Cap. 19: Ghost House heart
This is not the end
There's a million things to see
But it's not for you and me
There's a million things to see
This is not the end
There's a million things to say
There's a heavy price to pay
There's a million things to say
Ghost House Heart
Home to a million memories
Ghost House Heart
I live in the shadow
Of your love…
(“Ghost House heart” – Delain)
La battaglia era
dunque finita e, a quel punto, la prossima volta che si fossero rivisti Alfred,
Aethelred e Ivar lo avrebbero fatto al palazzo reale per stipulare e firmare
gli accordi di pace. Alfred e Elsewith avrebbero fatto ritorno alla capitale e
anche tutti i cittadini li avrebbero seguiti, visto che non avevano più motivo
di non rientrare nelle loro case. Ormai non c’era più pericolo che i Norreni li
invadessero… se mai quel pericolo c’era stato davvero.
L’incontro ufficiale
per gli accordi di pace era stato fissato per l’inizio della settimana
seguente, per dare modo a Re Alfred e alla sua corte di rientrare a palazzo e
preparare i documenti: questa volta non sarebbe stato un colloquio faccia a
faccia su un campo di battaglia, bensì una vera e propria riunione per trattare
la pace in modo che tutti ci guadagnassero qualcosa, esattamente com’era
avvenuto due anni prima quando Alfred aveva stipulato i trattati con Ubbe e
Lagertha.
I Norreni, dunque, si
incamminarono verso il loro accampamento: avrebbero usato quei giorni per
onorare i caduti in battaglia, curare i feriti e spostarsi lentamente verso la
capitale del Wessex, consentendo così ai loro comandanti di partecipare ai
colloqui di pace. Nessuno aveva molta voglia di parlare, quella sera, attorno
al fuoco. I guerrieri e le shieldmaiden
morti in quella giornata pesavano sul cuore dei sopravvissuti, inoltre la
perdita di Harald poneva molti interrogativi per il futuro, lui era pur sempre
il Re dei Norreni, adesso ci sarebbero state nuove elezioni… E poi quella
poteva essere considerata una vittoria o una sconfitta? I sopravvissuti,
dunque, mangiavano qualcosa e si scaldavano accanto al fuoco in silenzio, poi
si ritiravano cupi nelle proprie tende per passare la notte. Dopo tutto ciò che
avevano passato anche i Vichinghi più spavaldi e temerari sentivano solo il
bisogno di una notte di riposo, di silenzio e tranquillità.
In modo particolare
Aethelred non aveva detto una sola parola dopo il lungo discorso davanti ad
Alfred e ai suoi soldati sul campo di battaglia: era ritornato con Ivar
all’accampamento sostenendolo e aiutandolo a camminare, ma sul volto aveva
un’espressione cupa e i suoi occhi sembravano vedere qualcosa di triste e
preoccupante. Non aveva voluto mangiare niente e si era ritirato subito nella
tenda che condivideva con Ivar, dove il compagno lo aveva raggiunto più tardi.
Ivar era stato più silenzioso possibile, credendo che Aethelred si fosse
addormentato, ma non era così. Il Principe Sassone era seduto sul suo
giaciglio, immerso nei suoi pensieri, quando il Vichingo lo raggiunse.
“Aethelred, credevo
che stessi dormendo” gli disse. “Non hai neanche cenato, ti senti male?”
Il giovane si voltò
verso di lui e nei suoi occhi passò un lampo.
“Che razza di domanda
è questa? Dovrei stare bene dopo tutto quello che è accaduto?” reagì con una
violenza che Ivar non si aspettava.
“Ehi, ma che ti
prende? Non è andata poi così male, no? È vero, ci siamo dovuti ritirare, ma a
quanto pare Alfred accetterà la pace e quindi i prossimi colloqui avranno un
esito positivo, diversamente da quello di ieri. Anzi, a dire il vero dovrei
essere io quello arrabbiato, in fondo i Norreni sono stati costretti ad
arrendersi…”
Lo sguardo di
Aethelred era ancora tagliente.
