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Autore: pampa98    10/04/2022    1 recensioni
[Bagginshield ~ Fix-it ~ EverybodyLives!AU]
Arrivò appena in tempo per vedere Azog sprofondare nelle acque gelide, mentre Thorin lo osservava trionfante – e decisamente vivo.
Bilbo sorrise. Con la morte dell’assassino di Re Thror, la stirpe di Durin poteva finalmente risorgere e vivere in pace.
«Thorin!»
Rinfoderò Pungolo e corse verso di lui, ignorando la testa pulsante e il rischio che i sottoposti di Azog potessero spuntare fuori dalle rocce circostanti.
Si fermò ad alcuni metri da Thorin. Il Nano lo fissava con un sorriso che saliva a illuminargli gli occhi.
«Bilbo…»
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Tauriel, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Il titolo è una frase di "To build a home" dei The Cinematic Orchestra. La storia presenta delle similitudini con un’altra fix-it che avevo pubblicato tempo fa, ma è molto più lunga – credo sia la OS più lunga che abbia mai scritto XD. Detto ciò, vi lascio alla lettura. Spero vi piaccia e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate ^^



 

This is a place where I feel at home



 

«Addio, mastro scassinatore.»
Il sangue macchiava le sue mani. Per quanto cercasse di tamponare la ferita, la vita si ostinava a uscire dal corpo di Thorin. A niente servirono le sue grida, le sue suppliche perché aspettasse: le aquile erano arrivate, lo avrebbero salvato. Doveva solo aspettare.

Ma la luce si era spenta negli occhi del re e niente l’avrebbe più riaccesa.

 
 

Aprì gli occhi e si alzò di scatto. Sentì una fortissima fitta al lato destro della testa, che lo fece barcollare e lo costrinse ad appoggiarsi a una roccia per non cadere di nuovo a terra. Respirando a pieni polmoni, cercò di ricordare gli ultimi eventi. Aveva raggiunto Thorin per avvisarlo dell’imboscata di Azog e il Nano gli aveva creduto. Se ne erano andati da… No.
Fili.

Bilbo sospirò. Thorin era corso in soccorso di Kili, mentre lui e Dwalin erano stati trattenuti dagli orchi. Ricordava di averli visti, ma non di aver combattuto, il che gli fece dedurre che doveva essere stato messo al tappeto senza aver avuto nemmeno la possibilità di difendersi. E poi…
Addio, mastro scassinatore.
Bilbo scosse la testa e di nuovo avvertì una fitta che lo costrinse a fermarsi.
Thorin non poteva essere morto. Il colpo che aveva preso gli aveva causato delle allucinazioni o degli incubi; di qualunque cosa si fosse trattato, non era la realtà.
Si raddrizzò e si sporse verso il lago ghiacciato per controllare che non vi fossero nemici in vista. Arrivò appena in tempo per vedere Azog sprofondare nelle acque gelide, mentre Thorin lo osservava trionfante – e decisamente vivo.
Bilbo sorrise. Con la morte dell’assassino di Re Thror, la stirpe di Durin poteva finalmente risorgere e vivere in pace.
«Thorin!»
Rinfoderò Pungolo e corse verso di lui, ignorando la testa pulsante e il rischio che i sottoposti di Azog potessero spuntare fuori dalle rocce circostanti.
Si fermò ad alcuni metri da Thorin. Il Nano lo fissava con un sorriso che saliva a illuminargli gli occhi.
«Bilbo…»
Mosse un passo verso di lui – e poi tutto accadde in un lampo.

Thorin gridò e Bilbo ne capì la causa solo quando vide Azog sbucare da sotto la lastra di ghiaccio, facendolo cadere di schiena. Non esitò a tentare di colpirlo con la lama che gli sostituiva il braccio mozzato e Thorin, per la sorpresa e la posizione scomoda, poté solo parare i colpi senza però riuscire a togliersi di dosso l’Orco Pallido.
Il tempo di assimilare ciò che stava accadendo e subito Bilbo entrò in azione. Corse verso di loro con la spada sguainata: non aveva la pretesa di riuscire a uccidere Azog, ma sarebbe stato sufficiente distrarlo abbastanza perché Thorin potesse liberarsi. Essendo nella linea visiva dell’orco, forse sarebbe stato più saggio indossare l’Anello, ma ormai era tardi: Azog lo vide e il sorriso che gli deformò il volto non prometteva niente di buono.
«No!»
Thorin sfilò la sua spada dalla presa di Azog, l’unica difesa tra lui e il suo cuore, ma l’Orco non lo finì. Gli diede un pugno in pieno viso e Bilbo approfittò di quel momento di distrazione per cercare di colpirlo. Non riuscì nemmeno a sfiorarlo: Azog lo afferrò per la gola e gli piantò la sua lama in pancia. Fu come se qualcosa avesse cercato di attraversare il suo corpo con tutta la forza che aveva – senza però riuscirci. Ciò che comunque Azog riuscì a fare fu scagliarlo lontano da lì, mandandolo a sbattere con la schiena contro una roccia a grande distanza. Sentì l’aria fuoriuscire dai suoi polmoni e per qualche secondo vide tutto nero. Riusciva a sentire chiaramente il dolore scaturire da ogni parte del suo corpo. Immaginò di avere tutte le ossa rotte e che non fosse un problema perché, di lì a poco, non avrebbe sentito più niente.

