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Autore: Circ_e    15/04/2022    3 recensioni
Adrien e Marinette, dopo 11 anni dall'inizio di tutto sono sposati e, attualmente, combattono nuovamente contro un nuovo Papillon. A distanza di circa un anno dalla sua comparsa Marinette rimane incinta e questo comporterà una serie di problemi, perché, in quanto Ladybug non può avere, in un momento tanto delicato per Parigi, un figlio.
ATTENZIONE: TEMATICHE DELICATE QUALI ""ABORTO"", se siete sensibili a questo argomento NON leggete.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La vita è fatta di tanti, piccoli, momenti e non importa se questi siano belli o brutti poiché sono tutti, equalmente importanti.                                                                                                                                                             

Quello era un momento, un momento che come gli altri aveva già iniziato a modellare una nuova parte del suo essere.

Afferrò le estremità del freddo marmo del lavabo per evitare di cadere poiché le gambe si erano fatte incredibilmente pesanti.
Tanti piccoli singhiozzi riempirono in breve tempo il bagno, singhiozzi che lentamente, si trasformarono in un lamento disperato che avrebbe spezzato il cuore di chiunque fosse stato in grado di sentirli... ma in quel momento, Marinette era sola, sola con il suo dolore mentre si portava al petto il test positivo.

Non importava se fosse capitato nonostante tutte le dovute pracauzioni; non importava se, due anni prima, lei e Adrien avessero provato per oltre un anno senza successo ad avere un bambino; non importava quanto lo desiderassero entrambi: era capitato nel momento sbagliato.
Doveva abortire.

Si prese un momento per se stessa; doveva e voleva darsi il tempo per elaborare la situazione e rimase in bagno finché non si sentì pronta e, quando lo fu, getto via il tutto nel cestino ed uscì.

Nel momento stesso in cui mise piede in cucina, sentì la porta d'ingresso aprirsi e, giusto pochi secondi dopo, la figura di Adrien fece capolino dall'arco della stanza con due grandi buste della spesa tra le braccia, buste che posò subito sopra il tavolo girandosi poi verso la corvina:

"Lo so ho fatto tardi, ma ti ho comprato una cosa." 

Dichiarò con un sorriso, voltandosi nuovamente verso le buste e tirando vuori da una di queste una confezione che lei riconobbe subito essere proveniente dalla pasticceria dei suoi genitori.

"Avevi voglia di éclair ieri sera, giusto?"

Il cuore le scaldò il petto, facendole dimenticare per un solo istante il dolore che invece, glielo stava dilaniando.
Accennò un piccolo sorriso, allungando poi le mani per prendere la scatola e, aprendola, il sorriso divenne un qualcosa di più concreto notando come, i tre scelti, erano con le sue farciture preferite. 
Erano quelle piccole cose che a distanza di undici anni dal loro primo incontro la facevano ancora innamorare di lui.

"Hai fatto tutta quella strada solo per prendermeli?"

Domandò, con la voce ancora provata dal pianto e che sentendola, Adrien aveva notato subito risultare strana; ma non ci dette molto peso potento facilmente immaginare la motivazione del perché lo sembrasse.

"Ho pensato che magari i dolci magici di tuo padre ti avrebbero fatta sentire meglio... anche se preferirei di gran lunga che tu ti facessi visitare dal medico; stai trascurando troppo la tua salute ultimamente."

Le fece notare, iniziando a smistare la spesa.

Quello era il momento giusto.

"A proposito della mia salute." Mormorò la corvina ritornando seria in volto: "Dobbiamo parlare."

Adrien lasciò perdere le buste ridendicando la sua completa attenzione alla ragazza, ora visibilmente preoccupato.

"Mi spaventi se lo dici con questo tono serio."
"Cosa? No, Adrien... non ho nulla di grave, sta tranquillo."


Lo rassicurò, vedendo subito dopo il suo volto rilassarsi.

"Sono incinta."

Gli occhi del ragazzo si illuminarono, la bocca si aprì ad "o" e le sopracciglia si alzarono donandogli un espressione di pura sorpresa. Marinette si sentì male vedendo la sua reazione poiché in cuor suo, aveva sperato che lui vedesse la gravidanza con i suoi stessi occhi, ovvero un pericolo; ma infondo sapeva che Adrien non l'avrebbe mai vista in tal modo a causa del suo immenso ottimismo.

"I-io non ci posso credere." Mormorò: "Ma come è successo? Non ti ho mai vista saltare un giorno della pillola."
"Infatti è così, non so cosa sia successo."


Adrien le prese le mani, carezzandone i dorsi con i pollici; non cercando nemmeno per un secondo di nascondere la sua felicità e d'altronde: perché avrebbe dovuto farlo?

"Te lo avevo detto che prima o poi sarebbe arrivato" 

Sussurrò, con un tono talmente dolce che mise la ragazza ancora più in difficoltà.

"Adrien" Lo chiamò con voce tremante: "Non possiamo."
"Che cosa?"


Domandò confuso, facendosi più indietro di un paio di passi e lasciandole le mani, per darle modo di spiegarsi, mentre la fissava con gli occhi di chi sperava con tutto se stesso di aver frainteso.

"Non possiamo tenerlo, devo abortire."

Ripeté, sentendo il cuore rompersi ancora di più sapendo quanto dolore stava arrecando ad entrambi con quelle poche parole.

"Non riesco a capire... dopo tutto quello che abbiamo passato... che hai passato... ora che finalmente ci siamo riusciti tu non lo vuoi?"
"Non posso proteggere Parigi se sono incinta, questo... è capitato nel momento sbagliato."


Spiegò, non sapendo nemmeno con che coraggio lo stava facendo e con quale altro coraggio lo stava guardando dritto negli occhi, occhi che il quel momento la stavano guardando scioccati.

"È questo il problema?" Chiese incredulo: "Perché se è solo questo, possiamo trovare delle soluzioni."
"Non ci sono soluzioni. Se tengo il bambino devo rinunciare al mio miraculous, se rinuncio al mio miraculous ci sarà bisogno di una nuova Ladybug che prenderà il mio posto e non possiamo permetterci di correre un rischio del genere"


Disse e Adrien ebbe inconsciamente l'impressione di star parlando più con Ladybug che con Marinette.

"Può continuare a farlo Alya: è brava ed ha esperienza, sono sicuro che se le chiedessi di farlo, non esiterebbe un secondo ad aiutarci!"
"Non posso chiederle una cosa del genere, sta già facendo troppo e non posso approfittarmi della sua gentilezza in questo modo."
"Marinette..."
La richiamò lui, con la voce rotta e il viso già provato da quella conversazione: "Sono undici anni che mettiamo la sicurezza di Parigi avanti a tutto e per una volta, una sola volta, dovremmo pensare a noi stessi... lo abbiamo desiderato tanto... ce lo meritiamo."
"Ora..."
Mormorò, quasi boccheggiando, come se qualcuno le stesse togliendo l'aria direttamente dai polmoni: "Ti prego Adrien." 

Disse piano, pregandolo anche con gli occhi di capire e lui, capì.
Non disse più niente, si girò, con lo sguardo vuoto e riprese a smistare la spesa, probabilmente nel vano tentativo di distrarsi.

Questo non era ciò che volevano.
 
___________________________

"Sette settimane"

Sussurrò osservando il suo calendario sul telefono.
Se non avesse temporeggiato perché: era assolutamente impossibile che fosse incinta, lo avrebbe scoperto almeno tre settimane prima ma, non era appunto, andata in quel modo.

Sospirò, stendendosi poi meglio sul letto e ritrovandosi a fissare il soffitto: la sua prima gravidanza e di conseguenza, il suo primo bambino, non avrebbero avuto un futuro; questo pensiero le arrecava dolore nonostante fosse completamente convinta che farlo, era la scelta migliore.
Lei, prima di essere Marinette era Ladybug e come Ladybug, aveva dei doveri, doveri che spesso e volentieri, comportavano dei sacrifici e abortire per il bene di Parigi era uno di questi.