“Tu dovresti essere arrabbiato? Ma ti ascolti mai quando parli
oppure ti piace solo stare a sentire il suono della tua voce?” replicò con voce
gelida.
“Insomma, Aethelred,
mi vuoi dire cosa ti prende? Sei in collera con me, questo l’ho capito, ma
potresti spiegarmi almeno il perché?” insisté Ivar, a disagio e turbato per
l’evidente ostilità del suo compagno. Non era certo quello che si era aspettato
quando l’aveva raggiunto nella tenda!
“Hai anche la faccia
tosta di chiedermelo? Secondo te come mi sono sentito vedendoti avanzare verso
i soldati Sassoni invitandoli a colpirti? Cosa volevi, si può sapere perché hai
cercato di farti uccidere? Hai detto a Hvitserk di mettere in salvo Helgi e me
e poi hai cercato… non so neanche come dirlo… di offrirti come vittima
sacrificale. Cosa. Accidenti. Volevi. Fare?”
Ivar non aveva mai
visto Aethelred in quelle condizioni. Sospirò e si sedette sul giaciglio
accanto a lui, a fatica perché ultimamente le sue gambe non collaboravano più
come prima ed evidentemente l’armatura che le sosteneva aveva fatto il suo
tempo e andava sistemata.
“In realtà non lo so
bene nemmeno io” rispose, abbozzando un sorrisetto. “Quando ho visto Harald
morire mi sono reso conto con maggior certezza che non ce l’avremmo fatta, che
questa missione era fallita già prima di cominciare e che stavamo sacrificando
i nostri guerrieri per niente. Lo avevo già pensato ed era per questo che avevo
accettato di parlare con Alfred per ottenere una tregua, io che non l’avevo mai
fatto in vita mia. Lui, però, non voleva la pace, hai sentito come mi ha
risposto ieri, no? Non mi avrebbe creduto se mi fossi arreso e allora… beh,
credo di aver pensato che, se avesse ucciso me, almeno poi sarebbe stato
contento e avrebbe accettato che gli altri Norreni si ritirassero.”
“E a me non hai
pensato?” gridò Aethelred. “Mi avresti lasciato solo senza pensarci due volte:
non hai ancora capito che io non potrei e non vorrei vivere senza di te?”
La frase disperata
era uscita direttamente dal cuore del giovane Sassone e fu così potente che per
qualche attimo nella tenda tutto si fermò, cadde il silenzio e tempo e spazio
svanirono. I due ragazzi si guardarono negli occhi e Ivar vide un dolore infinito
in quelli di Aethelred, ormai gonfi di lacrime che non potevano più essere
trattenute.
“Tu volevi essere
ricordato come Ivar Senz’Ossa, l’eroe che aveva salvato i Norreni, che si era
sacrificato perché loro potessero tornare a casa” mormorò ancora Aethelred,
mentre le prime lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. “Preferivi
morire da eroe e come tale essere ricordato piuttosto che ritirarti e tornare a
Kattegat a vivere una vita normale… con me. Valgo dunque così poco ai tuoi
occhi e nel tuo cuore?”
Quelle parole
frantumarono il cuore di Ivar in mille pezzi. Davvero non aveva pensato a
Aethelred? Sì, aveva chiesto a Hvitserk di portarlo al sicuro, ma veramente non
aveva immaginato neanche per un secondo quale sarebbe stata la vita del giovane
Sassone senza di lui, dopo averlo visto trafiggere sotto i suoi occhi? Non si
era soffermato a riflettere sul dolore e la disperazione che avrebbe inflitto
al ragazzo che diceva di amare, al trauma che avrebbe subito perdendo anche
lui? Era più importante morire da eroe, da vero Vichingo, sul serio?
Con un movimento
improvviso e convulso Ivar afferrò le braccia di Aethelred e attirò il giovane
verso di sé, stringendoselo al petto con tutte le forze che aveva.
