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Autore: laurelleghuleh    30/04/2022    2 recensioni
[KuroTsuki]
"Quando Tetsuro viveva a Tokyo, le settimane di Kei a Miyagi duravano -7 giorni, un giorno -24 ore e un'ora -60 minuti. Era un costante conto alla rovescia a quando lo avrebbe rivisto di nuovo."
Con questa storia ho partecipato al contest "La distanza tra me e te" del profilo @WattpadFanFictionIT su Wattpad.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Tetsuro viveva a Tokyo, le settimane di Kei a Miyagi duravano -7 giorni, un giorno -24 ore e un'ora -60 minuti. Era un costante conto alla rovescia a quando lo avrebbe rivisto di nuovo.

E durante questo tempo che andava avanti per sottrazioni, lui intanto la mattina si alzava, andava a scuola e tornava, mangiava - anche se poco - e studiava - quello invece parecchio. Gli allenamenti, la pallavolo, i compagni di classe e quelli di squadra, Tadashi che lo chiamava, Sawamura che lo rimetteva subito in riga. I compiti per casa e poi quelli in aula, mettici anche gli imprevisti e ciò che per caso capitava di mezzo: sopportava qualsiasi cosa come anestetizzato, impermeabile al sudore e indifferente alla fatica. 

Poi la conta però finiva e Kuroo, nel giorno prestabilito, finalmente arrivava. Alla stazione di Sendai il suo volto appariva e spuntava tra mille - questi altri un po' più indistinti. Gli si faceva vicino per dirgli qualcosa, che l'altro non capiva, e nella calca della banchina se lo teneva stretto a dispetto dei buoni costumi o di quello che gli altri sottovoce potevano dirsi. 

Tsukishima di rimando annaspava nel tentare di rispondergli e allo stesso tempo nascondergli che all'improvviso tutto intorno si era acceso, aveva preso volume e senso. Che tutto intorno gli era apparso vivido e fortissimo. 

Il fischio delle ruote motrici, gli annunci e i neon del tabellone. Che al di là della stazione, il bosco di aceri si era incendiato d'un vermiglio intenso, lo stesso colore del cappotto di Tetsuro. Il sole pallido d'autunno adesso accecante, l'aria pungente ora piacevole, un leggero vento tiepido. Che la pelle lasciata scoperta - giusto la faccia e le dita - era alla mercé di uno scirocco inatteso. 

Lui era arrivato e le temperature e i colori si erano fatti insolitamente caldi e vivi come koharu biyori, fiori di novembre che, impazziti, sbocciano a dispetto di tutto e del gelo, fiori che si svegliano lontani dalla primavera.

Allora, nell'imbarazzo più totale, Kei balbettava e intanto si aggiustava gli occhiali sul naso. Li sentiva scivolargli all'insù per poi ricadergli rovinosamente a metà arcata, mentre le dita, impiastrate dall'ansia e il sudore, lasciavano impronte umide sulla condensa imprevista delle lenti. Il maglione intorno al collo si era fatto d'un tratto soffocante, la lana contro il petto irritante e Tsukki così si ricordava degli strati che aveva addosso, degli indumenti messi per caso quella stessa mattina, della pelle e delle ossa e di quello che doveva esserci sotto: li sentiva tutti e sentiva troppo.

"Da' qua. Ti dò una mano" aggiungeva poi per cambiare discorso, qualsiasi discorso l'altro avesse intavolato e lui a malapena sentito. Tetsuro invece faceva finta di aver frainteso e quella mano che Kei voleva dargli lui gliela prendeva e se la nascondeva in una tasca della giacca. "Ah, intendevi una mano con la valigia? Eh vabbè, peccato. Tu tieni questa che io sto a posto così".

Forse lì, dentro a quel bagaglio troppo grande per soli tre giorni, in mezzo alle mutande e i calzini appallottolati per il viaggio, Kuroo doveva averci nascosto la consapevolezza che le cose hanno tre dimensioni, e che anche Tsukishima ce l'aveva, perché quando la conta finiva e lui finalmente arrivava, l'altro a pieni polmoni prendeva a vivere. Intanto intorno si accendeva ed era saturo, carico di tutto.

In quel tempo insieme, nel tempo passato con Tetsuro, che invece andava avanti per addizioni, moltiplicazioni, per potenze di potenze, Kei si accorgeva che quella sua temporanea mancanza di contatto con il reale era, appunto, temporanea. Impossibile per un tipo come lui da giustificare come come giovanile distrazione o distacco, "non era nel suo stile": doveva esserci stato un cortocircuito da qualche parte e quel cortocircuito doveva chiamarsi per forza di cose Kuroo Tetsuro, perchè quando la conta finiva e lui finalmente arrivava, intorno a Tsukishima tutto si accendeva e con quel tutto lui era costretto a farci i conti. 