Lentamente, iniziò a scorgere il candore del cielo sopra la sua testa e le fitte di dolore presero a concentrarsi in sempre meno punti. Ebbe l’impressione di sentire qualcuno che gridava, ma non ne era certo.
Poi, d’un tratto, vide i contorni di un volto prendere vita davanti a lui. Sembrava Thorin, chino su di lui che muoveva le labbra, spaventato.
«Bilbo! Bilbo, parlami, ti prego. Ti prego!»
Bilbo sbatté le palpebre, mentre la figura di Thorin diventava sempre più nitida. Riuscì a sollevare una mano e toccargli una spalla – reale.
«Stai… bene?»
Thorin sospirò, lasciando ricadere il capo in avanti. Annuì, stringendo la mano che Bilbo aveva posato su di lui.
«Credevo… Credevo che ti avesse ucciso.»
Bilbo si toccò la pancia, laddove la lama di Azog aveva cercato di penetrarlo. La cotta di Mithril che Thorin gli aveva donato era illesa, una muraglia impenetrabile che aveva protetto la carne sottostante.
«Mi ha rotto qualcosa di sicuro» commentò Bilbo, con un mezzo sorriso. «Ma, a quanto pare, niente di troppo grave. Tu sei… sei sicuro di stare bene?»
Ricordò il sangue che aveva visto fuoriuscire dal petto di Thorin e cercò tracce di ferite simili sul corpo del Nano, ma non notò niente di allarmante. Si era davvero trattato solo di un incubo fine a se stesso.
«Io sto bene» lo rassicurò Thorin, sollevando i suoi occhi azzurri a incontrare i suoi. «Grazie a te. Mi hai salvato ancora una volta.»
Bilbo abbassò lo sguardo. «Be’, probabilmente sono anche quello che ti ha distratto, perciò…» disse, ricordando che Thorin aveva smesso di controllare il corpo di Azog per voltarsi verso di lui.
«Zio!»
Thorin si voltò di scatto al richiamo di Kili. Bilbo sorrise, vedendo che il ragazzo era ancora vivo. Si alzò lentamente mentre Thorin corse ad abbracciare suo nipote. Dietro di loro vide Dwalin insieme ai due elfi che avevano avvisato lui e Gandalf dell’arrivo del secondo esercito. Il figlio di Thranduil teneva il corpo di Fili tra le braccia.
Bilbo si avvicinò a loro, accennando un piccolo sorriso di saluto all’elfo, prima di posare gli occhi su Fili. Non aveva mai davvero pensato che qualcuno di loro potesse morire, sebbene quello fosse da sempre l’esito più probabile per la loro missione. Si chiese se sul campo di battaglia avrebbe dovuto raccogliere i resti di altri amici: Bofur, Ori, Balin. Bard e i suoi giovani figli.
«È presto per rattristarsi, Mezzuomo» disse Legolas. «Il tuo amico non ha ancora raggiunto Mahal.»
Bilbo sgranò gli occhi.
«È… È vivo?»
«Per il momento.»
Legolas sollevò lo sguardo oltre le sue spalle e, seguendolo, Bilbo vide tre aquile planare vicino a loro. Legolas fu il primo a salirci, seguito subito da Dwalin.
«Controllo che non faccia scherzi» assicurò a Thorin. Appena furono entrambi sul dorso dell’animale, questo spiccò il volo verso Erebor.
«Andiamo, sbrighiamoci!» disse Kili. Gli passò accanto dandogli una pacca sulla spalla, gesto che costrinse Bilbo a trattenere un lamento di dolore, ma sapere che almeno lui stava bene ed era in forze era un’ottima notizia.
Kili e Tauriel presero la seconda aquila, mentre Thorin lo aiutò a salire sull’ultima prima di posizionarsi dietro di lui.