In quel preciso momento avrebbe voluto che Adrien fosse lì  al suo fianco a darle forza come solo lui sapeva fare, ma dopo quella breve conversazione in cucina due ore prima, non si erano rivolti più la parola e alla fine Marinette si chiuse semplicemente in camera da letto sperando di riuscire a riposare, fallendo miseramente.

Sollevò la mano sinistra, focalizzando la sua attenzione sulla fede: sposandolo lo aveva condannato ad una vita infelice poiché, se al posto suo ci fosse stata un altra ragazza, per Adrien quello sarebbe stato il giorno più felice della sua vita perché lei, al contrario di Marinette, poteva permettersi di portare a termine la gravidanza.

Fece ricadere, inconsciamente, la mano sul ventre e insieme a lei il suo sguardo subito dopo: la pancia era lievemente gonfia e anche se questo era solo ed unicamente dovuto agli ormoni del suo stato interessante, vederla le dava una dolce sensazione.
Sollevò di poco la maglietta ed iniziò a formare dei piccoli cerchi nel basso ventre con l'indice:

"Nausea, seno dolorante, pancia gonfia, stanchezza, odori incredibilmente forti e disgustosi e vescica perennemente piena... sembra che tu abbia fatto tutto il possibile per farmi capire che eri qui."

Dichiarò, con tono basso e dolce, punzecchiandola delicatamente e appena si rese conto di ciò che stava facendo, le sue sopracciglia si incurvarono verso il basso e insieme a loro, gli angoli della bocca.

"Perdonami."

Ricoprì delicatamente l'addome, si rimise seduta e riprese il suo telefono componendo, con forse anche troppa fretta ed agitazione, il numero del ginecologo: prima avrebbe terminato quella gravidanza, meglio sarebbe stato per tutti, soprattutto per lei
 
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Poggiò la fronte sulle ginocchia rannicchiandosi completamente su se stessa con un forte desiderio di piangere:  l'appuntamento era stato preso e probabilmente, nel giro di poco più di una settimana, sarebbe ritornata alla sua vita di sempre.

Qualcosa le si poggiò sulla testa e quando la sollevò il desiderio di piangere si realizzò: Adrien era in piedi proprio di fianco a lei e quando lo vide, si allungò verso di lui, affondando il viso nel suo petto mentre cercava di soffocare i singhiozzi che anzi, si fecero sempre più forti ed incontrollati.
Adrien si sedette sul letto ricambiando l'abbraccio e cercando di darle, seppur in silenzio, conforto.

"Mi dispiace."

Ripeteva la corvina, in loop, come se fosse stata un disco rotto.

"So che mi odi, ma non posso fare altro." Singhiozzò
"Perché dovrei odiarti?" Chiese, rompendo finalmente il suo silenzio.
"Perché ti sto rovinando la vita. Dovrei renderti felice e invece... mi dispiace."
"Io non ti odio."


Le disse, quasi sorpreso del fatto che lei lo avesse anche solo pensato.
La scostò appena, il giusto per poter stabilire con lei un contatto visivo:

"Marinette" Iniziò, asciugandole gli occhi: "È vero che desidero un figlio, lo desidero con tutto me stesso, ma io sono felice con te e per me, tu sei abbastanza; però non posso accettare l'idea che tu stia prendendo questa scelta per paura, non dopo tutto quello che abbiamo passato."

Spiegò, con tono calmo e rassicurante, prendendole poi le mani:

"Abbiamo degli amici meravigliosi che non ci volteranno mai le spalle... possiamo chiedergli questo favore."
"No, non possiamo. Se si venisse a sapere che è nostro figlio, non potremmo fare nulla per proteggerlo."


Dichiarò, mettendo finalmente a nudo le sue paure e involontariamente, Adrien, a quelle parole sorrise intenerito:

"Solo perché non possiamo prevedere ciò che accadrà non significa che, automaticamente, dobbiamo plasmare la nostra vita sulla paura. Non abbiamo permesso a mio padre di distruggere il mondo per suo egoismo, non permetteremo a Papillon 2.0 di fare lo stesso con la nostra famiglia, qualsiasi sia il suo scopo. Devi avere più fiducia!"

Finì, alleggerendo la tensione strizzandole le guance; Marinette gli tolse le mani dal viso e abbassò lo sguardo cercando di vedere un finale alternativo a ogni situazione e, vedendola così, Adrien si sollevò poiché capì di averle suggerito un nuovo finale che non aveva preso in considerazione.

"Qualsiasi cosa sceglierò di fare alla fine... tu mi starai vicino?" 

Domandò dopo svariati minuti di silenzio, guardandolo seria.
Lui le sorrise ancora -seppur con una nota lievemente amara-, le prese la mano sinistra e le sfiorò la fede:

"Se non erro, l'ho giurato quattro anni fa... ho intenzione di mantenere la mia promessa."

Affermò, ristabilendo con lei un contatto visivo e in risposta questa sospirò triste, poggiando la fronte sopra il petto del ragazzo chiudendo gli occhi:

"Non sopporto più tutte queste responsabilità." Mormorò esausta, sentendo le braccia di lui circondarla nuovamente.
"Non devi fartene sempre carico."
"Certo che devo, sono il leader oltreché la guardiana: se non me ne faccio carico io allora chi dovrebbe?"
"Sei prima di tutto una persona"
Esclamò serio: "E anche tu, come qualsiasi altra persona, hai una vita e meriti di viverla appieno"
"Anche a chi dovrei -ipoteticamente- dare il mio miraculous ha una vita che, per inciso, non sta più vivendo da quando ha iniziato a sostituirmi in queste due settimane."
Tenne a precisare Marinette, rompendo l'abbraccio.
"Non ci credo che Alya te lo ha rinfacciato, non lo farebbe mai." 
"Infatti non lo ha fatto, si vede benissimo che è stravolta, anche senza che me lo dica; lei non è abituata ai nostri ritmi e questo si aggiunge a tutti gli altri motivi per cui non dovremmo tenere questo bambino"
"Sono sicuro che ad Alya prema di più la tua felicità su questa storia: se tu abortissi per non darle questo peso, probabilmente ti odierà"
"Non è comunque lei il motivo principale per cui lo faccio"
"È uno dei motivi principali. Senti Marinette." 


La richiamò, prendendole le mani e guardandola con dolcezza:

"So che hai paura ed io non insisterei mai se non avessimo davvero alternative, ma ne abbiamo, possiamo davvero farlo funzionare, quindi ti prego: pensaci, parlane anche con Alya se questo ti farà stare più tranquilla."
"Perché dovrei mettere in mezzo altre persone quando riguarda nostro figlio?"


Il terribile dolore allo stomaco che lo aveva attanagliato fino a quel momento, a quelle ultime parole si affievolì, sentendo al suo posto un piacevole tepore irradiarsi per tutto il petto, facendolo sorridere.

"Stavo semplicemente dicendo che: visto che -in caso- sarà lei a tenere il tuo miraculous e tu non vuoi darle responsabilità, sentire ciò che ne pensa ti farà stare sicuramente più tranquilla."

Chiarì, quasi divertito, divertimento che lui ricollegò a quella piacevole sensazione di poco prima.
Marinette tacque ancora per svariati secondi.
-I secondi di riflessione- pensò lui guardandola.

"Va bene, ci penserò e ne parlerò con Alya, però... per favore, non crearti aspettative, non voglio deluderti." Dichiarò seria
"Non lo farai, qualsiasi cosa sceglierai di fare." 

La rassicurò lui alzandosi poi dal letto e tirandola per le mani per farle fare lo stesso.

"Ti ho comprato un pacco da 8kg di riso... avevo letto che è ottimo per chi soffre di nausea e vomita; vieni a farmi compagnia di la mentre lo cucino, magari funziona davvero e riuscirai finalmente a tenere qualcosa nello stomaco per più di 20 minuti."

Marinette, nonostante non avesse la benché minima voglia di mangiare, si alzò, sia per non rendere inutile l'ennesimo tentativo del marito di farle riacquisire un po' di peso, sia perché aveva compreso anche lo sforzo non indifferente che Adrien stava facendo, con quel piccolo gesto, di riportare un po' di normalità nella loro vita.