“No, no, Aethelred,
amore mio, no” gli disse, baciandogli i capelli, gli occhi, il volto ormai
inondato di lacrime, le labbra morbide. “Tu vali più di ogni altra cosa al
mondo per me, è solo che io… io… non ho proprio pensato né a quello che stavo
facendo né alle conseguenze. Ogni tanto mi capita, lo sai? Faccio qualcosa
senza quasi rendermene conto, senza riflettere. Ero rimasto sconvolto vedendo
morire tanti Vichinghi sul campo di battaglia e quando ho visto anche Harald
sconfitto… non lo so, non ho capito più niente. Sono un po’ folle, dovresti
averlo imparato ormai.”
Avvolgendolo completamente
nel suo abbraccio appassionato, conquistò la sua bocca in un lungo bacio che
sapeva di lacrime e di dolore, di rimorsi e senso di colpa, divorandolo per
attimi infiniti senza saziarsi e senza appagarsi mai di lui, incredulo lui per
primo di aver dimenticato quanto quel contatto, quel calore e quel sapore
fossero la sua vita stessa.
“Stavo per commettere
un errore fatale” disse ancora, staccandosi per pochissimi millimetri dalle
labbra di Aethelred, “credevo davvero che il mio mondo, il mondo dei Vichinghi,
stesse per finire… ma non è così, il mio mondo non finirà mai finché ci sarai
tu con me. Sei tu il mio mondo, la mia vita e la mia salvezza e solo tu, con la
tua calma, la tua dolce determinazione e la tua forza, potevi salvare veramente
i Norreni e riportare la pace. Tu sei tutto, sei il ponte di luce che unisce i
nostri popoli e il mio oggi, il mio domani e tutto il mio futuro.”
Aethelred era rimasto
talmente spiazzato dalla passione e dalla foga di Ivar da non poter neanche
rispondere, anzi, a fatica riusciva a respirare, ma il respiro stesso di Ivar
era il suo, era Ivar che scorreva nelle sue vene e lo riportava in vita, le sue
braccia forti che lo sostenevano, il suo petto che lo conteneva. I baci sempre
più profondi e intimi di Ivar e le sue carezze gli accendevano il fuoco sulla
pelle e nel cuore, mentre le mani del Vichingo lo percorrevano e lo
spogliavano, liberando i corpi di entrambi dal tessuto che li separava. Quando
Ivar si introdusse in lui e iniziò con le prime spinte, Aethelred sentì che
ogni dolore e disperazione veniva spazzato via e che la luce tornava a
splendere nella sua vita; dimenticò il senso di vuoto e oscurità che lo aveva
soffocato mentre credeva che avrebbe perso il suo amore e lasciò che Ivar lo
riempisse completamente di sé, che fosse ovunque e gli scorresse sul corpo,
sotto la pelle, nel sangue, fino in fondo al cuore. Niente più importava,
niente più esisteva al mondo, solo Ivar e l’appassionata dolcezza del loro
fondersi insieme, l’intensità dei suoi baci, l’estasi di piacere che faceva
fremere i loro corpi e frantumava ogni pensiero negativo, ogni paura e
preoccupazione.
La settimana
seguente, dunque, Ivar, accompagnato da Aethelred, Hvitserk e Helgi, giunse
alla corte di Re Alfred a Winchester per discutere degli accordi di pace. Gli
altri Norreni si erano accampati fuori dalla capitale e avrebbero atteso là il
ritorno dei loro comandanti: non dovevano esserci equivoci e proprio per questo
nessun guerriero avrebbe accompagnato Ivar e gli altri. Aethelred si era dato
da fare, nei giorni che lo separavano da quell’incontro così importante, e
aveva fatto forgiare una nuova armatura rigida per le gambe di Ivar in modo che
il giovane potesse sostenersi e camminare con la stampella come aveva sempre
fatto prima. Negli ultimi tempi, infatti, le armature rigide che Ivar portava
avevano iniziato a cedere dopo averlo accompagnato per tanto tempo e per tante
avventure, e lui si era ritrovato sempre più spesso a provare dolori indicibili
alle ossa, pur non dandolo a vedere, ma ovviamente Aethelred se n’era accorto e
così gli aveva fatto costruire quel regalo.