Quando atterrarono davanti alla Montagna Solitaria, la battaglia era ormai giunta al termine. Centinaia di corpi ricoprivano il terreno: molti appartenevano all’esercito di Azog, ma Bilbo scorse anche alcuni Elfi e Nani – che tuttavia non riconobbe – tra di loro. Si guardò intorno in cerca di Gandalf, ma probabilmente lo stregone si trovava ancora a Dale.
«Thorin!»
Dáin Piediferro corse incontro al cugino non appena mise piede a terra. I due si abbracciarono, mentre Kili e Tauriel si diressero dentro la montagna per raggiungere Fili. Bilbo fece per seguirli, ma si sentì sollevare in aria e stringere dalle braccia di Bofur.
«Sei vivo!» esclamò il Nano, stringendolo incurante del fatto che gli stesse impedendo di respirare.
«È bello… vederti…» boccheggiò Bilbo.
«Bofur, lascia andare quel povero ragazzo. Lo stai uccidendo.»
Bofur obbedì e Bilbo rivolse un sorriso di gratitudine a Balin. Insieme a lui c’erano Nori e Bifur, mentre dietro di loro notò Bombur seduto sopra la carcassa di un Mannaro insieme a Oin e, poco distante, Gloin e Dori che aiutavano Ori a rimettersi in piedi. Erano tutti stanchi e feriti, ma vivi.
«Sono felice che tu stia bene, ragazzo» gli disse Balin, posandogli una mano sulla spalla. «Cos’è successo lassù? Ho visto mio fratello insieme a un Elfo, il figlio di Thranduil se non sbaglio.»
«Azog aveva teso un’imboscata a Thorin, ma ha fallito. Più o meno» aggiunse, guardando verso la Montagna preoccupato. «Fili è gravemente ferito. In realtà, credevamo che fosse morto, ma forse c’è ancora speranza.»
Tutti i Nani chinarono la testa in segno di cordoglio.
«Azog è morto» aggiunse, per cercare di ridare loro un po’ di buonumore. «Thorin lo ha sconfitto.»
Grida di esultazione si levarono dal gruppo. Avevano subito molte perdite anche quel giorno, e avrebbero potuto subirne un’altra in breve tempo, ma a differenza della Battaglia di Moria, stavolta avevano molto per cui valesse la pena festeggiare.
Si raggrupparono tutti intorno a Thorin, per porgere le loro congratulazioni e i loro omaggi. Il re salutò tutti con piacere, ma a Bilbo non sfuggirono le continue occhiate che lanciava alla Montagna. Fece un cenno a Balin, che colse subito la sua richiesta.
«Bene, ragazzi, ora lasciamolo respirare. Controlliamo il campo per vedere se ci sono superstiti, coraggio. E anche Dale, potrebbe esserci qualcuno che ha bisogno del nostro aiuto.»
Strinse la spalla di Thorin, prima di guidare gli altri nelle ricerche. Dáin si unì a loro, seguito da alcuni dei Nani che erano giunti insieme a lui.
Thorin si voltò verso Bilbo.
«Vieni con me?»
Lui non se lo fece ripetere.

Percorsero le Sale dei Re, salendo verso le stanze che erano state adibite a camere da letto al loro arrivo. Trovarono Dwalin e Legolas in mezzo al corridoio. Appena li vide, il Nano andò da loro.
«Come sta?» gli chiese Thorin.
«È ancora vivo. L’elfa ha spappolato delle erbacce e gliele ha messe addosso. Kili dice che è un metodo affidabile». Dal tono era evidente che Dwalin non fosse dello stesso avviso.
«Lei ha già curato Kili, quando era a Esgaroth» disse Bilbo, ricordando ciò che i due fratelli gli avevano raccontato dopo essere giunti a Erebor.
«La medicina elfica è la migliore che possiate trovare nella Terra di Mezzo» intervenne Legolas. «Se non sopravvive con questa, vuol dire che per tuo nipote non c’erano speranze fin dall’inizio.»
Thorin strinse i pugni. Accettare l’aiuto degli elfi gli era intollerabile, ma ciononostante non si lamentò.
«Posso vederlo?»
Legolas annuì. Bilbo, Dwalin e Thorin si avvicinarono alla stanza di Fili, mentre Legolas passò loro accanto, pronto a lasciare la Montagna.
«Grazie» disse Thorin, cogliendo tutti di sorpresa. Bilbo sorrise: forse c’era speranza perché Elfi e Nani imparassero a convivere come buoni vicini.
Legolas chinò la testa in una piccola riverenza, prima di riprendere il suo cammino.

Fili era sdraiato sul suo giaciglio, il volto sudato e la bocca semiaperta, da cui uscivano dei respiri affannati. Kili era inginocchiato al suo fianco, insieme a Tauriel, e teneva una delle mani del ragazzo tra le sue. Quando li vide, l’elfa si alzò in piedi.
«Se la caverà, zio?» gli chiese Kili, senza però staccare gli occhi da suo fratello.
Thorin si inginocchiò dall’altro lato del letto e prese a sua volta la mano di Fili.
«Spero di sì» mormorò. «Lo spero davvero.»

