Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Angel TR    06/05/2022    1 recensioni
Di una solitaria serata affogata nel liquore in un bar di Marley.
1# Eren se li lasciò scivolare via dagli occhi come stava facendo scivolare via la sua vita tra le dita.
2# Eren nasconde il viso nell'incavo del gomito, sprofonda sul bancone in legno del bar.

[Double OS a quattro mani con _Valchiria_]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Eren Jaeger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note delle autrici:

Ehehhe, il povero gabbiano si è ubriacato ehehshshsh niente, tutto parte da un accordo magico con _Valchiria_ a causa di una fanart che vi linkeremo. Quelle che seguono sono due storie che rappresentano le nostre reazioni a seguito della visione di quella piccola opera.
Non lo so, una cosa buttata in cinque minuti, andatevi a bere un drink e pensate di avere qualcuno che vi ami ma che state rifiutando perché dovete distruggere il mondo <3 baci baci
Angel TR

Questa velocissima oneshot è nata al seguito di una fanart che ho visto su Twitter ieri sera e chi mi ha ispirata. L’artista è @bluestock_ e quello che ha disegnato mi ha letteralmente spezzato il cuore. I crediti vanno tutti a questa persona, che ha ispirato questa scemenza che ho scritto qui sotto. Dovevo scriverla per esorcizzare in qualche modo ciò che avevo provato vedendola, tutto qui. Vi ringrazio per la lettura! Prima di lasciarvi, vi linko la pagina twitter dell’artista e il link alla canzone che ha suonato nella mia testa mentre scrivevo e che stesso Bluestock ha scelto per la fanart :) Grazie per l’attenzione e buona lettura!
Link alla fanart: https://twitter.com/blustock_/status/1521931736648663043?s=24&t=BBi8cFhZkP7mjdsdf7cqDQ
Link alla canzone: https://youtu.be/RctzK9vcWhU
_Valchiria_



Drunk ghosts gone wild


*

1# Bicchiere

[_Valchiria_]

