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Autore: laurelleghuleh    28/04/2022    2 recensioni
[IwaOi, haikyuu special one-shot spoilers]
"Sai qual è stato il nostro problema, Tooru? E’ che io e te ci siamo conosciuti quando eravamo troppo piccoli. E forse è un po’ lì che siamo rimasti."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Hajime Iwaizumi, Rintarō Suna, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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“Sai qual è stato il nostro problema, Tooru? E’ che io e te ci siamo conosciuti quando eravamo troppo piccoli. E forse è un po’ lì che siamo rimasti.”

Oikawa, di fronte a lui, non accenna a muoversi di un millimetro o mostrargli in volto quello che un appunto del genere dovrebbe suggerirgli. 

L’ego è fatto così: iberna in un’immagine perfetta ma assolutamente falzata di sè, le sembianze esatte di chi, almeno apparentemente, è impossibile da scalfire. L’involucro in bronzo e l’argilla che intanto, dentro, si rimescola tutta con il caldo e muore, c’è solo vuoto*. L’attimo irripetibile di una foto che esula dal resto, un quadro, un viso patinato su un manifesto.

“Non è cambiato niente… Pensaci. E’ così, ti dico. Siamo ancora fermi ad un punto impreciso tra l’asilo e le elementari. Pensaci… Non mi credi?”

Silenzio, l’altro tace.

“Cazzo, ma mi stai almeno a sentire??” 

Nessuna risposta. 

“Il solito idiota… Tooru, sei il solito idiota.”

Ancora silenzio.

“Quanti anni saranno passati? Bah, chi se lo ricorda. Eppure-” 

Un singhiozzo improvviso interrompe Hajime. 

“Eppure continuiamo ancora a rincorrerci, all’infinito, come stessimo giocando a guardia e ladri o a nascondino. Allunghiamo sempre il brodo, altri cinque minuuuuuti per favooore, e se una delle nostre madri per caso ci viene a chiamare, allora facciamo finta di non aver sentito e riprendiamo a fare il cazzo che ci pare. Poi l’ultima volta che abbiamo fatto ad un due tre stella io mi sono voltato e puff, tu non c’eri più. Eri sparito.”

Ad Iwaizumi cade il capo verso il basso, lo lascia a penzoloni e si guarda le scarpe. 

“L’Argentina.” 

Gli ci viene da ridere. 

L’Argentina. Non facevi prima ad andartene direttamente sulla Luna? Razza di cretino… L’Argentina.”

Oscilla con il peso da un lato all’altro, involontariamente, come trascinato dal vento. Ha la testa pesante e un po’ di confusione lo assale, si mescola alla cena appena consumata e fa un gran mischiume con i ricordi. 

Quando riapre la bocca, lì sotto la lingua, c’è uno strano retrogusto amaro. Un po’ sbiascica, inciampa sui sanpietrini lungo la strada e le parole. 

“E poi, a dirla tutta, non è proprio che mi hai detto che te ne andavi in Argentina come per dire che effettivamente te ne stavi andando in Argentina.” 

Imperioso, gli punta un dito contro. 

“No.” 

Gira i tacchi, alzando le mani al cielo.

“No, io ti ho detto che ti amavo e tu invece mi hai detto che il giorno dopo avevi un aereo per l’Argentina. L’Argentina. Potevi direttamente dirmi di guarda, mi dispiace, io invece no e facevamo prima…” 

Parla un po’ al vento, gesticola e fa avanti e indietro. 

“O era per caso il tuo stupido modo, contorto e malato, di dirmi che anche per te era lo stesso? Di dirmi che non volevi ancora tornare a casa, altri cinque minuti, altri non so quanti anni di girotondo del cazzo. Perchè casa mia è sempre stata anche casa tua, e viceversa, e quindi tornare a casa non sappiamo nemmeno cosa significhi e quindi non essendoci mai stati in quel posto, in quel dopo, quando la conta finisce e si fa il gioco dell’uva, hai preferito di nuovo allungare il brodo.”

Si volta di nuovo verso Oikawa. 

“Eh? E’ così? Io ho vinto al meglio di tre e tu hai detto allora facciamo al meglio di cinque?”

Glielo chiede di nuovo, ma non trova risposta.

“Che sciocchezza… Se addirittura sei volato dall’altro capo del globo pur di non dirmelo, non mi aspetto di certo che tu lo faccia ora… Insomma, così…”

Beh, Hajime non ha tutti i torti. Così proprio non potrebbe.

