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Autore: Angel TR    29/04/2022    2 recensioni
Raccolta che segue l'evoluzione del Gene Devil dal terzo Torneo fino al sesto.
Morbide piume fluttuarono mollemente nell'aria come petali di crisantemi fino a posarsi sul lago di cruore e lì vi galleggiarono, placide.
{Questa storia partecipa alla Challenge "Solo i fiori sanno" indetta da Pampa313 e "I like that quote, said the month" indetta da Mari Lace sul forum di efp}
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Devil Jin, Jin Kazama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black Phillip'
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Non pensare che siamo diventati amiconi tutt'a un tratto. È solo che quando do la mia parola mi piace mantenerla.” {Spinella, “Artemis Fowl – L’incidente artico”}


4. La buena vida
[Tekken 5]

I don't feel like yours, you don't feel like mine
And my twenties are gonna pass me by
Oh, no, this is not the life


C'era una volta un bravo ragazzo.
Oh, no, che modo patetico per cominciare una storia. Cancella, cancella, ho bisogno di essere colto dall'ispirazione, da bravo scrittore.

(Troppa polvere su quello specchio; la mano scattò senza pensarci troppo, eppure sembrava mossa da fili invisibili, come se fosse controllata da un burattinaio nascosto dietro di lui – o, meglio, dentro di lui. Afferrò uno straccio malandato, lo passò sul vetro sporco dello specchio. A proposito, di chi era quello specchio? Non lo sapeva. A dir il vero, non sapeva nemmeno dove si trovasse. A dire il vero, ma proprio il vero, non…
Due occhi a mandorla – che sarebbero stati stupefacenti, con quel colore simile ad ambra fusa e quella forma allungata disegnata da un artista che avrà passato qualche minuto insieme agli angeli e avrà voluto ricordarseli in qualche modo (da dove diamine uscivano quei paragoni? Ah, io lo so!), se non fossero stati iniettati di sangue e velati da una totale apatia nei confronti di ciò che li circondavano, come se non fossero pienamente coscienti del proprio esserci – ricambiarono il suo sguardo; e sembrarono ammonirlo, un avvertimento del tipo "Non pensare che siamo diventati amiconi tutt'a un tratto. È solo che quando do la mia parola mi piace mantenerla.” Ecco, lo sconosciuto allo specchio aveva (avuto, in un passato) l'aria diffidente ma affidabile. Era uno che sapeva il fatto suo. O almeno, era stato così un tempo.
Adesso, quegli occhi erano semplicemente vuoti.
A chi appartenevano?
La bocca dello giovane sconosciuto allo specchio si tese in una linea dritta, segno del suo rimuginare. Aspetta, aspetta. Si sforzò, si scervellò, aveva quel nome sulla punta della lingua… era un nome piuttosto comune, a dirla tutta, però aveva un bel significato e poi era stato scelto da una persona importante: chi era quella persona?, una persona che gli voleva molto bene, che si era sacrificata per lui… Due mani forti, mani da esperto di arti marziali, strinsero il lavabo unto, le nocche sbiancarono. Non ricordava.
Però aveva appreso una cosa importante quella giornata: lo sconosciuto allo specchio era lui. E allora, tutto lì? Doveva pur esserci dell'altro.
Gli sfuggì un'imprecazione tra i denti – la sua voce era profonda, morbida come burro, maschile, l'accento dell'isola saltellante su ogni parola che pronunciava. Un'isola. Abitava su un'isola. Non grande, no. Era l'isola di un'isola. Parte di un arcipelago, poteva essere? Si aggrappò a quello stralcio di informazione come ne valesse della sua vita.
Ogni giorno, doveva porsi tre fondamentali domande per non cadere nelle grinfie di… cosa? No, non era importante in quel momento; ciò che contava era rammentare chi fosse, prima di essere completamente sopraffatto. E il vero sé – quello che non desiderava nulla di più se non i pomeriggi tranquilli nel boschetto adiacente casa, ascoltare i cinguettii degli uccellini, inspirare a pieni polmoni il profumo dell'erba appena tagliata; quello che una volta aveva affrontato un gruppo di bulletti di quartiere che se la prendevano con lui perché solo con sua madre – sarebbe scomparso per sempre. La sua mente si accese: sua madre! Ecco chi gli aveva donato il nome. Il nome, il nome!
Qual era il suo nome?
Quella era una delle tre fondamentali domande che doveva porsi ogni giorno come esercizio per non sparire nelle retrovie: chi sono? Dove mi trovo? Cosa mi è successo?
Alla prima ci stava arrivando piano piano. Era il ragazzo giovane allo specchio. Era giovane, così giovane!, eppure la sua bellezza era già appassita, come se il dolore l'avesse artigliato, strillando come una banshee, e avesse lasciato profondi solchi sanguinanti lungo le sue guance scavate. Sapeva per esperienza che molti lo avrebbero definito divinamente bello ma il pensiero non lo rallegrò come avrebbe dovuto, anzi, gli causò un moto di fastidio: era più di un pezzo di carne, perché gli altri non andavano oltre? Forse perché oltre non c'era niente di buono, forse perché era marcio dentro? E allora la gente preferiva non scavare nel suo intimo bensì fermarsi in superficie, dove i sensi non sarebbero stati feriti da vermi immondi che banchettavano con le sue viscere. Demoni. Oh, demoni. Quella parola gli sbloccò un ricordo. Forse il bel ragazzo sconosciuto – no, non sconosciuto, era lui, dannazione – allo specchio possedeva un lato oscuro. Sì, ecco svelato l'arcano: era il vassallo di un demone. In quel momento, come in un orribile flash, lo specchio gli restituì un'immagine di se stesso sovrapposta, nella quale riuscì addirittura a scorgere i contorni delle ali nere, delle corna, dei canini appuntiti, la follia e la sete di potere che gli gonfiavano il petto possente e incendiavano gli occhi iridescenti.
Un momento, stava andando troppo veloce. Cosa diavolo era quella cosa? E poi, ancora doveva ricordare il suo nome. Aveva detto che gliel'aveva donato sua madre… e come si chiamava sua madre? Il loro nome era simile, cambiava poco, solo una vocale nella pronuncia, anche se il kanji era totalmente diverso. Si pronunciava tutto d'un fiato, veloce, morbido, facile; corretto persino quando scagliato dalle bocche degli occidentali. Dalle labbra carnose sfuggì uno sbuffo: se era così facile perché diamine non riusciva a ricordarlo? Era lì, proprio lì, sulla punta della lingua…
Andiamo, andiamo. Iniziava con una lettera, ce n'era una di unione in mezzo e poi un'altra lettera conclusiva. Il vuoto, il vuoto. Tentò di calmarsi ricorrendo a dei respiri profondi. Controlla la tua rabbia, non lasciare che sia essa a controllare te. Aveva raggiunto degli ottimi risultati quel giorno, valutò – si convinse. Aveva scoperto chi era e da dove veniva. Più tardi, avrebbe ricordato il suo nome e altri particolari su se stesso, sulla sua vita. E così avrebbe trascorso le sue giornate fino a quando non avesse ricordato. Ecco, sì. Inspirò. Fissò lo sguardo sulla sua immagine ritrovata. Ce la posso fare.
Immerso com'era nel suo esercizio, non si accorse che, da qualche parte nel retro del suo cervello, qualcuno stava ridendo.)