I conti con il prossimo treno in arrivo sulla banchina e quel fischio incessante che gli perforava le orecchie, che era di allontanarsi e portarsi quella mina vagante dentro casa. I conti con i venti caldi e imprevisti di novembre e la sua mano sicura dentro quella dell'altro che nonostante l'autunno e quello che gli altri sottovoce posso dirsi, gli andava a fuoco fino a forse marchiargli la pelle. 

Con la pallavolo e con il fatto che sì, sarà anche solo un club, ma Kei non si era mai sentito così vivo come quando si era allenato sotto rete insieme a Tetsuro, o alle ultime partite, alle qualifiche d'ottobre, quando aveva lottato fino all'ultimo per un solo, stupido, singolo punto. 

A fare i conti con il proprio corpo e l'età che aveva, perchè a quanto pare ogni volta che Kuroo gli si faceva vicino, anche solo lo guardava o lo stringeva così, allora sotto tutti quegli strati, sotto i vestiti e le mutande, doveva esserci qualcosa che pulsava e sotto tutti quegli strati, sotto la pelle, sotto le ossa, doveva esserci qualcosa che batteva. 

+72 ore dopo uno portellone, pesante, si chiudeva e uno shinkansen, imbianchiato di pittura e di freddo, ripartiva. Il volto di Tetsuro alla stazione di Sendai tra altri, mille e nitidi, spariva e li rendeva tutti quanti di nuovo indistinti. La conta rincominciava e Tsukishima di conseguenza si adattava, perché se il resto aveva deciso di procedere come nulla fosse stato, così allora anche lui avrebbe fatto. 

Quando il treno sulle rotaie diventava un ricordo lontano, tutto intorno alla stazione di Sendai si spegneva ed era subito kareiro, di un colore appassito. L'inverno avvicinandosi, per assurdo o per scherzo su quelle stesse rotaie, si mangiava via nella morsa del suo gelo il rosso acceso degli aceri in fiamme e dei fiori che impazziti erano sbocciati per caso e per poco a novembre. Sul selciato di ferro e sulle le strade di Miyagi senza Kuroo rimaneva solo l'orma delle foglie vecchie e avvizzite, il fango e la brina e un leggero brusio di sotto. 

Anche a cavarsi le cuffie Kei non avrebbe sentito molto. E comunque ormai era dicembre e Tetsuro tornato Tokyo, quindi anche a cavarsele sul serio non ci sarebbe stato davvero molto da sentire, solo tronchi secchi che si lasciavano spezzare dalle suole, la prima campana a scuola o il fischio dell'ultima, i mesi che si trascinavano inermi in attesa della prossima primavera, l'annuncio di un treno in arrivo sulla destra, un treno su cui l'altro, stavolta, non era salito. 

Anche a cavarsi le cuffie sarebbe rimasto tutto insonorizzato e sbiadito, ma tanto tutto d'autunno, o d'inverno, o quando, insomma, non c'era Kuroo, era davvero poco, se non addirittura vuoto, zero. 

Un problema però sussisteva, perchè se è vero che il tempo senza Tetsuro era una sottrazione costante, un ticchettio lontano ma fastidioso e continuo, quello che invece si era aggiunto nel frattempo, nel tempo passato con Kuroo, non poteva essere messo da parte come il resto, né, figuriamoci, reso zero. Era davvero troppo e davvero grande: un'enorme spada di Damocle che prima o poi - anche se Kei avrebbe preferito poi - gli sarebbe caduta in testa o perlomeno di fronte. Lezioni da imparare, cose con cui fare i conti nella conta che intanto ripartiva e le settimane duravano -7 giorni, un giorno -24 ore e un'ora -60 minuti. 

Tsukishima faceva l'insensibile ma intanto e ogni tanto d'autunno capitava che il clima fosse più pungente e più duro del previsto, così come anche la vita. Che poi magari senza preavviso, dico sempre il clima e la vita, si facesse più docile, che qualche clemente giornata di sole gli strappasse un sorriso. 

Sankanshion gli dicevano tutti, perché tante volte faceva freddo, quante più una allora caldo. Perché per quanto Kei avrebbe voluto ignorare anche questo, i giorni nel frattempo passavano e passando così la primavera era ormai alle porte e l'inverno quasi finito.