Trascorsero alcune ore. I Nani della Compagnia andarono a fare visita a Fili uno alla volta, trattenendosi al suo capezzale per alcuni minuti, ma durante nessuno di essi il ragazzo riprese conoscenza.
L’arrivo di Gandalf rincuorò Bilbo, lieto di vedere il suo amico, e anche gli altri Nani. Assicurò loro che l’impacco preparato da Tauriel aveva bisogno di tempo per agire su una ferita così grave, ma c’erano buone probabilità che la terapia avesse successo.
Quando scese la notte, Balin invitò Thorin e Kili ad andare a riposare, dicendo che sarebbe rimasto lui a vegliare sul ragazzo e li avrebbe avvisati subito se ci fossero stati cambiamenti. Rifiutarono entrambi.
«E tu, ragazzo?» chiese allora Balin a Bilbo. «Hai l’aria di uno che è sul punto di svenire da almeno un paio d’ore.»
Dwalin era già andato via da un pezzo, ma lui non aveva mai lasciato il suo posto, appoggiato a una delle colonne della stanza. Sentiva che non sarebbe stato giusto abbandonare Thorin in un momento del genere, per quanto la descrizione del suo aspetto fornita da Balin evidenziasse il suo effettivo bisogno di riposo.
«Sto bene, tranquillo» disse, non osando però muovere un singolo muscolo del suo corpo.
«No». Thorin si voltò verso di lui. «Sei stato gentile a essere rimasto qui così a lungo. Mi dispiace, avrei dovuto dirti di andare a riposare molto tempo fa, con tutto quello che è successo…»
Bilbo scosse la testa.
«No, non… non hai niente di cui scusarti, Thorin. Voglio solo assicurarmi che Fili stia bene.»
«Come tutti» disse Balin. «Tuttavia stare fermi a guardarlo non è di nessun aiuto, no?»
Non c’era niente che Bilbo potesse ribattere. Spostò lo sguardo su Thorin e Kili.
«Siete sicuri?»
«Sì, mastro Boggins». Bilbo sorrise nel sentire quel nome. Kili sembrava stremato, ma il fatto che riuscisse a fare battute indicava che non aveva ancora perso la speranza. «Riposati, così sarai in forze quando Fili si deciderà a svegliarsi.»
Bilbo annuì. «Be’, allora, va bene.»
Si staccò dal muro e subito sentì le forze venirgli meno. Inciampò sui suoi stessi piedi – decisamente imbarazzante per un Hobbit – e non si ritrovò col muso per terra solo perché Thorin riuscì a sorreggerlo per tempo.
«Forse è meglio se ti accompagno» disse.
«Oh, ehm, basta… basta che mi abitui. Sono stato fermo per tanto…»
«Forza, andiamo.»
Thorin ignorò le sue proteste, stringendolo contro di sé mentre lasciavano la stanza per evitare che cadesse.
«Grazie» disse infine Bilbo, posando la testa contro la sua spalla.
Entrarono nella camera di Thorin e il re aiutò Bilbo a stendersi sul letto. Prese poi il suo mantello, appeso a un gancio vicino all’ingresso, e lo adagiò su di lui. Era abbastanza grande per un Hobbit da fungere perfettamente come coperta.
«Riposati, d’accordo?» gli disse Thorin. «Domani… ci sono cose di cui dovremo parlare. E forse anche Fili… Se ce la farà…»
Bilbo sentì le palpebre farsi pesanti, ma si sforzò di restare sveglio.
«Ce la farà» disse. «I Durin non sono così facili da uccidere, no?»
Gli sembrò che Thorin sorridesse, ma non sentì nessuna risposta. Chiuse gli occhi e si addormentò all’istante.

~ ~ ~
 

Si svegliò il giorno seguente, uscendo da un sonno senza sogni. Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere, stirandosi le braccia – pessima idea. Si rese conto che, preso com’era da Fili, non aveva minimamente prestato attenzione alle sue ferite. Decise di andare a vedere come stava, poi avrebbe controllato quante ossa nel suo scheletro fossero ancora intatte.
Quando uscì in corridoio, si imbatté subito in Tauriel e per poco non le finì addosso.

