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Autore: Sasita    02/04/2022    1 recensioni
"You changed me Dean... because you cared, I cared. [...] I love you"
Storia post series finale, dove finalmente Dean fa i conti con i suoi sentimenti e con l'angelo che ha cambiato, e l'ha cambiato, per sempre.
Tutti noi vorremmo che l'ultimo episodio non fosse mai stato girato, almeno non in quel modo. Dean in paradiso, in attesa di Sam, una distanza imbarazzata tra tutti i personaggi e un grande, sofferente, insostenibile vuoto. Non bastano un sorriso e un sospiro alla menzione di Castiel a colmare la lacuna lasciata dalla sua assenza, a dare pace a un tormento che si protraeva da fin troppi anni, e che troppo a lungo ha accompagnato Dean e Castiel nella scoperta di sé stessi, e del loro vero essere. Ma se tra il momento in cui Dean ha salutato Bobby in Paradiso per mettersi in viaggio, e quello in cui Sam l'ha finalmente raggiunto, non fosse passato così poco come l'episodio lascia intuire? Il tempo passa diversamente in Paradiso, ma Dean non può scappare da sé stesso, e non può scappare da colui che, per undici anni, l'ha amato e protetto sacrificandosi per lui senza remore.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Are you gonna kiss me or not?

 

 

La sensazione dei primi granelli di sabbia tra le dita dopo anni fu un dolce solletico per l’anima di Dean. Con il sole basso che si rifletteva sulla superficie del mare, lo sciabordio delle onde che si infrangevano sulla battigia e il cinguettio degli uccelli che gli risuonavano nelle orecchie, l’atmosfera era quanto più paradisiaca si potesse immaginare. L’uomo si era  tolto scarpe e calzini prima ancora di arrivare alla spiaggia, poi si era arrotolato i jeans fino al ginocchio e sfilato la camicia, rimanendo con una t-shirt dei Led Zeppelin e un sorriso enorme stampato sul viso. Castiel, da parte sua, si era fermato al limitare della gola, in piedi su una roccia, impettito e immobile.

«Che diamine fai, Cas! Vieni a goderti la sabbia…», gli gridò Dean saltellando verso la risacca come un bambino.

Castiel si lasciò andare a un sospiro scettico e si sporse un po’ verso la spiaggia, testandone la compattezza per poterci camminare sopra.

Dean non lo stava neanche guardando. «E togliti le scarpe… solo gli psicopatici stanno al mare con le scarpe!»

L’angelo roteò gli occhi, sconsolato. «E va bene…», concesse. Si chinò e si sfilò gli stivali e poi i calzini, e imitando Dean si arrotolò i pantaloni del completo finché non furono troppo stretti, attorno al polpaccio. 

«Anche impermeabile e giacca, a meno che tu non voglia bagnare quel tuo bel completino…», lo schernì l’uomo, lanciandogli un’occhiata oltre le spalle con il suo tipico sorriso divertito.

Castiel sollevò un sopracciglio, guardandolo di sbieco. «Dean, non ho intenzione di—»

Non finì la frase; Dean-simpaticissimo-Winchester si avvicinò all’onda in arrivo e gli tirò uno schiaffo nel tentativo di schizzare il serafino, con il solo risultato di bagnare sé stesso e raggiungere l’altro solo un paio di gocce salate sulla faccia contrariata.

«Dean», lo redarguì Castiel nascondendo un sorriso.

L’uomo rise e si lasciò andare a un piccolo urlo euforico. «Che spettacolo, erano anni che non mi godevo una cosa del genere…»

L’angelo, vedendolo così felice e spensierato, cedette; si tolse in un solo gesto impermeabile e giacca, si allentò un po’ di più la cravatta e poi, sfiorando i propri avambracci con lo sguardo, decise di arrotolare le maniche della camicia fin sotto ai gomiti. Dean, che lo stava guardando distrattamente, si bloccò sul posto e lo guardò da capo a piedi, leccandosi inconsapevolmente le labbra.

Castiel allargò le braccia e gli fece un sorriso. «Meglio?»

Il ricordo di un momento molto simile risvegliò in Dean la medesima reazione. Strinse le mani, spostò il peso da un piede all’altro e deglutì, annuendo piano. Era così poco abituato a vedere lembi di pelle di Castiel, che quel solo, piccolo cambiamento nel suo aspetto gli faceva venire le vertigini.

«Ottimo», disse l’angelo, saltando sulla spiaggia a piedi uniti e avvicinandosi a Dean in pochi passi. «Allora, cosa vorresti fare?»

L’uomo era ancora un po’ inebetito, ma si riscosse e sorrise mostrando i denti, si guardò intorno e ci pensò un po’. «Costruiamo un castello di sabbia?»

