Per tre mesi, Pinkie versò
regolarmente il Veleno Eterno nei pasti del suo amato, e visse con lui una
felicità artificiale. Avrebbe potuto ambire a qualcosa di più, essere veramente
felice, ma lei aveva scelto la menzogna pur di rinunciare a chi non la voleva.
E ora era lì, nella sua camera,
mentre Rarity finiva di prepararla: aveva un giglio candido incastrato fra
l’orecchio destro e i capelli, dal quale partiva un velo sottile che le pioveva
davanti agli occhi cerulei. Il vestito era semplice, ma s’intonava con la
personalità allegra e vivace della pony rosa, con le sue maniche corte
leggermente a sbuffo, due margheritine appuntate sul colletto e una piccola
cascata di diamanti subito sotto. La gonna era lunga ma non molto larga, e
nell’insieme donava molto a Pinkie.
Tutto quel bianco avrebbe dovuto
richiamare la purezza, ma non c’era niente di puro in quel matrimonio. Non le
intenzioni, non la sua formazione, e neppure la sarta che le stava togliendo
gli ultimi spilli. Niente di niente.
“Oggi è il primo di agosto, Pinkie.
Ti sei ricordata?” le sussurrò Rarity all’orecchio.
“Yappity-yup!” le rispose Pinkie,
senza neppure ascoltarla.
L’unicorno fashionista era ancora
corrosa dai sensi di colpa; subito dopo aver terminato con la sposa, si sarebbe
seduta in prima fila assieme alla sua compagna, Applejack, anche lei ottenuta
con l’inganno. Non aveva avuto il coraggio di chiederla in moglie, si sentiva
troppo male al pensiero e aveva preferito conviverci e basta.
“Ho finito. Sei bellissima. Ci
vediamo fra poco.” le disse Rarity.
L’atmosfera che si respirava in
quella stanza pareva quella di un funerale, e la stessa sarta era vestita con
colori scuri. Tuttavia, l’amica non se ne avvide e trotterellò allegramente
fino al portone che dava sul balcone principale del Castello di Cristallo, dove
lei e Shining Armor si sarebbero uniti in matrimonio.
Lui, come durante il suo primo
sposalizio, si era vestito con l’uniforme preferita da suo zio materno, e nei
suoi occhi Pinkie vide la gioia fittizia di unirsi a lei. Per un istante, un
singolo istante, la ragazza avvertì una potente fitta al petto, che sparì non
appena si spalancò il portone.
I suoi amici erano tutti schierati
nelle prime file. C’erano Rarity ed Applejack, con la sarta che sembrava sulle
spine e la cowgirl che sorrideva ignara; c’erano Fluttershy e Thunderlane, che
parlottavano immaginandosi le loro nozze; c’era Rainbow Dash intenta a
rincorrere Blaze, il suo primogenito, un vivacissimo grifoncino di quattro
anni. Sua moglie Spitfire teneva fra le braccia Hurricane, il secondogenito,
nato da un raro uovo di fenice tre anni prima. Il pulcino aveva una striscia
sulla testa a metà fra il verde e il blu scuro, e una crestina verde conifera.
Il resto della testa e la punta delle ali erano blu scuro, mentre il collo si
distingueva per la sua tinta di terra bruciata. Il resto del corpo era un ricco
blu-viola, e i suoi occhi erano smeraldi splendenti. Aveva colori inusuali per
essere una fenice, ed era bellissimo.
Incredibilmente, Spike e Sweetie
Belle erano seduti vicini e chiacchieravano fitto fitto, con l’unicorno che
ogni tanto rideva di gusto e il drago che arrossiva lievemente.
Quanto a Lightning Dust, era seduta
vicino a Starlight Glimmer, e le due stavano commentando il bel vestitino di
Thunderquake, e i piccoli progressi di Dusk Glow.
L’umore generale degli invitati
cozzava mostruosamente con quello che Pinkie sentiva dentro di sé; e pensare
che perfino i suoi burberi genitori stavano sorridendo in quel contesto, e addirittura
quella brontolona di Limestone Pie!
Comunque… Ormai era tardi per gli
scrupoli, quelli erano morti da tempo, così, sudando freddo, Pinkie fece il suo
ingresso sulla balconata, sopra la quale c’era Princess Twilight ad attendere i
due novelli sposi.
A dire il vero, la sovrana di
Equestria aveva non poche perplessità su quel matrimonio, maturato nel giro di
soli quattro mesi dal fidanzamento, anch’esso repentino, del fratello con la
sua amica.
Ciononostante, quella mattina era
lì, pronta a svolgere il suo dovere di principessa.