«Oh, s-scusami» disse.
«Scusami tu. Scudodiquercia mi ha chiesto di venire da te.»
«È successo qualcosa? Fili…»
«Sta meglio, anche se non si è ancora svegliato. Il respiro è regolare e la ferita sta cicatrizzando.»
Bilbo tirò un sospiro di sollievo. «Bene, una bella notizia.»
L’elfa accennò un sorriso.
«Tu come stai? Hai riportato delle ferite durante la battaglia, giusto?» gli chiese e il suo sguardo si spostò sul lato destro della sua testa. «Hai ancora del sangue lì.»
Bilbo si toccò e sentì un taglio all’attaccatura dei capelli. Non sanguinava più, ma la ferita indubbiamente c’era.
«Be’, sì, qualche botta l’ho presa.»
Tauriel annuì.
«Vieni» lo invitò a seguirla verso una delle sale sotterranee. «Stamattina Re Thranduil è arrivato insieme all’Ammazzadraghi. Thorin ha permesso loro di usare Erebor come base per curare i feriti. Ce ne sono molti, tra tutte le specie. Ho finito da poco di fasciare il braccio di uno dei tuoi compagni Nani.»
«Bene, bene. Ehm, la gente di Esgaroth… Insomma, hanno subito molte perdite?»
«Abbastanza. Hanno combattutto tutti e con grande onore, ma erano per lo più pescatori e artigiani. È un miracolo che qualcuno sia sopravvissuto.»
Bilbo annuì. “Erano già stati decimati da Smaug” pensò, avvertendo lo stomaco annodarsi per il senso di colpa.
«E i figli di Bard? L’Ammazzadraghi, intendo.»
Tauriel gli rivolse un sorriso. «Sono in ottima forma.»
Le Sale dei Re erano gremite di creature di ogni genere. Tauriel e Bilbo si fecero strada tra di loro e lui fu felice di constatare che molte delle ferite che riuscì a scorgere erano per lo più superficiali. In lontananza, Bilbo scorse l’enorme figura di Beorn intenta a curare la gamba di un Uomo. Quando il Mutapelle lo vide, sollevò una mano in segno di saluto, che Bilbo ricambiò felice.
«Ehi, Scassinatore!»
Bilbo si voltò, immaginando che si stessero riferendo a lui, e vide il cugino di Thorin dirigersi a passo di marcia verso di lui, mentre tutti intorno a loro si erano voltati a guardarli. Dáin gli mollò una poderosa pacca sulla schiena, ridendo di gusto.
«So che hai aiutato a riconquistare questa montagna. Complimenti e grazie a nome di tutto il popolo di Durin.»
Bilbo annuì. «È stato un piacere.»
Il Nano scomparve così come era arrivato, lasciandosi dietro un Bilbo dolorante.
«Per curiosità» disse Tauriel, «sono stati gli Orchi o i Nani a procurarti più ferite di recente?»
Bilbo ridacchiò. «Si può dire che gli Orchi hanno iniziato e i Nani hanno finito. Ma loro almeno non l’hanno fatto con cattiveria.»
L’elfa sorrise e gli indicò un punto libero in cui potersi sedere. Gli disse di scoprirsi la schiena e Bilbo si accorse solo in quel momento di stare ancora indossando la cotta di Mithril. Se la tolse e nel farlo constatò anche che i punti del corpo che più gli volevano erano le spalle. La piegò attentamente e se la mise in grembo, poi procedette a togliersi gli altri indumenti, che ripose con molta meno attenzione.
«Hai meno ematomi di quanti me ne aspettassi» commentò Tauriel. Gli mise le mani sulla schiena e cominciò a premere, cercando di capire se ci fossero ossa rotte.
«E… Kili come sta?» chiese Bilbo, per distrarsi dal dolore.
«Avrebbe bisogno di dormire e di curarsi. Nemmeno lui se l’è passata tanto bene: per poco non è morto.»
Bilbo aveva completamente dimenticato la situazione di estremo pericolo in cui si era ritrovato Kili. Vederlo vivo era stato sufficiente per far sì che la sua mente non riuscisse nemmeno a immaginare che si sarebbe potuto trovare nelle stesse condizioni del fratello, se non peggio. E che proprio quei due giovani ragazzi, sempre allegri e spavaldi, avessero rischiato di morire era un pensiero intollerabile.
«Anche suo zio dovrebbe riposare» proseguì Tauriel, «ma lui ha la scusa di essere il re e avere dei doveri a cui adempiere.»
Bilbo aggrottò le sopracciglia. «Be’, immagino che in questo momento il suo unico dovere sia rimettersi in forze. Non si è mai allontanato da Fili nemmeno lui?»
«Ha dovuto farlo, in realtà. Quando sono venuta da te non era ancora tornato dall’incontro con Thranduil e l’Ammazzadraghi.»
«Cos… Quei tre si stanno incontrando adesso
«Esatto.»

Bilbo strinse le mani intorno alla cotta di Mithril. Era giusto che parlassero, per stabilire i termini di una tregua e, se possibile, di un’alleanza duratura. Inoltre, Thorin aveva il diritto di riavere l’Arkengemma. Pensare a quell’oggetto gli fece scorrere un brivido lungo la schiena. Il giorno prima non ne aveva avuto occasione, ma appena Fili si fosse risvegliato avrebbe dovuto porgere le sue scuse a Thorin. Non credeva di aver sbagliato: dare l’Arkengemma a Thorin mentre era ancora preda della Malattia del Drago avrebbe segnato la sua condanna. Tuttavia lo aveva tradito, proprio lui che era l’unico di cui Thorin non avrebbe mai dubitato. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo che gli aveva rivolto sulla porta, quando aveva svelato il suo furto. Delle scuse gliele doveva, senza dubbio.
Si chiese se lo avrebbe mai perdonato. Thorin non aveva mostrato alcun segno di astio nei suoi confronti il giorno precedente – anzi. Tuttavia, forse gli eventi drammatici che avevano avuto luogo non gli avevano dato il tempo di riflettere su ciò che era accaduto tra di loro. Bilbo sapeva che Thorin – il vero Thorin – non avrebbe mai cercato di ucciderlo; ma esiliarlo da Erebor, be’, quello avrebbe avuto tutto il diritto di farlo.