Castiel alzò gli occhi al cielo. «Dean…»

«Oh, ma dai… che ci siamo venuti a fare quaggiù altrimenti?»

L’altro arricciò le labbra e sollevò le mani in segno di resa. «Avrei dovuto prevedere dei costumi da bagno, ci sporcheremo tutti i vestiti…»

Dean lo guardò con un sopracciglio alzato, già chino a terra a raccogliere la sabbia con le mani. «E quindi?»

«E quindi…», lo scimmiottò Castiel, «…i vestiti bagnati e sporchi di sabbia diventano scomodi»

«Toglili allora», gli suggerì l’uomo. Era una proposta istintivamente innocente, ma non appena gli uscì dalla bocca arrossì, e tossì per dissimulare, riportando velocemente gli occhi sulle sue mani.

Castiel non colse la provocazione, o forse la ignorò semplicemente. Imitando Dean, si chinò e poggiò un po’ titubante le ginocchia nella sabbia. L’uomo gli lanciò uno sguardo oltre le sopracciglia, sorridente e allegro. «Tu costruisci il fosso, e io faccio il castello centrale…», suggerì.

«Non so di cosa stai parlando…»

Dean schioccò le labbra. «Hai mai visto i castelli medievali?»

«Certo, Dean, ho migliaia di anni…», rispose l’angelo roteando gli occhi.

«Sì sì, okay, come ti pare… comunque, un bel fosso per gli alligatori, un ponte levatoio… che ovviamente non si eleva, visto che è fatto di sabbia, ma potresti farlo con un… una corteccia o qualcosa del genere…», più parlava e più sembrava euforico come un bambino, «E poi… e poi mettiamo della lavanda per fare i pennacchi sulle torri e usiamo le conchiglie e i sassi per impermeabilizzare il fondo del fossato e facciamo un canale per farci arrivare l’acqua del mare e poi…», si guardò intorno, «…sì e poi costruiamo una cinta muraria e… deve essere enorme!», concluse mimando con le braccia una cupola gigante.

Castiel rise, e annuì, mettendosi al lavoro. Iniziò a scavare con le mani, e quando Dean non lo guardava si aiutava un po’ con la sua grazia. Un po’ più fondo qui, un muro un po’ più dritto lì. Quando l’uomo si alzò e si mise a correre verso le piante sul limitare del piccolo golfo per raccogliere qualche ramoscello di lavanda, Castiel passò le mani luminose sopra il castello un po’ goffo e storto che Dean aveva tirato su con le sue mani, e lo rese più stabile e grande. Il Winchester era così preso dal gioco che non capì l’aiuto angelico che il serafino stava dando alla realizzazione del suo “castello dei sogni”, e di contro Castiel non ne fece menzione. Anzi, si lasciava guidare dalle decise direttive architettoniche di Dean, che gli chiedeva di fare questo e quello, di tirare su una torretta qui e smussare una parete si sabbia là, mentre lui faceva su e giù dalla battigia per raccogliere l’acqua nelle mani, che puntualmente arrivava dimezzata, colandogli su tutti i vestiti già umidi e insabbiati.

Con la brezza e l’aria salmastra i capelli di entrambi erano già pieni di sale e sabbia, tutti spettinati e inzaccherati. Alla fine Castiel aveva abbandonato ogni remora e si era seduto prima a gambe incrociate, poi lungo disteso a pancia in giù sulla spiaggia, per guardare bene nei buchi per le porte del fortino e assicurarsi di aver fatto degli archi perfetti. Dean, da parte sua, guardava guizzare i suoi muscoli dissimulando l’attrazione dietro battute maldestre, prendendolo in giro per come si contorceva per realizzare tutte le sue richieste. Ovviamente, provocato dalle sue beffe, l’angelo faceva di tutto per esasperare ogni movimento e provocare in Dean delle risate sincere. Pochi suoni nell’intero universo lo rendevano più appagato della melodia della sua felicità. E lo stesso valeva per Dean. Passarono così tutto il tardo pomeriggio, a motteggiarsi e ridere, rivivendo tutti i ricordi più divertenti e felici che avevano passato insieme. 

Quando l’uomo si alzò per cercare la corteccia per il ponte levatoio e qualche sasso e conchiglia per il fosso, Castiel gli lanciò un’occhiata fugace oltre la spalla, poi passò velocemente le mani su tutto il loro operato ormai quasi terminato, e lo rese due volte più grande; appuntì le guglie, squadrò i merli delle torri e dei torrioni e definì le entrate e le uscite, per poi far filtrare l’acqua attraverso la sabbia e riempire il fossato.

«Ehi, Cas che ne dici di ques—», Dean si voltò appena in tempo per vedere il viso colpevole di Castiel che ritraeva le mani e la grazia. «Ehi!», tornò come un tornado verso di lui.