Attorno a lui tutto proseguiva come sempre. Lui era statico nelle sue espressioni ma risoluto nelle sue azioni. Camminava per le strade di quella città guardandosi attorno, osservando la faccia dei passanti che, felici, continuavano con le loro vite, ignari della distruzione che le scelte della sua lotta stavano per abbattersi su di loro. Sorrisi, stralci di conversazione, bambini che lo superavano correndo al chiaro di luna – mentre lui camminava malconcio su di una sola gamba e appoggiandosi ad una stampella di legno – lo investivano prepotentemente, ricordandogli che lui aveva scelto, da bravo eroe, la strada della solitudine e dell’infelicità.
Non si faceva quasi più pena, ormai.
Non provava più niente per sé stesso.
Tanto, a cosa sarebbe servito?
Amare sé stessi o odiare sé stessi, amare gli altri o odiare gli altri, erano tutti sentimenti che non gli servivano. Il suo unico scopo era combattere e poteva farlo in completa apatia.
Zoppicava in quella strada gremita di persone, con la benda bianca che gli ostruiva la vista e che gli copriva un occhio finto offeso. L’occhio libero da ostacoli colse, sulla sinistra della strada, la figura di una coppia che usciva a braccetto da un piccolo locale. Il cartello sull’entrata era semplice ma abbastanza evidente anche da una distanza moderata e recitava “Wine”. Eren osservò ancora per qualche secondo la coppia che andava via e decise di entrare in quel locale. Non gli dispiaceva l’idea di bere qualcosa.
Appena entrato in quel luogo, la luce gialla e soffusa, come anche l’aroma forte di alcool, lo accolsero. La sala era un rettangolo dai pavimenti in legno scuro e massiccio, tavolini rotondi a riempire gli spazi della stanza con piccole sedie di legno ad adornarli e, ai lati delle pareti, vi erano alcuni scaffali che esponevano diverse bottiglie di alcolici, probabilmente per fare scena. Infine, in fondo alla stanza vi era il bancone del barista, lungo e anch’esso di legno scuro, che sembrava troneggiare nell’ambiente e ricordare il fine ultimo di quel posto.
Una musica leggera accompagnava i passi ciondolanti di Eren verso il bancone. C’erano altri clienti nella sala e alcuni stavano ballando al suono di quella musica dolce e non invasiva.
“Cosa le porto? Mi sembra malconcio, quindi direi che le serve qualcosa di decisamente forte, dico bene?”
Eren guardò monocorde il modo in cui il barista tentava di offrirgli da bere simpaticamente.
Pensava che anche quel modo di fare dell’uomo, finto amicale, era così inutile.
“Va bene qualsiasi cosa.” – disse con voce atona.
Il barista colse l’antifona e spense il proprio sorriso, annuendo e girandogli le spalle per preparargli qualcosa da bere che, poi, gli poggiò sul tavolo prima di dedicarsi ad un altro cliente.
Eren prese il bicchiere e bevve il primo sorso, sentendo prima il sapore acre dell’alcool sulla lingua e poi il calore di esso irradiarsi nel suo esofago. Storse il naso e poggiò il bicchiere sul bancone, cercando di camuffare il disgusto che aveva provato nel bere quella roba.
Quasi per riflesso, i suoi occhi non poterono fare a meno di vagare per la stanza, senza un punto preciso da osservare.
Una coppia giovane e allegra stava danzando al centro del locale. Si tenevano stretti, il braccio destro di lui le cingeva la schiena e il braccio sinistro di lei era poggiato sulla sua spalla. L’abito giallo e dalla gonna morbida di lei oscillava con i loro piccoli movimenti e, all’improvviso, si aprì come un fiore dischiuso, accompagnando la giravolta che la donna fece sorridendo all’uomo, tornando poi stretta nel suo abbraccio.
Eren osservò la scena e qualcosa gli si ruppe dentro. Quel meccanismo di difesa, di algida apatia, quella corazza da eroe solitario, sembrò creparsi pericolosamente. Probabilmente, la sua versione cinica e risoluta non avrebbe apprezzato quella vulnerabilità, la falla nella sua maschera perfetta, ma Eren aveva soltanto diciannove anni, una sola gamba, così tanta stanchezza nel corpo da poterci anche restare secco, una battaglia più grande di lui sulle spalle e un amore inconfessabile a torturargli il sonno e la veglia. Perciò, per un attimo, la sua parte cinica non proferì parola e Eren si lasciò trasportare da un’amara fantasia. Osservò quella coppia di improvvisati ballerini e immaginò di essere al loro posto e di poter ballare così, in maniera spensierata, con Mikasa.
In quella fantasia, non esisteva nessuna guerra, nessuna vendetta, nessuna giustizia da farsi con le proprie mani. Eren aveva soltanto diciannove anni, stringeva Mikasa e la faceva volteggiare al ritmo di una canzone, probabilmente d’amore, in un locale di città anonimo ma che era per loro così familiare. Eren non doveva più fingere di provare disgusto e noia per i sentimenti ma poteva ridere con Mikasa, che lo guardava con quei suoi occhi grigi e pieni di amore come solo lei sapeva fare. Poteva tenerle le mani, piccole e da contadina, non da soldatessa, tra le sue, fermando in quell’attimo eterno tutta la loro storia. Poteva stringerla di più a sé e specchiarsi nei suoi occhi, vedere il rossore delle sue guance da vicino, vicinissimo, l’attimo prima di un bacio a mezz’aria.
Gli occhi verdi di Eren fissavano il punto in cui quella coppia aveva innescato la nascita di quella fantasia fantasma. La sua espressione monocorde fu turbata dalla malinconia. Probabilmente, ad uno sguardo esterno, quella faccia doveva risultare inquietante, perché la coppia, appena si accorse di essere osservata, smise di ballare e lo guardò circospetta, scegliendo poi di uscire dalla sala.
Quell’evento fu come uno schiocco di dita davanti ad una faccia imbambolata o un pizzicotto su di un braccio dato ad una persona addormentata; quella fantasia esplose come una bolla di sapone e gli Eren e Mikasa di quell’universo si dissolsero come fumo nell’aria.
Eren se li lasciò scivolare via dagli occhi come stava facendo scivolare via la sua vita tra le dita.
Quindi, distolse lo sguardo e decise di bere il resto del contenuto del bicchiere d’un fiato.
Era necessario ricomporre la corazza e l’Eren cinico e risoluto era un maestro in questo. Si alzò dalla sedia, lasciò i soldi al barista sul bancone e si incamminò verso l’uscita, la testa più leggera di prima a causa dell’alcool.
La musica nell’aria, intanto, non era svanita.