«È vivo! È vivo!» Bilbo riconobbe la voce di Bofur. Tutte le teste scattarono verso l’alto, in direzione di quelle grida. «Fili è vivo!»
Bilbo scattò in piedi. Si rivestì in fretta e corse insieme a Tauriel verso la stanza di Fili. Dalla folla riunita in quella sala sbucarono anche Ori, Dwalin e Oin, che si unirono subito a loro.
Quando raggiunsero la loro destinazione, Bilbo e Ori erano a corto di fiato, ma non esitarono a esultare festanti nel vedere Fili seduto sul letto, sorridente e vivo – anche se, a giudicare da quanto suo fratello lo stesse stringendo, forse non lo sarebbe rimasto a lungo.
«Credo che dovresti lasciarlo respirare, Kili» gli disse infatti Tauriel, avvicinandosi a lui. «A meno che non volessi che si svegliasse solo per poterlo uccidere tu». Lanciò poi uno sguardo esasperato a Bilbo, che si limitò a una stretta di spalle: era sempre complicato relazionarsi coi Nani.
Balin, Dori e Gloin erano già nella stanza quando erano arrivati e presto furono raggiunti anche dagli altri Nani e dai figli di Bard. Tilda gli saltò in braccio, venendo subito ripresa dalla sorella maggiore, ma Fili la tranquillizzò che “più danni di suo fratello non avrebbe potuto farli”.
L’unico che non era ancora arrivato era Thorin.
«Forse dovremmo avvisarlo» disse Bilbo. «Già Elfi e Umani gli piacciono poco – senza offesa» aggiunse, rivolto agli esemplari di suddette specie presenti nella stanza. «Se gli fanno perdere questo momento…»
Non ebbe bisogno di terminare la frase, perché Thorin arrivò proprio in quell’istante. Appena comparve sulla soglia, tutti quanti si fecero da parte. Anche Tilda scese dal letto e andò a mettersi vicino ai suoi fratelli.
«Fili.»
«Ciao, zio.»
Thorin si avvicinò al letto e prese il volto del nipote tra le mani, come se volesse assicurarsi di non star sognando. Poi gli sorrise. «Bentornato a casa.»
Lo abbracciò e subito estese l’abbraccio anche a Kili. Bilbo sentì il suo cuore riempirsi di gioia di fronte a quel quadretto famigliare. Il destino aveva voluto farli soffrire fino all’ultimo istante, ma infine si era deciso a concedere loro la meritata pace.

~ ~ ~
 

Per l’intera giornata successiva, i tre esponenti della casa di Durin furono costretti a letto: Thorin lo aveva ordinato ai suoi nipoti e Gandalf, con l’aiuto dei restanti dieci Nani, di Dáin e di Bilbo, aveva imposto lo stesso trattamento al Re Sotto la Montagna.
Bilbo aveva aiutato con alcune medicazioni, dopo aver scoperto di avere ancora tutte le ossa miracolosamente intatte, e si era poi seduto a prendere un té con Beorn e Gandalf, parlando dei loro viaggi e proponendo idee per la ricostruzione della città di Dale.

«Quali sono i tuoi progetti adesso, Mezzuomo?» gli chiese a un tratto il Mutapelle. «Suppongo che non vorrai restare qui ancora a lungo.»
«Be’, ehm, Balin ha detto che presto ci sarà la cerimonia di incoronazione ufficiale. Mi piacerebbe poter assistere. E Fili e Kili pretendono che incontri loro madre, quindi suppongo che dovrò restare fino al suo arrivo.»
Beorn annuì. Gli allungò la mano tesa e Bilbo la strinse.
«Sei una brava persona, Bilbo Baggins. Se ti capiterà di ripassare dalle mie parti, sei il benvenuto.»
«Ti ringrazio, lo farò senz’altro.»
Beorn si alzò e se ne andò, lasciandolo solo con Gandalf.
«Sai, Bilbo Baggins» disse, riempiendosi la pipa, «per essere uno che non ha fatto altro che lamentarsi perché gli mancava casa, non sembri così desideroso di tornare nella Contea.»
«Non ho fatto altro che lamentarmi? Questo… Questo non è affatto vero, mpf! Forse ero un po’ nostalgico all’inizio, ma decisamente ho svolto la mia parte in questa storia senza alcuna lamentela, te lo assicuro.»
Si versò un’altra tazza di tè, mentre Gandalf lo fissava con un sorrisetto curioso. Bilbo era scattato, ma sapeva dove lo stregone volesse arrivare. Non aveva fatto altro che sognare il suo piccolo e confortevole buco, trepidante all’idea del momento in cui avrebbe varcato di nuovo la soglia di casa Baggins. Eppure, ora che quel giorno era prossimo, il pensiero di separarsi da quei rozzi e chiassosi Nani non lo entusiasmava più come un tempo. In particolare, non riusciva a immaginare di separarsi da Thorin.
Sospirò.
«Credi che mi odi?» chiese, prendendo un sorso del suo té.
«Sai che non era in sé quando ha cercato di gettarti giù dai bastioni, Bilbo.»
Lui scosse la testa. «No, certo, lo so. Questo però non significa che la sua delusione per ciò che ho fatto non sia reale. Io… Gandalf, io sono sicuro di aver agito nel modo migliore in quel momento, per lui. Ma Thorin potrebbe comunque non riuscire a perdonarmi.»
«Se non lo farà, farà solo la figura dello stupido ingrato». Tirò un soffio dalla pipa, poi gli mise una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso incoraggiante. «Perché non vai a parlargli? Non rappresenta più un pericolo per te. La cosa peggiore che può fare è spezzarti il cuore, ma credo che, continuando a rimuginarci sopra, finiresti per spezzartelo da solo.»
Bilbo annuì. Svuotò la tazza e si alzò, dirigendosi verso la stanza del Nano. Passando accanto alle camere di Fili e Kili, si fermò a chiedere come stessero e in un attimo si ritrovò a essere usato dai due fratelli come messaggero – sembrava che avessero già provato a chiedere aiuto a Tauriel, ma senza successo. Dopo quindici minuti trascorsi a riportare i commenti di Kili a Fili e viceversa, Bilbo perse la pazienza e disse a Fili che poteva stare nella stanza di suo fratello, ma che dovevano stare sdraiati sul letto immobili e obbedire a Tauriel senza lamentarsi. 