«Io… Dean, scus—»

Ma Dean aveva sulla faccia un’espressione estatica. «Ma è… pazzesco! Quanto più grande puoi farlo?»

L’angelo si sentì sciogliere per lo sguardo ammirazione che leggeva negli occhi dell’uomo. «Non lo so, Dean…», scosse le spalle, «Quanto vuoi, immagino»

Dean saltò con le braccia alzate, «Puoi farlo così?»

Castiel alzò un sopracciglio. «Immagino di sì…»

Mosse una mano, i suoi occhi si fecero più accesi e luminosi, e un fascio di luce proruppe dal suo palmo, investendo il castello di sabbia. Dean lo guardava a bocca aperta, con gli occhi colmi di meraviglia. Ovviamente, aveva visto fare ben altro a Castiel con la sua grazia. L’aveva visto uccidere e guarire, l’aveva visto alzare oggetti pesantissimi, distruggere impianti elettrici e combattere creature primordiali, ma non si era mai davvero soffermato sul suo potere, quasi dandolo per scontato. Ma vederlo così, dargli sfogo per puro divertimento, solo per accontentare un suo capriccio, lo riempiva di incanto e amore.

Quell’angelo del Signore, che aveva fatto ogni cosa in suo potere per lui. Che aveva tradito il Paradiso, che aveva abbandonato il suo credo, la sua fede, che aveva perso i poteri, ucciso i suoi fratelli, si era lasciato abbandonare in Purgatorio, aveva dimenticato sé stesso, era stato ucciso, raggirato, tradito, beffeggiato, schernito, torturato, picchiato, anche dallo stesso Dean, era lì su una spiaggia, con i pantaloni sporchi e la camicia umida, i capelli scompigliati e la grazia al lavoro solo per lui, una piccola e insignificante anima umana che voleva soltanto un castello di sabbia più grande.

«Sai, non ho ricordi di aver mai costruito un castello di sabbia… forse prima che morisse la mamma, ma non riesco a ricordarmelo, e dopo… mai», disse Dean, osservando la loro costruzione farsi più grande e realistica.

Castiel si fermò e abbassò la mano, la luce che gli brillava intorno scemò fino a rientrare completamente nel suo corpo. «Mi dispiace»

L’altro fece spallucce. «C’è una prima volta per tutto…», sussurrò, distogliendo lo sguardo. «È già l’ora del tramonto…», disse poi, accorgendosi solo in quel momento che il sole stava calando a picco sull’orizzonte. 

L’angelo seguì la direzione dei suoi occhi, posandoli lontano, sulla palla gialla che si stava tuffando esattamente al centro della piccola gola, e sorrise. «Anche i tramonti non sono malvagi, qui…», disse compiaciuto.

«Albe rosa e tramonti sul mare? Qui qualcuno si è fatto una cultura pop sulle commedie romantiche…»

Castiel lo squadrò. «Beh, con Netflix e Metatron mi sono sicuramente messo in pari, ma…»

Dean alzò gli occhi al cielo, e le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso. «Sei sempre lo stesso», sospirò. «Imparerai mai a cogliere le battute?»

«Oh»

L’angelo si guardò le punte dei piedi nudi, poi posò di nuovo gli occhi sul litorale. Dean lo osservò per un po’, poi gli si avvicinò quanto bastava per colpirlo piano con una spallata. «Sono felice che nonostante tutto, tu non sia cambiato»

«Me lo hai chiesto tu, Dean»

Il Winchester rise piano, poi si lasciò cadere seduto sulla battigia, le dita affondate nella sabbia e la pelle delle caviglie che veniva sfiorata dall’acqua salata e fresca. Castiel percorse il suo corpo con lo sguardo, soffermandosi sulle sue braccia nude, stese all’indietro per sostenerne il peso, e notò dei piccoli brividi che gli affioravano sulla pelle. In un lampo d’idea, si avvicinò veloce al mare e vi immerse una mano; un bagliore dorato si propago su tutta la superficie. Dean osservò la scena rapito, mentre lentamente sentiva l’acqua che gli lambiva le gambe farsi più tiepida, e infine calda. Gli sfuggì un sospiro beato, mentre guardava la figura di Castiel che si muoveva contro sole, tornando verso di lui con un sorriso soddisfatto sulle labbra. L’angelo si sedette al suo fianco, abbastanza vicino perché Dean potesse percepire il calore che emanava dal suo corpo, ma fin troppo lontano perché le loro braccia potessero casualmente sfiorarsi. Si morse un labbro e in piccoli e quasi impercettibili movimenti gli si fece più vicino.

Castiel si voltò, «Non vuoi il tuo spazio personale?», lo canzonò.