Si rivolse dunque ai suoi fedeli
sudditi:
“Miei cari, siamo qui riuniti per
unire in matrimonio due figli di Equestria, con la speranza che la loro unione
possa essere prospera e felice. Pinkamena Diane Pie, Elemento della Risata, è
riuscita a scaldare il cuore del Principe di Cristallo, Shining Armor,
conducendolo alle porte di un nuovo amore. Oggi benediremo il loro legame
attraverso lo scambio degli anelli e la recita della formula sacra.”
Twilight non poteva notarlo, ma
Pinkie, a quelle parole, si era sentita letteralmente bruciare dall’interno: ma
quale unione felice? Ma quale scaldare il cuore? Era tutto così dannatamente
fasullo che alla pony riccia stava venendo voglia di balzare davanti all’amica
di vecchia data e urlare a tutti che era una farsa, e di tornarsene a casa.
Eppure, non riusciva a muovere un
passo, ed il sudore le aveva ormai incollato il velo al muso. Che situazione…
“Vuoi tu, Pinkamena Diane Pie,
prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Shining Armor, per amarlo e
onorarlo ora e sempre?”
Dalla bocca di Pinkie uscì a
malapena un sussurro strozzato, mentre i rimorsi la tormentavano senza sosta:
“S-Sì, lo voglio…”
“Wow, che entusiasmo!” pensò
Twilight, quasi spaventata di vedere la più gioiosa delle sue amiche ridotta ad
un fantasma spaurito.
Si rivolse quindi a suo fratello:
“Vuoi tu, Shining Armor, prendere
come tua legittima sposa la qui presente Pinkamena Diane Pie, per amarla e
onorarla ora e sempre?”
Erano tutti lì, ad attendere la
risposta che avrebbe suggellato i voti nuziali. C’era perfino Flurry Heart con
il cuscinetto delle fedi.
E in quel momento, la magia finì.
Pinkie Pie non aveva risposto
correttamente alla domanda di Rarity:
“Oggi
è il primo di agosto, Pinkie. Ti sei ricordata?”
No che non si era ricordata, era
stata troppo presa dai preparativi per il matrimonio. Grave, gravissimo errore.
O forse, una liberazione.
Le stelline e i cuoricini luminosi
che avevano popolato le iridi cerulee di Shining Armor si dissolsero come neve
al sole, lasciando gli occhi sgombri, fermi e consapevoli.
“Urgh… Ho sognato di rivivere il mio
matrimonio con Cadance…”
Eccole, le parole sbagliate al
momento giusto.
Il principe si guardò attorno, si
vide sulla balconata del suo Castello, con una folla immensa ai suoi piedi,
Twilight in veste di celebrante e Pinkie Pie vestita da sposa. Senza contare che anche lui era in uniforme.
“Ma che sta succedendo?”
L’esclamazione, di pura sorpresa,
era stata pronunciata a voce alta ed aveva raggiunto qualche invitato,
provocando subito un moto di mormorii, mentre Rarity teneva gli occhi bassi, un
po’ per la vergogna, un po’ per la preoccupazione.
“Shining Armor… C’è forse qualche
problema?” gli aveva domandato la sorella.
“Sì! Perché sono qui e perché Pinkie
Pie è vestita da sposa?”
Twilight gli si era avvicinata
all’orecchio; ormai era alta quasi quanto lui.
“Se è uno scherzo, sappi che è di
pessimo gusto.”
“Come potrei scherzare su un
argomento simile, dopo essere rimasto vedovo?”
Quella frase colpì parecchio la
sovrana, e la convinse che ci fosse qualcosa di nebuloso in tutta quella
storia.
Non poteva però risolvere tutto
davanti ai sudditi, perciò riprese la parola:
“Vi prego di scusarci, c’è stato un malinteso.”
E senza aggiungere altro, teletrasportò
velocemente i due sposi all’interno del Castello.
“Potreste spiegarmi, per cortesia?”
“Facciamoci spiegare da lei.”
Shining aveva puntato lo zoccolo
contro Pinkie con fare accusatorio.
Attivando il corno, Twilight fece
apparire Starlight al suo fianco, la quale aveva uno sguardo allarmato e
confuso.
“Starlight, qui c’è un grosso
problema, vorrei che tu ispezionassi le camere di Pinkie e Shining e mi
segnalassi la presenza di qualcosa di anomalo.”
“Va bene, Twilight. Ora vado.”
L’unicorno rosa si mise a correre,
per poi teletrasportarsi a sua volta. Twilight rimase con i due neosposi, in
preda ad una rabbia trattenuta a fatica.
