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Autore: Abby_da_Edoras    16/04/2022    5 recensioni
Questa storia è il sequel di My winter storm e riscrive in modo del tutto mio personale le vicende della parte conclusiva della sesta stagione di Vikings. Il legame tra Ivar e Aethelred si sta consolidando, ma i due dovranno affrontare ancora molti ostacoli a causa dei quali rischieranno di perdersi... tutto però finirà bene! Intanto a Kattegat anche Bjorn rischia la sua corona, per i tradimenti e gli intrighi di vecchi rivali e amici non del tutto leali. Entrano in scena nuovi personaggi (uno inventato da me) e ci sarà una nuova coppia molto... passionale e particolare (e non dico altro!).
Grazie a chi mi segue e continuerà a seguire le mie follie! XD
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, produttori e autori della serie TV "Vikings".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bjorn Ironside, Ivar, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
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Cap. 19: Ghost House heart

 

This is not the end
There's a million things to see
But it's not for you and me
There's a million things to see
This is not the end
There's a million things to say
There's a heavy price to pay
There's a million things to say

Ghost House Heart
Home to a million memories
Ghost House Heart
I live in the shadow
Of your love…

(“Ghost House heart” – Delain)

 

 

La battaglia era dunque finita e, a quel punto, la prossima volta che si fossero rivisti Alfred, Aethelred e Ivar lo avrebbero fatto al palazzo reale per stipulare e firmare gli accordi di pace. Alfred e Elsewith avrebbero fatto ritorno alla capitale e anche tutti i cittadini li avrebbero seguiti, visto che non avevano più motivo di non rientrare nelle loro case. Ormai non c’era più pericolo che i Norreni li invadessero… se mai quel pericolo c’era stato davvero.

L’incontro ufficiale per gli accordi di pace era stato fissato per l’inizio della settimana seguente, per dare modo a Re Alfred e alla sua corte di rientrare a palazzo e preparare i documenti: questa volta non sarebbe stato un colloquio faccia a faccia su un campo di battaglia, bensì una vera e propria riunione per trattare la pace in modo che tutti ci guadagnassero qualcosa, esattamente com’era avvenuto due anni prima quando Alfred aveva stipulato i trattati con Ubbe e Lagertha.

I Norreni, dunque, si incamminarono verso il loro accampamento: avrebbero usato quei giorni per onorare i caduti in battaglia, curare i feriti e spostarsi lentamente verso la capitale del Wessex, consentendo così ai loro comandanti di partecipare ai colloqui di pace. Nessuno aveva molta voglia di parlare, quella sera, attorno al fuoco. I guerrieri e le shieldmaiden morti in quella giornata pesavano sul cuore dei sopravvissuti, inoltre la perdita di Harald poneva molti interrogativi per il futuro, lui era pur sempre il Re dei Norreni, adesso ci sarebbero state nuove elezioni… E poi quella poteva essere considerata una vittoria o una sconfitta? I sopravvissuti, dunque, mangiavano qualcosa e si scaldavano accanto al fuoco in silenzio, poi si ritiravano cupi nelle proprie tende per passare la notte. Dopo tutto ciò che avevano passato anche i Vichinghi più spavaldi e temerari sentivano solo il bisogno di una notte di riposo, di silenzio e tranquillità.

In modo particolare Aethelred non aveva detto una sola parola dopo il lungo discorso davanti ad Alfred e ai suoi soldati sul campo di battaglia: era ritornato con Ivar all’accampamento sostenendolo e aiutandolo a camminare, ma sul volto aveva un’espressione cupa e i suoi occhi sembravano vedere qualcosa di triste e preoccupante. Non aveva voluto mangiare niente e si era ritirato subito nella tenda che condivideva con Ivar, dove il compagno lo aveva raggiunto più tardi. Ivar era stato più silenzioso possibile, credendo che Aethelred si fosse addormentato, ma non era così. Il Principe Sassone era seduto sul suo giaciglio, immerso nei suoi pensieri, quando il Vichingo lo raggiunse.

“Aethelred, credevo che stessi dormendo” gli disse. “Non hai neanche cenato, ti senti male?”