«Nah», mugugnò Dean, stendendosi all’indietro fino a posare tutto il suo peso sugli avambracci.

Il suo sguardo si perse nell’orizzonte, nel tentativo di ignorare la sensazione rovente che gli davano gli occhi di Castiel scrutandolo silenziosi. Il suo cuore immortale gli batteva nelle tempie, nella gola e nei polsi, ed era sicuro che l’angelo lo sentisse bene quanto lui, per quanto fingesse di non farci caso. «Ci vorrebbe un po’ di musica… e un paio di pinte», si sentì dire.

In un fruscio e un fulmineo battito d’ali, Castiel scomparve e riapparve nello stesso punto in cui era, ma con la cassetta delle birre in una mano, uno stereo portatile nell’altra e un largo sorriso sulla faccia.

«Chiedi e ti sarà dato…»

Dean sbatté gli occhi e scoppiò a ridere. «Dove— non c’era uno stereo in casa!»

L’angelo fece spallucce. «L’ho preso altrove…»

«Beh…», disse l’uomo afferrando una birra e stappandola in un gesto meccanico, «…sempre sul pezzo!»

Il liquido gli gorgogliò in gola, e Castiel sorrise guardando i tendini del suo collo che si tendevano. Si stappò una bottiglia per sé e ne prese un piccolo sorso, poi posò lo stereo sulla sabbia e lo accese distrattamente.

«Grazie», disse Dean, tossicchiando piano. Aveva la fronte corrucciata e lo sguardo perso verso il mare.

«Ho solo addormentato un tizio a qualche chilometro di distanza per prendergli uno stereo, Dean, non mi sembra un gran—»

L’uomo rise. «Non di questo, idiota…», lo schernì, rimettendosi a sedere fino a posare le braccia sulle proprie ginocchia piegate. «…dico in generale, di tutto quello che hai fatto per me… per Sammy… per il mondo insomma»

«L’ho fatt—»

Dean tagliò corto con un gesto della mano. «Sì, per me, lo so… ma comunque sia, io non sono che un uomo e tu sei… beh, sei tu…», disse con un cenno del capo, sfiorandolo con lo sguardo. «…e il fatto che tu abbia fatto tutto quanto per me è… difficile da ripagare»

Castiel rimase un attimo in silenzio, titubante. I suoi occhi saettavano dal viso di Dean alla sua mano, a pochi centimetri dalla sua, abbandonata sulla battigia. «Non hai niente da ripagarmi…», rispose dopo un po’, prendendo il coraggio necessario a colmare quella piccola distanza tra le loro dita. Dean fremette al contatto della loro pelle, ma non si ritrasse; ruotò la mano finché i loro palmi non combaciarono, e intrecciò le dita alle sue, sentendone la pressione e assorbendone ogni dettaglio tattile. Mentre osservava le loro mani unite, poteva sentire lo sguardo profondo di Castiel che gli bruciava la pelle. 

In vita erano state molte le occasioni in cui si erano trovati a sfiorarsi, casualmente o di proposito. Si erano scontrati, avevano combattuto, si erano sostenuti a vicenda. Dean aveva messo le mani sul viso di Castiel per sostenergli la testa, gli aveva preso la mano per tenerlo in piedi, e viceversa Cas aveva toccato Dean innumerevoli volte, anche inutilmente, per verificare che stesse bene, per guarirlo. A pensarci a posteriori, l’uomo era convinto di aver spesso abusato di motivazioni futili, di essersi schermato dietro a quelle piccole fugaci e incontestabili ragioni, pur di toccare il suo angelo una volta di più. Si era soffermato tante volte a guardarlo, senza neanche farci caso, o pregando che nessun altro se ne accorgesse. I suoi occhi mille volte gli avevano sfiorato le labbra, la mandibola, la linea curva del collo, le spalle, sentendo dentro di sé il fremito e il solletico della propria pelle che anelava a congiungersi a quella di lui. Ma non l’aveva mai fatto, non si era mai lasciato andare, e adesso che le loro dita erano unite e niente si frapponeva tra loro, nessun freno e nessun pregiudizio, si sentiva un coglione totale nell’essersi fatto sfuggire anni interi insieme a Castiel. Poco male, si poteva pensare, cosa saranno mai pochi anni rispetto all’eternità? Nulla, sicuramente, ma se erano stati abbastanza per far innamorare di lui una creatura immortale, sicuramente valevano più di quanto si potesse credere.

Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Castiel sospirò e strinse un po’ più forte la presa. «È stato nel capanno…», disse, «…è lì che ho iniziato a… percepire… un cambiamento»

Dean lo guardò di sottecchi, in silenzio.