"Non rimanerci troppo male se lo vomito, non è colpa tua, sono ancora nauseata dal dopo colazione."
"Non lo farò!"


 
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"Sono incinta."

Il tefono ad Alya, dopo quelle due parole, le scivolò di mano cadendo rovinosamente a terra; mentre il suo sguardò, stupito, era sulla corvina.

Rimase così per circa un minuto poi, con molta calma, si chinò per recuperarlo infilandolo in tasca subito dopo e poi, sempre con molta calma, spostò di poco la sedia: il giusto per poterci poggiare sopra la borsa.

"Beh." Esordì: "Questo spiega il motivo per cui ti ho trovata in contemplazione del gabinetto quando sono arrivata"
"Speravo che almeno tu la prendessi più seriamente"


Sussurrò Marinette, massaggiandosi le tempie sconfortata.

"No è che... sto solo cercando di metabolizzare la notizia perché non me lo aspettavo- cioé... sapevo che non ne stavate più cercando a causa del nuovo Papillon e, non che mi interessino gli aggiornamenti h24 sulla tua vita sessuale ma-"
"Non lo stavamo cercando, infatti"
La interruppe la ragazza: "Ed è questo il problema."

Mormorò alla fine.
La rossa la guardò seria per qualche secondo, poi le indicò il divano:

"Suppongo che tu mi abbia chiamata per parlarne, giusto?"
 
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"Allooora..." Esclamò Alya una volta preso posto sul divano: "Come ti senti?"
"Uno schifo" Affermò senza giri di parole Marinette: "Ieri Adrien mi ha comprato gli éclair e stamattina ne ho mangiato uno, dopo nemmeno cinque minuti mi sono sentita male; dopo averli vomitati mi sono messa a piangere perché... voglio dire: li ha comprati per me, è andato fino alla pasticceria dei miei genitori per comprarli, ha speso tempo, soldi e benzina ed io non posso nemmeno mangiarli! Dopo ho vomitato altre tre volte. Non posso mangiare niente e per un motivo o per un altro sono sempre in bagno; se faccio un metro mi viene l'affanno, come ai vecchi; mi fanno male le tette, la pancia e la testa; non sopporto nessun tipo di odore, tranne -ovviamente- i dolci, che mi fanno male e tante altre cose orribili. La gravidanza fa schifo e le donne che lo negano fanno ancora più schifo."

Disse tutto di un fiato iniziando a singhiozzare verso la fine; Alya, comprensiva, iniziò a massaggiarle la schiena tentando di confortarla.

"Non ce la faccio più Alya: appena mi sembra di aver trovato un po' di equilibrio nella mia vita questo mi viene brutalmente strappato e te lo giuro, mi sarei aspettata di tutto, ma non che questo sarebbe successo a causa di una gravidanza."

Si lamentò, nascondendo il viso tra le mani.

"Marinette." La chiamò l'amica: "Capisco che tu ora sia arrabbiata e frustrata, è perfettamente normale dopo tutto quello che è successo e scoprire che è capitato ora, con un nuovo cretino con manie di grandezza... hai tutto il diritto di esserlo, davvero, ma il bambino non è un problema: posso sostituirti finché ne avrai bisogno, so che lo vuoi, quindi non ti preoccupare."
"Il punto qui non è se lo voglio o no." Sbottò: "Semplicemente è troppo rischioso."
"Come può essere rischioso? Per le identità? Un neonato non parla e un bambino piccolo dice spesso bugie: chi gli crederebbe se un giorno dicesse di essere figlio di Ladybug e Chat Noir?"
Domandò sinceramente confusa.
"Ci sono un infinità di modi in cui potrebbero scoprirlo e se a causa di questo gli succedesse qualcosa... sarebbe mille volte peggio che sapere di averlo abortito."
"Si ma..."
Si interruppe, poggiandosi a peso morto sullo schienale del divano: "Adrien che ne pensa?"
"Adrien... Adrien."
Ripeté, sentendosi uno strano groppo formarsi alla gola: "Dio, Alya" Gemette: "Sta cercando di non mettermi pressione ma lo desidera, lo desidera così tanto..." Mormorò con il fiato corto.
"Sta notte l'ho sentito piangere nel suo studio. So che gli sto procurando un dolore immenso e so che mi odierà ma è troppo ottimista"
"Come potrebbe odiarti?"
Chiese Alya, più a se stessa che a Marinette: "Pur non condividendola, sa perché lo stai facendo e sapendolo, come potrebbe odiarti? Stai male anche tu, tanto quanto lui... più di lui."

Disse piano alla fine, abbassando lo sguardo, non sapendo nemmeno lei quali fosse le parole davvero adatte in quel momento.

"Il fatto che lo sappia non vuol dire nulla, dovrebbe odiarmi a prescindere dalla motivazione"

Rispose calma, seppur, psicologicamente distrutta.

"Come puoi pensare una cosa del genere sapendo quanto ti ama?"
"L'amore non può giustificare tutto!"
Ribatté Marinette.
"Non lo credo nemmeno io, ma questo è diverso."
"Diverso?"
Domandò sarcastica: "Stiamo parlando di un figlio, un figlio che desidera da tutta la vita e non conta quanto mi ama, dopo che avrò abortito vedrà solo il riflesso della donna che ha ucciso suo figlio."

-Riflesso?-

Alya sgranò improvvisamente gli occhi, come se avesse avuto una sorta di illuminazione. Quel modo di parlare di Marinette, le risuonava dannatamente familiare.

"Tu lo odieresti davvero al posto suo?" Domandò, dopo un piccola riflessione.
"Sì."

Sì.

Si poggiò nuovamente al divano, accompagnando il gesto con un rummoroso sospiro.

"Questo fa decisamente più paura di un tizio che manda farfalle viola in giro per Parigi." Affermò, voltando poi la testa verso la ragazza al suo fianco, guardandola seria: "Tu non lo odieresti mai se fossi davvero al posto suo. In questo momento stai solo riproiettando le tue paure su di lui, come se fosse il tuo specchio. Ancora. Se ci sarà qualcuno che ti odierà dopo che avrai abortito, quella sarai tu stessa. Ascoltami." Disse girandosi completamente verso di lei: "Questa è una scelta che non possono prendere tutti e se la prendi tu, che desideri un bambino da tutta la tua vita, non ti perdonerai mai e la cosa potrebbe degenerare al punto che Parigi avrà bisogno di una nuova Ladybug permanentemente e, senza esagerare, un giorno avrà bisogno pure di un nuovo Chat Noir."

A quelle parole Marinette non rispose e ancora una volta, si rimise in discussione.
Tutto ciò era terribilmente frustante.

"Cosa devo fare, Alya?" Chiese diversi minuti dopo, con voce bassa e persa.
"La domanda giusta in questo caso è "cosa voglio?" e a questo, Marinette, puoi rispondere solo tu."
"Io so cosa voglio, ma questo non è importante: devo fare ciò che è meglio."
"È meglio che tu tenga il bambino, se lo desideri."
"Se lo tengo sarà in pericolo."


Ripeté ancora e Alya giurò a se stessa che se lo avesse detto ancora una volta l'avrebbe strangolata con le sue stesse mani ma, per il momento, si limitò a borbottare qualcosa frustrata.

"Tutti corriamo dei pericoli, ogni giorno, dal momento in cui mettiamo piede in questo mondo! Ma tante sono le possibilità di morire oggi, quante più sono quelle, invece, di sopravvivere."
"Il mio correrebbe risch-"

"Zitta, non dirlo!" La interrupe, tappandole la bocca: "Se lo ripeti ancora mi verrà un esaurimento nervoso. Ora ascoltami." Iniziò, togliendole la mano dalla bocca: "È vero, il tuo correrebbe rischi maggiori rispetto a quelli di un altro bambino, ma questo solo ed esclusivamente nel caso in cui si venisse a scoprire di chi è davvero figlio e, sinceramente, con tutto il dovuto rispetto verso i castelli dell'orrore che hai cominciato a costruirti nel momento stesso in cui hai scoperto di essere incinta: non vedo perché questo dovrebbe accadere visto che tutto si è sempre risolto a nostro favore."
"Questo non esclude il fatto che potrebbe succedere il contrario."
"Sì, hai ragione anche qui, ma pensi davvero che fasciandoti al testa prima ancora di rompertela servirà davvero a qualcosa?"
Domandò: "Tu ora ti stai concentrando solo su gli aspetti negativi."
"Realistici."
La corresse Marinette.
"Realistici? Ma ti prego! Nella realtà ci sono anche opzioni positive e tu non ne hai presa nemmeno una in considerazione!"