“Pinkie, mi dici perché mio fratello
ha cambiato atteggiamento all’improvviso?”
“Non so cos’abbia fatto, ma di
sicuro è colpa sua! Io non l’avrei mai sposata!”
Quelle parole colpirono la povera
pony di terra come pietrate, ma in fondo se lo meritava, eccome.
“Allora, Pinkie? Stiamo aspettando.”
Twilight la incalzava, con un
atteggiamento quasi snob. Le veniva da piangere.
“Io… Io ho incantato Shining Armor.”
“Incantato? In che senso?”
“In questo senso.”
Starlight ci aveva messo pochissimo,
perché Pinkie aveva messo la boccetta del Veleno Eterno nel suo cassetto. Le
cameriere l’avevano sempre vista spolverando, ma l’avevano creduta una boccetta
di un profumo un po’ eccentrico, e non vi avevano fatto caso.
Il Veleno, infatti, era un liquido
che rifletteva i sette colori dell’iride, ed aveva un aroma intenso,
afrodisiaco, che ubriacava.
Twilight lo fece levitare, sentendo
un brivido freddo percorrerle tutto il corpo.
“Che cos’è?”
“Un potente Veleno d’Amore.” mormorò
Pinkie, con la morte nel cuore.
“COSA?!” esclamò Twilight,
“PERCHE’?!”
L’amica iniziò a disegnare cerchi
sul pavimento cristallino.
“Ero stanca di rincorrere un amore
impossibile. Volevo un po’ di felicità.”
Twilight la guardava come se fosse
un’estranea, e in effetti era proprio così. Mai avrebbe immaginato Pinkie
capace di una cosa simile.
“Come hai fatto ad ingannarmi?” le
chiese Shining, con una calma che tradiva un rancore nascente.
“Ogni primo del mese ti ho versato
il Veleno nella colazione. Non se n’è accorto nessuno. L’ho fatto per tre mesi,
e oggi me ne sono dimenticata, per questo l’effetto è svanito.”
Shining Armor si sentiva oltremodo
offeso, oltraggiato. Non aveva provato qualcosa di simile neppure quando
Chrysalis aveva preso il posto di Cadance.
Lo sguardo ferito di Twilight si
focalizzò con orrore su Flurry Heart, la quale aveva sentito tutto.
“Che cos’hai fatto al mio papà?”
La principessina aveva le lacrime
agli occhi.
Pinkie guardava per terra,
amareggiata e incapace di rispondere.
“Io ti volevo come mamma… Mi sono sbagliata…”
Non disse altro, scappò in camera
sua, subito seguita da Starlight.
Vedere la sua nipotina così
sconvolta fece perdere a Twilight le sue ultime remore.
“Non so come tu ti sia procurata
quel Veleno e neppure m’interessa. Mi hai veramente delusa, e ti pregherei di
non presentarti per un po’ al mio cospetto. Ti credevo diversa.”
Anche Twilight, finito il discorso,
raggiunse Flurry in camera sua, cosicché i due quasi sposi rimasero da soli nel
corridoio.
Shining aveva le fiamme nello
sguardo, e il suo intero essere fremeva d’ira.
“Hai detto di essere innamorata di
me?”
La domanda era come un terremoto:
terribile ed inevitabile.
“S-Sì.”
La risposta di Pinkie era come una
candela: flebile e tremula.
“Fesserie. Non c’è una singola
goccia d’amore in te.”
La voce di
Shining era più gelida dello zero assoluto. Le sue pupille, due frecce
acuminate. Le aveva parlato, l’aveva giudicata, le aveva voltato le spalle e se
n’era andato senza girarsi indietro.
A poco a poco, la gente se n’era
andata dalla piazza del ricevimento.
Verso mezzogiorno, tutto era tornato
alla normalità, anche se per Pinkie l’Impero di Cristallo aveva assunto toni spettrali.
I suoi amici erano rimasti tutti lì,
e l’avevano raggiunta nella sua camera. Né Twilight né Shining si erano più
palesati ai suoi occhi, e neppure Flurry.
“Pinkie, ma cos’hai combinato, si
può sapere?” le domandò Rainbow Dash, ottenendo in cambio una tirata di capelli
da parte del piccolo Blaze, che aveva in braccio.
“Non ho ben capito perché il
matrimonio è stato annullato…” disse Fluttershy, dubbiosa.
Spike se ne stava in disparte e non
interveniva, affiancato da Sweetie Belle.
Pinkie, senza rispondere a nessuno,
si voltò verso la sua specchiera e cominciò a piangere, mentre si spazzolava i
lunghi capelli ricci.