«Avrei dovuto vedere in te solo uno strumento… un guscio vuoto da addestrare per accettare il grande arcangelo Michele», continuò in tono altisonante. Poi scosse la testa, con un sorriso amaro, e si voltò verso Dean, incatenando gli occhi ai suoi. «E invece dal momento in cui ti ho afferrato all’Inferno non ho fatto altro che pensare a trovare un modo per vederti… da umano, diciamo…», rivelò, senza interrompere il contatto visivo. «…non ero tenuto a farlo, a rivelarmi… ma volevo… vederti. Così ho preso questo corpo, ho rubato la vita di quest’uomo, e sono venuto in quel capanno per capire… come mai… come mai sentivo questa pulsione verso di te. Credevo di trovarmi davanti la dimostrazione che gli umani in realtà non sono altro che scimmie ammaestrate, come mi diceva Zacharia… e invece tu hai cercato di contrastarmi e l’unica cosa che ho pensato è stata… “non pensavo che gli uomini potessero essere così stupidi”»

Dean, che si aspettava tutt’altre parole, si dipinse in faccia un’espressione corrucciata. «Ah, beh… non c’è male», rise, e bevve un altro sorso di birra.

Castiel gli diede una strizzata alla mano, tirandola su insieme alla sua davanti ai suoi occhi. «Così stupidi da condannarsi all’Inferno per salvare un altro essere umano, così stupidi da farsi abbindolare da un angelo per diventarne il tramite, così stupidi da… credersi indegni di salvezza, e d’amore, nonostante siano la creatura più bella che ci sia mai stata nell’intera storia della Terra», concluse.

L’uomo arrossì di colpo. La luce danzava sulla loro pelle, colorando d’ambra i lineamenti dell’angelo, dandogli un aspetto ancor più seducente. Le ombre che si creavano sul suo volto ne facevano risaltare gli zigomi e la forma della mascella, enfatizzandone le labbra morbide. Dean si passò la lingua sul labbro inferiore, sforzandosi di staccare gli occhi dalla bocca di Castiel.

«Io credo di aver pensato di non aver mai visto niente di così… incredibile, prima di allora», disse Dean con la voce arrochita.

L’angelo sorrise, continuando a studiare con una strana espressione le loro mani. Dean si sentiva bruciare e fremere, l’acqua che gli lambiva le caviglie era tiepida e piacevole, i raggi solari gli riscaldavano corpo e mente e la brezza profumata lo inebriava. Il cielo intanto era esploso di una miriade di sfumature del rosso e dell’arancione, mentre il sole era per più di metà oltre il confine del mare. Il mondo sembrava un dipinto impressionista, fatto di pennellate e macchie di colore, capace di trasmettere aspettativa da ogni sua angolazione. Dean accarezzò il volto di Castiel con le sue iridi verdi; sfiorò il suo pomo d’Adamo immaginando di passarci le labbra, poi la giuntura scolpita della sua mandibola fino al lobo dell’orecchio. Si sentì deglutire percepì, come a distanza, tutto il suo corpo che si tendeva verso il serafino. Il suo sguardo si posò sulle palpebre rilassate, leggermente abbassate sugli occhi a nascondere i pozzi azzurri che Castiel aveva tutti concentrati sulle loro mani, mentre le apriva e chiudeva per testarne la compattezza e la compatibilità. Immaginò di baciare quegli occhi che tante volte l’avevano guardato fin dentro l’anima, quegli occhi che aveva visto colmi di lacrime, di sangue, di dolore, di ammirazione, di stima, di gioia, a volte, d’amore. Gli sfiorò il naso senza osare toccarlo, poi la guancia e la ruga che si formava al lato della sua bocca tesa in un sorriso concentrato, e si fermò all’incrocio delle sue labbra, immaginandone la consistenza, l’umidità, il sapore.

Fu in quel momento di stasi, tra agitazione e serenità, che Dean riconobbe la canzone che stava casualmente passando alla radio, e si ridestò dalle sue fantasticherie.

«Dimmi la verità… la musica non è casuale, vero?», domandò.

Castiel riemerse dalla sua contemplazione. «Come?»

«La musica… sembra che ogni volta che faccio qualcosa o penso qualcosa venga sempre fuori la canzone più adatta!»

L’angelo corrugò la fronte. «Io… non saprei, Dean, è solo musica… non—»

«Quindi questa è una cosa del tutto casuale?», chiese, iniziando a mugugnare la canzone fra sé e sé. 

 

We were sittin' up there on your momma's roof
Talkin' 'bout everything under the moon
With the smell of honeysuckle and your perfume
All I could think about was my next move

 

«Non capisco, non siamo sul tetto di tua madre e ancora non c’è la luna quindi non vedo che nesso…», contestò Castiel, scuotendo la testa.