La vita, i colori e gli alberi in fiore sarebbero tornati: Kuroo li avrebbe nascosti, appallottolati un po' a caso in mezzo alle mutande e i calzini e li avrebbe portati con sé fino a Sendai, in quella stessa valigia enorme.

Li avrebbe, di certo, in un mondo in cui le cose vanno più o meno come dovrebbero o come almeno uno se le immagina e le pianifica insieme all'altro, come uno le incastra e decide a tavolino a seconda delle vite vissute distanti. 

Sicuramente Tetsuro li avrebbe portati con sè e alla fine della conta e di quell'anno scolastico sarebbe arrivato, il suo volto spuntato tra mille. Avrebbe, se solo la vita e il caso non fossero così imprevedibili e le loro meraviglie così potenti quanto fugaci come i sakura che a marzo fioriscono e sfioriscono nel arco di pochi giorni.

Kuroo quella volta, però, si era fatto perdonare per non essere tornato e in videochiamata gli aveva reso in pegno la vista su Ueno. Gli aveva sorriso un po' beato e un po' plastico attraverso lo schermo: la faccia da schiaffi e i capelli scompigliati dal vento, in mezzo campeggiava un allegro petalo di ciliegio. 

Qualche commento sull'aria e il clima piacevole, il parco gremito e la mandria di turisti sui teli, poi Tetsu gli aveva indicato alle sue spalle un albero sulle cui radici si era disteso, il gesto plateale del braccio e le dita perse in mezzo a tutto quel bianco in cui era immerso. L'ultimo frame congelato mentre la connessione cadeva gridava qualcosa più o meno: "Tsukki, guarda! Se l'anno prossimo alla fine vieni a studiare qui a Tokyo, ti porto con me all'hanami a vedere i fiori che-"

L'altro di risposta avrebbe voluto controbattere, gridargli "Guarda che ti sei bloccato, scemo", poi elencargli una cinquantina di piante che al parco di Ueno lo avrebbero di sicuro portato ad un'anafilassi. Avrebbe voluto soffocare l'entusiasmo dell'altro come quella stessa reazione allergica e improvvisa, farlo star male e farlo soffrire tanto quanto anche lui soffriva, perchè mentre Tetsu era già lì a Ueno, all'università e lì era già primavera, Kei invece era ancora a Miyagi, al liceo e lì ancora pioveva. 

Anche a prenderlo adesso uno shinkansen per la capitale, il ragazzo sapeva che non avrebbe mai fatto in tempo, che anche a voler crepare sui libri, mangiarsi due anni, non avrebbe mai raggiunto sul serio Tetsuro. 

Erano definitivamente, sempre, troppo distanti e prima che i ciliegi di Miyagi avessero iniziato a mettere i fiori, quelli di Tokyo erano già appassiti e sbiaditi. Per uno strano, malaugurato caso della sorte insieme non potevano mai essere o se essere allora per davvero poco, un tempo breve come un hanami

E per un altro strano, malaugurato caso della sorte, la vita poi effettivamente quei due anni di vita se li era mangiati e, anche se Tsukki onestamente non sa bene come, oggi è anche lui lì al parco di Ueno e ha un po' l'impressione di avere Kuroo davanti. Le ciocche nere e scompigiate dei rami si confondono ai pixel dei suoi capelli di pece, il bianco dei petali a quello dei suoi stupidi denti d'attore, il rosa che per incanto sfuma le foglie si fonde a quello che per il caldo sfuma le guance. 

Kei però poi mette a fuoco, strizza le lenti a contatto e capisce che lì di fronte c'è solo un bel ciliegio in fiore. Che Tetsuro è altrove, millemiglia altrove. 

Quando il sakurafubuki lo avvolge e la sua tempesta improvvisa di petali lo gela sul posto, il ragazzo annaspa e si ricorda dell'allergia ai pollini e ai fiori. Tutto intorno s'accende proprio quando un'ultima foglia a terra muore: la conta e l'hanami finiscono ancora prima d'esser davvero partiti. 

Non ci sono più calcoli o sottrazioni da fare, treni da aspettare o volti da scovare sul liminare di una banchina, una metà a cui appendersi per sentirsi vivi anche per soli tre giorni dopo una conta di -tanti, troppi minuti. Tsukki ora è grande e ora è grande a Tokyo e se qualcosa quel tempo con Kuroo gli ha insegnato è che può, anzi deve iniziare a respirare da solo.

Camminando svogliato tra i ciliegi non più in fiore, si domanda però ancora se Tetsuro al Sakura Park di New York ne abbia visto qualcuno sbocciare o se per una, almeno questa di volta, con il vantaggio del fuso e lo scarto di tredici ore, lo abbia finalmente battuto sul tempo.