Esclamò, pentendosi subito del tono aggressivo che aveva usato.
Si schiarì la gola e sfregò le mani sulle coscie, più e più volte, cercando di scaricare la tensione.

"Scusami, non volevo aggredirti, sono solo preoccupata per te; hai 24 anni... posso capire che sei preoccupata e al posto tuo lo sarei anche io! Davvero, sarei terrorizzata, ma non puoi vivere così. Avete desiderato così tanto un bambino che mi sembra assurdo che, ora che c'è, ve ne dobbiate privare... vorrei solo che per una volta, tu permettessi agli altri di aiutarti... è ora che Ladybug si prenda una pausa e che Marinette si riprenda la sua vita perché stai facendo troppo, da troppo tempo."
"Se lo facessi però... se Ladybug sparisse per un periodo di tempo così lungo e poi semplicemente rispuntasse, qualcuno potrebbe insospettirsi" Ribatté, quasi spaventata.
"Non per darmi delle arie."
Dichiarò la rossa, spostandosi i capelli su di una spalla e accavallando le gambe: "Ma vorrei ricordarti che oltre ad essere -sporadicamente- la fantastica Scarabella, sono anche Rena Rouge e come tale, creerò ogni giorno, fino al tuo ritorno, una tua illusione che girerà per Parigi, così le persone -e Papillon- crederanno che Ladybug sia ancora attiva e, da Scarabella, apparirò solo quando ci sarà un akumizzato... se questo sarà semplice da sconfiggere potrei anche coprirmi con una tua illusione, unendo i miraculous!"

Spiegò, sicura e decisa.
Marinette la guardò seria, poi accennò un piccolo sorriso:

"Anche tu vuoi che tenga il bambino?" Chiese, con tono decisamente -e finalmente- più dolce rispetto a prima.
"Voglio che tu sia felice." Le rispose: "E se questo bambino aggiungerà felicità nella tua vita così melansa e perfetta allora sì, voglio che tu lo tenga."

In risposta a quello, Marinette riabbassò lo sguardo e Alya fece un ennesimo, respiro profondo, preparandosi psicologicamente all'ennesima domanda che sapeva, lei le avrebbe fatto.

"Non ti pesa davvero l'idea che se lo tengo tu non avrai più tempo libero?"
"No."
Disse secca la rossa come prima cosa, poi continuò: "In realtà, credo proprio che fosse ciò di cui avevo bisogno" Asserì, ricevendo da Marinette uno sguardo interrogativo.
"Lo sai, ero ad un punto di stop nella mia vita e questo è strano perché... insomma, io so cosa voglio fare, ne ho le capacità e le possibilità, però... Probabilmente era solo un periodo, ma mi mancava la motivazione. Avevo i miei momenti di svago con Nino, te e gli altri, ma poi, tornata a casa, non c'era nulla che mi facesse dire: "Bene, ora vai lì ed inizia a costruire il tuo futuro"; procrastinavo, perché tanto avevo tutto il tempo del mondo." Spiegò: "Ma da quando mi hai dato il tuo miraculous ho ritrovato la voglia di rimettermi al lavoro e letteralmente, tutto il mio tempo libero lo passo a studiare, gestire pagine e via dicendo. Ogni tanto abbiamo solo bisogno di un cambiamente per dare una svolta alla nostra vita."
"Ogni allusione è puramente casuale?" Domandò la corvina poco convinta; Alya scrollò le spalle, divertita:
"Sei tu quella che si è immedesimata nell'ultima frase, io stavo parlando per me."

Marinette abbassò nuovamente gli occhi, pensierosa e lì, Alya le carezzò la schiena con energia, dandole forza:

"Vedrai, vedrai, andrà tutto bene!"
 
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Erano ore che si girava e rigirava nel letto tentando disperatamente di prendere sonno senza il benché minimo successo e, alla fine, per pura disperazione, si mise seduta.
Le bruciava lo stomaco e non si capacitava di come riuscisse a provare quel forte senso di nausea nonostante in quest'ultimo, non ci fosse più nulla da rimette.
Guardò distrattamente la sveglia e vista l'ora, probabilmente nemmeno quella notte sarebbe riuscita a riposare.

Spostò piano le coperte e, una volta tirate fuori le gambe, iniziò a cercare a tentoni le ciabatte, trovandole giusto pochi secondi dopo.
Fece per alzarsi, ma si raggelò avendo sentito qualcosa urtarle la schiena; girò piano la testa e vedendo un ammasso informe biondo tirò subito un sospiro di sollievo:

"Mi verrà un infarto prima o dopo se non la pianti di essere così silenzioso."

Lo rimproverò.
Adrien tirò su il capo, facendosi più vicino e poggiando il mento sulla spalla di lei, circondandole, nel frattempo, il corpo con le braccia:

"Ti senti male?" Le chiese, con ancora la voce impastata dal sonno.
"La solita nausea... volevo andare in cucina per farmi una camomilla."
"È una buona idea."
Concordò, lasciandola libera di alzarsi: "Ti faccio compagnia."
"Se non sei troppo stanco l'accetto volentieri."


Mormorò timida, ma improvvisamente felice di sapere che lui sarebbe stato con lei in cucina.

Alla fine, Adrien si offrì di prepare lui stesso la tisana e Marinette si mise semplicemente seduta al tavolo, in attesa che l'acqua bollisse.

"Hai fame?" Domandò il ragazzo aprendo la dispensa.
"In realtà non particolarmente," Rispose Marinette, iniziando a giocherellare con il centrotavola.
"Cosa hai mangiato oggi?"
"Alya mi ha preparato un brodo di verdure, ho mangiato quello."
"Quindi sei digiuna da pranzo?" 


Marinette seguì la figura di Adrien, mentre si apprestava a svuotare la dispensa mettendo sulla tavola: fette biscottate, gallette e crackers di ogni tipo; non riuscì a trattenere un sorriso, notando come, ancora una volta, lui si premurava di darle solo ciò che -in quel caso- avrebbe potuto mangiare senza sentirsi -in teoria- male dopo.

"Sono andata avanti tutta la giornata con il brodino." Mentì: "Stranamente non sono digiuna." Mentì ancora.

Le dispiaceva farlo, ma iniziava a non tollerare più l'espressione sul volto del marito ogni volta che saltava fuori l'argomento "cibo".

"Sono contento di sapere che hai mangiato qualcosa, ma dovresti comunque integrare dei cibi solidi. Ho letto che se mangi poco e lentamente, dovresti ridurre il senso di nausea... prova, se senti che non ce la fai bevi solo la camomilla."
"Non dovresti preoccuparti così tanto, pur troppo la nausea è un sintomo del tutto comune. Starò bene."
Tentò di rassicurarlo.
"Sei dimagrita troppo e in più, se non mangi potresti avere dei cali di ferro, vitamine o chissà che altro... potresti sentirti male mentre non sono a casa."

La corvina poggiò il mento sul palmo della mano, intenerita ma allo stesso tempo esausta da tutte quelle attenzioni -forse- anche troppo esagerate.

"Farai così fino al secondo trimeste?" 
"Io-"


Si interruppe, guardandola con gli occhi di chi, sta volta, sperava con tutto il cuore di aver inteso bene il significato della domanda.

Marinette si alzò in piedi, dirigendosi verso la credenza e tirando fuori da essa le due tazze che usavano abitualmente -incredibile ma vero, quella con il gattino stampata sopra era di Marinette, mentre quella con le coccinelle, di Adrien-; le poggiò sopra il bancone e ci versò dentro l'infuso, portandole poi al tavolo mettendole ai loro rispettivi posti, fermandosi poi di fianco al ragazzo.