Dean allungò la mano libera e gli impose l’indice sulle labbra. Una scarica elettrica gli scosse tutto il corpo. Era stato un gesto istintivo, per far star zitto l’angelo, ma adesso che il suo polpastrello aveva saggiato la morbidezza della sua bocca, sentiva il calore diffondersi in ogni sua parte. Si sentì stranito, con la testa leggera, e quasi non si accorse di starsi piano piano avvicinando. Una forza lo attraeva, qualcosa che non riusciva più a tenersi dentro, ma che allo stesso tempo cercava di frenarlo. Paura e agitazione, desiderio e attrazione, incertezza, tutte gli rimbalzavano in testa, aumentando il suo battito cardiaco.

 

Oh, but you were so shy, so was I
Maybe that's why it was so hard to believe
When you smiled and said to me

 

Dean continuava a canticchiare le parole sottovoce, per sottolinearle. Castiel avrebbe ribattuto, se la mano che l’uomo aveva sulla sua faccia non si fosse mossa, mandando in tilt la sua grazia. Dean osservò tra il compiaciuto e l’incantato mentre vampate di luce entravano e uscivano dalla palle e dagli occhi di Castiel, che aveva iniziato a respirare più velocemente, nel momento esatto in cui dal solo indice anche le altre dita di Dean si erano posate sulle sue labbra. Impietrito, immobile per il solo pensiero che un suo singolo, piccolo gesto avrebbe potuto far ritrarre il Winchester come un gatto selvatico, Castiel rimase in attesa, incapace di trattenere la sua natura angelica dentro il tramite. Non erano passati che pochi secondi, forse anche meno, eppure sembrava un tempo lunghissimo. La mano di Dean ruotò, e le sue dita si spostarono dalla bocca al collo di Castiel, lasciando sul labbro inferiore solo il pollice, che imprimeva un po’ di pressione. L’angelo lasciò cadere le loro altre mani unite e combatté contro l’impulso di inumidirsi le labbra con la lingua. Dean spostò anche l’altra mano sul collo dell’altro, afferendogli tutta la testa fino a sfiorare con i polpastrelli i capelli sulla sua nuca.

 

"Are you gonna kiss me or not?
Are we gonna do this or what?
I think you know I like you a lot
But you're 'bout to miss your shot
Are you gonna kiss me or not?”

 

«Dean… cosa...», sussurrò Castiel, tra l’insicuro e il bramoso.

Lui mosse lo sguardo veloce dalla sua bocca ai suoi occhi, poi di nuovo sulla sua bocca. «Oh, sta zitto, Cas!», ringhiò, passandosi la lingua su entrambe le labbra. 

Fu questione di un istante. L’angelo fu sopraffatto dalla sua natura, la sua grazia proruppe da ogni suo lembo di pelle scoperta, in una vampa dorata che investì anche Dean. L’uomo prese un respiro, chiuse gli occhi e si infranse completamente contro Castiel, che rimase senza fiato.

Le loro bocche si scontrarono come due stelle in collisione, avide, insaziabili e distruttive. Se Castiel sembrava una lampadina ad intermittenza, Dean di contro sentiva tutta la pelle solleticare per le onde di brividi che gli percorrevano il corpo dai capelli alle gambe. La sensazione delle labbra di Castiel contro le sue era qualcosa di diverso rispetto a qualunque altra avesse mai provato: era piacere e sollievo insieme, era liberazione e brama, e amore e violenza. Era necessità pura. Erano quarant’anni di bugie e undici di desiderio represso. Era come l’esplosione di una supernova nel petto, come un fiume in piena che rompe gli argini e si riversa nell’oceano. Dean sentiva il calore del fiato di Castiel nella sua bocca, i loro respiri si confondevano mentre le loro labbra si mischiavano, si cercavano, si assaggiavano. L’uomo percepiva il calore, la densità, la forma di quello che era a tutti gli effetti il bacio che aveva bramato più di ogni altro in tutta la sua intera esistenza. Mai, mai in tutta la sua vita, aveva aspettato tanto per baciare qualcuno. Per fare qualunque cosa volesse a qualcuno, a dire il vero. E mai aveva voluto più ardentemente fare quello che stava facendo con Castiel con chiunque altro prima di allora. Il vigore di quel pensiero lo pervase, spingendolo ad approfondire il bacio. Si sentiva tremare, ma non si lasciò irretire dalla codardia del suo corpo. Strinse le dita sui capelli dell’angelo, e tirò piano, provocando nell’altro un piccolo gemito che gli schiuse le labbra, lasciando a Dean la possibilità di avventurarcisi.

Al tocco della sua lingua, Castiel si risvegliò dalla staticità in cui era caduto nel tentativo di trattenere la sua forza. Dean percepì in un istante il cambio nell’angelo sotto di lui; se prima era lui a sopraffarlo, in meno di un battito di ciglia l’uomo si ritrovò con la schiena a terra, sbattuto senza troppe cerimonie. Le loro bocche erano distanti pochi millimetri, e già sentiva freddo per quel breve distacco.