Quando si presentò di fronte alla stanza di Thorin, la preoccupazione che lo aveva avvolto parlando con Gandalf era ormai svanita.
Trovò il re seduto sul bordo del letto, intento a contemplare la sua corona. Bilbo gettò un veloce sguardo nella stanza, ma dell’Arkengemma non vi era traccia.

Batté un colpo sul muro per rendere nota la sua presenza.
«Bilbo!» Thorin scattò in piedi, lasciando cadere la corona sul materasso. «Sono felice di vederti.»
Bilbo sorrise. «Come stai?»
«Sto bene. Tu?»
«Bene. A parte per il fatto che i tuoi nipoti mi hanno appena portato all’esasperazione. Ah, li ho spediti in camera insieme – cosa che, ora che ci penso, forse era il loro piano fin dall’inizio – e sono sotto la supervisione di Tauriel. Se finirà con l’ucciderli, se la saranno cercata.»
Thorin rise come non faceva da tempo e quel suono rinvigorì Bilbo. «Suppongo che, con quello che hanno passato, qualche ragazzata potremo concederla.»
Bilbo annuì.
«A ogni modo» disse Thorin, mentre il suo volto tornava serio, «era da un po’ che volevo parlarti.»
Bilbo si irrigidì. Prese un profondo respiro e si impose di mantenere la calma: dopotutto, quello era il motivo principale per cui era andato da Thorin.
«Mi rimangio le mie parole e le mie azioni alla porta. Non avrei mai dovuto metterti in un tale pericolo e se solo penso a cosa sarebbe potuto accadere se non fosse intervenuto Gandalf, mi si gela il sangue nelle vene». Si sedette sul letto, con i pugni stretti sulle lenzuola al punto da far sbiancare le nocche. «Ti sei comportato da vero amico, proteggendomi da me stesso, e io non posso fare altro che ringraziarti e chiederti perdono dal più profondo del mio cuore.»
«Non devi chiedermi nessun perdono, Thorin». Bilbo lo raggiunse, inginocchiandosi davanti a lui.
«Invece sì. Non ho fatto altro che ripetere, a me stesso e chiunque lo dubitasse, che non ero come mio nonno, eppure sono diventato peggiore di lui. Thror non ha mai cercato di uccidere qualcuno che amava, non si era mai spinto tanto in là.»
Bilbo scosse la testa. «Non eri in errore, Thorin: non sei come tuo nonno. Tu hai sconfitto la Malattia del Drago, addirittura dopo che Smaug l’aveva amplificata abitando in questa montagna per sessant’anni. Ti si è parata di fronte una sfida, quando sei arrivato qui; e tu l’hai affrontata e superata, come hai fatto per tutta la tua vita. Ormai fa parte del passato, insieme ad Azog e tutti coloro che hanno cercato di portarti via la tua casa». Posò una mano sulla sua, che subito rilassò la stretta per accoglierlo. «È andato tutto bene, Thorin.»
Thorin lo aveva ascoltato incredulo per tutto quel tempo, con il volto oscurato dal senso di colpa e dall’odio che provava verso se stesso. Ma quando Bilbo gli sorrise, la stessa espressione si fece largo sul suo viso.
Portò la mano libera sulla sua guancia, accarezzando la pelle soffice.
«Grazie, Bilbo.»
Bilbo sentì le guance scaldarsi e prese ad avvampare quando ripercorse nella mente la conversazione che avevano appena avuto. Troppo preso dal suo desiderio di tranquillizzare Thorin, non aveva colto appieno ogni parola che aveva pronunciato. Thror non aveva mai cercato di uccidere qualcuno che amava? Mentre Thorin sì? Prima che Bilbo potesse chiedersi a chi esattamente si stesse riferendo, il Nano lo baciò, rispondendo a quella domanda che non si era ancora completamente formata nella mente dello Hobbit. Bilbo non era esattamente un esperto di baci, aveva avuto una sorta di relazione con un suo vicino di casa quando era ragazzo, ma da allora aveva sempre preferito la compagnia dei suoi libri a quella di altre creature, qualsiasi fosse la loro razza. Portò le mani sul viso di Thorin, seguendo i suoi movimenti mentre sentiva una miriade di farfalle librarsi nel suo stomaco. A un tratto sentì le braccia di Thorin intorno a lui, che lo sollevarono portandolo a sedersi sulle sue gambe. Bilbo si strinse istintivamente a lui, stringendo le braccia dietro la sua nuca mentre la lingua del nano prese a intrufolarsi nella sua bocca.