“Visto? Visto? E’ come ti dicevo. Siamo ancora quei due bambini. Da lì non ci siamo mai mossi. Due bambini o due perfetti idioti, vedila un po’ come preferisci. O come fa meno male…” 

Dà un calcio svogliato ad una lattina a terra.

“E tra i bambini c’è sempre chi è troppo sincero, schietto e onesto. Quello vomita tutto ciò che pensa senza starci troppo a rimuginare sopra. Quello forse un po’ ingenuo. Quello rozzo che fa le domande scomode.” Iwaizumi si indica da solo, con le braccia piegate contro il petto. “E quello sono io.”

Prima di andare avanti osserva bene l’altro: il cuore un po’ gli si stringe, ma dato che è lui quello con l’incontinenza verbale allora tanto vale dirgli tutto ciò pensa senza starci troppo a rimuginare sopra e a questo punto vuotare il sacco.

“Poi… Poi ci sono i peggiori… Quelli tremendi, egoisti, che mentono e frignano tutto il tempo. Le bugie che dicono pur di non farsi cogliere in fallo…” ride con la faccia gonfia. “Non te lo puoi nemmeno immaginare… Anzi, no, tu, tu le immagini eccome.” si corregge ghignando di nuovo.

“Devono farsi sempre gli splendidi, anche quando hanno in mano le prove inconfutabili del loro reato più efferato. Le mani che puzzano tinte d’inchiostro, non sono stato io a sporcare il muro!, o le ginocchia rosse che sanguinano, no, è solo un graffio. E quello, quello, Tooru, sei tu…” glielo dice indicandolo con un gesto molle e rassegnato della mano.

La terza, quella che dovrebbe venire dopo, è una nota dolente che però i bambini sinceri e senza filtri come lui non hanno troppa paura di dire. Gli adulti, che invece il peso delle parole lo conosco benissimo, ce ne hanno un sacco. Lui lì in mezzo, non sentendosi propriamente più l’uno ma ancora nemmeno l'altro, si prende giusto un attimo prima di proseguire. Fa un lungo respiro a pieni polmoni. Anche quello molle e rassegnato. 

“Poi ci sono i codardi. Uno è ancora solo un bambino e l’essere bambini in fondo è così bello, perfetto, tutto è immacolato. Perchè si dovrebbe voler cambiare? I bambini si possono sempre far perdonare, hanno tutto da imparare, vedere e fare, tutte le ossa ancora da rompersi e i denti da latte che tanto poi troveranno un sostituto e verranno comunque rimpiazzati. Chi vuole davvero che la conta finisca? Tornare a casa, crescere e fare i grandi? Dimmi chi? Diciamocelo chiaro e tondo, nessuno. Ma questo Tooru lo pensiamo sol io e te, e chi ha ancora l’età ad una cifra sola o poco più. Lo pensiamo perchè quelli, i bambini codardi, siamo anche noi due, io e te. Un po’ ingenui, un po’ egoisti, un po’ irruenti e distratti, in quantità e modi differenti, ma in fondo ci accumana questa cosa, che siamo due poveri, maledetti codardi.”

Una folata di vento coglie impreparato il volto di Oikawa. Fino a quel momento perfetto, liscio, apparentemente rilassato. Poi quell’aria gelida gli era passata di fronte e gli aveva increspato tutto l’incarnato.

Beh, lì fuori onestamente si crepa di freddo. Anche la faccia di Iwaizumi è arricciata, adesso un po’ sfatta. E poi che ore saranno? Forse le tre, le quattro di notte… Hajime dovrebbe tornarsene dentro e semplicemente mollare l’osso.

“La vuoi sapere un’altra cosa? Un altro motivo per cui penso che siamo ancora fermi lì, che siamo ancora due bambini, due codardi? Perchè siamo anche due gran testoni. Con la capa dura. Perchè tu per primo hai incontrato me e io per primo ho incontrato te. Sperare che poi anche tutto il resto avrebbe retto il confronto era semplicemente insensato…” 

L’ha sputato fuori senza rimuginarci sopra e ora a ripensarci, si mette le mani in tasca e ciondola.

“Penso che abbiamo entrambi puntato i piedi e evitato di volere altro. Ora, forse parlo solo per me, perchè lo so che tu di altri te ne sei trovati. Almeno per finta o comunque per poco. Sei un coglione, egoista e bastardo, e quindi di questi altri non me ne hai mai fatto segreto, me li hai sempre sbattuti in faccia sperando, così facendo, di non farti cogliere in fallo. E quindi… Quindi, forse parlo per me e ti dico che anche la prima volta che la maestra ci ha messi lontani e accanto a nuovi compagni di banco, poi io il pomeriggio in palestra volevo comunque stare in squadra solo ed esclusivamente con te. E al parco pure, al liceo uguale, e ora nella vita mi pare di fare altrettanto-” 

Un singhiozzo.