«Dean», la voce di Castiel era un ringhio sommesso eppure assordante. Sembrava che stesse cercando di parlare a bassa voce, ma invece dalla sua gola usciva un suono profondo e gutturale, tanto potente da far vibrare le pietre che circondavano la spiaggia. L’uomo si sentì scosso nel profondo, le sue palpebre vibrarono rivelando le sue iridi verdi assottigliate dallo spazio conquistato dalle sue pupille colme di desiderio.

«Cas…», rispose. La sua voce era rauca e stranamente flebile, se confrontata a quella di Castiel. 

 

It was the best dang kiss that I ever had
Except for that long one after that
And I knew if I wanted this thing to last
Sooner or later I'd have to ask for your hand

 

L’angelo lo guardò un istante come per assicurarsi che fosse tutto vero, che non sarebbe scappato da un momento all’altro e non si sarebbe risvegliato da un sogno, poi si inumidì le labbra e lo baciò. Ancora e ancora, per un tempo che parve infinito. Dean si sistemò sotto al peso di Castiel, spingendogli le braccia intorno alle spalle e tirandolo ancora di più a sé. Il serafino colse l’invito per premere tutto il corpo contro il suo, e gli afferrò i capelli con una mano. Dean emise un suono simile a un guaito e schiuse le labbra a sua volta; Castiel sembrava impostato sul pilota automatico, come se avesse fatto o immaginato la stessa cosa milioni di volte. La sua lingua sfiorò il labbro inferiore dell’uomo, poi passò oltre, trovando quella di Dean già pronta all’incontro. Si sfiorarono in una scintilla di inaspettato piacere, vampe di luce e calore che si irradiavano in tutta la spiaggia inondata degli ultimi bagliori rossi del cielo. Poi le loro lingue si intrecciarono in una danza bisognosa, e le loro mani corsero dovunque, sfiorandosi le guance, il collo, la cute, le spalle. Dean sentì una mano di Castiel che lo stringeva all’attaccatura del braccio, e piccoli fuochi d’artificio esplosero dietro alle sue palpebre, togliendogli il fiato e provocandogli un piccolo lamento. Castiel se ne accorse, e si ritrasse, spalancando gli occhi.

«Va tutto bene? Io—», l’angelo si guardò intorno, costernato, e si scostò. «—scusami, non so cosa mi…»

«No…», grugnì Dean. «No, no, no, non azzardarti a scusarti per avermi appena dato il bacio più fottutamente incredibile della mia esistenza…», lo sgridò, tirandosi su con un braccio e afferrando Castiel dalla nuca con l’altro. Lo baciò di nuovo, con lo stesso bisogno di prima, ma un po’ meno violenza. Poi l’angelo lo sfiorò di nuovo sulla spalla nuda, e Dean sentì di nuovo quelle fitte, accompagnate da lampi di luce che sembravano voler rivelare qualche immagine confusa.

«Ma cosa…?», chiese, guardandosi intorno per capire se ci fosse qualcosa che lo stava pungolando.

I loro sguardi si incrociarono, poi Dean percorse tutto il braccio di Castiel fino alla sua spalla, poi di nuovo sui suoi occhi blu. 

Castiel aggrottò la fronte, e sembrò pensarci un attimo. «Forse…», intanto la canzone scemava intorno a loro, senza che se ne accorgessero.

Dean non riusciva a staccare gli occhi dalle labbra del serafino; lo vedeva parlare e l’unica cosa che sentiva dentro di sé era il bisogno di rimanere incollato a quel viso per ore. «F-forse?», balbettò, avvicinandosi per baciarlo di nuovo.

Castiel si lasciò coinvolgere dal bacio sempre più delicato e veloce, e spostò la mano sulla guancia di Dean, accarezzandola con il pollice. «Forse…», mugugnò, tra uno scambio di labbra e un altro, «…forse…»

«Si..?», sussurrò Dean contro la sua bocca. 

Nessuno dei due riusciva a pensare razionalmente. Il Winchester sentiva la testa annebbiata, il corpo in tensione, i vestiti che improvvisamente gli sembravano di una scomodità inaudita. Il serafino aveva la sensazione che la sua grazia stesse bruciando ogni centimetro di quel fragile, limitato, tramite umano. 

«Forse…», continuò Castiel. Incapace di formulare una frase in quella situazione, si scostò da Dean definitivamente e gli piantò li occhi nei suoi, poi spostò la mano dal suo viso alla spalla, toccandolo di nuovo a mano aperta. Fu in quel momento che lo vide.