Il giovane si voltò verso di lui e nei suoi occhi passò un lampo.

“Che razza di domanda è questa? Dovrei stare bene dopo tutto quello che è accaduto?” reagì con una violenza che Ivar non si aspettava.

“Ehi, ma che ti prende? Non è andata poi così male, no? È vero, ci siamo dovuti ritirare, ma a quanto pare Alfred accetterà la pace e quindi i prossimi colloqui avranno un esito positivo, diversamente da quello di ieri. Anzi, a dire il vero dovrei essere io quello arrabbiato, in fondo i Norreni sono stati costretti ad arrendersi…”

Lo sguardo di Aethelred era ancora tagliente.

Tu dovresti essere arrabbiato? Ma ti ascolti mai quando parli oppure ti piace solo stare a sentire il suono della tua voce?” replicò con voce gelida.

“Insomma, Aethelred, mi vuoi dire cosa ti prende? Sei in collera con me, questo l’ho capito, ma potresti spiegarmi almeno il perché?” insisté Ivar, a disagio e turbato per l’evidente ostilità del suo compagno. Non era certo quello che si era aspettato quando l’aveva raggiunto nella tenda!

“Hai anche la faccia tosta di chiedermelo? Secondo te come mi sono sentito vedendoti avanzare verso i soldati Sassoni invitandoli a colpirti? Cosa volevi, si può sapere perché hai cercato di farti uccidere? Hai detto a Hvitserk di mettere in salvo Helgi e me e poi hai cercato… non so neanche come dirlo… di offrirti come vittima sacrificale. Cosa. Accidenti. Volevi. Fare?”

Ivar non aveva mai visto Aethelred in quelle condizioni. Sospirò e si sedette sul giaciglio accanto a lui, a fatica perché ultimamente le sue gambe non collaboravano più come prima ed evidentemente l’armatura che le sosteneva aveva fatto il suo tempo e andava sistemata.

“In realtà non lo so bene nemmeno io” rispose, abbozzando un sorrisetto. “Quando ho visto Harald morire mi sono reso conto con maggior certezza che non ce l’avremmo fatta, che questa missione era fallita già prima di cominciare e che stavamo sacrificando i nostri guerrieri per niente. Lo avevo già pensato ed era per questo che avevo accettato di parlare con Alfred per ottenere una tregua, io che non l’avevo mai fatto in vita mia. Lui, però, non voleva la pace, hai sentito come mi ha risposto ieri, no? Non mi avrebbe creduto se mi fossi arreso e allora… beh, credo di aver pensato che, se avesse ucciso me, almeno poi sarebbe stato contento e avrebbe accettato che gli altri Norreni si ritirassero.”

“E a me non hai pensato?” gridò Aethelred. “Mi avresti lasciato solo senza pensarci due volte: non hai ancora capito che io non potrei e non vorrei vivere senza di te?”

La frase disperata era uscita direttamente dal cuore del giovane Sassone e fu così potente che per qualche attimo nella tenda tutto si fermò, cadde il silenzio e tempo e spazio svanirono. I due ragazzi si guardarono negli occhi e Ivar vide un dolore infinito in quelli di Aethelred, ormai gonfi di lacrime che non potevano più essere trattenute.

“Tu volevi essere ricordato come Ivar Senz’Ossa, l’eroe che aveva salvato i Norreni, che si era sacrificato perché loro potessero tornare a casa” mormorò ancora Aethelred, mentre le prime lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. “Preferivi morire da eroe e come tale essere ricordato piuttosto che ritirarti e tornare a Kattegat a vivere una vita normale… con me. Valgo dunque così poco ai tuoi occhi e nel tuo cuore?”

Quelle parole frantumarono il cuore di Ivar in mille pezzi. Davvero non aveva pensato a Aethelred? Sì, aveva chiesto a Hvitserk di portarlo al sicuro, ma veramente non aveva immaginato neanche per un secondo quale sarebbe stata la vita del giovane Sassone senza di lui, dopo averlo visto trafiggere sotto i suoi occhi? Non si era soffermato a riflettere sul dolore e la disperazione che avrebbe inflitto al ragazzo che diceva di amare, al trauma che avrebbe subito perdendo anche lui? Era più importante morire da eroe, da vero Vichingo, sul serio?