Per una, almeno questa di volta il telefono non squilla e la strada di casa Kei si decide a cambiarla. Forse la primavera, forse tutti quei petali che gli son caduti di fronte, forse quella spada di Damocle che da tempo oscillava e minacciava di trafiggerlo a morte, o forse il mono no aware dei fiori che anche a terra, sfiniti, sono comunque meravigliosi: il ragazzo per una, almeno questa di volta si è reso conto di tutto, anche senza Kuroo, da solo. 

Da quando Tetsuro era andato a vivere a New York, il tempo e gli spazi di Tokyo si erano sottratti e ridotti ad una manciata di strade precise: "Qui fanno i takoyaki migliori del globo", "Tsukki, un giorno qua ti ci porto", "Questo posto, appena vieni, lo dobbiamo assolutamente vedere".

I ricordi dell'altro erano l'unica mappa di cui Tsukki credeva di aver bisogno, perchè Tokyo era sua, era di Tetsuro, e tutto il resto andava ignorato, un po' per partito preso.

Quando un anno prima lo aveva chiamato, di notte e per l'ennesima volta, per dirgli - "Dai, un secondo, non attaccare" - quanto avrebbe - "Tanto, ma tanto" - voluto tornarsene a casa ma a casa da lui se solo anche Kei fosse stato in città, il ragazzo di risposta lo aveva mandato a fanculo. 

"Se non te ne fossi accorto, sono le tre e mezza, scemo. Cosa dovrei fare se non mandarti a cagare? Ringrazia il cielo che non ti registro... Se ubriaco o cosa? Datti una regolata, Tetsuro" Sotto sotto però lo aveva preso sul serio e un mese dopo si era iscritto all'università in quello stesso distretto.

Poi la vita però non va quasi mai come la si progetta e Tsukishima era arrivato giusto in tempo per far scalo ad Haneda*: un volo per la grande mela gli portava di nuovo via il suo Tetsu

A Kei erano rimaste in mano solo quella piantina segnata di Tokyo, delle vecchie caramelle alla menta e la speranza di vederlo presto di nuovo. Per l'altro invece solo l'orgoglio e la faccia tosta di dirgli "Vai, forza, guarda che mica muoio?" mentre intanto dentro un po' così si sentiva.

Però quello era prima, prima che ora al parco di Ueno Tsukki vedesse i sakura in fiore accendersi e poi spegnersi nell'arco di pochi giorni. Di accorgersi che un'altra primavera lì come a Miyagi, come qualche anno prima, era arrivata e forse già finita. Che i giorni comunque incuranti erano passati e così beati avrebbero sempre fatto. Che Kuroo presto forse sarebbe pure tornato ma lui intanto in quel tempo doveva farsi grande da solo. 

Stamattina sempre al parco di Ueno Kei si disfa di quella vecchia piantina, scrive all'altro che fa caldo e che c'è già l'hanami, che vicino casa ha trovato un nuovo posto dove mangiare okonomiayaki. Chiude il telefono e invece a sé stesso, da solo, si scrive che fare i grandi senza Tetsuro e a Tokyo fa cagare sotto dalla paura, ma quanto è bello poi riappropriarsi dei colori, dei posti e dei suoni e godersi l'ennesima fioritura e l'aria pulita.

Da quando Tetsuro vive a New York o comunque quando è via, le ore di Kei durano semplicemente 60 minuti, un giorno 24 ore e le settimane giusto 7 giorni. La vita è la vita, freddo o caldo che sia.

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*Haneda: L'Aeroporto Internazionale di Tokyo, nella zona di Ōta, è uno degli aeroporti principali della zona metropolitana di Tokyio. Anche noto come Aeroporto di Haneda per differenziarlo da quello di Narita.

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Nd'A

Allora, questo one shot è uscito con un ritmo un po' strano/particolare, non lo so nemmeno io, ma insomma è così che m'è uscito. C'era tipo una metafora/parallelismo tra l'accettazione delle sorti del caso tanto in natura quanto nelle relazioni a distanza che non so se s'è capita. Ma ripeto, così m'è uscito, questo è stato. 

E ora un po' di vocabolario, perché sì, il contest di WattpadFanfictionIT era sulle relazioni a distanza ma anche un po' sulla primavera e le stagioni e io mi sono ricordata, scrivendolo, di uno degli n-motivi per cui il giapponese è una lingua estremamente affascinante: una serie di parole, più o meno intraducibili (più o meno perché a tradurle letteralmente la magia un po' si perde ma una volta comprese forse accresce), che mi hanno ispirato alcune immagini che ho inserito in italics nei paragrafi che avete appena letto. 

