e dirle “ehi, io sono qui”.
Ehi, io sono sempre stato qui.
Chissà se lei avrebbe avuto la stessa reazione comica, come è capitato ad Ambra? L’immagine gli fa produrre un riso sarcastico e scrolla le spalle, scuote la testa per scacciarla. È del tutto inverosimile che accada.
Gli piacerebbe soltanto vedere la faccia che lei avrebbe fatto. Vorrebbe leggere nei suoi occhi tutte le sfumature di emozioni che l’avrebbero attraversata – sorpresa, malinconia? Vorrebbe vedere se la sua bocca si sarebbe aperta e chiusa in una linea neutra, se avrebbe formato un sorriso imbarazzato.
La voce di lei avrebbe pronunciato il suo nome con gioia, oppure con disprezzo? L’avrebbe salutato come un vecchio amico? Come uno sconosciuto?
Non gli pare verosimile, ma tant’è… Ha creduto di meritarsi un messaggio di circostanza, di interesse anche simulato, un “ciao, sto tornando in città, magari ci si incontra in giro”, che invece non è pervenuto.
Come sono i ricordi che lei ha di lui? Lo ha così totalmente e facilmente rimosso dalla sua vita?
Tre anni sembrano abbastanza per farlo, per passare oltre i taglienti pezzi di vetro in cui si è frantumata la loro storia. Castiel a volte si era ritrovato a calpestarli per sbaglio, venendone trafitto.
È stato lo stesso per lei?
E, cazzo, perché gli importa così tanto?
Non riesce proprio a digerirlo. Non riesce a digerire il fatto di aver davvero contato così poco per lei, così poco da non aver avuto il tempo di reagire allora, troppo abituato ad evitare i legami, né che lei abbia avuto così poco a cuore quello che c’era stato tra loro.
Castiel impreca e butta la cicca nel cestino. Fa il giro del fabbricato poiché è stato tante volte lì, a trovare colleghi e amici, e la camera di lei non dà sulla facciata in cui si trova l’entrata principale dello studentato. E, merda, ormai che è lì… perché no?
Più in basso di così non potrebbe cadere, no?
Chissà perché lei non sta nel vecchio appartamento in città, con i suoi genitori… Non che siano affari suoi. Se lei ha preferito quella sistemazione, a Castiel va bene così, anzi, non gliene può fregar di meno.
Anche lui ama la privacy e i comfort del proprio loft e non avrebbe scambiato quell’indipendenza per nulla al mondo.
Castiel rivolge lo sguardo in alto. La finestra della stanza è quella proprio sopra la sua testa, al primo piano, e la luce è accesa.
Sarebbe bastato lanciare un sasso per colpire il vetro, come in quegli stupidi film che lei ogni tanto amava guardare, e forse si sarebbe affacciata.
Cosa abbia di romantico quel gesto gli è sempre sfuggito. Pare più la mossa di un disperato.
Non che stare fermo lì sotto possa definirsi altrimenti.
Si lascia andare ad una risata isterica, come se fosse ubriaco sebbene avesse consumato quell’unica birra in compagnia di Ambra. È l’effetto del freddo, che finalmente gli è entrato nelle ossa e soprattutto nel cervello, e della vocina insistente della propria coscienza, che d’un tratto non gli sembra più così sciocca.
Avrebbe dovuto prestarle ascolto prima.
Un altro scoppio di risate amare lo scuote mentre si immagina di chiamare quel numero che ha ancora in rubrica, immagina di dirle di chiudere qualsiasi puntata di una di quelle interminabili serie tv che lei si ostina a seguire, perché lui sa che è sveglia, perché lui è lì, giù, perché sa che è tornata nonostante il suo silenzio, ed è certo che lei non abbia altro di meglio da fare e allora può portarla lui in giro per la città, che è un po’ diversa da quando lei l’ha vista l’ultima volta; possono bere qualcosa allo Snake Room, possono fare tutto e niente.
Possono ridere insieme, come due amici, come due conoscenti. Come se non ci fosse stato niente tra loro, come se non avessero troncato bruscamente una relazione traballante senza neanche tentare di ricostruirne le fondamenta.
Castiel può fingere, è sempre stato bravo a mascherare i sentimenti, né ha niente di cui pentirsi, neppure scuse da farle. Lui c’è stato e ci sarebbe stato ancora.
Lei no, non ci ha nemmeno provato, ha preferito scomparire e ignorarlo.
E Castiel ha una band da portare avanti, da portare al successo, e non vuole, non può, permettersi distrazioni. Se è così che gestisce le delusioni, allora avrebbe fatto prima a cambiare mestiere.
Così, gira i tacchi, le mani nelle tasche della giacca, e si allontana.
Sotto le dita ha il pacchetto di sigarette e, fintanto che è ancora all’aria aperta, gli conviene approfittare e occupare proficuamente il tempo che ha a disposizione per raggiungere casa.

Che cazzata fingere di sapere come dimenticarsi e basta.




















Grazie per aver letto ♥
Dopo aver dato voce al punto di vista della Dolcetta (che potete leggere QUI oppure aprendo la serie), mi è ispirato quest'altro momento dal punto di vista di Castiel. Anche se è una sorta di prequel del suddetto missing moment, non è nato come tale e può essere letto anche senza conoscere l'altro.
(Il titolo è preso dalla stessa canzone della citazione)





   
 
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