«Si può?»
Bilbo scattò a sedersi accanto a Thorin, mentre il Nano si finse intento a sistemarsi la barba.
«Cosa… Cosa c’è, Balin?»
Bilbo arrischiò un’unica mezza occhiata alla porta, dove Balin, Dwalin e Ori erano fermi a guardarli.
«Siamo solo venuti a chiedere qualche piccola informazione, non servirà più di un paio di minuti. Allora» Balin guardò la pergamena che Ori teneva in mano. «Thorin, quando preferisci che avvenga la cerimonia di incoronazione? Domani, dopodomani? O preferisci aspettare l’arrivo della principessa Dís?»
Thorin sospirò. «È indifferente, Balin. Quando vi pare.»
«Perfetto. Seconda domanda: i nostri vicini, vecchi e nuovi, sono invitati? Potrebbe essere saggio far partecipare almeno una loro delegazione, ma non è un vero obbligo.»
«Sì, falli partecipare.»
«Perfetto» ripetè Balin, sorridendo soddisfatto. «Grazie mille, è tutto. Scusateci per il disturbo, tornate pure alle vostre attività.»
E, com’erano arrivati, sparirono lungo il corridoio.
Bilbo si fissò le punte dei piedi, troppo imbarazzato per guardare Thorin o tentare di riprendere ciò che avevano interrotto.
«Credo che Erebor avrà bisogno di installare delle porte» commentò il Nano.
«Mm, sì, potrebbe aiutare. Anche se prima credo che i Nani dovrebbero imparare il significato di privacy.»
Si voltarono a guardarsi nello stesso momento e scoppiarono a ridere insieme.
«Sì, suppongo di sì. Ehm, dunque, per quello che è successo…»
«Una volta ho dovuto rimettere la porta del bagno dopo che un mio lontano cugino, un Tuc se ben ricordo, l’aveva sfondata». Bilbo iniziò a parlare a ruota, forse per mettere a tacere l’imbarazzo o per paura che Thorin dicesse che si era pentito di ciò che era successo. «Era – ed è tutt’ora – molto grosso per essere uno Hobbit, non ai livelli di Ruggitoro Tuc, ma comunque decisamente fuori scala per noi. Comunque, ecco, in sole due settimane sono riuscito a rimetterne una tutto da solo, quindi, insomma me la cavo. Se servisse aiuto per mettere le porte. E se posso restare qui, un altro po’, naturalmente. Insomma, il tempo di sistemarle e… altro». Sospirò, scuotendo la testa. «E sembra che abbia perso la capacità di formulare frasi di senso compiuto.»
Thorin rise accanto a lui. Gli mise un braccio intorno alle spalle, attirandolo a sé. «Puoi restare tutto il tempo che vuoi, mastro Baggins» disse e Bilbo gli fu immensamente grato per essere riuscito a estrapolare dai suoi vaneggiamenti la parte più importante. «Puoi farlo anche se non monti tu le porti, naturalmente.»
«Oh, be’, allora ti prenderò in parola.»
Thorin posò la fronte contro i suoi capelli, stringendolo ancora di più contro il suo corpo.
«A ogni modo, sono felice che tu voglia restare. Credevo che, una volta compiuta la missione, saresti tornato subito nella Contea.»
«Sì, lo credevo anch’io.»
Sollevò la testa verso Thorin e gli diede un bacio a fior di labbra. Un giorno sarebbe tornato alla sua casa d’origine, per rivedere la sua verde collina e abbracciare i suoi libri. Magari sarebbe stata un’altra avventura, insieme a Thorin e il resto della Compagnia; un viaggio programmato, piacevole e senza pericoli – proprio come piace agli Hobbit. 

   
 
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