Sono parole volutamente connesse alle stagioni o alla natura, alla sua ciclicità e alle sue incredibili manifestazioni. 

Nel caso in cui vi fossero degli errori non esitate a segnalarmeli, sono una noobie del giapponese e tutte queste informazioni provengono dal mio goffo tentativo di indottrinarmi da sola tra siti web, articoli e libri. Anzi, se ne avete anche altre a tema da suggerirmi, mi farebbe super piacere impararne delle nuove.

小春日和 koharu biyori

小春(こはる) koharu = piccola primavera/novembre, il decimo mese secondo l'antico calendario lunare, cioè l'undicesimo e cioè novembre, letteralmente piccola (ko) primavera (haru), il breve momento di tepore prima dell'arrivo del rigido inverno.

日和 (ひより) hiyori (hi in "koharubiyori" diventa bi per rendaku) = tempo, bel tempo. 

小春日和 (こはるひより) koharu biyori = letteralmente "il bel tempo durante la piccola primavera o novembre", quei giorni un po' pazzi di fine autunno, poco prima dell'arrivo del rigido inverno, in cui all'improvviso quasi si torna indietro alla stagione precedente e il clima si fa mite, le giornate volendo addirittura soleggiate. Un fenomeno breve e imprevedibile.

枯れ色 kareiro

枯れ (かれ) kare = appassire; 色 (いろ) iro = colore

枯れ色 (かれいろ) kareiro = letteralmente "colore appassito", una specifica tonalità di marroncino chiaro che identifica il colore della natura d'inverno. 

三寒四温 sankanshion

三 (さん) san = 3; 寒 (かん) kan = freddo; 四 (し) shi = 4; 温 (おん) on = caldo

寒四温 (さんかんしおん) sankanshion = letteralmente "tre (giorni) freddi e quattro caldi" secondo un'interpretazione di origine cinese e che in giapponese viene usata come espressione per indicare che "la primavera non è lontana".

花見 hanami

花 (はな) hana = fiore; 見 (み) mi = guardare

花見 (はなみ) hanami = letteralmente "osservare i fiori", è una festività giapponese che celebra la fioritura dei ciliegi. L'intera popolazione si ferma per contemplare questo evento della natura e il suo significato più profondo e anche un po' malinconico, ovvero la ciclicità della natura e caducità della vita. La fioritura infatti, seppur spettacolare, dura pochissimi giorni. Il parco di Ueno a Tokyo è una tappa imprescindibile per gli abitanti della capitale durante questo evento.

桜吹雪 sakurafubuki 

桜 (さくら) sakura = fiori di ciliegio, sakura; 吹雪 (ふぶき) fubuki = nevicata, tempesta di neve

桜吹雪(さくらふぶき) sakurafubuki = letteralmente "nevicata di fiori", la tempesta di petali di ciliegio che si verifica alla fine del periodo di fioritura.

物の哀れ mono no aware 

物 (もの) mono = cose; 哀れ (あはれ) aware = letteralmente "pathos", termine nato in tempi antichi dalle due espressioni "aa" e "hare" poi confluite durante il periodo Nara nell'unica parola aware, da allora venne usato per indicare una sensazione di emozione, ammirazione e turbamento d'animo davanti alla bellezza (spesso dei fenomeni naturali, ma anche della vita umana)

物の哀れ (もののあはれ) mono no aware = "il pathos delle cose", da Wikipedia "è un che esprime una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della e della vita umana, con una conseguente sensazione nostalgica legata al suo incessante mutamento.", la malinconia per la caducità della bellezza e della vita.

Ah poi, ps, il titolo che ho scelto è in omaggio ad una canzone di Mitski che ho ascoltato fin troppe volte, sia in generale sia mentre scrivevo questo pezzo. Vi evito l'esegesi qui sotto altrimenti finiamo a Pasqua 2023, però vi rimando al video per il testo e se volete anche alla pagina di Genius. Se avrete tempo e modo di apprezzarla per conto vostro, forse capirete anche altro, magari un po' di più, di questo mio piccolo svarione su Kei e Tetsuro.   

Ah e pps, al di là del mio personale hc secondo cui ad una certa Kuroo studia all'estero, mi piaceva fare un altro parallelo tra NY e Tokyo: nella grande mela c'è un sakura park stupendo, ovviamente nulla in confronto a quello di Ueno, ma comunque... Vabbè ecco tutto.

Ciao, Laurelle.

Buona primavera 🌸

   
 
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