“E Tooru, siamo sinceri. Tu non sei il miglior amico, compagno di banco o di merende, che si possa desiderare, né tantomeno il miglior palleggiatore dell’universo. Sì, sei simpatico e prestante, hai sempre la battuta pronta e quintali di talento. Ma ci sono milioni di persone migliori di te, in qualsiasi cosa. Dimmene una e ti trovo qualcuno. A me però non è mai fregato un cazzo. Io a cinque anni avevo deciso che tu eri il migliore e così è sempre stato. Ad un certo punto, ho pensato addirittura di avertici quasi convinto… Quasi, perchè anche a te non è mai fregato un cazzo di quello che dicevo io o chiunque altro, perchè tu continuavi a frignare e romperti l’osso del collo pur di dimostrarmi che non lo eri affatto. Che i migliori da ragazzini arrivano alle nazionali e da grandi giocano per il Giappone.”

Non c’è nulla da ridere in realtà, ma la cosa prende un po’ alla sprovvista Hajime a dirla ad alta voce. Si ritrova all’improvviso con le labbra arricciate e una ruga simpatica in fronte.

“Insomma, guardati adesso. Lì tutto pettinato, preciso e in divisa. Il Grande Re Oikawa torna in campo e a casa, in Giappone, per disputare il match più atteso dell’anno! La Monster Generation e una sfida all’ultimo sangue!”

Smette di fare il verso al telecronista e il volto gli cade.

“Sarà così, Tooru? Alla fine torni? Vieni a casa? E quanto stai? Dove dormi la notte? E questa sarà l’ultima? O stavolta quello ti rifà di nuovo il culo e tu sparirai- Boh, che ne so, a questo punto che ti manca? La Groenlandia? Il Nicaragua?”

Oikawa ha un sorriso a trentaquattrodenti, un po’ plastico ma sincero. Iwa ha fatto una battuta simpatica, sì, ma quanto amara, non certo da riderci su: l’altro, però, non potrebbe mostrargli un volto diverso da quello. 

“Metti che però vinci, eh? Poi che fai? Batti sul serio Ushiwaka, ti ci fai lo spendido, mi tormenti e… A quel punto lo sai che succede, vero? Tooru se lo batti sul serio devi ammettere che il migliore invece lo sei, devi convincertici una volta per tutte e devi dirlo anche a te stesso. Ottieni quello che hai sempre voluto e, ti ripeto, a quel punto lo sai che succede, vero? Non ci credi. Non ci credi comunque di essere sul podio, di averlo battuto e essere primo sul serio. Perchè sei un ingordo, un codardo e perchè… Vieni qui, ti svelo un segreto…” 

Gli si fa vicino e gli bisbiglia di sbieco: “Nessuno è perfetto. Ushijima compreso.

L’altro immobile, figuriamoci, non gli crede e resta di nuovo in assoluto silenzio.

Non è questo il punto. Di niente. Della vita, della pallovolo. Nessuno è mai veramente il migliore. In nulla. Ci sono troppe scale di valori e unità di misura e pure l’oggettività, sinceramente, è così sopravvalutata. I risultati sportivi durano troppo poco e anche i guinness dei primati sono altrettanto effimeri. La soggettività invece, quello che uno pensa, quello in cui uno crede, è per sempre e di tutto un altro spessore.

Si allontana di nuovo e lo guarda, lo studia: Oikawa è di sasso.

“Tooru, tu sei un ingordo, un codardo e non ti andrai mai bene. Hai ragione: in fondo tu non sei il migliore, in niente e per nulla. Però per me lo eri. Lo sei. Lo sei sempre stato. Per quanto poco possa contare, in quel tuo stupido mondo autoreferenziale, per me non c'è podio, primato che tu non abbia già conquistato.”

Raddrizza la schiena.

“Quindi se vinci e ti convinci anche tu di questa stronzata una volta per tutte poi viemmelo a dire in faccia perchè non ci credo manco se lo vedo! E se c’hai le palle viemmi anche a rispondere come si deve a quel cazzo di ti amo! Fosse anche un no almeno rispondimi! Perchè prima o poi Oikawa Tooru a casa dovrai tornarci davvero! Battuto Ushiwaka, tornato in Giappone, vista la cima, prima o poi quel dopo dovrai affrontarlo! Prima o poi dovrai farlo…”  

Dovrai farlo, no? Prima o poi dovrai farlo…

“Oppure almeno su quella storia dei bambini alla fine ragione vuoi darmela così possiamo continuare a rincorrerci in tondo all’infinito? Eh? Preferisci vincere ‘sta maledetta partita, venire da me e aspettarti che io ti chieda allora adesso facciamo al meglio di… “

Hajime ha la gola in fiamme, ha urlato a perdifiato. 