Ah, è quasi fatta, umano. Ormai ti sfugge anche il tuo nome e che cos'è un essere senza un nome? Come puoi descriverlo, raccontarlo, se non riesci a nominarlo, se non possiedi le parole per articolare la sua realtà? Ecco, ti sei risposto. Tra poco non ricorderai nemmeno di essere nato. Alla fine, ho vinto io. Allora terminiamo la storia degnamente, che a voi umani i finali aperti non piacciono.
C'era una volta un bravo ragazzo. E ora non c'è più.

La buena vida, la buena vida
¿Dónde está?
Camila Cabello - La Buena Vida


N/D: io adoro l'ultimo album di Camila, aiut!!! Corazón latino <3 Ovviamente questa canzone così disperata, così struggente, è dedicata a una persona amata. In questo caso, ascoltando il verso "My twenties are gonna pass me by", mi è venuto un flash improvviso. E se la persona amata fosse proprio se stessi? E chi più di Jin sta perdendo se stesso nella lotta contro il Gene Devil? Nel T5 è chiaro come Jin si sia reso conto che il tempo a sua disposizione stia scadendo e quindi si gioca il tutto per tutto. Ma lui vuole la bella vita, la vita serena e tranquilla che aveva prima che i demoni arrivassero a strappargliela di mano. Quindi eccoci qui, con questa os ingarbugliata, scritta dal punto di vista sia di DJ che di Jin (tra parentesi, perché ormai lui è una parentesi all'interno della sua stessa vita).

  
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