Temporeggiava, non sapendo bene come cominciare il discorso mentre, Adrien, non le staccava gli occhi di dosso.

"Non sono ancora sicura che questa sia la scelta giusta." Iniziò, stranamente calma: "Ma... tu e Alya avete ragione: non posso vivere nella paura e per una volta, lascerò che tutto scorra così come viene."

Adrien sentì un tuffò al cuore, distolse lo sguardo da Marinette, cercando poi di elaborare ciò che lei gli aveva appena detto e, una volta realizzato, portò una mano al petto sentendo il suo cuore rimbombare forte e veloce dentro di lui, così tanto che quasi gli faceva male.

"Significa che... tieni il bambino?" Chiese conferma, ristabilendo il contatto visivo.
"Sì."

E a quella risposta, ancora seduto, le circondò il bacino con le braccia, stringendosi a lei.
Marinette gli pettinò i capelli con le dita, ricambiando, per quanto possibile nella sua posizione, l'abbraccio.

"Mi dispiace, farti soffrire non era nei miei piani, ma è una situazione così complicata... non sapevo che altro fare." 
"Non importa."
Mormorò Adrien: "È colpa mia, avrei dovuto darti più sicurezza, ma al tempo stesso non volevo metterti pressione... se avessi abortito, se te ne fossi pentita e fatta una malattia... non me lo sarei mai perdonato."

Lei sgranò gli occhi, sentendo uno strano -e forse ingiustificato- senso di colpa salirle su per la gola. 

"Adrien." Lo chiamò: "Se non avessi avuto te al mio fianco, sarei stata schiacciata dalle mie oppressioni e non avrei mai realizzato nulla di ciò che invece, grazie a te, sono riuscita a fare. Non addossarti più le colpe delle mie scelte."

Disse seria, sollevandogli il viso.
Adrien allentò la presa, passando le mani avanti e afferrandole i polsi, tirandola poi delicatamente verso il basso per farla sedere sulla sue gambe, tenendola in modo tale che lei stesse comoda su di lui.

"Tu sei talmente forte che saresti sempre comunque riuscita a rialzarti da sola, in un modo o nell'altro, io ti do solo una piccola spinta per farti proseguire; ma quando si tratta di darti davvero supporto... mi sono reso conto che non ne sono capace, anche se ci provo." Dichiarò.
"In questo momento voglio picchiarti." 

Sbottò la corvina infastidita, distruggendo completamente il momento melodrammatico che si era creato.

"Sei un cretino. Devi smetterla di sminuirti così, completamente senza motivo." Iniziò, poggiandogli le mani sulle guance e premendole abbastanza da storpiarglie il viso: "Le "piccole spinte", come le chiami tu, probabilmente non hai la minima idea di quanto facciano nella mia vita!" 

Esclamò, alzandosi in piedi e andandosi a sedere al suo posto.

"Beviamoci questa camomilla e andiamo a letto e per aver detto queste idiozie, domani sistemerai tu casa: farai il bucato, laverai i piatti e spolvererai ogni singolo mobile e ricorda che è una punizione, quindi nel frattempo, ripensa a tutte le cose stupide che hai pensato e che magari nemmeno mi hai detto."

Adrien rimase sorpreso da quel cambiamente di umore improvviso, così tanto che in un primo momento non seppe nemmeno cosa rispondere.
Marinette era brava a cambiare l'atmosfera, ma di norma, quando questa era seria, la faceva rimanere tale ed era sempre lui a spezzarla alla fine.

"Hai capito o no?"
"Sì." 


Rispose quasi intimidito, chiedendosi se anche quello era dovuto alla gravidanza... beh, gli sbalzi di umore facevano parte dei sintomi, no?
 
──────════♦──♦════──────

"Sia mai." Borbottò, tirandosi giù i jeans: "Non mi sta più niente, sto diventando una balena."

Aggiunse subito dopo, afferrando con violenza dei joggers di Adrien e scuotendoli energicamente più volte.

"Se solo ti decidessi a comprare dei pantaloni premaman, non avresti questi problemi."
"Tu sei pazzo. Il mio tragitto massimo è dal letto  al bagno, come puoi anche solo pensare che io possa mettermi a fare shopping? No, non è fattibile."


Disse alla fine più a se stessa che al ragazzo, afferrando i due lacci del pantalone e facendo, con questi, un piccolo fiocchetto poco più sopra dell'ombellico.
Adrien ridacchiò, tirandosi a sedere e dedicandole la sua completa attenzione.

"Se sei così a sole undici settimane, non oso immaginare a fine gravidanza."

Commentò ironico, riferendosi più al suo stato sedentario che a quello fisico ma ciò, ovviamente, venne frainteso da Marinette, che in risposta, imbronciò il viso:

"Brutta, bassa, grassa e pigra. Poi guarda questo." Esclamò, sollevando la frangia: "Guardalo! Che cos'è? Un altro bambino? Io non ho mai avuto problemi alla pelle, perché devo averli ora?"

Piagnucolò, avvicinandosi al biondo che continuava a guardarla tra il divertito e l'arreso.
Aveva appurato che: Marinette non soffriva di sbalzi d'umore, lei era uno sbalzo d'umore e, quando non era arrabbiata, beh... era divertente averci a che fare.

"Chiederai il divorzio, vero?"

Domandò, guardandolo con gli occhi lucidi; le sorrise, prendendole le mani e tirandola ancora più vicina a lui:

"Dovrei?"
"No, non dovresti, ma faccio schifo e sono una pessima madre" Iniziò: "Dovrei amare la gravidanza e invece la odio; è tutto terribile e non ce la faccio più, voglio che il primo trimestre finisca il prima possibile."
"Guarda che è del tutto normale e non sei una pessima madre per questo, anzi, ti assicuro che al posto tuo io starei mille volte peggio, voglio dire: la stai vivendo con tutti i peggiori sintomi possibili! Chi mai ne sarebbe felice?"


Marinette rispose con un sospiro, facendosi spazio e mettendosi seduta sulle gambe del ragazzo; si guardò un attimo, con attenzione e subito dopo spostò lo sguardo su di lui:

"Ti peso?" 

Sibilò timida; lui negò con il capo, afferrandola meglio e poggiando il mento sopra la sua spalla limitandosi ad osservala.
Ok la gravidanza e tutti i suoi problemi, ma c'era qualcosa che non gli tornava e voleva capirlo.

"Che c'è Marinette?" Saltò al dunque. La corvina sospirò, ancora, mettendosi più comoda su di lui:
"Non mi sento più padrona della mia vita"  Mormorò: "Prima lavoravo all'atelier, ero Ladybug e correvo da una parte all'altra di Parigi perché avevo sempre da fare... ora invece ho talmente tanto tempo libero che lo passo a letto a non fare nulla; se voglio uscire invece, mi passa subito la voglia, perché mi affatico dopo nemmeno tre metri."
"Ho capito."
Dichiarò Adrien carezzandole distrattamente il braccio: "In questo caso, credo che la cosa migliore da fare sia alzarci e andare a fare rifornimento di vestiti premaman." Marinette si corrucciò in risposta, guardandolo di sbieco:
"Ma tu mi ascolti quando parlo? Ti ho appena detto che mi affatico subito. Il negozio è troppo lontano per andare a piedi."
"Ti ascolto, infatti andremo in macchina."
"Ed è troppo vicino per andare con la macchina."
Brontolò
"Che importanza ha? L'ultima volta che sei uscita di casa è stato per andare alla visita: un mese fa! Ti stai deprimendo qua dentro, vedrai che uscire anche solo per mezz'ora ti farà stare meglio. Faremo piano piano, così non ti affatichi... se vuoi ti compro anche il deambulatore."
"Non prendermi in giro."
"Allora alzati, su, su!"


La invogliò Adrien, dondolandola piano piano per farla alzare e Marinette, inaspettatamente, sospirò di nuovo, ma alzandosi alla fine in piedi:

"Esco così?"
"Non va bene come sei vestita?"
"Sembro una barbona."
Lui ridacchiò, alzandosi e prendendole la mano:
"Non lo sembri, sei vestita sportiva."
"Una barbona sportiva."