“No, non lo so a che punto eravamo, eri primo tu o io? Penso di aver perso il conto…” 

Si massaggia le tempie, ha la testa che gli scoppia.

“Tooru, ma tu non sei stanco? Di tutto questo intendo… Non vuoi diventare grande? Nemmeno con me? Non vuoi tornare a casa e farla finita, però con me?”

No, eh? Non ancora?

“Siamo sempre stati solo tu ed io, in questa vita. Sempre. A tutti i giochi, a tutte le corse. Perchè a questa no, allora? Nemmeno con me ti va di diventare grande? Di vedere cosa c’è dopo?”

L’altro però di nuovo, per l’ennesima volta stasera, non risponde. 

“Come immaginavo… Beh, allora sai che c’è, Oikawa Tooru?” 

Gli si fa sotto al muso e alza ancora la voce. 

“Torna.”

Lo scandisce come fosse una minaccia. Una sfida a chi se la fa sotto per primo. 

Torna qui in Giappone. Vieni, gioca, vinci o perdi, non mi importa. E sai cosa? Finita la partita prendi il primo aereo che trovi e dattela a gambe come l’altra volta. Come hai sempre fatto. Vedi di andartene il prima possibile, perchè la prossima di volta, se ti faccio tana, Tooru, se ti prendo, te lo giuro su Dio o su qualsiasi cosa preghino laggiù in Argentina, non ti lasci più andare. Sarà l’ultima, intesi? Ti porto a casa e se devo ti ci lego.”

Intanto dall’altro lato della strada lampi di flash si alternano a ripetizione contro la schiena di Hajime, in cagnesco ancora ricurvo di fronte al suo ex-palleggiatore. O meglio, al suo cartonato. 

Il resto del Team A, già arrivato in città per l’attesissimo evento, fa a turno per scattarsi foto di fronte ai propri rispettivi replicanti. Ōta-city è tappezzata dei loro volti ma questa di insegna, quella fuori dal posto in cui stavano bevendo, è enorme, una delle più grandi nei dintorni. 

Colori sgargianti e scritte accattivanti, fattezze e dimensioni quasi naturali. Tooru comunque rispetto ad Hajime qualche centimetro più alto lo è sempre stato. E anche più falso, codardo e, un po’ come ora, imbalsamato. Se ne sta lì fermo e perfetto a qualche spanna da lui.

“Oi, tu, Miya” fa Rintaro Suna al suo compagno di squadra, dandogli un colpo sonoro e ben assestato sulla spalla. 

“No, oh, un attimo. Mettiti in fila per le foto, prima c’è Sho, poi Omi-Omi, poi -” 

“Ma no, coglione. Guarda un po’ dall’altro lato della strada…”

Iwaizumi un secondo fa aveva ancora l’indice, teso e inquisitorio, puntato sul petto in cartonato di Oikawa. Adesso invece ci si è spalmato direttamente addosso. Gli sta ancora gridando qualcosa contro.

“Cazzo. Sta messo male forte. Ma quante se n’è calate stasera?!”

“Bah, ho perso il conto. Comunque pensavo che con tutto quell’esercizio fisico lo reggesse un po’ meglio l’alcol.” 

 


*Riferimento alla tecnica di fusione indiretta del bronzo che consente di realizzare statue più leggere e con meno dispendio di materiale. E’ quella usata per i Bronzi di Riace che oggettivamente un po’ ad Hajime e Tooru ridanno, no? 😂


 

Nd’A

Rimuginavo sull’ultimo capitolo uscito di Haikyuu, rimuginavo su questi due e il loro incontro, rimuginavo su quello che sarebbe successo dopo. E’ da tanto che volevo uscire dalla mia comfort zone, scrivere di una ship “famosa”, di cui non avevo mai parlato prima e addirittura farlo sotto forma di lettera. Questa mi sembrava la situazione giusta. Poi invece ho preferito buttarla sul ridere perchè un po’ come Oikawa anche io sono idiota ed ecco qua la genesi-non-richiesta di questo pezzo. Spero non vi sia dispiaciuta la chiusa o insomma il plot twist tragi-comico. 

Alla prossima, 

Laurelle

   
 
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