Con un movimento improvviso e convulso Ivar afferrò le braccia di Aethelred e attirò il giovane verso di sé, stringendoselo al petto con tutte le forze che aveva.

“No, no, Aethelred, amore mio, no” gli disse, baciandogli i capelli, gli occhi, il volto ormai inondato di lacrime, le labbra morbide. “Tu vali più di ogni altra cosa al mondo per me, è solo che io… io… non ho proprio pensato né a quello che stavo facendo né alle conseguenze. Ogni tanto mi capita, lo sai? Faccio qualcosa senza quasi rendermene conto, senza riflettere. Ero rimasto sconvolto vedendo morire tanti Vichinghi sul campo di battaglia e quando ho visto anche Harald sconfitto… non lo so, non ho capito più niente. Sono un po’ folle, dovresti averlo imparato ormai.”

Avvolgendolo completamente nel suo abbraccio appassionato, conquistò la sua bocca in un lungo bacio che sapeva di lacrime e di dolore, di rimorsi e senso di colpa, divorandolo per attimi infiniti senza saziarsi e senza appagarsi mai di lui, incredulo lui per primo di aver dimenticato quanto quel contatto, quel calore e quel sapore fossero la sua vita stessa.

“Stavo per commettere un errore fatale” disse ancora, staccandosi per pochissimi millimetri dalle labbra di Aethelred, “credevo davvero che il mio mondo, il mondo dei Vichinghi, stesse per finire… ma non è così, il mio mondo non finirà mai finché ci sarai tu con me. Sei tu il mio mondo, la mia vita e la mia salvezza e solo tu, con la tua calma, la tua dolce determinazione e la tua forza, potevi salvare veramente i Norreni e riportare la pace. Tu sei tutto, sei il ponte di luce che unisce i nostri popoli e il mio oggi, il mio domani e tutto il mio futuro.”

Aethelred era rimasto talmente spiazzato dalla passione e dalla foga di Ivar da non poter neanche rispondere, anzi, a fatica riusciva a respirare, ma il respiro stesso di Ivar era il suo, era Ivar che scorreva nelle sue vene e lo riportava in vita, le sue braccia forti che lo sostenevano, il suo petto che lo conteneva. I baci sempre più profondi e intimi di Ivar e le sue carezze gli accendevano il fuoco sulla pelle e nel cuore, mentre le mani del Vichingo lo percorrevano e lo spogliavano, liberando i corpi di entrambi dal tessuto che li separava. Quando Ivar si introdusse in lui e iniziò con le prime spinte, Aethelred sentì che ogni dolore e disperazione veniva spazzato via e che la luce tornava a splendere nella sua vita; dimenticò il senso di vuoto e oscurità che lo aveva soffocato mentre credeva che avrebbe perso il suo amore e lasciò che Ivar lo riempisse completamente di sé, che fosse ovunque e gli scorresse sul corpo, sotto la pelle, nel sangue, fino in fondo al cuore. Niente più importava, niente più esisteva al mondo, solo Ivar e l’appassionata dolcezza del loro fondersi insieme, l’intensità dei suoi baci, l’estasi di piacere che faceva fremere i loro corpi e frantumava ogni pensiero negativo, ogni paura e preoccupazione.

La settimana seguente, dunque, Ivar, accompagnato da Aethelred, Hvitserk e Helgi, giunse alla corte di Re Alfred a Winchester per discutere degli accordi di pace. Gli altri Norreni si erano accampati fuori dalla capitale e avrebbero atteso là il ritorno dei loro comandanti: non dovevano esserci equivoci e proprio per questo nessun guerriero avrebbe accompagnato Ivar e gli altri. Aethelred si era dato da fare, nei giorni che lo separavano da quell’incontro così importante, e aveva fatto forgiare una nuova armatura rigida per le gambe di Ivar in modo che il giovane potesse sostenersi e camminare con la stampella come aveva sempre fatto prima. Negli ultimi tempi, infatti, le armature rigide che Ivar portava avevano iniziato a cedere dopo averlo accompagnato per tanto tempo e per tante avventure, e lui si era ritrovato sempre più spesso a provare dolori indicibili alle ossa, pur non dandolo a vedere, ma ovviamente Aethelred se n’era accorto e così gli aveva fatto costruire quel regalo.

