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Autore: LorasWeasley    13/05/2022    2 recensioni
future|fic [semishira|kuroken|iwaoi]
Ami non vede l'ora che suo padre torni a casa, Kea ha paura che il suo non possa farlo e Haru finge che non gliene freghi nulla.
Tre storie, tre bambini e tre modi differenti di reagire.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Hajime Iwaizumi, Kenjiro Shirabu, Kozune Kenma, Tooru Oikawa
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Ritornare a casa
 


Semi era stato in tour per tre mesi. Tre lunghi mesi nei quali la sua famiglia non aveva potuto seguirlo o raggiungerlo perché Shirabu aveva il suo lavoro in ospedale, mentre Ami doveva frequentare l’asilo.
Ovviamente si vedevano ogni giorno in videochiamata, ma non era la stessa cosa, non lo era mai.
Tuttavia, quei tre mesi passarono senza alcun tipo di intoppo e Semi poté finalmente tornare a casa.
Era giovedì. Era stato programmato che sarebbe dovuto rientrare il sabato, ma abbandonò il resto del suo staff per tornare prima e fare una sorpresa alle due persone più importanti della sua vita.
Per prima cosa raggiunse Kenjiro in ospedale, una sua collega lo riconobbe e, sorridendogli, gli fece segno di seguirla.
Presero l’ascensore e attraversarono diversi corridoi prima di trovare la stanza dove il ragazzo si stava occupando di una sua paziente.
-Adesso è comoda?- chiese cortese e con un sorriso gentile.
-Sì, grazie dottore, ce ne vorrebbero di più di ragazzi gentili come lei!
Shirabu arrossì e non rispose solo perché la sua collega entrò in stanza e annunciò -Ci penso io qui, tu puoi andare, c’è una sorpresa per te lì fuori.
Shirabu corrugò la fronte confuso, ma fece come gli era stato detto e, dopo aver salutato la signora che aveva in cura, lasciò la stanza.
Si bloccò di scatto nel vedere il suo da poco marito, poi il suo volto si sciolse in un sorriso e lo raggiunse per stringerlo in un abbraccio.
-Sei in anticipo.
-Non potevo starti lontano ancora per molto.
Kenjiro arrossì e sbuffò -sei così maledettamente sdolcinato.
Ma non gli permise di rispondere perché si affrettò a unire le loro labbra in un bacio che non si scambiavano da troppo tempo.
-Andiamo a prendere Ami- sussurrò infine -non vedeva l’ora che tornassi.
Fu così che Shirabu finì il suo turno e insieme si diressero verso l’asilo della bambina un po’ in anticipo rispetto l’orario di uscita. Ma le maestre capirono la situazione e non si fecero problemi a far entrare Semi in classe.
Il cantante vide subito la sua bambina, aveva i capelli biondi acconciati in una treccia e il viso sporco di colore. I suoi occhi azzurri si illuminarono quando videro Semi e rimase bloccata sul posto per dei secondi di troppo.
Eita rise, si accovacciò e aprì le braccia in un muto segno di raggiungerlo per stringersi in un abbraccio.
Di norma, Ami era sempre stata una bambina calma e pacata. Ma quel giorno urlò più forte di quanto non avesse mai fatto, si alzò talmente in fretta da far cadere la sedia alle sue spalle e corse ad abbracciare il padre con una foga tale da spiazzare tutti.
Il suo papà era tornato a casa, quindi a chi importava di tutto il resto?
 