Mormorò, cercando di coprirsi meglio la pancia con la felpa mentre veniva trascinata dal ragazzo fuori dalla camera da letto.
 
______________


"È terribile." Sussurrò Marinette guardando il suo riflesso nello specchio.
"Non è vero, è molto carino." La contraddì Adrien, ricevendo uno sguardo disgustato dalla moglie.
""Molto carino"? Un pantalone a vita bassissima, con una fascia enorme incorporata sarebbe "molto carino"? Con che coraggio lo dici..." 
"D'accordo."
Esclamò il biondo: "Sta volta sono completamente d'accordo con te, fa schifo." Concordò alla fine: "Ma almeno ci stai comoda?"

Marinette guardò il suo riflesso ancora una volta, da diverse angolature, poi annuì:

"Il tessuto è elastico e la fascia è molto morbida."
"L'importante è questo. Ora non ci resta che farne una piccola scorta, in modo che tu possa avere qualche cambio. Per qualche settimana dovresti essere apposto."
"No, vanno bene solo questi."

"Marinette..." Si lamentò Adrien: "Tu e quella tizia avete due corpi completamente diversi."
"Sì, ma ha ragione: non ha senso che comprarli adesso che sono appena ad inizio gravidanza... posso arragiarmi i pantaloni da sola, finché davvero non potrò più sistemarli perché troppo stretti."
Spiegò.
"Come ti dicevo: tu e quella sconosciuta, avete due fisici completamente diversi e anche se sei ad inizio gravidanza, le cose ti vanno già strette, in più, non capisco perché devi adattare i tuoi pantaloni quando ci sono questi che sono fatti apposta."
"Costano un rene! È un investimento troppo grande e come ha detto la ragazza: alla fine, dopo che avrò partorito, non li userò più."
Aggiunse, facendo gemere nuovamente dalla frustrazione il ragazzo:
"Possiamo permetterceli, non siamo mica sull'astrico!"
"Ma non siamo nemmeno ricchi e dovremmo iniziare a mettere da parte dei soldi."
Ribatté la corvina.
"Lavoriamo entrambi e di sicuro non dobbiamo mettere da parte i milio-... Senti, dobbiamo davvero litigare dentro il camerino?" Domandò, tirando fuori una pacatezza che fino a pochi secondi prima non gli apparteneva.
"Io ora non sto lavorando... e comunque hai cominciato tu." Borbottò la moglie incrociando le braccia al petto.
"Io? Ma se sei tu que-" Si interruppe di nuovo, chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, per poi riaprirli:
"Facciamo così." Iniziò calmo: "Per ora ne compriamo solo due paia e,  nel frattempo, potrai continuare ad usare i miei -finché ti vanno-, d'accordo?" 
"Sono più di 70 euro e non sono nemmeno al secondo trimeste. Continuo a vederla come una mossa azzardata."
Ribatté.
"Non è una mossa azzardata: il bambino sta crescendo velocemente e il tuo corpo si sta adattando, tempo due settimane e non ti staranno davvero più nemmeno i miei. Non capisco davvero perché ti fissi così tanto su quello che pensano gli altri; quella si stava semplicemente dando delle arie perché era all'ultimo trimestre, facendosi anche i conti con le nostre tasche senza nemmeno conoscerci, davvero non dovrei nemmeno stare qui a dirtele certe cose."

Marinette non rispose; lo guardò con la coda dell'occhio un secondo, poi si girò, sistemandosi ancora una volta la fascia sul ventre poco convinta, ma alla fine acconsentì, più per il loro quieto-vivere che perché si trovasse effettivamente d'accordo con lui.
 
________________


Il mondo esterno aveva compiuto il suo miracolo e, contro ogni aspettativa e grande gioia da parte di Adrien, Marinette volle tornare a casa a piedi.

"Sei contenta delle cose che abbiamo comprato?" Le domandò dopo cinque minuti buoni di silenzio assoluto.
"Forse sarò più contenta quando la pancia sarà più grande... sempre se non sarò troppo impegnata a piangere perché mi vedrò ancora più grassa." Mugolò, facendo trasparire un po' della sua solita frustrazione.
"Non hai le idee molto chiare, vero?"
"No è che... è strano guardarmi allo specchio e vedermi così, cioé: mi piace, ma al tempo stesso no; ho sempre mantenuto un tipo di fisico e con questo non riesco più a sentirmi attraente... ancor meno con questo mostro sulla fronte."
"Guarda che non è così grande, anzi, è ancora molto piccola."
La rassicurò lui.
"Sì, però per me è comunque tanto, mi sento un pallone." 
"Mhh... non so quanto ti possa essere di conforto, ma io ti trovo adorabile e... sei ancora molto attraente."
Le disse a bassa voce alla fine, avvicinandosi di poco al suo viso.
"Per ora."
"E anche in futuro."
"Lo dici adesso che non mi sono ancora completamente evoluta in Snorlax, ma non lo penserai più quando la pancia sarà flaccida e piena di smagliature, mentre le mie tette assomiglieranno più alle orecchie di un cocker."


Lui la guardo con la coda dell'occhio, divertito, carezzandole dolcemente il dorso della mano con il pollice.

"Non dovresti pensarci così assiduamente." Le suggerì Adrien
"Invece ci penso... questo mi rende una pessima madre, vero? Dovrei essere contenta, perché vuol dire che il bambino sta crescendo bene e lo sono, ma mi vedo comunque brutta."
"Stai ripetendo la stessa frase da giorni, ma perché lo pensi?"


Domandò, guardandola serio.
Marinette tentennò, indecisa se rispondere davvero o meno ma alla fine, rispose, aspettandosi la ramanzina che sapeva, sarebbe arrivata.

"Mi sono iscritta in un forum di mamme." Disse piano, intimorita.
"Marinette no... ti avevo detto di evitarli, ti creano solo ansia e stress." Mormorò frustrato
"Sì, lo so, ma apparte te e Alya non ho nessuno con cui parlare della gravidanza e volevo sentirmi parte di questo "mondo", però... loro sembrano tutte così felici: mettono foto della pancia e sono fiere del loro corpo, riescono pure a scherzare sulla nausea... è come se io fossi l'unica che la stia vivendo così tanto male... e poi."
"E poi?"
La invitò Adrien diminuendo l'andatura del passo per farla parlare senza farla anche affaticare.
"L'altro giorno una ragazza ha detto di aver vissuto male la gravidanza e che quando è nato il bambino non ha provato assolutamente nulla nei suoi confronti, nonostante lo avesse cercato... e se capitasse anche a me? Se anche io, una volta nato il bambino, non provassi nulla per lui?"
"Ahiahi" 


Sospirò piano, in tono anche arreso e distrutto da tutte quelle paranoie che sapeva, sarebbero state evitate se lei non si fosse iscritta a quel forum.

"Se succede a qualcuno non vuol dire che accadrà anche a te." Rispose.
"Ma potrebbe succedere!"
"Se ciò accadesse sarebbe comunque una cosa normale e in ogni caso, l'affronteremo insieme."
"Come può essere normale una madre che non ama il proprio figlio?"


Mormorò la corvina.
In un certo senso anche Adrien era incinto, poiché questa gravidanza lo stava mettendo a dura prova sul lato psicologico dovendo pesare ogni singola lettera che avrebbe composto una sua frase che di conseguenza sarebbe uscita dalla sua bocca e che sarebbe arrivata, infine, alle orecchie della ragazza. 
Niente più frasi con significati ovvi ma sottointesi, solo frasi chiare e coincise, che significavano quello e solo quello.