Gli occhi verdi di Dean, al tocco di Castiel, si tinsero d’azzurro ed emisero un bagliore. L’angelo, esterrefatto, allontanò la mano. 

«Che succede?», chiese l’uomo, incerto e ferito da quell’improvvisa distanza. Adesso che quell’argine si era infranto, che quella supernova era esplosa, che quell’ostacolo era stato finalmente rimosso, voleva fondersi con Castiel con tutto sé stesso. Non voleva altro che quello, e ne voleva tanto da poter compensare tutti quegli anni di attesa. Fece per sporgersi di nuovo verso di lui, ma Castiel lo fermò.

«Credo che sia per via della cicatrice che ho lasciato su di te quando ti ho portato fuori dall’inferno», disse.

Dean aggrottò le sopracciglia, indispettito e confuso insieme. «E quindi? Non ho più quella cicatrice…»

Castiel piegò la testa di lato col volto corrucciato e il respiro ancora ansante. «Forse non ce l’hai più visibile, ma è rimasta sulla tua anima… sfiorandoti in quel punto io… non so… è come se attivassi il nostro…»

«Legame?», provò Dean.

«Esattamente…», confermò Castiel.

Dean si sistemò più comodo. Ormai il cielo era scuro e la sera si stava trasformando in notte. «Ed è un problema?»

Castiel era titubante. «Non lo so, non credo… non vorrei però… farti male»

Dean gli si avvicinò, spostando tutto il peso sulle ginocchia e sedendosi sui talloni. Gli posò una mano sulla guancia, costringendolo a guardarlo, poi con l’altra afferrò la sua e se la portò di nuovo alla spalla. Gli mancò il fiato e sentì di nuovo una fitta attraversargli il corpo, ma la trattenne lì anche se Castiel, spaventato, cercava di ritrarla.

«Aspetta», grugnì Dean, soffocando la sensazione lievemente dolorosa che provava. Prese dei respiri profondi, combattendo l’impulso di trattenere il fiato, e si abbandonò a quel tocco abbastanza a lungo da lasciarsi sopraffare. 

Castiel, costernato, guardò a bocca aperta gli occhi di Dean che si infuocavano di luce blu. L’uomo, di contro, si sentì come trasportato fuori dal suo stesso corpo. Percepì tutto il Paradiso  e vide ogni suo angolo, come se fosse anche lui dotato di lunghe catene di occhi. Sentì il potere scorrergli dentro, sentì ogni emozione separata e destabilizzante, proprio come l’aveva descritta Castiel quella mattina. Sentì ogni atomo del mondo e dell’universo e sentì sé stesso, attraverso Castiel. Si vide attraverso lui; vide i suoi occhi di luce e percepì il terrore dentro l’angelo, l’amore, la passione e il desiderio, la paura, l’euforia e la gioia, ma anche la violenza con cui lo voleva. Si sentì piccolo e gigantesco allo stesso tempo, e si sentì colmo di comprensione, e di accettazione. Tornò nel suo corpo come in un sogno, e sbatté le palpebre lasciando cadere la mano di Castiel dalla sua spalla. Deglutì, poi lo guardò di nuovo.

«È questo che provi?», gli chiese con la voce graffiata.

Castiel era stranito. «Cosa…?»

Dean tossì e gli prese la mano tra le sue. «Questo… legame. Se mi tocchi nel punto in cui mi hai afferrato io… posso vedere l’universo attraverso di te», disse. 

L’angelo spalancò gli occhi, sorpreso. 

«Non devi avere paura», lo rassicurò Dean. «Non sento niente… non è doloroso è solo… travolgente»

«Dean, io…»

L’uomo sorrise. «Ho sentito… quello che provi ed è… lo stesso che provo io, e che voglio… e sicuramente è molto più angelico, non so in che altro modo dirlo, ma… puoi»

«Posso cosa?»

«Lasciarti andare», disse Dean.

Castiel aveva gli occhi umidi e le labbra ancora gonfie, così come quelle di Dean. Si infransero di nuovo l’uno contro l’altro, e stavolta Castiel si lasciò andare a tutta la sua forza e al suo desiderio. Dean sentì le sue dita conficcarsi nel corpo invulnerabile della sua anima, sentì la grazia di Castiel che lo saggiava come tanti tessuti nervosi che si connettevano a lui; la brama di quel bacio era ricca di necessità e passione, e anche un po’ di violenza. 

Ma dopotutto, era sempre stato così tra loro, anche quando non si esprimevano in altro che scontri e sguardi. Castiel lo morse e Dean gemette, afferrandogli la camicia con entrambe le mani per non cadere, sentì la lingua dell’angelo avvilupparsi alla sua, si sentì tirare, stringere e soffocare. 

Poi si staccarono, e Dean sapeva che non avrebbe voluto altro per il resto della sua eternità.



 

   
 
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