“Quando attraverserai il palazzo reale” gli aveva detto, mentre Hvitserk e Helgi lo aiutavano a indossare le armature nuove, “voglio che Re Alfred ti veda camminare eretto e sicuro e che capisca quanto sei forte e coraggioso.”

Ed era andata proprio così: Ivar era entrato nel palazzo di Winchester al braccio di Aethelred e appoggiandosi alla stampella, come sempre, ma le nuove armature alle gambe gli avevano permesso di sostenersi con maggior sicurezza e disinvoltura senza provare dolore. Aveva attraversato i saloni fiero e bello come un dio guerriero, lasciando intimiditi e affascinati i nobili Sassoni che pure pensavano di aver vinto loro la guerra contro i Norreni, e Aethelred era stato orgoglioso di lui. Dietro di loro camminavano, impettiti e spavaldi, Hvitserk e Helgi.

Alfred li attendeva nella Sala del Trono. Con lui c’erano i nobili più in vista del Wessex, alcuni vescovi e, ovviamente, Elsewith. Quando però i Vichinghi e Aethelred raggiunsero la sala, il Re si alzò dal trono e si avviò verso di loro, accogliendoli cordialmente e mostrando loro un tavolo sul quale erano distese delle carte dell’Inghilterra.

“Come già avevamo stabilito due anni fa, i Vichinghi potranno avere delle terre nell’Inghilterra meridionale e vi stabiliranno un loro Regno” annunciò Alfred. “Avevo concesso a Bjorn, Ubbe e Lagertha e al Re Danese loro alleato le terre dell’Anglia Orientale, ma oggi, in virtù del coraggio dimostrato da Ivar Senz’Ossa, da suo fratello Hvitserk e da mio fratello, il Principe Aethelred, concedo ai Vichinghi anche la Mercia Orientale e la parte nord-orientale dell’Essex. In cambio, però, i Vichinghi dovranno difendere queste terre dalle incursioni di altri popoli Norreni. Non accetterò che questi luoghi siano di nuovo attaccati da navi di razziatori come Harald e i suoi.”

Ivar e Aethelred si scambiarono uno sguardo stupefatto; neanche il giovane Sassone si aspettava che il fratello sarebbe stato tanto generoso con i Norreni!

Alfred sorrise al fratello e proseguì.

“Qualche giorno fa, sul campo di battaglia, mio fratello Aethelred mi ha fatto ricordare il giovane Re che ero due anni fa, incoronato da poco ma già deciso a fare di tutto perché il mio popolo potesse vivere in pace e in sicurezza. Un giovane Re che credeva che Sassoni e Norreni potessero vivere e collaborare insieme nonostante le differenze. Voglio essere ancora oggi quel giovane Re e credere nella pace, nella tolleranza e nel rispetto tra popoli diversi!”

“Ma questo non è possibile e tu lo sai bene” intervenne, acida, Elsewith da dietro le spalle del marito. “Non potrà mai esserci pace tra i Sassoni e questi popoli barbari, che adorano dei di morte e pensano solo al saccheggio e alla violenza.”

L’intervento della Regina fece piombare il salone in un cupo silenzio. Era possibile che Alfred, dopo le belle e commoventi parole pronunciate, si facesse ancora una volta condizionare dal disprezzo che la moglie manifestava continuamente nei confronti dei Norreni? Ivar, Hvitserk e Helgi si scambiarono sguardi tesi e nervosi e Aethelred sentì crescere nuovamente un fremito ansioso nel petto.

Forse era stato tutto inutile e gli accordi di pace si sarebbero nuovamente interrotti?

Fine capitolo diciannovesimo

 

 

 

   
 
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