"Non intendevo questo." Disse dopo la sua breve riflessione: "Mi sono reso conto che la gravidanza è un trauma per una donna, che sia a livello emotivo -causa ormoni- che fisico; quindi credo che, sotto certi versi, non amare subito la causa di tutti questi traumi sia normale, ma ciò non vuol dire che non lo amerai mai. Un figlio è una persona e una persona, prima di amarla davvero devi conoscerla. Certo, alcuni lo amano fin da subito -come te-." Le ammiccò tirandole delicatamente la mano: "Ma amarlo dopo non vuol dire che sei una pessima madre. Se il problema è non provare amore neanche dopo tanto tempo dalla sua nascita, credo che il punto alla base sia un altro. Ma ti ripeto, in qualsiasi caso, ci sarò io con te, lo supereremo insieme; ma sono certo che non avremo questo problema."
"E non mi giudicheresti per questo?"
Chiese in risposta.
"Assolutamente no."

Marinette sospirò preoccupata, poggiando la testa contro la spalla del marito, diminuendo ancora di più l'andatura della camminata.

"Devi stare più tranquilla." Le disse piano.
"Ci proverò."
"Devi assolutamente! E segui il consiglio del tuo maritino che ti ama tanto: togliti da quel forum, non ti fa affatto bene, d'accordo?" 


La corvina sorrise, annuendo piano e stringendosi ancora di più a lui.
Probabilmente alla fine lo avrebbero fatto Santo: Santo Adrien... beh, ora che ci rifletteva, Adrien portava solo nomi di Santi... quello non era un caso, avevano già previsto tutto.

 
──────════♦──♦════──────



Marinette si alzò dal letto, come ogni sera e si diresse in cucina: aveva scoperto che la camomilla era altamente efficace contro la nausea olteché per l'insonnia e ormai ne faceva abbondantemente uso, dimenticandosi -o ignorando a causa di tutti i pro- del suo effetto diuretico.
Accese il fornello e ci poggiò sopra il pentolino pieno d'acqua e attese pazientemente che questa si scaldasse, mentre si massaggiava il polso sperando con tutto il cuore che la digitopressione alleviasse il senso di nausea che stava diventando sempre più forte.
Quando l'acqua iniziò a bollire si chinò per aprire il cassetto dove teneva la tisane, tirando fuori solo il pacco della camomilla. Una volta tiratasi su, si sentì improvvisamente umida di sotto.
Poggiò la scaltola sul bancone, perplessa e si portò una mano in mezzo alle gambe e, una volta tirata fuori, le si fermò il cuore: i polpestrelli erano lievemente tinti di rosso.
Si abbassò velocemente i pantaloncini insieme agli slip e vide che questi ultimi erano per una buona metà, macchiati del medesimo colore solo molto, molto più acceso.

"Adrien."

 Lo chiamò, con il fiato corto, risentendo finalmente il cuore batterle più forte che mai nel petto.
Lo chiamò ancora, piena di terrore sentendolo subito dopo alzarsi dal letto e venire a passi svelti verso la cucina.

"Cos'è successo?" Domandò, avvicinandosi a lei e notando solo dopo l'intimo della ragazza sporco di sangue.
"Mi sono abbassata per prendere la-" Si interruppe, guardando ancora una volta i pantaloncini calati a terra e sentendo le lacrime salirle su: "Perché sto perdendo sangue?"

Singhiozzò, portandosi una mano al petto e stringendolo, mentre le lacrime avevano iniziato a scenderle copiose giù per le guance.
Adrien le si avvicinò, pallido in volto e terribilmente freddo.

"Sta tranquilla, vedrai che non è nulla." Disse: "Vieni, cambiati e andiamo al pronto soccorso." Aggiunse poi tirandola delicatamente verso di lui, senza successo: Marinette rimase immobile nello stesso punto, stringendosi ancora il petto e respirando affanosamente.
"Marinette." La chiamò, lasciandole il polso e prendendole il viso tra le mani: "Anche se sei spaventata è fondamentale che tu ora rimanga lucida. Vedrai che non è nulla, ma dobbiamo andare in ospedale."

Le spiegò con una tranquillità che in quel momento non gli apparteneva nemmeno. 
Le lasciò il viso e la fece di poco da parte per spegnere il fornello, in seguitò, le ritirò su i pantaloncini tirandola poi con più forza verso il bagno.

"Ti prendo i vestiti. Stai tranquilla, d'accordo?" 

Le domandò, ricevendo dalla ragazza un leggero segno del capo.
Marinette si girò verso il water, allungandosi verso la carta igenica e staccandone una grossa quantità pulendosi poi più e più volte, sentendo il cuore lacelarsi ogni qual volta la carta risultasse sporca di sangue. 
Una volta che l'emorragia sembrò essersi calmata, si spostò sul lavandino e lì iniziò a lavarsi colpulsivamente le mani laddove queste si erano macchiate di sangue: fu Adrien a farla smettere, chiudendo l'acqua, asciugandola e aiutandola poi a vestirsi.

"È colpa mia." Sussurro: "È colpa mia se sta succedendo tutto questo; sapevo che non dovevo tenerlo e poi non ho fatto altro che lamentarmi, non ho mangiato e non sono stata attenta ed ora ho perso il bambino." 
"Non lo è." Le rispose serio, mentre le tirava su la fascia dei pantaloni: "Vedrai che non è nulla di grave." Aggiunse, tirandosi poi in piedi: "Ma se lo fosse... se fosse davvero successo qualcosa, in nessun modo sarebbe colpa tua: certe cose succede e basta, non è colpa di nessuno." Le ripeté carezzandole il viso.
"Il bambino sta sicuramente bene, non preoccuparti."
"Come può stare bene?" 


 
──────════♦──♦════──────
 

Arrivati in ospedale la visita fu pressocché immediata -il ché era un evento più unico che raro- e non dovettero aspettare molto in sala d'attesa.
Il dottore che la stava visitando, non era il suo ginecologo abituale e questo implicò una serie di domande da parte di lui, domande che -a detta di Marinette- potevano benissimo essere fatte dopo la visita; ciò che le premeva sapere era se il bambino stesse bene o no.

"Sarò sincero: quella eccessiva perdita di sangue non è affatto un buon segno, ma il fatto che lei in questi ultimi giorni abbia continuato ad avere sintomi e che non ci siano stati particolari dolori addominali invece lo è. L'esito non è 100% negativo. Ad ogni modo, inizieremo con un ecografia per assicurarci intanto che il feto stia bene. Si stenda pure lì." La invitò indicandole il lettino.

Marinette si alzò dalla sedia, fu in quel momento che si chiese se davvero, volesse sapere se il bambino stesse bene o no; perché se non lo fosse stato, il dolore sarebbe stato troppo e non lo avrebbe sopportato.

"Forza Marinette." 

La incoraggiò Adrien prendendole la mano e portandola verso il lettino, facendola poi sedere sopra quest'ultimo.

"Ci sono io con te... non sei sola."

Il fatto che lui le avesse ricordato una cosa del genere per Marinette era superfluo, perché lo sapeva benissimo e lui non poteva nemmeno immaginare quanto, la sua sola presenza le permettesse anche se solo per un attimo, di ritornare lucida. 
Probabilmente se non ci fosse stato, in quel momento sarebbe ancora in cucina a piangere.
Si stese sul lettino e si tirò giù la fascia del pantaloni che, ironia della sorte, aveva comprato la mattina stessa. 
Probabilmente per scaramanzia, avrebbe dovuto aspettare ancora un po' prima di prenderli, come d'altronde le aveva consigliato la ragazza al negozio perché: "Non si sa mai cosa può accadere. È sempre meglio arrangiarsi i pantaloni ora, che ritrovarli infondo al cassetto in un periodo in cui avresti dovuto usarli.".
Il dottore le si avvicinò, tirandole ancora più giù i pantaloni e sistemandole un pezzo di scottex ai bordi, dopodiché le applicò il gel che spalmò subito dopo grossolanamente con la sonda spostandola poi nel basso ventre e concentrando la sua attenzione sul monitor.

"Dunque, dunque, dunque." 

Ripeteva a bassa voce, senza distogliere nemmeno per un secondo gli occhi dal monitor. 
Adrien, al contrario di Marinette che teneva gli occhi serrati tentando in qualche modo di isolarsi per non sentire esiti negativi, guardava il medico facendo attenzione ad ogni suo più piccolo movimento cercando di decifrare se questo fosse o meno positivo e all'improvviso, lo vide tirare un sospirò di sollievo.