**

2# Jazz Bar

[Angel TR]

When the party is over, and the laughter is through
And the last song stops playing, I'll be thinking of you
For there's such a sweet mem'ry, when you're crossing my mind
I don't know what I'm doing, more than half of the time

I don't know what I'm doing - Dean Martin

Sì siede al bar, ordina un drink, il più forte che hanno.
Attraverso il fumo delle eleganti sigarette tipiche di Marley – persino per loro, i discendenti di Ymir –, quello che pare il suo unico occhio buono scruta delle coppie che danzano al ritmo di una vecchia musica jazz: sorridono, l'alcol ha lasciato una pennellata rosata sulle loro guance e un velo sui loro occhi. Si muovono vagamente scoordinati. Le donne sfoggiano degli abiti da sera, pescati al mercato, con finte piume di struzzo; gli uomini si destreggiano in frac di seconda mano. Ben stretta sulle braccia di tutti – uomini e donne, vecchi e giovani – fa capolino la fascia che testimonia la loro discendenza dannata.
Eren butta giù il liquore in un sorso, ne ordina un altro, lo ingolla altrettanto velocemente, desideroso di stordirsi, mentre tiene d'occhio una coppia giovane che si esibisce in volteggi ben poco adatti alla musica lenta – ma a loro sembra non importare, persi nel loro mondo fatto di sguardi e risate complici. Anche lui e Mikasa sono stati così, una volta: immersi nel loro universo, esistevano l'uno per l'altra, si guardavano le spalle e si proteggevano, si confidavano, si capivano al volo, si amavano in silenzio, timorosi che un passo falso potesse rovinare tutto. O forse no, forse è stata solo la guerra, la lotta contro i giganti o forse è stato il piano distruttivo che ha preso forma nella testa di Eren ad aver divorato quel rapporto, costringendolo a retrocedere in un angolo della sua mente. In secondo piano. Lontano. Mikasa gli rivolgeva sguardi feriti dietro il ciuffo scuro che le cadeva sugli occhi a mandorla. Mikasa, Mikasa.
Le note della canzone jazz sfumano in un ultimo assolo di sax; le coppie abbandonano la sala, tenendosi per mano. Le donne coprono le risate con una mano davanti alla bocca, gli uomini sistemano i loro gilet. Solo una coppia resta, imperterrita, ad accarezzare il pavimento in finto parquet con i loro passi lunghi, i lembi della gonna di lei che si librano al ritmo delle sue giravolte tra le braccia di lui. Sono i due fidanzati che Eren ha osservato per tutta la serata. Lei porta i capelli corti e, per un istante, l'occhio annebbiato dall'alcol di Eren confonde la sua immagine con quella di Mikasa. Lei avrebbe adorato ballare con lui, anche se non era tipo da danza, ma a chi importa, a Mikasa bastava e avanzava la sua compagnia. E lui l'avrebbe accontentata, l'avrebbe fatta piroettare sulle ultime note di quella canzone jazz.
Ma Mikasa è lontana e non approverebbe mai il suo piano. Mikasa ne sarebbe inorridita. Resterebbe al suo fianco, però. Ed è per questo che Eren l'ha dovuta allontanare e dovrà allontanarla ancor di più, fino a… Eren nasconde il viso nell'incavo del gomito, sprofonda sul bancone in legno del bar.
Il sax vibra la sua ultima, lunga nota solitaria ed essa riecheggia e si espande tra i tavoli del bar, simile a un grido di aiuto – o, forse, di addio.


  
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