-
 
Kuro, quel finesettimana, dovette partire per un impegno di lavoro che l’avrebbe portato a dormire più di una notte fuori.
Nulla di troppo strano, era una cosa che faceva spesso con il suo lavoro, ma Kea quel giorno la prese male.
Kenma era stanco quella sera, la notte prima aveva dormito solo tre ore per finire una live e poi aveva passato tutto il giorno a occuparsi del loro bambino, quindi voleva solo andare a letto e dormire più delle sue meritate otto ore.
Si sistemò tra le coperte e chiuse gli occhi pronto ad addormentarsi, quando la porta della sua stanza si aprì e fece il suo ingresso Kea, che doveva essere a letto già da mezzora.
-Che succede?- sospirò mentre lo aiutava a salire sul materasso e lo copriva a sua volta con le coperte.
Kea aveva gli occhi lucidi e pianse piano mentre chiedeva -E se non torna più?
Era talmente assurdo che stesse parlando di Kuro, che Kenma ci mise qualche secondo di troppo a comprendere il soggetto, poi rise.
-Ma no, tesoro- cercò di trattenere le sue risate mentre gli accarezzava la testa -papà sarà qui domani sera, puoi stare tranquillo.
-Ma se non torna!?- pianse più forte il bambino di due anni e Kenma, davvero, non riusciva a capire da cosa fosse scaturita quella crisi. Nonostante ciò trovò subito una soluzione.
Aveva dato la buonanotte al marito qualche minuto prima quindi, quando inoltrò una videochiamata, Kuro rispose quasi subito e con uno sguardo preoccupato.
Lo fece dal tablet, in modo che potesse sistemare questo tra le coperte con il suo supporto senza che cadesse o dovesse tenerlo.
-Ehy! Che succede?- domandò il corvino.
Kenma fece sistemare Kea con la schiena contro il suo petto, in modo che entrambi riuscissero a guardare Kuro sullo schermo. A quel punto il più grande si accorse subito delle lacrime del bambino e si preoccupò ancora di più -Gattino, perché piangi?
-Kea ha paura che tu non torni più- spiegò Kenma per lui.
-Cosa!? Vi amo così tanto! Non dovresti mai pensare una cosa del genere! Sarò lì domani pomeriggio prima ancora che tu riesca a finire la tua merenda!
Kea tirò su con il naso -Davvero?
-Promesso.
Il bambino sembrò abbastanza soddisfatto di quello, si sistemò meglio e chiuse gli occhi -Però resta qui mentre dormiamo.
Kenma rise e commentò -Direi che ti tocca, buonanotte.
Chiuse gli occhi anche lui, strinse il loro bambino al petto e si addormentò subito, in attesa della sera successiva quando avrebbero dormito in tre.
 
-
 
Poco prima delle Olimpiadi del 2024, Oikawa aveva ancora la nazionalità argentina per poter giocare per quella squadra, dovette quindi passare qualche settimana nell'altro continente.
Sarebbero state solo tre settimane e Hajime aveva detto che per lui non c’era alcun tipo di problema, si sarebbe occupato di Haru e c’erano anche i loro genitori ad aiutarlo.
Fare videochiamate era difficile data la differenza di fuso orario, ma non rare. Ciò nonostante, Haru si comportava come se non gliene importasse nulla.
“Vieni a salutare papà in chiamata!” “Non posso, sto giocando!”
“Dì a papà che gli vuoi bene e ti manca” “Non voglio”.
Tuttavia, anche se fingeva che non gli interessava nulla, c’erano sempre quei momenti in cui qualcuno suonava al citofono e Haru alzava subito la testa e chiedeva “è papà?” oppure volte in cui, con finta nonchalance, si informava “quando torna papà?”.
Infine, Tooru tornò a casa e, dopo aver salutato con un bacio mozzafiato Hajime, si inginocchiò all’ingresso e aprì le braccia in direzione di Haru pronto per un abbraccio -Vieni a salutarmi, amore di papà!
Haru, totalmente in imbarazzo, dondolò sul posto, disse un breve “ciao” e scappò via.
L’unica reazione di Oikawa fu quella di lanciare uno sguardo infastidito al marito e commentare -Questo suo essere stitico nell’esprimere i sentimenti che ha ovviamente preso da te non mi piace!
Ma nonostante le apparenze, quando quella notte tutti stavano già dormendo, Tooru si svegliò di soprassalto nel sentire Haru che si arrampicava dietro di lui, lo scavalcava e si sistemava tra le sue braccia.
Tooru sorrise, non disse nulla e si limitò a stringerlo, felice di avere finalmente il suo bambino tra le braccia, perché c’erano casi in cui le parole sarebbero state superflue.

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