"Il bambino c'è, ed è anche bello attivo." Esclamò girando meglio lo schermo verso i due: "E se questo non bastasse." Aggiunse, forse anche con troppo entusiasmo: "Il cuore batte ancora." 

Finì cliccando uno dei diecimila tasti che, a seguito di quell'azione, fece riecheggiare nella stanza il suono veloce del battito cardiaco.
Entrambi i ragazzi si sentirono improvvisamente rilassati e le lacrime che susseguirono da parte della lei, furono solo di gioia e stress accumulato.

"A cosa era dovuta allora la perdita di sangue?" Domandò Adrien 
"La causa non è chiara, ma qui non c'è assolutamente nulla che mi faccia pensare nemmeno ad una possibile minaccia d'aborto. Comunque faremo un controllo interno, per cercare di capire se la perdita è dovuta a qualche possibile lesione. Cose di questo genere fanno paura, ma sono normali."

Normali? Cose di quel genere erano "NORMALI"?
No, decisamente, la gravidanza non era affatto fatta per lei e quella sarebbe stata la prima e ultima, senza ombra di dubbio.

Dall'esame interno non risultò nulla e il dottore li mandò semplicemente a casa con due pacche sulla spalla. Il bambino stava benissimo e tutto stava procedendo nel migliore dei modi.

 
______________


"Hai fame?" 

Domandò la corvina notando come sulla strada di ritorno verso casa, Adrien si era accostato nel parcheggio di un fast-food.

"No, ma dobbiamo parlare." Rispose semplicemente girandosi meglio verso di lei.
"Non potevamo parlare mentre guidavi?" Lui scosse il capo
"Beh, dimmi allora." 
"Cosa sarebbe successo se avessi perso il bambino?"


Marinette sospirò, sentendosi improvvisamente a disagio e cercando una posiziona comoda sul sedile, come se questo l'aiutasse a sentirsi meglio:

"Perché devi pensarci? Il bambino sta bene."
"Lo so, ma se fosse successo qualcosa che avresti fatto? Ci avremmo riprovato o ti saresti ripresa il miraculous?"
"Mi sarei ripresa il miraculous." 
"Perché?"
Sbottò Adrien: "Perché devi ragionare così?"
"Cosa avrei dovuto fare? Cercarne subito un altro per rimpiazzare questo?"
"Non ho detto questo."
"A me sembra di sì."
Rispose seria, quasi infastidita.
"Io- Cristo, perché sembri far finta di non capire? Hai idea di cosa ho provato questa notte?"
"Non eri l'unico ad essere preoccupato per il bambino."
"Io non sto parlando del bambino, sto parlando di te! Voglio dire: sono felice che il bambino stia bene, ma in questo momento, io ho solo te in questo schifo di mondo e non ho intenzione di perderti perché un vecchio ti ha addossato una responsabilità dietro l'altra senza chiederti mai se fossi minimamente d'accordo!"
Esclamò: "Te lo giuro Marinette, se continui a pensare al bene di Parigi prima che al tuo, prenderò quegli orecchini e li consegnerò a qualcun altro senza dirti nulla."
"Metteresti in pericolo la città."
"La città? Non mi importa nulla della città e non la metterò mai, nemmeno per un secondo, avanti a te." 


Ribatté adirato.
Marinette lo guardò seria poi sospirò ancora, ripoggiandosi allo schienale, indecisa se rimanere zitta o meno.
Anche se la cosa giusta da fare era ovvia esitò abbastanza prima di rispondere, facendo infastidire ancora di più Adrien che aspettava, con non poca pazienza che lei continuasse il discorso.

"Se avessi perso il bambino, non sarei riuscita a cercane subito un altro... solo questo per quanto mi riguarda è stato un miracolo, visto che quando ci abbiamo provato non sono rimasta incinta." Iniziò titubante: "Se lo avessi perso, tutto quello che ho vissuto in queste settimane: la neausea, i dolori, l'insonnia, tutto.... sarebbero stati solo il ricordo di un qualcosa che in realtà, non ha mai portato a nulla." Continuò, riacquisendo un po' di coraggio: "So che hai ragione, perché io stessa mi sono resa conto di essermi annullata troppe volte e accettare di tenerlo... è stato come se in qualche modo, da Marinette, mi fossi riscattata." Si confidò, concentrando la sua attenzione sul ventre: "Non credo di aver mai provato paura più grande come quella che ho avuto sta sera e se fosse andata male non lo avrei mai accettato; ma questo non vuol dire che non ne avrei mai più cercato un altro in futuro." Disse infine, ristabilendo con lui un contatto visivo. 
"La gravidanza ti ha fatta rinsavire?" 

Domandò incredulo il biondo che era già psicologicamente pronto a quello che, credeva, sarebbe stato il peggior litigio mai -in tutti i sensi a questo punto- avuto con la moglie.

"La gravidanza fa schifo e rimango ancora ferma su questa idea, ma a quanto pare ha i suoi pro e quello che ho provato in questi mesi, va aldilà di ogni nausea." Ridacchiò lei.

Adrien sorrise -finalmente- rilassato, sporgendosi verso di lei per abbracciarla, chiudendo gli occhi e godendosi appieno quel piccolo momento:

"Mi devi una consulenza dallo psichiatra... Magari anche due" 

Dichiarò e non lo avesse mai fatto, poiché a quella frase, Marinette lo scostò dedicandogli un occhiataccia:

"Oh povero mon chaton, dobbiamo parlare di tutti i traumi che mi hai arrecato? Ne avrei giusto un inifinità, partendo dal gatto maniaco travestito da principe."
"Intanto, mi hai sposato anche per questo mio lato."
Preciso il ragazzo, rimettendosi composto al proprio posto.
"Zitto e parti, voglio tornare a casa."
"Ai suoi ordini My Lady."



Angolo sclero:
Mhhh, non amo scrivere di gravidanze o comunque bambini, ma volevo provare qualcosa di diverso quindi mi sono cimentata in questa cosa dopo tutte le dovute ricerche sull'argomento.
Ero partita con l'idea che lei il bambino alla fine dovesse perderlo con un aborto spontaneo, ma mano a mano che scrivevo ho empatizzato talmente tanto che quando ho buttato giù la bozza di quella scena mi è presa così tanto male che ho preso e cancellato tutta quella parte -che era molto, molto più splatter tra l'altro-. 
Cancellata la scena, è sorto un altro problema: la storia così era incompleta e in più io volevo che comunque lei provasse la paura di perderlo poiché nella mia mente, doveva capire quanto davvero desiderasse costruirsi una famiglia a prenscindere dal suo ruolo di Ladybug, quindi ho optato per la minaccia d'aborto.
Secondo problema: se mettevo una minaccia d'aborto, avrei dovuto buttare giù altre 14 pagine dove la gravidanza procedeva bene e sarebbe venuta più lunga di quanto già è; armata di Santa pazienza, ho ripreso le mie ricerche (ne ho fatte talmente tante per scrivere questa storia che ora sono tempestata di pubblicità su come rimanere incinta che anchenograzie💀) ed ho scoperto che non sempre ci sono motivazioni sulle perdite in gravidanza, quindi, trovata la scusa, ho scritto la parte finale.
Avevo pensato ad un piccolo seguito, ma non so... lavoro a questa oneshot da inizio marzo e se penso a tutti i momenti morti che ho avuto mentre la scrivevo mi passa completamente la voglia di fare un secondo capitolo; anche perché dovrei strutturarlo con gli stessi toni di questo e mantenere gli stessi toni in storie di questo tipo per me non è semplice.
Devo dire che per essere una storia fatta per fare pratica su questo mondo mi è piaciuto davvero tanto scriverla, nonostante alla fine abbia completamente cambiato il finale.
Ringrazio chiunque l'abbia letta, spero di non essere cazziata ma a mia discolpa posso dire di aver avvisato sulle tematiche delicate, QUINDI... quindi niente, spero di non aver comunque urtato la sensibilità di qualcuno.
   
 
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