“Quando attraverserai
il palazzo reale” gli aveva detto, mentre Hvitserk e Helgi lo aiutavano a
indossare le armature nuove, “voglio che Re Alfred ti veda camminare eretto e
sicuro e che capisca quanto sei forte e coraggioso.”
Ed era andata proprio
così: Ivar era entrato nel palazzo di Winchester al braccio di Aethelred e
appoggiandosi alla stampella, come sempre, ma le nuove armature alle gambe gli
avevano permesso di sostenersi con maggior sicurezza e disinvoltura senza
provare dolore. Aveva attraversato i saloni fiero e bello come un dio
guerriero, lasciando intimiditi e affascinati i nobili Sassoni che pure
pensavano di aver vinto loro la guerra contro i Norreni, e Aethelred era stato
orgoglioso di lui. Dietro di loro camminavano, impettiti e spavaldi, Hvitserk e
Helgi.
Alfred li attendeva
nella Sala del Trono. Con lui c’erano i nobili più in vista del Wessex, alcuni
vescovi e, ovviamente, Elsewith. Quando però i Vichinghi e Aethelred
raggiunsero la sala, il Re si alzò dal trono e si avviò verso di loro,
accogliendoli cordialmente e mostrando loro un tavolo sul quale erano distese
delle carte dell’Inghilterra.
“Come già avevamo
stabilito due anni fa, i Vichinghi potranno avere delle terre nell’Inghilterra
meridionale e vi stabiliranno un loro Regno” annunciò Alfred. “Avevo concesso a
Bjorn, Ubbe e Lagertha e al Re Danese loro alleato le terre dell’Anglia
Orientale, ma oggi, in virtù del coraggio dimostrato da Ivar Senz’Ossa, da suo
fratello Hvitserk e da mio fratello, il Principe Aethelred, concedo ai
Vichinghi anche la Mercia Orientale e la parte nord-orientale dell’Essex. In
cambio, però, i Vichinghi dovranno difendere queste terre dalle incursioni di
altri popoli Norreni. Non accetterò che questi luoghi siano di nuovo attaccati
da navi di razziatori come Harald e i suoi.”
Ivar e Aethelred si
scambiarono uno sguardo stupefatto; neanche il giovane Sassone si aspettava che
il fratello sarebbe stato tanto generoso con i Norreni!
Alfred sorrise al
fratello e proseguì.
“Qualche giorno fa,
sul campo di battaglia, mio fratello Aethelred mi ha fatto ricordare il giovane
Re che ero due anni fa, incoronato da poco ma già deciso a fare di tutto perché
il mio popolo potesse vivere in pace e in sicurezza. Un giovane Re che credeva
che Sassoni e Norreni potessero vivere e collaborare insieme nonostante le
differenze. Voglio essere ancora oggi quel giovane Re e credere nella pace, nella
tolleranza e nel rispetto tra popoli diversi!”
“Ma questo non è
possibile e tu lo sai bene” intervenne, acida, Elsewith da dietro le spalle del
marito. “Non potrà mai esserci pace tra i Sassoni e questi popoli barbari, che
adorano dei di morte e pensano solo al saccheggio e alla violenza.”
L’intervento della Regina fece piombare il salone in
un cupo silenzio. Era possibile che Alfred, dopo le belle e commoventi parole
pronunciate, si facesse ancora una volta condizionare dal disprezzo che la
moglie manifestava continuamente nei confronti dei Norreni? Ivar, Hvitserk e
Helgi si scambiarono sguardi tesi e nervosi e Aethelred sentì crescere
nuovamente un fremito ansioso nel petto.
Forse era stato tutto inutile e gli accordi di pace si
sarebbero nuovamente interrotti?
Fine
capitolo diciannovesimo