“E’ finito tutto… Domani me ne torno
a casa, a Rockville.”
Ci fu un sobbalzo generale, ed a
Rarity saltò il cuore in gola, un po’ perché le dispiaceva di essere rimasta
l’unica a beneficiare di un amore farlocco, un po’ perché si sentiva in colpa
per tutta quella storia. E un po’… per un qualcosa
che non riusciva a decifrare.
“Non ti sembra di essere un po’
troppo precipitosa?” le chiese infatti, con enfasi.
Pinkie si voltò: aveva il mascara
colato, l’ombretto perlato sbavato, il lucidalabbra rosa tutto fuori dalle
labbra.
“Ho peccato e sono stata punita.”
Lo aveva detto guardandola negli
occhi, in un sottotesto che solo loro due potevano comprendere.
Rarity indietreggiò, colpita e
affondata.
Pinkie, con la coda dell’occhio,
osservò Applejack: era ancora falsamente innamorata, lo vedeva chiaramente,
anche perché stava vicino a Rarity con solerzia e affetto, anche se in quel
momento la sarta pareva quasi disinteressata alle sue attenzioni.
In ogni caso, i ragazzi se ne
andarono, e come previsto Rainbow Dash le lanciò occhiate di disapprovazione
pura. Nel mezzo, c’era la sollecita preoccupazione di Fluttershy, la tristezza
di Rarity e l’innaturale dolcezza di Applejack, che ancora resisteva. Lei era sola.
Quando uscì dalla stanza, con ancora
l’abito da sposa indosso, fu avvicinata dalla sua famiglia, che aveva passato
due ore piene a dare spiegazioni a chi voleva saperne di più su quel matrimonio
mancato.
Cloudy Quartz e Igneous Rock erano
due pony vecchia scuola, quindi si erano irritati non poco per quell’avvenimento,
soprattutto perché coinvolgeva un principe.
Fu la madre di Pinkie a parlare per
prima:
“Pinkamena, cos’è successo?”
Fu penoso per Pinkie parlare ai suoi
genitori e alle sue sorelle su quanto accaduto, anche perché sulle loro facce
si dipinsero una serie infinita di emozioni: disgusto, sgomento, turbamento,
delusione…
Quand’ebbe finito di spiegarsi,
senza filtri, suo padre si schiarì la gola e la guardò severa, mentre la madre
le parlò chiaramente:
“A quanto pare l’educazione che ti
abbiamo impartito non è servita a niente, comunque noi restiamo la tua famiglia
e a casa nostra sarai sempre la benvenuta.”
Limestone,
Maud e Marble si strinsero attorno alla sorella, anche se disapprovavano le sue
scelte.
Velocemente, Pinkie riempì le sue
valigie, avendo cura di lasciare nel Castello le cose che le ricordavano il suo
principe. Era durata pochissimo ed era stata una felicità che andava contro al
suo Elemento, che peccava di genuinità. Solo in quel momento, mentre chiudeva
le valigie e ascoltava il silenzio assordante del Castello, si rese conto di
tutto questo.
Pianse di nuovo, un pianto
purificatore che lavò via la sua ossessione per Shining Armor: lo aveva
rincorso per dodici anni, ed erano bastati quattro mesi per sgretolare quella
fantasia in granelli impalpabili.
Salutò il
Castello, dando l’addio alle stanze che non avrebbe rimpianto.
Alle quindici, la famiglia Pie prese
il treno per Rockville.
Pinkie aveva lasciato sul letto
matrimoniale l’abito da sposa, assieme ad un semplice foglio bianco con su
scritto “perdonami”.
Mentre le rotaie venivano macinate
dalle ruote e il cielo di agosto si tingeva di una luce forte e calda, Pinkie
si massaggiò il ventre, che custodiva l’unica cosa buona nata da quella storia:
una nuova vita, generata proprio
quattro mesi prima.
Shining Armor non lo sapeva, non
glielo aveva ancora detto, voleva che fosse una sorpresa per il matrimonio.
D’altronde, il quarto mese era considerato il mese più sicuro tra i pony,
quello in cui le minacce d’aborto potevano dirsi scongiurate.
Non aveva alcuna intenzione di
parlargliene, tantomeno a Twilight. Voleva stare lontana per qualche anno da quegli
ambienti, da quei rapporti che lei stessa aveva rovinato con i suoi zoccoli.
Il puledrino sarebbe cresciuto
circondato dall’amore di nonni e zie, ma sarebbe stato solo suo, come solo suo
era stato ciò che aveva provato per Shining Armor.
Pinkie chiuse gli occhi e sperò che
almeno lo spirito di Cadance potesse perdonarla.